IL CENTENARIO DI S. PIETRO APOSTOLO

colla vita del medesimo PRINCIPE degli APOSTOLI ed un Triduo in preparazione della Festa dei santi apostoli Pietro e Paolo

PEL SACERDOTE BOSCO GIOVANNI

 

Ubi Petrus ibi Ecclesia. (S. AMBR.)

 

TORINO.

TIP. DELL'ORAT. DI S. FRANC DI SALES.

1867. {I [1]} {II [2]}

 

 

 

 

 

INDEX

[Prefazione] 3

Circolare pontificia sul centenario di S. Pietro  3

Anno del martirio di S. Pietro apostolo  4

Vita di S. Pietro Apostolo  5

Capo I. Patria e professione di S. Pietro. - Suo fratello Andrea lo conduce da G. C. Anno 29 di G. C. 5

Capo II. Pietro conduce in nave il Salvatore - Pesca miracolosa - Accoglie Gesù in sua casa - Miracoli ivi operati. Anno di G. C. 30. 6

Capo III. S. Pietro Capo degli Apostoli è inviato a predicare - Cammina sopra le onde - Bella risposta data al Salvatore. Anno 31 di G. C. 8

Capo IV. Pietro confessa la seconda volta G. C. per figliuolo di Dio, è costituito Capo della Chiesa e gli sono promesse le chiavi del regno de' cieli. Anno 32 di G. C. 9

Capo V. S. Pietro dissuade il suo divin Maestro dalla passione. - Va con lui sul monte Tabor. Anno di Gesù C. 32. 10

Capo VI. Gesù risuscita la figlia di Giairo - Paga per Pietro il tributo - Ammaestra i suoi apostoli nell'umiltà. Anno di G. C. 32. 12

Capo VII. Pietro parla con Gesù del perdono delle ingiurie, e del distacco dalle cose terrene - Rifiuta di lasciarsi lavare i piedi - Sua amicizia con s. Giovanni - Anno di G. C. 33. 12

Capo VIII. Gesù predice la negazione di Pietro - Esso lo segue nell'orto di Getsemani - Taglia l'orecchio a Malco - Sua caduta, suo ravvedimento. Anno di G. C. 33. 14

Capo IX. Pietro al sepolcro del Salvatore - Gesù gli appare più volte - Sul lago di Tiberiade dà tre distinti segni di amore verso Gesù che lo costituisce Capo e supremo pastore della Chiesa. 16

Capo X.  Gesù predice a s. Pietro la morie di croce. - Promette assistenza alla Chiesa sino alla fine del mondo. - Ascensione di Gesù. - Ritorno degli Apostoli nel cenacolo. An. di G. C. 33. 18

Capo XI. S. Pietro surroga Guida. - Venuta dello Spirito Santo. - Miracolo delle lingue. - Anno di G. C. 83. 19

Capo XII. Prima predica di Pietro. Anno di G. C. 33. 20

Capo XIII. S. Pietro guarisce uno storpio - Sua seconda predica.Anno di G. G. 33. 21

Capo XIV. Pietro è messo con Giovanni in prigione e ne viene liberato. 23

Capo XV. Vita dei primitivi Cristiani. Fatto di Anania e Saffira. Miracoli di s. Pietro. Anno di G. C. 34. 24

Capo XVI. S. Pietro di nuovo messo in prigione - È da un angelo liberato. Anno di G. C. 34. 25

Capo XVII. Elezione di sette diaconi. - S. Pietro resiste alla persecuzione di Gerusalemme. - Va in Samaria. - Suo primo scontro con Simon mago. Anno di G. C. 35. 26

Capo XVIII. S. Pietro fonda la cattedra di Antiochia; ritorna in Gerusalemme. - È visitato da s. Paolo. Anno di G. C. 36. 27

Capo XIX. S. Pietro visita parecchie chiese. - Guarisce Enea paralitico. - Risuscita la defunta Tabita. Anno di G. C. 38. 29

Capo XX. Dio rivela a s. Pietro essere giunto il tempo della vocazione de' Gentili. - Va in Cesarea e battezza la famiglia di Cornelio Centurione. Anno di G. C. 39. 30

Capo XXI. Erode fa decapitare s. Giacomo il maggiore e mettere s. Pietro in prigione, ma ne è liberato da un angelo. - Morte di Erode. Anno di G. C. 41. 32

Capo XXII. Il nome cristiano. - S. Pietro trasferisce la cattedra Apostolica a Roma. - Progresso del Vangelo. Anno di G. C. 42. 34

Capo XXIII. S. Pietro al Concilio di Gerusalemme definisce una questione. - S. Giacomo conferma il suo giudizio. Anno di G. C. 50. 36

Capo XXIV. S. Pietro conferisce a s. Paolo ed a s. Barnaba la pienezza dell'Apostolato - È avvisato da s. Paolo - Ritorna a Poma. Anno di G. C. 54. 38

Capo XXV. S. Pietro fa risuscitare un morto. Anno di Gesù Cristo 66. 39

Capo XXVI. Volo - Caduta - Disperata morte di Simon Mago. Anno di G. G. 67. 39

Capo XXVII. Pietro è cercato a morte; Gesùi gli appare e gli predice imminente il martirio. - Testamento del santo Apostolo. - Anno di Gesù C. 68, dell'êra volgare 64. 41

Capo XXVIII. S. Pietro in prigione converte Processo e Martiniano. - Suo martirio. Anno di G. C. 70; dell'êra volgare 66-67. 43

Capo XXIX. Sepolcro di s. Pietro. - Attentato contro al suo corpo. 44

Capo XXX. Tomba e Basilica di s. Pietro in Vaticano. 45

Appendice sulla venuta di s. Pietro a Roma  48

Triduo in onore di s. Pietro e di s. Paolo  50

Giorno 29 giugno. Festa dei ss. Pietro e Paolo. 53

Indice  55

 


[Prefazione]

 

            Il supremo Gerarca della Chiesa, il glorioso regnante Pio IX ha fatto annunziare che nel 29 giugno dell'anno corrente 1867 sarà con solennità speciale celebrata la festa di s. Pietro, perchè appunto in quest'anno corre il centenario del glorioso suo martirio; vale a dire si compiono diciotto secoli da che questo primo vicario di Gesù Cristo terminava la sua carriera mortale e sigillava col suo sangue la dottrina da lui predicata colla palma {III [3]} del martirio. Tutti i figli di s. Pietro e de' Pontefici suoi successori, tutti i cristiani devono prendere parte a questa grande solennità coi mezzi compatibili colla propria condizione; e noi non sappiamo fare meglio che pubblicare una vita popolare del santo Apostolo: non troppo breve affinchè le gloriose sue azioni non restino sconosciute, non troppo lunga affinchè possa eziandio soddisfare a quelle persone cui per avventura mancasse tempo o comodità di fare altri studi a questo uopo.

            Metteremo la circolare pontificia con cui i vescovi del mondo cattolico sono invitati di recarsi a Roma;

            Daremo un cenno sull'anno del martirio di s. Pietro;

            Quindi seguirà la vita del medesima santo apostolo.

            Cattolici, noi viviamo in giorni molto {IV [4]} calamitosi per la chiesa di Gesù Cristo. Stringiamoci tutti intorno al Vicario di Gesù Cristo che è il Romano Pontefice. Noi cominciando dal regnante Pio IX andiamo da uno ad un altro Pontefice fino a s. Pietro, fino a Gesù Cristo. Perciò chi è unito al Papa, è unito con Gesù Cristo, e chi rompe questo legame fa naufragio nel mare burrascoso dell'errore e si perde miseramente. Faccia questo grande Apostolo che in quest'anno ritornino i bei giorni di pace e di trionfo e ci ottenga dal suo divin Maestro che popoli e sovrani si uniscano nel vincolo della carità e dell'amore per fare un solo ovile ed un solo pastore sopra la terra ed essere poi un giorno tutti raccolti insieme nel regno della gloria in cielo. Così sia. {V [5]} {VI [6]}

 

 

Circolare pontificia sul centenario di S. Pietro

 

Ill.mo e Rev.mo Signore.

 

            Tra le cure principali e più gravi che spettano al Ministero apostolico del sommo Pontefice, giocondissima è quella di decretare solennemente l'onore de' santi e il culto pubblico nella Chiesa agli illustri eroi della religione cristiana, la cui morte è stata preziosa nel cospetto del Signore. Pertanto, dopo che dalla sacra Congregazione dei riti furono compiuti tutti gli atti, giusta la disciplina prescritta {VII [7]} dalle Costituzioni apostoliche, e dopo che tutte e singole le ragioni furono maturamente pesate, il Santissimo N. S. Pio Papa IX venne nella deliberazione (purchè però la destra dell'Onnipotente allontani e dissipi, come giova sperare, la sovrastante tempesta) di tenere nel giugno del futuro 1867 due semipubblici Concistori. Questi terminati, coll'aiuto di Dio e della sua Madre, il giorno 29 dello stesso mese, nel quale ogni anno si celebra la festa dei beati apostoli Pietro e Paolo, ed in cui inoltre, per singolare circostanza, si celebrerà con letizia somma il centenario di quel giorno, quando Roma fu bagnata col sangue glorioso dei santi principi, metterà nel catalogo dei santi con decreto solenne i beati martiri, confessori e vergini, cioè:

            1° B. Giosafat, arcivescovo di Polocsk {VIII [8]} dei Ruteni nella Russia Bianca, martire;

            2° B. Pietro d'Arbues dell'ordine dei canonici regolari di s. Agostino, inquisitore di Spagna e canonico della chiesa metropolitana di Saragozza, martire;

            3° BB. diciannove martiri di Gorkhum appartenenti a varii ordini regolari e anche al clero secolare;

            4° B. Paolo della Croce, confessore, fondatore della Congregazione dei chierici scalzi di s. Croce e della Passione di Nostro Signor Gesù Cristo;

            5° B. Leonardo da Porto Maurizio confessore, missionario apostolico, dell'ordine dei Minori di s. Francesco della più stretta osservanza.

            6° B. Maria Francesca delle cinque piaghe, vergine professa del terzo ordine di s. Pietro d'Alcantara nel regno di Napoli; {IX [9]}

            7° B. Germana Cousin, vergine secolare nella diocesi di Tolosa.

            Pertanto a me, prefetto della s. Congregazione per interpretare e difendere il Concilio tridentino, da Sua Santità mi fu, secondo l'uso dei maggiori, comandato di scrivere la presente lettera ai Vescovi dell'orbe cattolico, per dar loro cotesto lietissimo annunzio e ad un tempo significare ai medesimi che cosa gratissima a Sua Santità avrebbero fatto quei Vescovi, i quali, purchè non ne torni un danno grave al gregge loro affidato, nè sieno trattenuti da altro particolare impedimento, al tempo opportuno si porteranno a quest'alma città per intervenire ai ricordati semipubblici concistori e a sì gran festa. Imperocchè sarà giocondissimo al Santo Padre il vedere i fratelli radunati insieme, indirizzare a questi santi, già ricevuti nella superna {X [10]} gloria celeste, preghiere dalle quali mossi implorino ed impetrino da Dio, in tanto scompiglio e rovina delle cose civili e massime delle sacre, la vittoria sopra il maligno nemico e la perenne tranquillità alla Chiesa militante.

            Del resto è d'uopo riflettere, essere volere del sommo Pontefice, che tutti coloro che crederanno di portarsi qui, siano considerati come se avessero intrapreso il viaggio di Roma per soddisfare al debito di visitare i sacri Limini degli Apostoli secondo il prescritto della sacra memoria di Sisto V, che comincia Romanus Pontifex; e ciò tanto più che se mai vi ha tempo nel quale convenga e conforti di portarsi a venerare i sepolcri dei padri e maestri della verità Pietro e Paolo, illuminanti le anime dei fedeli (come diceva Teodoreto), questo è certamente {XI [11]} in cui si deve celebrare la festa che secondo le parole di s. Leone Magno « oltre quella riverenza, che meritò in tutto il mondo, deve essere venerata con esultanza speciale e propria della nostra città, affinchè dove fu glorificato il transito de' principali Apostoli, ivi nel giorno del loro martirio sia il colmo della letizia. » Queste cose, per adempiere il mio dovere, doveva a te significare, eccellentissimo Signore; ed ora nient'altro mi resta, se non attestare di cuore i peculiari sentimenti dell'animo mio alla tua eccellenza, a cui prego da Dio ogni bene.

            Della tua eccellenza

            Dato a Roma dalla s. Congregazione del Concilio, il giorno 8 dicembre 1866, sacro alla Concezione Immacolata della Madre di Dio. {XII [12]}

 

 

Anno del martirio di S. Pietro apostolo

 

            E varia l'opinione degli scrittori nel fissare l'anno del martirio del Principe degli apostoli s. Pietro. Alcuni lo pongono nel 64 dell'era volgare, altri nel 65, altri nel 66, 67, 68, e alcuni finalmente nel 69. In tale diversità di opinioni, quella che ha maggiore probabilità è quella che assegna a tal glorioso avvenimento l'anno 67 dell'era cristiana.

            Di fatto s. Girolamo infaticabile indagatore e conoscitore delle cose sacre dà la notizia che s. Pietro e s. Paolo furono martirizzati due anni dopo la morte di Seneca maestro di Nerone. Ora da Tacito, storico di quei tempi, sappiamo che i Consoli, sotto cui morì {XIII [13]} Seneca, furono Silio Nerva ed Attico Vestino, i quali tennero il consolato nell'anno 65, dunque gli apostoli sostennero il martirio nel 67. A questo computo di anni, pel quale vien fissato il martirio degli apostoli a quel tempo, corrispondono i venticinque anni e quasi due mesi nei quali s. Pietro tenne la Cattedra episcopale in Roma; numero di anni che fu sempre riconosciuto da tutta l'antichità, e che sarebbe oltrepassato o diminuito se si volesse riportare ad altro anno la morte di lui.

            Durante la prima persecuzione contro ai cristiani mossa da Nerone accusati di aver dato fuoco alla città, mentre n'era l'imperatore stesso l'autore, erasi recato a Roma Simon mago con animo di affrontare di nuovo il Principe degli apostoli col suo collega s. Paolo. Fu Simone molto caro all'Imperatore, e da lui eccitato esso sentivasi maggiormente spinto contro ai cristiani. Ma dopo che Simon mago cadde dall'alto per le preghiere di s. Pietro, Nerone sebben assente di {XIV [14]} Roma per mezzo di chi governava la città cercò pretesto di perdere l'Apostolo, e diede l'ordine di catturarlo insieme con s. Paolo, per sentenziarli in seguito a morte. Ora Nerone, secondo le affermazioni dello storico Tacito, era partito di Roma per l'Acaia sulla fine dell'anno 66, correndo il consolato di C. Svetonio Paolino, e C. Lucio Telesino; non fece ritorno a Roma se non quando era principiato l'anno 68 sotto il consolato di C. Silio Italico, e M. Galerio Tracalo; e morì nei primi giorni di giugno di quell'anno medesimo. E' certo che s. Pietro e Paolo furono martirizzati alli 29 giugno, e a questo giorno essendo già morto Nerone dovremo dunque collocare il martirio degli apostoli nell'anno 67 nell'assenza di Nerone. Ed anche il Pontefice s. Clemente, scrivendo ai cristiani di Corinto, parla del martirio sostenuto dagli apostoli sotto i Prefetti lasciati da Nerone nel partire per la Grecia donde non ritornò in Roma che dopo il 67. Resta dunque come fuori di ogni dubbio, e per le {XV [15]} testimonianze storiche di s. Girolamo e di Tacito e di s. Clemente, inoltre di altri ancora, che l'epoca del martirio dei ss. apostoli Pietro e Paolo è l'anno 67 dell'era volgare.

            Ora fra gli avvenimenti memorabili del Pontificato di Pio IX dovrà annoverarsi ancor questo, di celebrare l'anno secolare del martirio dei Principi degli apostoli nell'anno 1867; e come egli seppe così bene imitarli nel sostenere con religiosa tranquillità e mansuetudine la guerra mossa in questi tempi contro alla Chiesa, così riporterà cogli apostoli la corona della vittoria.

            Quanto fu qui esposto venne estratto dall'opuscolo: Osservazioni storico -cronologiche di Monsignor Domenico Bartolini protonotario apostolico e segretario della Congr. de' riti col titolo: Se l'anno LXVI1 dell'era volgare sia l'anno del martirio de' gloriosi Principi degli apostoli Pietro e Paolo. Roma, tip. Salvini, 1866. {XVI [16]}

 

 

Vita di S. Pietro Apostolo

 

Capo I[1]. Patria e professione di S. Pietro. - Suo fratello Andrea lo conduce da G. C. Anno 29 di G. C.

 

            Era s. Pietro di nascita Giudeo e figlio di un povero pescatore di nome Giona ossia Gioanni, il quale abitava in una città della Galilea detta Betzaide. Questa città è situata sulla riva {1 [17]} occidentale del mare di Genezaret, comunemente detto mare di Galilea o di Tiberiade, che in realtà è un vasto lago di dodici miglia di lunghezza e sei di larghezza.

            Prima che il Salvatore gli cangiasse il nome, Pietro si chiamava Simone. Egli esercitava il mestiere di suo padre che era pescatore; aveva un temperamento robusto, ingegno vivace e spiritoso, pronto nel rispondere e di cuore buono e tutto pieno di riconoscenza verso chi lo beneficava. Questa indole vivace lo portava spesso ai più caldi trasporti di affetto verso il Salvatore, da cui parimenti ebbe a ricevere non dubbi segni di predilezione. In quel tempo non essendo ancora molto conosciuto il pregio della verginità, Pietro prese moglie nella città di Cafarnao, capitale della Galilea, sulla riva occidentale del Giordano, che è gran fiume, il quale divide la Palestina per metà da settentrione a mezzodì.

            Siccome Tiberiade era situata ove il Giordano sbocca nel mare di Galilea, perciò molto adattata alla pesca, così {2 [18]} s. Pietro colà stabili la sua ordinaria dimora e continuò ad esercitare il solito suo mestiere. La bontà del suo cuore molto disposto per la verità, l'impiego innocente di pescatore, l'assiduità al lavoro contribuirono assai a far si ch'ei si conservasse nel santo timor di Dio. Era in quel tempo invalso il pensiero nella mente di tutti, che fosse imminente la venuta del Messia; anzi taluno andava dicendo che era già nato fra gli Ebrei. La qual cosa era cagione, che s. Pietro usasse la massima diligenza per venirne in cognizione. S. Pietro aveva un fratello maggiore di nome Andrea, il quale rapito dalle maraviglie, che si raccontavano intorno a s. Giovanni Battista precursore del Salvatore, volle farsi di lui discepolo andando a vivere la maggior parte del tempo con lui in un orrido deserto.

            La notizia che si andava ogni dì vie più confermando, che già fosse nato il Messia, faceva che molti ricorressero a s. Giovanni credendo che egli stesso fosse il Redentore. S. Andrea fratello {3 [19]} di Simone era de' suoi più fervorosi discepoli. Nè andò molto che istruito da Giovanni egli venne in conoscenza di G. C., e la prima volta che lo udi a parlare, ne fu talmente rapito che corse immantinente a darne nuova al fratello. Appena lo vide: Simone, gli disse, ho trovato il Messia: vieni meco a vederlo. Simone che già da altri aveva udito a raccontare qualche cosa, ma vagamente, parti tosto con suo fratello e andò colà ove Andrea aveva lasciato G. C. Pietro come ebbe dato uno sguardo al Salvatore, ne fu come incantato per affezione e rispetto, e il Salvatore, che aveva concepito alti disegni sopra questo povero pescatore, con aria di bontà volse a lui lo sguardo e prima che egli parlasse, mostrogli essere pienamente informato del suo nome, della sua nascita, della sua patria, dicendo: Tu sei Simone, figliuolo di Giovanni; ma in appresso ti chiamerai Cefa, che vuol dire pietra, dalla quale appellazione derivò il nome di Pietro. Gesù partecipa a Simone che sarebbe chiamato Pietro, perciocchè {4 [20]} egli doveva essere quella gran pietra, sopra cui G. C. avrebbe fondata la sua Chiesa. (S. Aug. In Joan. tract. 7.)

            Pietro conobbe tosto essere di gran lunga inferiori a quanto aveva egli stesso sperimentato, le cose che gli aveva raccontate suo fratello, e fin da quel momento gli divenne affezionatissimo, nè sapeva più vivere lontano da lui. Il divin Maestro per altro permise a questo suo novello discepolo di far ritorno al primiero mestiere; perchè voleva poco per volta guidarlo ai più sublimi gradi di virtù per così farlo degno e capace di comprendere gli alti misteri che gli avrebbe rivelato e disporlo al totale abbandono delle cose terrene.

 

 

Capo II. Pietro conduce in nave il Salvatore - Pesca miracolosa - Accoglie Gesù in sua casa - Miracoli ivi operati. Anno di G. C. 30.

 

            Continuava adunque Pietro ad esercitare la primiera sua professione, ma {5 [21]} ogni qual volta il tempo e le domestiche occupazioni glielo permettevano andava con gioia dal divin Salvatore per udirlo a ragionare delle verità della fede e del regno de' cieli.

            Un giorno camminando Gesù sulle spiagge del mare di Tiberiade vide i due fratelli Pietro ed Andrea in atto di gettare le loro reti nell'acqua. Chiamatili a se loro disse: Venite meco e di pescatori di pesci, come voi siete, vi farò diventare pescatori d'uomini. Eglino prontamente ubbidirono ai cenni del Redentore, ed abbandonando le loro reti dirennero fedeli e costanti seguaci di lui. In poca distanza eravi un'altra barca di pescatori in cui si trovava certo Zebedeo con due figliuoli Giacomo e Gioanni che racconciavano le loro reti. Gesù chiamò a se anche questi due fratelli. Pietro, Giacomo e Giovanni sono i tre discepoli che ebbero segni di particolare benevolenza dal Salvatore, i quali eziandio dal loro canto gli si mostrarono in ogni incontro fidi e leali seguaci.

            Intanto il popolo, avendo inteso essere {6 [22]} colà venuto il Salvatore, si affollava intorno a lui per ascoltare la sua divina parola. Volendo appagare i desideri di quella moltitudine e nel tempo stesso dar comodità a tutti di poterlo ascoltare non si mise a predicare dal lido, ma salì in una delle due navi, che erano vicine alla riva; e per dare a Pietro un novello attestato della stima che aveva per la sua persona scelse la barca di lui e non quella di Zebedeo. Salitovi dentro, e fatto ivi anche salire Pietro, comandò che la nave fosse alquanto allontanata dalla sponda, e postosi sedere con tutta placidezza si mise ad istruire quella divota adunanza.

            Dopo la predica ordinò a Pietro di condurre la nave in alto mare, di gettare la rete onde raccogliere pesci. Pietro aveva passata tutta la notte precedente a pescare in quel medesimo luogo, e non aveva preso niente, si che come stupito e quasi sorpreso a quella proposta, voltosi a Gesù, Maestro, gli disse, noi ci siamo affaticati tutta la notte pescando e non abbiamo {7 [23]} preso neppure un pesce; contuttociò sulla vostra parola getterò in mare la rete. Così egli fece per ubbidienza, e contro ad ogni aspettazione la pesca fu tanto copiosa e la rete così piena di grossi pesci che tentando di trarla fuori dalle acque stava per lacerarsi. Tanto è vero che coloro i quali confidano in Dio non sono mai confusi. Pietro non potendo da solo reggere al grave peso della rete chiese soccorso a Giacomo e Giovanni, che stavano nell'altra nave, e questi vennero di buon grado ad aiutarlo. D'accordo adunque e con fatica tirano fuori la rete, versano i pesci nelle navi, che rimangono ambedue così piene che minacciano di affondarsi.

            Pietro che cominciava a ravvisare qualche cosa di sovrumano nella persona del Salvatore conobbe tosto essere quello un prodigio, e pieno di stupore, riputandosi indegno di stare con lui nella medesima barca, umiliato e confuso gettossi ai piedi suoi dicendo: Signore, io sono un miserabile peccatore; perciò vi prego di allontanarvi {8 [24]} da me. Quasi che dir volesse: Oh Signore, io non son degno di stare alla vostra presenza, ammirando, dice s. Ambrogio, i doni di Dio, sicchè tanto più meritava quanto meno di se presumeva. (Ambr. in Luc. lib. 4).

            Gesù gradì la semplicità di Pietro e l'umiltà de' suoi sentimenti, e volendo che egli aprisse il cuore a maggiori speranze, per confortarlo gli disse: Deponi ogni timore, da qui innanzi non sarai più pescatore di pesci, ma sarai pescatore di uomini. A questo parlare Pietro riprese animo e quasi cambiato in un altro uomo condusse la nave al lido, abbandonò ogni cosa, e si pose perfettamente alla sequela del Redentore. Siccome G. C. partendo indirizzò cammino verso la città di Cafarnao, così Pietro andò con lui. Colà entrarono ambidue nella sinagoga e Pietro ascoltò la predica che qui fece il Signore, e fu testimonio ella guarigione di un indemoniato da lui miracolosamente operata. Dalla sinagoga Gesù andò alla casa di Pietro dove la suocera di lui era travagliata {9 [25]} da gagliardissima febbre. D'accordo con Andrea, Giacomo e Giovanni si mise a pregare Gesù che si compiacesse di liberare quella donna dal male, che la opprimeva. (Matt. cap. 8, Marc. 1).

            Gesù esaudì le loro preghiere e avvicinandosi al letto dell'ammalata, la prese per mano, la sollevò e in quell'istante la febbre disparve. La donna si trovò totalmente guarita, sicchè potè alzarsi subito e preparar il desinare a Gesù e a tutta la sua comitiva.

            La fama di siffatti miracoli trasse alla casa di Pietro molti infermi insieme con innumerabile popolo, in guisa che tutta la città sembrava colà radunata. Gesù restituì la sanità a quanti erano a lui portati; e tutti pieni di contentezza partivano dalla casa di Pietro lodando e benedicendo il Signore.

            I santi Padri nella nave di Pietro ravvisano la chiesa di cui è Capo G. C., in luogo del quale Pietro doveva essere il primo a farne le veci, e dopo lui tutti i Papi suoi successori. Le parole dette a Pietro: conduci la nave in alto mare e le altre dette a lui e ai {10 [26]} suoi apostoli: spiegate le vostre reti per prendere pesci, contengono eziandio un nobile significato. A tutti gli Apostoli, dice s. Ambrogio, comanda di gettare nelle onde le reti; perciocchè tutti gli apostoli e tutti i pastori sono tenuti a predicare la divina parola, e a custodire nella nave ovvero nella Chiesa quelle anime che avrebbero guadagnato colla loro predicazione. Al solo Pietro poi si ordina di condurre la nave in alto mare, perchè egli solo a preferenza di tutti vien fatto partecipe della profondità dei divini misteri, solo riceve da Cristo l'autorità di sciogliere le difficoltà, che possono insorgere in cose di fede. Onde nella venuta degli altri apostoli alla nave di lui viene riconosciuto il concorso degli altri pastori, i quali unendosi a Pietro lo devono aiutare a propagare e conservare la fede nel mondo e guadagnare anime a Cristo. (S. Ambr. luogo citato). {11 [27]}

 

 

Capo III. S. Pietro Capo degli Apostoli è inviato a predicare - Cammina sopra le onde - Bella risposta data al Salvatore. Anno 31 di G. C.

 

            Partito Gesù dalla casa di Pietro s'incamminò verso la solitudine sopra di un monte per far orazione. Pietro e gli altri discepoli, che a quel punto erano cresciuti in buon numero, gli tennero dietro; ma giunti vicino al luogo stabilito, Gesù loro comandò di fermarsi e tutto solo si ritirò in luogo separato. Fattosi giorno ritornò ai discepoli. In quell'occasione Gesù scelse dodici discepoli, cui diede il nome di apostoli, che vuol dire inviati, poichè gli apostoli erano realmente inviati a predicare il Vangelo per allora ne' soli paesi della Giudea; di poi in tutto il mondo. Fra questi dodici destinò s. Pietro a tenere il primo luogo e a fare da capo, affinchè, come dice s. Girolamo, stabilito fra di loro un superiore, si togliesse ogni occasione di discordia e di scisma. {12 [28]}

            I novelli predicatori andavano con tutto zelo ad annunziare il Vangelo predicando ovunque la venuta del Messia, e confermando le loro parole con luminosi miracoli. Di poi ritornavano al divino maestro come per render conto di quanto avevano fatto. Esso li accoglieva con bontà e soleva quindi portarsi egli medesimo in quel luogo, ove gli apostoli avevano predicato. Avvenne un giorno che le turbe trasportate da ammirazione e da entusiasmo volevano farlo re, ma egli comandando agli apostoli di far tragitto all'opposta sponda del lago si allontanò da quella buona gente, e andò a nascondersi nel deserto. Gli Apostoli secondo gli ordini del Maestro salirono in barca per passare il lago. Già si avanzava la notte, ed erano ormai giunti al lido, quando levossi una burrasca così terribile, che la nave agitata dalle onde e dal vento era in procinto di affondarsi.

            In mezzo a quella tempesta non s'immaginavano certamente di poter vedere G. G., che avevano lasciato alla sponda {13 [29]} opposta del lago. Ma quale non fu la loro sorpresa quando lo videro a poca distanza a camminare sopra le acque con passo franco e veloce e avanzarsi verso di loro! Al primo vederlo tutti si spaventarono, temendo che fosse un qualche spettro o fantasma, e si misero a gridare. Gesù allora fece udire la sua voce e gl'incoraggi dicendo: Son io, abbiate fede, non temete.

            A quelle parole niuno degli Apostoli ardi parlare; soltanto Pietro, e per l'impeto del suo amore verso Gesù, e per accertarsi che non era un'illusione, Signore, disse, se siete veramente voi, comandate che io venga a voi camminando sopra le acque. Il Divin Salvatore disse di sì; e Pietro pieno di fiducia saltò fuori della nave e gettossi a camminare sopra le onde, come si farebbe sopra di un selciato. Ma Gesù, che voleva provare la fede di lui e renderla più perfetta, permise di nuovo che si sollevasse un vento impetuoso, il quale agitando le onde minacciava di far sommergere Pietro. Vedendo esso i suoi piedi andar giù nellacqua {14 [30]} ne fu spaventato e si mise a gridare: Maestro, Maestro, aiutatemi, altrimenti io son perduto. Allora Gesù lo rimproverò della debolezza di sua fede con queste parole: Uomo di poca fede, perchè hai tu dubitato? Così dicendo camminarono ambidue insieme sopra le onde finchè, entrando in barca, cessò il vento e si calmò la tempesta. In questo fatto i Ss. Padri ravvisano i pericoli in cui talvolta trovasi il Capo della Chiesa, e il pronto soccorso che gli porta G. C. suo Capo invisibile, che permette bensì le persecuzioni, ma la vittoria è sempre della sua Chiesa.

            Qualche tempo dopo il Divin Salvatore ritornò nella città di Cafarnao cogli Apostoli, seguito da una gran turba. Mentre si tratteneva in questa città molti gli si affollavano intorno, pregandolo di voler loro insegnare quali fossero le opere assolutamente necessarie per salvarsi. Gesù si pose ad istruirli intorno alla sua celeste dottrina, al mistero della sua Incarnazione, al Sacramento dell'Eucaristia. Ma siccome {15 [31]} quegli insegnamenti tendevano a sradicare la superbia dal cuore degli uomini, ad ingenerarvi l'umiltà coll'obbligarli a credere altissimi misteri, e specialmente il mistero de' misteri, l'Eucaristia, così i suoi uditori reputando que' discorsi troppo rigidi e severi, rimasero offesi, e la maggior parte lo abbandonarono.

            Gesù vedendosi abbandonato quasi da tutti si rivolse agli Apostoli e disse: Vedete come molti se ne vanno? Volete forse andarvene anche voi? A questa improvvisa interrogazione ognuno si tacque: solamente Pietro come Capo e a nome di tutti rispose: Signore, a chi mai noi andremo? voi avete parole di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che voi siete Cristo figliuolo di Dio. S. Cirillo riflette che questa interrogazione fu fatta da G. C. agli Apostoli a fine di stimolarli a confessare la vera fede, come di fatto avvenne per la bocca di Pietro. Qual differenza fra la risposta del nostro Apostolo e le mormorazioni di certi cristiani, che trovano dura e severa la {16 [32]} santa legge del Vangelo solo perchè non si accomoda colle loro passioni! (Ciril. in Joan. lib. 4.)

 

 

Capo IV. Pietro confessa la seconda volta G. C. per figliuolo di Dio, è costituito Capo della Chiesa e gli sono promesse le chiavi del regno de' cieli. Anno 32 di G. C.

 

            In parecchie occasioni il Divin Salvatore aveva fatto palesi i disegni particolari che aveva sopra la persona di s. Pietro; ma non si era ancora spiegato così chiaramente, come noi siamo per vedere nel fatto seguente, che si può dire il più memorabile della vita di questo grande Apostolo. Dalla città di Cafarnao Gesù era andato nei contorni di Cesarea di Filippo, città non molto distante dal fiume Giordano detta di poi Panea. Colà un giorno dopo aver fatto orazione Gesù si volse improvvisamente a' suoi discepoli, che erano ritornati dalla predicazione, e {17 [33]} facendo cenno di avvicinarsegli prese ad interrogarli così: Chi dicono che io sia? Avvi chi dice, rispondeva uno degli Apostoli, che voi siete il profeta Elia. A me hanno detto, soggiungeva un altro, che voi siete il profeta Geremia, o Giovanni Battista, o qualcuno degli antichi profeti risuscitati. Pietro non proferì parola.

            Ripigliò Gesù: Ma voi chi dite che io sono? Pietro allora si avanzò e a nome degli altri apostoli rispose: Voi siete il Cristo figliuolo di Dio vivo. Allora Gesù: Te Beato, o Simone, figlio di Gioanni, cui non gli uomini rivelarono tali parole, ma il mio Padre Celeste. D'ora in poi non ti chiamerai più Simone, ma Pietro e sopra questa Pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non la potranno vincere. Darò a te le chiavi del regno de' cieli, ciò che tu legherai in terra, sarà legato in cielo, e ciò che tu avrai sciolto sopra la terra, sarà sciolto anche in cielo. (Math. cap. 16).

            Questo fatto e queste parole meritano di essere alquanto spiegate affinchè {18 [34]} siano ben comprese. Pietro tacque finchè Gesù dimostrava soltanto di voler sapere quanto dicevano gli uomini intorno alla sua venuta; quando poi invitò gli Apostoli ad esternare il proprio loro sentimento, subito egli a nome di tutti parlò perchè egli già godeva una primazia ovvero superiorità sopra gli altri suoi compagni.

            Pietro divinamente inspirato dice: Voi siete Cristo ed era lo stesso che dire: voi siete il Messia promesso da Dio venuto a salvare gli uomini: siete figlio di Dio vivo, per significare che G. C. non era figliuolo di Dio, come erano le divinità degli idolatri fatte dalle mani o dal capriccio degli uomini, ma figlio di Dio vivo e vero, cioè figlio del Padre eterno, perciò con Lui Creatore e supremo Padrone di tutte le cose, con che veniva a confessarlo per la seconda persona della SS. Trinità. Gesù quasi per compensarlo della sua fede lo chiama Beato, e intanto gli cangia il nome di Simone in quello di Pietro; chiaro segno che lo voleva innalzare a grande dignità. {19 [35]} Così aveva fatto Iddio con Abramo, quando lo stabili padre di tutti i credenti, così con Sara quando le promise la prodigiosa nascita di un figlio; così con Giacobbe quando lo chiamò Israele e lo assicurò che dalla sua discendenza sarebbe nato il Messia.

            Gesù disse: sopra questa Pietra fonderò la mia Chiesa: le quali parole vogliono dire: tu, o Pietro, sarai nella Chiesa quello che in una casa è il fondamento. Il fondamento è la parte principale della casa affatto indispensabile. Tu, o Pietro, sarai il fondamento ossia la suprema autorità nella mia Chiesa. Sul fondamento si fabbrica tutta la casa, affinchè sostenendosi duri ferma ed immobile. Sopra di te, che io chiamo Pietro, come sopra di una rocca o di pietra fermissima, per mia virtù eterna, io innalzo l'eterno edifizio della mia Chiesa la quale sopra di te appoggiata starà forte ed invitta contro tutti gli assalti de' suoi nemici. Non vi è casa senza fondamento, non vi è Chiesa senza di Pietro. Una casa senza fondamento non è opera di un sapiente {20 [36]} architetto. Una Chiesa separata da Pietro non potrà mai essere la mia Chiesa. Nelle case le parti che non poggiano sul fondamento cadono e vanno in rovina. Nella mia Chiesa chiunque si separa da Pietro precipita nell'errore e si perde.

            Le porte dell'inferno non mai vinceranno la mia Chiesa: le porte dell'inferno, siccome spiegano i Ss. Padri, significano le eresie, gli eresiarchi, le persecuzioni, i publici scandali e generalmente tutti i peccati e disordini che il demonio cerca di suscitare contro alla Chiesa. Tutte queste potenze infernali potranno bensì o separatamente o riunite muovere aspra guerra alla Chiesa, e turbarne lo spirito pacifico, ma non la potranno mai vincere.

            Finalmente dice Cristo: e ti darò le chiavi del regno de' cieli. Le chiavi sono il simbolo della potestà. Quando il venditore di una casa porge le chiavi al compratore s'intende che gliene dà pieno ed assoluto possesso. Parimenti quando si presentano le chiavi di una città ad un re si vuole significare, {21 [37]} che quella città lo riconosce per suo signore. Così le chiavi del regno de' cieli, cioè della Chiesa, date a Pietro, dimostrano che esso è fatto padrone, principe e governatore supremo della Chiesa. Laonde G. C. soggiunge a Pietro: Tutto quello che legherai sulla terra sarà altresì legato ne' cieli, e tutto quello, che scioglierai in terra sarà pure sciolto in cielo. Le quali parole indicano manifestamente l'autorità suprema data a Pietro, autorità di obbligare la coscienza degli uomini con decreti e leggi in ordine al loro bene spirituale ed eterno, e l'autorità di scioglierli dai peccati e dalle pene che impediscono lo stesso bene spirituale ed eterno.

            E bene qui di notare che il vero Capo supremo della Chiesa è Gesù Cristo suo fondatore; s. Pietro poi esercita la suprema sua autorità facendo funzioni ossia le veci di lui sopra la terra come appunto talvolta fanno i re di questo mondo allorachè danno i pieni poteri a qualche loro ministro con ordine che ogni cosa debba dipendere {22 [38]} da lui. - Così il re Faraone diede tal potere a Giuseppe' che niuno poteva movere nè mani nè piedi senza suo permesso[2].

            Si noti eziandio che gli altri Apostoli ricevettero da Gesù Cristo la facoltà di sciogliere e legare[3] ma questa facoltà fu loro data dopo s. Pietro per indicare che esso era il Capo destinato a conservare l'unità di fede e di morale. Gli altri Apostoli poi e tutti i vescovi loro successori dovevano essere sempre dipendenti da Pietro e dai Papi suoi successori a fine di poterli tenere uniti a Gesù Cristo che dal cielo assiste il suo Vicario e tutta la Chiesa fino alla fine de' secoli[4].

            Col fatto che abbiamo esposto il divin Salvatore promette di voler costituire  {23 [39]} s. Pietro Capo supremo della sua Chiesa e gli spiega la grandezza di sua autorità: noi vedremo il compimento di questa promessa dopo la sua risurrezione.

 

 

Capo V. S. Pietro dissuade il suo divin Maestro dalla passione. - Va con lui sul monte Tabor. Anno di Gesù C. 32.

 

            Il divin Redentore dopo aver fatto conoscere a' suoi discepoli come egli edificava la sua Chiesa sopra basi stabili, incrollabili ed eterne, volle dar loro un ammaestramento affinchè ben comprendessero che egli non fondava questo suo regno, ovvero la sua Chiesa, con ricchezze o magnificenza mondana, bensì coll'umiltà, col disprezzo di se stesso e coi patimenti. Con questo proposito adunque manifestò a s. Pietro ed a tutti i suoi discepoli la lunga serie de' suoi patimenti e la morte obbrobriosa, che gli Ebrei dovevano {24 [40]} fargli soffrire in Gerusalemme. Pietro pel grande amore che nutriva verso il suo divin maestro inorridì all'udire i mali cui era per essere esposta la sacra di lui persona, e trasportato dall'affetto che un tenero figlio ha, per suo padre, lo trasse in disparte, e prese a persuaderlo, che si recasse lontano da Gerusalemme, per evitare quei mali e conchiuse: lungi da voi, Signore, cotesti mali. Gesù lo riprese del suo affetto troppo sensibile dicendogli: Ritirati da me, o avversario, questo tuo parlare mi dà scandalo: tu non sai ancora gustare le cose di Dio, ma soltanto le cose umane. Ecco, dice s. Agostino, quel medesimo Pietro che poc'anzi lo aveva confessato per figliuolo di Dio, qui teme che egli muoia come figliuolo dell'uomo.

            Nell'atto che il Redentore manifestò i mali trattamenti che doveva soffrire per parte de' Giudei, promise, che alcuni degli Apostoli prima che egli morisse avrebbero gustato un saggio della sua gloria, e ciò per confermarli nella fede, e non si lasciassero {25 [41]} avvilire quando lo vedessero esposto ai patimenti della passione. Qualche giorno dopo Gesù scelse tre Apostoli Pietro, Giacomo, Gioanni, e seco li condusse sopra di un monte detto comunemente Taborre. In presenza di questi tre discepoli si trasfigurò, cioè lasciò trasparire un raggio della sua divinità intorno alla sacrosanta sua persona. Nell'atto stesso una luce sfolgoreggiante lo circondò e il suo volto divenne simile al chiarore del sole, e le sue vesti bianche come neve. Pietro allorchè giunse sul monte, forse stanco dal viaggio, si era posto a dormire cogli altri due; ma tutti in quel momento destandosi videro la gloria del loro divino Maestro. Nel tempo stesso comparvero eziandio presenti Mosè ed Elia. Al vedere risplendente il Salvatore, alla comparsa di quei due personaggi, e di quell'insolito splendore, Pietro sbalordito voleva parlare e non sapeva che dire; e quasi fuori di se, riputando per nulla ogni umana grandezza in confronto di quel raggio di paradiso, si senti ardere di desiderio {26 [42]} di rimanere sempre colà insieme col suo maestro. Quindi rivolto a Gesù disse: O Signore, quanto mai è cosa buona il dimorare in questo luogo: se così vi piace, facciamo qui tre padiglioni, uno per voi, uno per Mosè, e l'altro per Elia.

            Pietro, come ci attesta il Vangelo, era fuori di se e parlava senza sapere qual cosa dicesse. Era un trasporto d'amore pel suo Maestro e un vivo desiderio della felicità.

            Pietro seguitava tuttora a parlare quando sopraggiunse una nuvola maravigliosa che avvolse tutti gli apostoli. In quel momento dal mezzo di quella nuvola fu udita una voce che diceva: Questi è il mio figliuolo diletto, in cui ho riposto le mie compiacenze, ascoltatelo. Allora i tre apostoli vie più atterriti caddero a terra come morti; ma il Redentore avvicinandosi li toccò colla mano e facendo loro coraggio li rialzò in piedi. Rialzatisi non videro più nè Mosè nè Elia; eravi il solo Gesù nel suo stato naturale. Gesù comandò loro di non manifestare ad alcuno {27 [43]} quella visione se non dopo la sua morte e risurrezione.

            Dopo tal fatto quei tre discepoli crebbero a dismisura in amore verso Gesù. S. Giovanni Damasceno rende ragione perchè Gesù abbia di preferenza scelto questi tre apostoli e dice, che Pietro essendo stato il primo a render testimonianza della divinità del Salvatore meritava di essere anche il primo a poter in modo sensibile rimirare la sua umanità glorificata; Giacomo ebbe altresì tal privilegio perchè doveva essere il primo a seguire il suo maestro col martirio; s. Gioanni aveva il manto verginale che lo fece degno di questo onore (Damasc. hom. de transf.).

            La chiesa cattolica celebra il memorabile avvenimemto della trasfigurazione del Salvatore sul monte Tabor il giorno sei di agosto. {28 [44]}

 

 

Capo VI. Gesù risuscita la figlia di Giairo - Paga per Pietro il tributo - Ammaestra i suoi apostoli nell'umiltà. Anno di G. C. 32.

 

            Intanto si avvicinava il tempo in cui la fede di Pietro doveva essere messa alla prova. Perciò il divin maestro per infiammarlo sempre più d'amore per lui sovente gli dava nuovi segni di affetto e di bontà. Essendo Gesù venuto in una parte della Palestina detta terra de' Geraseni gli si fece innanzi un principe della sinagoga per nome Giairo, pregandolo che volesse restituire la vita ad una sua figlia unica di 12 anni morta poc'anzi. Gesù volle esaudirlo, ma giunto alla casa di lui proibì a tutti di entrare, e solo condusse seco Pietro, Giacomo e Giovanni affinchè fossero testimonii di quel miracolo che alla loro presenza fu operato.

            Il giorno seguente Gesù scostandosi alquanto dagli altri discepoli entrava {29 [45]} con Pietro nella città di Cafarnao per recarsi alla casa propria di lui. Alla porta della città i gabellieri, ossia coloro che dal governo erano posti all'esazione dei tributi e delle imposte, tirarono Pietro in disparte e gli dissero: Il tuo Maestro paga egli il tributo? Certamente che sì, rispose Pietro. Ciò detto entrò in casa dove il Signore lo aveva preceduto. Come lo vide il Salvatore, cui ogni cosa era manifesta, lo chiamò a se e gli disse: Dimmi, o Pietro, chi sono quelli che pagano il tributo, sono i figliuoli del re ovvero gli estranei alla famiglia reale? Pietro rispose: Sono gli estranei. Dunque, riprese a dire Gesù, i figliuoli sono esenti da ogni tributo. Il che voleva dire: Dunque io che sono, come tu stesso hai dichiarato, il figliuolo di Dio vivo, non sono obbligato a pagar nulla ai principi della terra; tuttavia questa buona gente non mi conosce siccome tu, e ne potrebbe prendere scandalo; perciò intendo di pagarlo. Va al mare, getta la rete e nella bocca del primo pesce che prenderai {30 [46]} troverai la moneta per pagare il tributo per noi due. Quindi pagherai il debito per me e per te. L'apostolo eseguì quanto gli era stato comandato, e dopo qualche intervallo di tempo ritornò pieno di stupore colla moneta indicatagli dal Salvatore.

            I Ss. Padri ammirano due cose in questo fatto: l'umiltà e la mansuetudine di Gesù che si sottomette alle leggi degli uomini, e l'onore che si degnò di fare al suo apostolo uguagliandolo a se medesimo e mostrandolo apertamente suo vicario.

            Gli altri apostoli, come seppero la preferenza fatta a Pietro, ne ebbero invidia; perciò andavano tra loro disputando intorno alla superiorità degli apostoli per indagare chi fra essi fosse maggiore. Gesù che poco per volta voleva correggerli dei loro difetti, giunti che furono alla sua presenza, fece loro conoscere come le grandezze del cielo sono ben diverse da quelle della terra, e che colui il quale vuole farsi il primo, conviene che si faccia l'ultimo in terra. Disse loro di poi: {31 [47]} Chi è maggiore? chi è il primo in una famiglia? Forse quegli che sta seduto, o quegli che serve a tavola? certamente chi sta a tavola. Ora che dite voi di me? Qual personaggio ho io figurato? certo di un povero che serve a mensa. Questo avviso doveva principalmente valere per Pietro, il quale nel mondo doveva ricevere grandi onori per la sua dignità, e tuttavia conservarsi nell'umiltà e nominarsi servo dei servi del Signore, come appunto soglionsi appellare i papi suoi successori.

 

 

Capo VII. Pietro parla con Gesù del perdono delle ingiurie, e del distacco dalle cose terrene - Rifiuta di lasciarsi lavare i piedi - Sua amicizia con s. Giovanni - Anno di G. C. 33.

 

            Un giorno il divin Salvatore si pose ad ammaestrare gli Apostoli circa il perdono dei nemici, e avendo detto che si doveva sopportare qualunque {32 [48]} oltraggio e perdonare qualsiasi ingiuria, Pietro rimase pieno di stupore; perciocchè egli era prevenuto, come tutti gli Ebrei, in favore delle tradizioni giudaiche, le quali permettevano alla persona offesa d'infliggere una pena all'offensore[5]. Si volse pertanto a Gesù, e, Maestro, gli disse, e se il nemico ci facesse sette volte ingiuria, e sette volte mi venisse a dimandare perdono, dovrei sette volte perdonare? Gesù il quale era venuto per mitigare i rigori della legge antica colla santità e purezza del Vangelo, rispose a Pietro che non solamente doveva perdonare sette volte, ma settanta volte sette se tante fossero le offese. I Ss. Padri in questo fatto riconoscono primieramente l'obbligo che ciascun cristiano ha di perdonare al prossimo ogni affronto in ogni tempo e in ogni luogo. In secondo luogo riconoscono la facoltà data da Gesù a s. Pietro ed a tutti i sacri ministri di perdonare i peccati degli uomini qualunque {33 [49]} ne sia la gravezza e il numero, purchè ne siano pentiti e promettano di cuore emendazione. (Gris. hom. 72).

            In altro giorno Gesù ammaestrava il popolo a lungo parlando della grande ricompensa che avrebbero ricevuto coloro che avessero disprezzato il mondo e fatto buon uso delle ricchezze, distaccando i loro cuori dai beni della terra. Pietro che non aveva ancora ricevuto i lumi dello Spirito Santo e che più degli altri aveva maggior bisogno d'esser istruito, colla solita sua franchezza si volse a Gesù e gli disse: Maestro, noi abbiamo abbandonato ogni cosa. Abbiamo fatto quello che avete comandato, quale adunque sarà il premio che a noi darete? Il Salvatore gradì la domanda di Pietro e mentre lodò il distacco degli Apostoli da ogni terrena sostanza notò che loro era riserbato un premio particolare, perchè dopo di aver lasciate le loro sostanze lo avevano seguito. Voi, disse, che avete seguito me, sederete sopra dodici troni maestosi, e compagni nella mia gloria giudicherete meco le dodici {34 [50]} tribù d'Israele e con esse tutto il genere umano.

            Non molto dopo Gesù portossi nel tempio di Gerusalemme e si mise a ragionare con Pietro della struttura di quel maestoso edifizio e della preziosità delle pietre che lo adornavano: dal che il Salvatore prese occasione di predirne l'intera rovina dicendo: Di questo magnifico tempio non rimarrà più pietra sopra pietra. Uscito quindi Gesù dalla città e passando vicino ad una pianta di fico, che era stata da lui maledetta, Pietro si maravigliò e avverti il divin Maestro che quella pianta era divenuta arida e secca. Gesù per incoraggiare gli Apostoli ad aver fede rispose che in virtù di essa avrebbero potuto fare tutto quello che avrebbero dimandato.

            La virtù per altro che Cristo voleva profondamente radicare nel cuore degli Apostoli era l'umiltà e di questa in molte occasioni diede loro luminosi esempi e specialmente la vigilia di sua passione. Era quello il giorno primo della Pasqua degli Ebrei che doveva {35 [51]} durare sette giorni e che suole chiamarsi degli azimi. Gesù mandò Pietro e Giovanni in Gerusalemme dicendo: Andate e preparate le cose necessarie per la Pasqua. Quelli dissero: Dove volete che le andiamo ad apparecchiare? Gesù rispose: Entrando in città incontrerete un uomo che porta una secchia d'acqua sopra le spalle; andate con lui, egli vi mostrerà un luogo spazioso, ove potrete preparare quanto occorre per questo bisogno. - Così fecero.

            Giunta la sera di quella notte, che era l'ultima della vita mortale del Salvatore, volendo egli instituire il Sacramento della Eucaristia premise un fatto che dimostra la purezza d'anima con cui ogni cristiano si deve accostare a questo sacramento del divino amore e nel tempo stesso serve a frenare la superbia degli uomini fino alla fine del mondo. Mentre era a mensa co' suoi discepoli, verso il fine della cena, il Signore si leva da tavola, piglia uno asciugatojo, se lo cinge ai fianchi, versa dell'acqua in un catino, mostrando {36 [52]} di voler lavare i piedi agli Apostoli che seduti e maravigliati stavano aspettando qual cosa volesse fare il loro Maestro.

            Venne adunque con l'acqua a Pietro, ed essendosi inginocchiato a lui davanti, gli domanda il pie' da lavare. Il buon Pietro, inorridito di vedere il suo divin Maestro in quell'atto di povero servitore, memore ancora che poco prima l'aveva veduto sfolgoreggiante di luce, pieno di vergogna e quasi piangendo: Che fate, Maestro, gli disse, che fate? Voi lavare a me i piedi? Non sarà mai: io nol potrò giammai permettere. Il Salvatore gli disse: Ciò che ora fo nol sai, ma lo saprai di poi: per altro guardati bene dal contraddirmi; se io non ti laverò i piedi, tu non avrai parte con me: cioè tu sarai privo d'ogni mio bene e diseredato. A queste parole il buon Pietro fu terribilmente turbato, dolevagli di dover essere separato dal suo Maestro, non voleva disobbedirgli, nè contristarlo; gli pareva non potergli permettere così basso servigio. {37 [53]} Tuttavia quando conobbe che il Salvatore voleva ubbidienza, gli disse: O Signore, poichè volete così, non debbo, nè voglio resistere alla vostra volontà, fate di me ogni cosa che meglio vi piace; se non basta lavarmi i piedi, lavatemi anche le mani e la testa.

            Il Salvatore dopo d'aver compiuto quell'atto di umiltà si volse a' suoi Apostoli e loro disse: Vedeste ciò che io ho fatto? Se io che sono vostro Maestro e padrone vi ho lavato i piedi, voi dovete fare altrettanto fra di voi. Le quali parole vengono a significare che un vero seguace di G. C. non deve mai rifiutarsi ad alcuna opera anche bassa di carità, qualora con essa si promuova il bene del prossimo e l'amore verso Dio.

            Durante questa cena avvenne un fatto che in maniera particolare riguarda s. Pietro e s. Giovanni. Si è già potuto osservare come il divin Redentore portava speciale affetto a questi due Apostoli; ad uno per la sublime dignità cui era destinato, all'altro {38 [54]} per la santità e candidezza dei costumi. Essi poi riamavano il loro Salvatore col più intenso affetto ed erano stretti tra di loro dai vincoli di specialissima amicizia, della quale il medesimo Redentore mostrò di compiacersi perchè era fondata sulla virtù.

            Mentre adunque Gesù era a mensa co' suoi Apostoli, alla metà della cena predisse che uno di essi lo avrebbe tradito. A questo avviso tutti si spaventarono, ed ognuno temendo per se cominciarono l'un l'altro a guardarsi dicendo: forse son io? Pietro, siccome più fervido nell'amore verso del suo Maestro, desiderava di conoscere chi fosse quel traditore; voleva interrogare Gesù, ma voleva farlo in segreto, acciocchè niuno degli astanti se ne accorgesse. Laonde senza proferir parola fece un cenno a Gioanni perchè volesse egli fare quella domanda. Questo diletto apostolo aveva preso posto vicino a Gesù, e la situazione era tale che appoggiava il suo Capo sul seno di lui; e il Capo di Pietro appoggiavasi su quello di Giovanni. {39 [55]} Giovanni appagò il desiderio del suo amico Pietro e con tanta segretezza che niuno degli Apostoli potè intendere nè il cenno di Pietro, nè l'interrogazione di Giovanni, nè la risposta di Cristo; giacchè niun di loro per allora venne in cognizione che il traditore fosse Giuda Iscariota.

 

 

Capo VIII. Gesù predice la negazione di Pietro - Esso lo segue nell'orto di Getsemani - Taglia l'orecchio a Malco - Sua caduta, suo ravvedimento. Anno di G. C. 33.

 

            Si avvicinava il tempo della passione del Salvatore e la fede degli Apostoli doveva essere messa a dura prova. Dopo l'ultima cena quando Gesù era per uscire dal cenacolo si volse ai suoi Apostoli e disse: Questa notte è assai dolorosa per me e di gran pericolo per tutti voi: avverranno di me tali cose che voi rimarrete scandalizzati, {40 [56]} e non vi parrà più vero quello che avete conosciuto e che ora credete di me. Perciò vi dico che in questa notte tutti mi volterete le spalle. Pietro secondo il suo solito ardere fu il primo a rispondere: Come? noi, noi tutti voltarvi le spalle? Quando anche tutti costoro fossero deboli a segno di abbandonarvi, io certamente nol farò giammai; e quand'anche dovessi morire con voi, non sarò mai per abbandonarvi. Ah Simone, Simone, rispose Cristo, pensa bene a quello che tu dici: io ho parlato testè in comune a voi tutti, ora parlo a te solo, e sappi che Satana ha ordito a te, a voi tutti una terribile tentazione e vi crivellerà come si fa del frumento nel vaglio. Perciò non presumere tanto di te stesso, perchè tu sei ben lontano dall'amore che ti sembra avere per me. Anzi in questa notte prima che il gallo abbia cantato due volte tu negherai tre volte di conoscermi.

            Pietro parlava guidato da un sentimento caldo d'affetto e non badava {41 [57]} che senza l'aiuto divino l'uomo cade in deplorabili eccessi; laonde egli rinnovò le medesime promesse dicendo: No certamente, può darsi che tutti vi neghino, io non mai.

            Ma Gesù che ben conosceva tale presunzione di Pietro venire da inconsiderato ardore e dalla grande tenerezza verso il suo Maestro ne ebbe compassione e lo consolò dicendo: Tu cadrai certamente, o Pietro, come ti dissi, tuttavia non perderti d'animo. Io ho pregato per te, affinchè la tua fede non venga meno. Tu poi quando ti sarai riavuto dalla tua caduta conferma nella fede i tuoi fratelli; rogavi pro te, Petre, ut non deficiat fides tua, et tu aliquando conversus con firma fratres tuos. Colle quali parole il divin Salvatore promise una assistenza particolare al Capo della sua Chiesa, la cui fede non sarebbe giammai venuta meno, sebbene i suoi ministri nelle cose estranee alla fede fossero caduti in colpa, come diffatto avvenne a s. Pietro.

            Da queste parole è parimenti confermata {42 [58]} l'autorità infallibile che Gesù Cristo compartì a s. Pietro; perciocchè se egli doveva per ordine divino sostenere e confermare nella fede i suoi fratelli, che sono gli apostoli, e se Gesù pregò affinchè questa fede in Pietro non venisse mai meno, non si può metter in dubbio l'infallibilità di s. Pietro e de' suoi successori senza dire che la preghiera del Salvatore non sia stata esaudita e che Dio abbia abbandonalo il genere umano in preda all'errore, esposto a mille pericoli di perdere la fede, senza guida sicura che gli possa additare la via sicura di salvamento. Queste cose niuno certamente vorrà asserire[6].

            Intanto G. C. dopo quella memorabile cena eucaristica a notte avanzata parti con Pietro, Giacomo e Giovanni per recarsi sul monte Oliveto, così appellato pei molti ulivi di cui ivi abbonda il terreno. Giunto ad una parte di quel monte detto Getsemani, dove era  {43 [59]} solito a ritirarsi per far orazione, si allontanò dagli apostoli un tiro di pietra. Nell'atto per altro che si separava da loro li avvisò dicendo: Pregate e vigilate, perchè la tentazione è vicina. Ma Pietro e i suoi compagni sia per l'ora tarda, sia per la stanchezza si assisero a fine di riposare e in breve si addormentarono. Questo è nuovo fallo di Pietro, il quale doveva seguire il precetto del Salvatore vigilando e pregando. In quel momento giunsero gli sgherri nell'orto per catturare Gesù e condurlo in prigione. Pietro, vedutili appena, corse loro incontro per allontanarli, e vedendo che facevano resistenza mise mano alla spada, che era un grosso e lungo coltello, e vibrando un colpo alla ventura tagliò l'orecchio ad un servo del pontefice chiamato Malco.

            Non erano queste le prove d'amore che Gesù aspettava, nè mai gli aveva insegnato di opporre forza a forza. Fu questo un tratto di vivo amore, ma fuor di proposito; perchè il Signore non voleva essere salvato dalle {44 [60]} mani altrui, anzi per la salute del mondo voleva darsi nelle mani dei suoi nemici e morire; onde Gesù disse a Pietro: Riponi la spada nel fodero, perciocchè chi di spada ferisce, di spada perisce. Di poi mettendo in pratica quello che aveva tante volte insegnato nelle sue predicazioni, cioè di far del bene a chi ci fa del male, prese l'orecchia tagliata e con somma bontà la pose colle sue sante mani al luogo del taglio, sicchè rimase sull'istante guarita.

            Pietro e gli altri apostoli scorgendo inutile ogni resistenza, che anzi avrebbero corso pericolo per se medesimi, messe a parte le promesse fatte poco prima al maestro, tutti lo abbandonarono dandosi a fuggire chi di qua chi di là lasciando Gesù solo nelle mani de' suoi carnefici. Ma Pietro vergognandosi della sua viltà, confuso ed irresoluto non sapeva dove andare e dove stare; onde si portò nell'atrio del palazzo di Caifasso, Capo di tutti i sacerdoti. Gesù era dentro nelle mani {45 [61]} degli Scribi e Farisei che lo avevano accusato a quel tribunale.

            Vuolsi qui notare che quando Pietro fu alla porta del cortile non poteva entrar dentro, perchè la portinaja non voleva dargliene il permesso. Il suo amico Giovanni, essendo conosciuto nella corte del Pontefice, aveva potuto entrare senza difficoltà e ottenere eziandio che Pietro potesse entrare nel cortile medesimo. (S. Agostino in Ioan. ed altri).

            Entrato appena nell'atrio Pietro trovò una turba di guardie che stavano riscaldandosi al fuoco ivi acceso. Si pose anch'egli seco loro vicino al fuoco. Al chiarore delle fiammelle la donnicciuola, che per grazia lo aveva lasciato entrare, vedendolo tutto pensieroso e malinconico, entrò in sospetto che egli fosse un seguace di Gesù. Olà, gli disse, tu sembri un compagno del Nazareno, non è vero? - L'Apostolo nel vedersi scoperto in faccia a tanta gentaglia rimase atterrito, e temendo per se la prigione e forse anche la morte, affannato per la vista {46 [62]} degli sgherri, che tutti gli avevano l'occhio addosso e attendevano la sua risposta, perduto ogni coraggio rispose: Donna, ti sbagli; io non son di quelli, nemmeno conosco quel Gesù di cui tu parli. Ciò detto il gallo cantò per la prima volta; e Pietro non vi pose mente.

            Dopo essersi egli trattenuto qualche momento in compagnia di quelle guardie si portò nel vestibolo. Mentre poi ritornava presso il fuoco, un'altra fantesca o forse la medesima di prima, si fece di nuovo a rimproverarlo: Oh vedi, gli disse, ecco qui uno della compagnia di questo Gesù; e rivoltasi agli altri soggiunse: Che ve ne pare? Pietro vie più spaventato, quasi fuor di se, rispose di non conoscerlo, nè di averlo mai veduto. Pietro parlava così, ma la coscienza lo rimproverava e provava i più acuti rimorsi, perciò tutto pensieroso con occhio torbido e passo incerto stava, entrava e usciva senza sapere che farsi. Ma un abisso conduce ad un altro abisso. {47 [63]}

            Dopo alcuni istanti un parente di quel Malco, a cui Pietro aveva tagliata l'orecchia, lo vide e fissandolo bene in faccia disse: Certamente costui è uno dei compagni di quel Galileo! Tu lo sei certamente, la tua pronunzia ti manifesta. E poi non ti ho io veduto nell'orto con lui quando tagliasti l'orecchia a Malco? Pietro vedendosi a così mal partito non seppe più trovare altro scampo che giurare e spergiurare di non conoscerlo. Non aveva ancora bene proferita l'ultima sillaba quando il gallo la seconda volta cantò.

            Quando il gallo cantò la prima volta, Pietro non vi aveva badato; questa seconda volta bada al numero delle sue negazioni, richiama a memoria la predizione di G. C., e la vede appuntino avverata. A questa rimembranza si turba, sentesi tutto amareggiato il cuore, e girando l'occhio verso l'offeso Gesù, lo sguardo di lui s'incontra col suo. Questa occhiata di Cristo fu un atto muto, ma un colpo di grazia che a guisa di strale {48 [64]} acutissimo lo andò a ferire nel cuore, non per dargli la morte ma per restituirgli la vita. (Gris. in Matth.)

            A quel tratto di bontà e di misericordia Pietro scosso come da un profondo sonno si senti gonfiare il cuore e provocare le lagrime pel dolore. Per dare libero sfogo al pianto usci fuori da quel malaugurato luogo e andò a piangere il suo fallo e invocare dalla divina misericordia il perdono. Il Vangelo ci dice solamente che: et egressus Petrus flevit amare. Pietro usci fuori e pianse amaramente. Di questa caduta Pietro portò rimorso tutta la vita e si può dire che da quell'ora fino alla morte non fece che piangere il suo peccato facendone aspra penitenza. Si dice che egli avesse sempre accanto un pannolino per asciugarsi le lagrime; e che ogni qual volta sentiva il gallo a cantare trasaliva e tremava, richiamandosi tuttora alla memoria il doloroso momento di sua caduta. Che anzi le lagrime, che aveva continue, gli avevano fatto due solchi sopra le {49 [65]} guancie. Beato Pietro che tanto presto abbandonò la colpa e ne fece così lunga ed aspra penitenza. Beato eziandio quel cristiano che, dopo aver avuto la disgrazia di seguire Pietro nella colpa, lo segue nella penitenza.

 

 

Capo IX. Pietro al sepolcro del Salvatore - Gesù gli appare più volte - Sul lago di Tiberiade dà tre distinti segni di amore verso Gesù che lo costituisce Capo e supremo pastore della Chiesa.

 

            Mentre il divin Salvatore era strascinato nei varii Tribunali e di poi condotto sul Calvario a morire in croce, Pietro certamente non lo perdette di mira, perchè desiderava di vedere dove andasse a finire quel luttuoso spettacolo. E vi sono ragioni per credere che egli siasi trovato in compagnia dell'amico suo Giovanni ai piedi della croce. Ma dopo la morte del Salvatore il buon Pietro tutto {50 [66]} umiliato pel modo indegno con cui aveva corrisposto al grande amore di Gesù pensava continuamente a lui, oppresso dal più amaro dolore e pentimento. Se non che questa sua umiliazione era appunto quella che tirava sopra di se la benignità di Gesù.

            Dopo la sua risurrezione Gesù apparve primieramente alla Maddalena e ad altre donne, perchè esse sole erano venute al sepolcro per imbalsamarlo. Dopo essersi loro manifestato soggiunse: Andate tosto, riferite ai miei fratelli e particolarmente a Pietro che mi avete veduto vivo. Pietro, che si credeva già forse dimenticato dal Maestro, al sentirsi da parte di Gesù annunziare a lui nominatamente la nuova della risurrezione diede in un torrente di lagrime, e non poteva più tenere l'allegrezza in cuore. Trasportato dalla gioia e dal desiderio di vedere il Maestro risorto, egli in compagnia dell'amico Giovanni si mise a correre velocemente su pel monte Calvario. Correvano entrambi insieme, ma Giovanni essendo più giovane e {51 [67]} più svelto vi giunse prima di Pietro. Con tutto ciò egli non ebbe ardire di entrare, ed inchinatosi alquanto all'imboccatura vide i pannolini in cui era stato avvolto il corpo di Gesù. Poco dopo sopraggiunse anche Pietro, il quale, fosse per l'autorità maggiore che sapeva di godere, fosse perchè era di un carattere più risoluto e pronto, senza fermarsi al di fuori, discese dentro, lo esaminò in tutte le sue parti, tastò ancora da per tutto, ma altro non vide che i medesimi pannolini ed il sudario avviluppato in disparte. Sull'esempio di Pietro entrò di poi anche Gioanni, il quale fatto il medesimo  esame e vedute le medesime cose rimase al pari di lui persuaso che il corpo di Gesù era stato tolto come, altri avevano detto. Perciocchè non avevano ancora ben potuto comprendere la promessa del Redentore, quando disse che sarebbe risorto tre giorni dopo la sua morte. I due Apostoli allorchè ebbero fatto nel sepolcro quelle minute osservazioni {52 [68]} uscirono fuori e ritornarono colà donde erano partiti.

            Ma in quel giorno medesimo Gesù volle egli stesso visitare Pietro in persona e consolarlo colla sua presenza e quello che è più apparve a Pietro prima di tutti gli altri Apostoli. Più volte il divin Salvatore si manifestò a' suoi Apostoli dopo la risurrezione per istruirli e confermarli nella fede.

            Un giorno Pietro, Giacomo e Giovanni con alcuni altri discepoli sia per evitare l'ozio, sia per guadagnarsi qualche cosa da mangiare andarono a pescare sul lago di Tiberiade. Salirono tutti sopra una barca, la scostarono alquanto dal lido e gettarono le loro reti. Si affaticarono tutta la notte gettando le reti ora di qua, ora di là, ma tutto invano; già spuntava il giorno e nulla avevano preso.

            Allora comparve il Signore sul lido, dove, senza farsi conoscere, quasi volesse comperar dei pesci, Giovanetti, loro disse, avete forse qualche pesce per far colezione? Pueri, numquid pulmentarium habetis? No, risposero; {53 [69]} abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso niente. Gesù soggiunse: Gettate la rete alla destra della nave e ne prenderete.

            Fossero mossi da interno impulso, fosse per seguire il consiglio di colui, che ai loro sguardi sembrava un perito pescatore, gettarono giù la rete e se la trovarono piena di tanti e così grossi pesci, che tutti uniti non avevano forza bastante per ritirarla. A questa pesca inaspettata Giovanni si rivolse verso colui che dal lido aveva dato quel suggerimento, ed avendo conosciuto essere Gesù, disse tosto a Pietro: Egli è il Signore.

            Pietro, udite queste parole, trasportato dal solito fervore, senza altra considerazione si getta nell'acqua e va nuotando fino alla sponda per essere il primo a salutare il divin Maestro. Mentre Pietro si tratteneva famigliarmente con Gesù, si avvicinarono anche gli altri Apostoli strascinandosi dietro la rete piena di pesci. Nel prender terra furono molto maravigliati nel trovare il fuoco acceso per mano {54 [70]} stessa del Salvatore e pane preparato con pesce che si arrostiva. Gli Apostoli mossi dal desiderio di vedere il Signore lasciarono tutti i pesci nella barca; onde il Salvatore disse loro: Portate qua dei vostri pesci. Pietro che in ogni cosa era il più pronto ed ubbidiente, udito quell'ordine salì subitamente nella nave, e da se solo tirò a terra la rete piena di 153 grossi pesci.

            Il sacro testo ci avvisa che fu un miracolo il non essersi lacerata la rete sebbene vi fossero tanti pesci e di tal grossezza. I Ss. Padri ravvisano in questo fatto il Capo della Chiesa, il quale solo assistito in modo particolare dallo Spirito Santo guida la mistica nave piena di anime da condursi ai piè di Gesù Cristo che le ha redente e che le attende in cielo.

            Intanto Gesù aveva egli stesso preparata la refezione; ed invitando gli Apostoli a sedersi sopra la nuda arena, distribuì ad ognuno del pane e del pesce che aveva arrostito. Terminata la refezione, G. C. si mise di bel nuovo {55 [71]} a discorrere con s. Pietro, e ad interrogarlo in faccia ai compagni nella maniera seguente: Simone, figliuolo di Giovanni, mi ami tu più di costoro? Sì, rispose Pietro, voi sapete che io vi amo. Gesù gli disse: Pasci i miei agnelli. Quindi gli replicò un'altra volta: Simone, figliuolo di Giovanni, mi ami tu? Signore, replicò Pietro, voi ben sapete che io vi amo. Gesù ripetè: Pascola i miei agnelli. Il Signore replicò: Simone, figliuolo di Giovanni, mi ami tu più di costoro? Pietro nel vedersi interrogato tre volte sopra il medesimo soggetto rimase fortemente conturbato. In quel momento gli ritornarono alla mente le promesse già fatte altra volta, e che egli aveva violato, e perciò temeva che G. C. si burlasse delle sue proteste, quasi volesse già predirgli altre negazioni. Pertanto diffidando delle proprie forze Pietro umiliato rispose: Signore, voi sapete tutto, il mio cuore è tutto aperto a voi, e perciò voi sapete altresì che io vi amo. Le quali parole vennero a significare che Pietro era {56 [72]} sicuro in quel punto della sincerità de' suoi affetti, ma non lo era egualmente per l'avvenire. Gesù che conosceva il suo desiderio di amarlo e la schiettezza de' suoi affetti lo confortò dicendo: Pascola le mie pecore.

            Colle quali parole G. C. adempiva la promessa fatta a s. Pietro di volerlo costituire principe degli Apostoli e pietra fondamentale della Chiesa. Imperocchè gli agnelli qui significano tutti i fedeli cristiani sparsi nelle varie parti del mondo che devono essere sottomessi al Capo della Chiesa, siccome fanno gli agnelli al loro pastore. Le pecore poi significano i vescovi e gli altri sacri ministri i quali danno bensì il pascolo della dottrina di G. C. ai fedeli cristiani, ma sempre d'accordo, sempre uniti e sempre sottomessi al supremo pastore della Chiesa che è il Romano Pontefice, vicario di G. C. sopra la terra.

            Appoggiati sopra queste parole di Gesù Cristo i cattolici di tutti i tempi hanno sempre creduto verità di fede che s. Pietro fu costituito da Gesù {57 [73]} Cristo suo Vicario in terra e Capo visibile di tutta la Chiesa e che ricevette da lui la pienezza di autorità sopra gli altri apostoli e sopra di tutti i fedeli. Questa autorità passò ne' Romani Pontefici di lui successori. Ciò fu definito come dogma di fede nel concilio fiorentino colle seguenti parole: « Noi definiamo che la santa Sede Apostolica ed il Romano Pontefice è il successore del principe degli Apostoli, il vero Vicario di Cristo ed il Capo di tutta la Chiesa, il maestro e padre di tutti i cristiani, e che a lui nella persona del Beato Pietro fu dato dal Nostro Signor Gesù Cristo pieno potere di pascere, reggere e governare la Chiesa Universale[7]. »

            Notano eziandio i Ss. Padri che il divin Redentore ha voluto che Pietro dicesse tre volte pubblicamente che l'amava, quasi per riparare lo scandalo che aveva dato negandolo tre volte. {58 [74]}

 

 

Capo X.  Gesù predice a s. Pietro la morie di croce. - Promette assistenza alla Chiesa sino alla fine del mondo. - Ascensione di Gesù. - Ritorno degli Apostoli nel cenacolo. An. di G. C. 33.

 

            Dopochè s. Pietro intese che quelle replicate dimande non erano presagio di caduta, ma erano conferma dell'alta autorità che gli aveva conferita ne fu consolato. E siccome Gesù sapeva che a Pietro stava molto a cuore di glorificare il suo divin Maestro, volle predirgli il genere di supplizio con cui avrebbe terminata la sua vita.

            Perciò immediatamente dopo le tre promesse di amore che gli aveva fatto, prese a parlargli così: In verità, in verità, o Pietro, io ti dico, che quando eri più giovine ti vestivi da te ed andavi dove ti piaceva, ma quando sarai vecchio un altro, cioè il littore, ti cingerà, vale a dire, ti legherà e tu stenderai le mani ed egli ti condurrà {59 [75]} dove non vuoi. Colle quali parole, dice il Vangelo, veniva a significare con quale morte avrebbe Pietro glorificato Iddio, cioè coll'essere legato ad una croce e così coronato del martirio. Pietro vedendo che dava a lui un'autorità suprema ed a lui solo prediceva il martirio, si dimostrò sollecito di dimandare che ne sarebbe stato dei suo amico Giovanni, e disse: Di costui che ne sarà? cui Gesù rispose: Che importa a te di costui? se io volessi che egli rimanesse fino al mio ritorno, a te che importa? tu fa quel che ti dico e seguimi. Allora Pietro adorò i decreti del Salvatore, nè osò di fare più oltre novelle interrogazioni a quel proposito.

            Gesù Cristo apparve molte altre volte a s. Pietro ed agli altri Apostoli; e un giorno si manifestò sopra un monte dove erano presenti più di 500 discepoli.

            Poco prima di salire al cielo volle radunare i suoi Apostoli e dopo di aver dato loro a conoscere il supremo ed assoluto potere che egli aveva in {60 [76]} cielo e in terra, conferì a s. Pietro e a tutti gli Apostoli la facoltà di rimettere i peccati dicendo: Come il mio padre celeste mandò me, così io mando voi; Ricevete lo Spirito Santo, quelli a cui rimetterete i peccati, sono rimessi; quelli a cui li riterrete, sono ritenuti. Andate, predicate il Vangelo a tutte le creature, ammaestratele e battezzatele nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Chi crederà e riceverà il battesimo sarà salvo, chi non crederà, andrà dannato. Ho ancora molte cose a dirvi che al presente non potete ancora comprendere. Quando avrete ricevuto lo Spirito Santo, che manderò sopra di voi di qui a pochi giorni, egli v'insegnerà ogni cosa. Non perdetevi d'animo. Voi sarete condotti dinanzi ai tribunali; dinanzi ai magistrati ed ai medesimi re. Non datevi pena di ciò che dovrete rispondere; lo Spirito di verità che il Padre celeste vi manderà in mio nome, vi metterà le parole in bocca, e vi suggerirà ogni cosa. Tu poi, o Pietro, e voi tutti miei Apostoli, {61 [77]} non pensate che io vi lasci orfani; no, io sarò con voi tutti i giorni sino alla fine dei secoli.

            Disse ancora molte altre cose a suoi Apostoli, di poi raccomandando loro di non partire da Gerusalemme fin dopo la venuta dello Spirito Santo, li condusse sopra il monte Oliveto. Colà alzando le mani al cielo li benedisse, e mentre li benediceva cominciò a sollevarsi in alto. In quel momento comparve una risplendente nuvola che lo circondo e lo tolse ai loro sguardi.

            Stavano tuttora gli Apostoli ed altri discepoli colà venuti cogli occhi rivolti al cielo a guisa di chi è rapito in dolce estasi, allorchè due Angeli in sembianza d'uomini magnificamente vestiti si avvicinarono e dissero: Uomini Galilei, a che state qui rivolti guardando il cielo? quel Gesù il quale partendo ora da voi è salito al cielo, ritornerà in quella stessa maniera colla quale lo avete veduto a salire. Ciò detto disparvero, e quella divota schiera partì dal monte Oliveto, rientro in Gerusalemme per aspettare la venuta {62 [78]} dello Spirito Santo che sarebbe disceso sopra di loro fra pochi giorni secondo la promessa del Salvatore.

 

 

Capo XI. S. Pietro surroga Guida. - Venuta dello Spirito Santo. - Miracolo delle lingue. - Anno di G. C. 83.

 

            Noi abbiamo finora considerato Pietro solamente nella sua debolezza; presto lo vedremo a percorrere una carriera assai più gloriosa, dopo che avrà ricevuto i doni dello Spirito Santo.

            Ora osserviamo come egli cominciò ad esercitare l'autorità di Sommo Pontefice di cui era stato investito da Gesù Cristo.

            Dopo l'ascensione del Salvatore, s. Pietro cogli altri Apostoli si ritirarono nel cenacolo, che era un'abitazione situata sopra la parte più elevata di Gerusalemme detta monte Sion: Qui dunque in numero di circa 120; con Maria Madre di Gesù, passavano {63 [79]} le giornate in orazione attendendo la venuta dello Spirito Santo. Un giorno mentre erano applicati alle sacre funzioni, Pietro si levò dal mezzo di loro e intimando silenzio colla mano: « Fratelli, egli dice, è d'uopo che si adempia quello che lo Spirito Santo predisse per la bocca del profeta Daviddè intorno a Giuda il quale fu condottiero di quelli che imprigionarono il Divin Maestro. Egli al par di noi era stato eletto al medesimo ministero, ma egli prevaricò, e col prezzo della sua iniquità fu comperato un campo; ed egli s'impiccò, e crepandosi per mezzo, versò le viscere sopra la terra. Il fatto si rese pubblico a tutti gli abitanti di Gerusalemme, e quel campo ricevette il nome di Aceldama, cioè campo dei sangue. Ora di lui appunto fu scritto nel libro de' Salmi (salmo 68): divenga la sua dimora deserta, e non vi sia chi abiti in essa; (salmo 108) e in luogo di lui un altro gli sottentri nel vescovado. Perciò fa mestieri che tra coloro i quali furono insieme con noi per tutto il tempo {64 [80]} che dimorò con noi G. C. cominciando dal battesimo di Giovanni fino a quel giorno in cui partendo da noi è salito al cielo, è mestieri, dico, che tra coloro se ne scelga uno, il quale sia con noi testimonio della sua risurrezione per l'opera a cui noi siamo mandati. »

            Tutti si tacquero alle parole di Pietro, poichè tutti lo riguardavano come Capo della Chiesa ed eletto da G. C. a fare le sue veci dopo la sua ascensione al cielo. Pertanto furono presentati due, che sono Giuseppe, nominato anche Barsaba (che aveva per soprannome il Giusto) e Mattia. Ravvisandosi in amendue egual merito ed eguale virtù rimisero a Dio la scelta. Prostrati adunque si misero a pregare così: Voi, Signore, il quale conoscete il cuore di tutti, mostrateci quale dei due abbiate scelto per occupare il luogo di Giuda prevaricatore. In quel caso fu giudicato bene di usare la sorte coll'orazione per conoscere la volontà di Dio. Al presente la Chiesa non adopera più questo mezzo, avendo  {65 [81]} moltissime altre vie per conoscere coloro che sono chiamati al ministero dell'altare.

            Gettarono adunque la sorte e la sorte cadde sopra Mattia, il quale fu annoverato cogli altri undici Apostoli. e riempi così il duodecimo posto che era rimasto vacante. E' questo il primo atto di autorità Pontificia, che esercitò s. Pietro; autorità non solo di onore, ma di diritto, siccome esercitarono in ogni tempo i Papi suoi successori.

            Noi abbiamo considerato in Pietro una fede viva, umiltà profonda, ubbidienza pronta, carità fervente e generosa; ma queste belle qualità erano ben lontane dal metterlo in grado di esercitare l'alto ministero, cui era destinato. Egli doveva vincere l'ostinazione degli Ebrei, distruggere l'idolatria, convertire uomini dati a tutti i vizi, e stabilire in tutta la terra la fede di un Dio crocifisso. L'abbondanza di questa forza, di cui Pietro abbisognava per una sì grande impresa, era riserbata ad una grazia speciale da infondersi mercè i doni dello Spirito {66 [82]} Santo, che dovevano illuminare l'anima sua e infiammarla del fuoco del santo amor di Dio.

            Quello strepitoso avvenimento è dai sacri libri riferito come segue: Era il giorno di Pentecoste, cioè cinquantesimo dopo la risurrezione di G. G. decimo da che Pietro era nel cenacolo in orazione cogli altri discepoli quando improvvisamente all'ora terza, circa le nove ore del mattino, si udi sopra il monte Sion un grande strepito, simile al rumoreggiar del tuono accompagnato da un vento gagliardissimo. Quel vento investì la casa dove erano i discepoli, e ne fu per ogni parte ripiena. Mentre ognuno andava ripensando la cagione di quel fragore apparvero fiammelle che a guisa di lingue di fuoco andarono a posarsi sopra il Capo di ciascun di loro. Erano quelle fiamme simbolo del coraggio e dell'infiammata carità con cui gli Apostoli avrebbero dato mano alla predicazione del Vangelo. In questo momento il cuore di Pietro diventò tutto nuovo, provava in se stesso un coraggio ed una forza tale, che le {67 [83]} più grandi imprese sembravano un nulla per lui.

            A quel grave rumore corse gran turba di popolo ebreo di varie nazioni, di cui alcuni parlavano latino, altri greco, altri egiziaco, arabo, ebraico ed altri persiano ed altre lingue. Intorniato il cenacolo di quella moltitudine, escono gli Apostoli, e si fanno loro a parlare. E quivi cominciò ad operarsi un miracolo non mai udito; perciocchè gli Apostoli rozzi, che sapevano appena la lingua del paese, si misero a parlare le lingue di tutti quelli che erano colà accorsi. Non potevano darsi ragione gli uditori di simil fatto, pareva un sogno che un uomo solo potesse contemporaneamente parlare la lingua di tanti paesi.

 

 

Capo XII. Prima predica di Pietro. Anno di G. C. 33.

 

            Mentre il maggior numero ammiravano l'intervento della potenza divina, non mancarono alcuni maligni {68 [84]} che, soliti a disprezzare ogni cosa santa, non sapendo più che dire, andavano chiamando gli Apostoli ubbriachi. Sciocchezza veramente grande; l'ubbriachezza non fa parlare la lingua ignota, ma fa dimenticare quella imparata. Fu allora che s. Pietro pieno di santo ardore cominciò a predicare per la prima volta Gesù Cristo. Laonde a nome di tutti gli altri Apostoli si avanza in faccia alla moltitudine, alza la mano, intima silenzio, e comincia a parlare così: « A voi parlo, o Giudei, e voi tutti abitanti di questa città ricevete le mie parole, e sarete illuminati intorno a questo fatto. Questi uomini non sono già ubbriachi come pensate voi, poichè siamo soltanto alla terza ora del mattino, in cui siamo soliti ad essere digiuni. Ben altra è la cagione di quanto vedete. Oggi si è in noi verificata la profezia del profeta Gioele, il quale disse così: avverrà negli ultimi giorni, dice il Signore, che io spanderò il mio Spirito sopra gli uomini, e i vostri figliuoli e le vostre figliuole profeteranno; i vostri {69 [85]} giovani avranno delle visioni, e i vòstri vecchi dei sogni. Anzi in quei giorni spanderò il mio Spirito sopra i miei servi e sopra le mie serve, e diventeranno profeti, e farò dei prodigi in cielo e in terra. Chiunque invocherà per la fede il nome del Signore, colui sarà salvo.

            « Ora, continuò Pietro, questa profezia si è verificata in noi. Ascoltate, o figliuoli di Giacobbe: quel Signore, nel cui nome chi crederà sarà salvo, è quel medesimo Gesù Nazareno, quell'uomo grande, a cui Iddio rendette testimonianza con una moltitudine di miracoli, che operò, come voi stessi avete veduto. Voi faceste morire quell'uomo per mano degli empi, e così senza saperlo serviste ai decreti di Dio, che voleva salvare il mondo colla sua morte. Dio per altro lo ha risuscitato da morte, siccome aveva predetto il profeta Davidde con queste parole: Tu non mi lascierai nel sepolcro, nè permetterai che il tuo Santo provi la corruzione.

            « Notate, dice Pietro, notate, o Giudei, {70 [86]} che Davidde non intendeva di parlare di se in questo salmo, perchè voi ben sapete, che egli è morto e il suo sepolcro è rimasto fra noi fino al dì d'oggi, ma essendo egli profeta, e sapendo che Iddio gli aveva promesso con giuramento che dalla sua discendenza sarebbe nato il Messia, profetizzò eziandio la sua risurrezione, dicendo, che egli non sarebbe lasciato nel sepolcro, e che il suo corpo non avrebbe provato la corruzione. Questi adunque è Gesù Nazareno, che Iddio ha risuscitato da morte, di che noi siamo testimoni; si noi l'abbiamo veduto tornato a vita, l'abbiamo toccato, e abbiamo mangiato con lui.

            Egli adunque essendo stato innalzato dalla virtù del Padre nel cielo, ed avendo ricevuto da lui l'autorità di mandare lo Spirito Santo, secondo la sua promessa, poco fa ha mandato sopra di noi questo divino Spirito, della cui virtù vedete in noi una prova così manifesta. Che poi Gesù sia salito al cielo, lo dice il medesimo Davidde con queste parole: Il Signore disse al mio {71 [87]} Signore: siedi alla mia destra, finchè io abbia messo i tuoi nemici a scabello de' tuoi piedi. Ora voi ben sapete, che Davidde non salì al cielo per regnare. Egli è G. C. che salì al cielo: a lui adunque, e non a Davidde, furono appropriate quelle parole. Sappia adunquè tutto il popolo d'Israele, che quel Gesù che voi avete crocifisso, fu da Dio costituito Signore di tutte le cose, re e Salvatore del suo popolo, e niuno può salvarsi senza aver fede in lui. »

            Tale predicazione di Pietro avrebbe dovuto inasprire gli animi de' suoi uditori, a cui rimproverava l'enorme delitto commesso contro la persona del divin Salvatore; Ma era Iddio che parlava per bocca del suo ministro, e perciò la predicazione di Pietro produsse effetti maravigliosi. Quindi agitati come da un fuoco interno, effetto della grazia di Dio, da tutte parti andavano esclamando con cuore veramente contrito: Che cosa faremo, che cosa faremo? S. Pietro vedendo che la grazia del Signore operava nei loro cuori, e che già essi credevano in G. Cristo., pieno {72 [88]} di allegrezza loro disse: Fate penitenza e ognuno in nome di Gesù C. riceva il battesimo; così otterrete la remissione dei peccati e riceverete lo Spirito Santo.

            L'Apostolo seguitò ad istruire quella moltitudine animando tutti a confidare nella misericordia e bontà di Dio che desidera la salute degli uomini. Il frutto di questa prima predica corrispose all'ardente carità del predicatore. Circa 3000 persone si convertirono alla fede di G. C. e furono dagli Apostoli battezzate. Santo Agostino assicura che Santo Stefano protomartire è stato convertito in questa predica.

            Ecco s. Pietro divenuto pescatore di anime. Questa si può chiamare la prima pesca, cui terranno dietro altre ed altre ancora più copiose. Così cominciavano a compiersi le parole del Salvatore quando disse a Pietro che per l'avvenire non sarebbe più stato pescatore di pesci, ma pescatore di anime. {73 [89]}

 

 

Capo XIII. S. Pietro guarisce uno storpio - Sua seconda predica.Anno di G. G. 33.

 

            Poco dopo questa predica all'ora nona, cioè alle tre dopo il mezzodì, Pietro e il suo amico Giovanni, come per ringraziare Iddio de' benefizi ricevuti, andavano insieme al tempio per fare orazione. Giunti ad una porta del tempio detta Speciosa ovvero Bella trovarono un uomo storpio di ambi i piedi fin dalla sua nascita. Non potendosi reggere, esso era colà trasportato per vivere chiedendo limosina a quelli che venivano al tempio. Quello sfortunato quando vide i due Apostoli a lui vicini dimandò loro limosina come faceva con tutti. Pietro così inspirato da Dio, miratolo fisso, gli disse: Guarda in noi. Egli guardava, e nella speranza di avere qualche cosa non batteva palpebra. Allora Pietro: ascolta, o buon uomo, io non ho nè oro nè argento a darti; quello che ho, te lo {74 [90]} do. In nome di Gesù Nazareno levati su e cammina. Quindi lo prese per mano a fine di sollevarlo, come in simili casi aveva veduto farsi dal divin Maestro. In quel momento lo storpio si senti assodar le gambe, prender vigore i nervi, ed acquistar forza pari a qualunque altro uomo più sano. Sentendosi egli guarito fece un salto, si pose a camminare, e saltellava di allegrezza. Indi prese Pietro per mano, e lodando Dio lo accompagno nel tempio. Tutta la gente che era stata testimonio del fatto e vedeva lo storpio a camminare da se, non durava fatica a ravvisare in quella guarigione un vero miracolo. Il linguaggio dei fatti è più efficace di quello delle parole. Perciò la moltitudine avendo conosciuto essere stato s. Pietro colui, che aveva restituita la sanità a quel miserabile, in gran folla si strinse intorno a lui ed intorno a Giovanni, tramando tutti di rimirare coi proprii occhi chi sapeva fare opere così stupende.

            È questo il primo miracolo, che dopo l'ascensione di Cristo venisse operato {75 [91]} dagli Apostoli, ed era conveniente che s. Pietro ne fosse il primo strumento, perciocchè egli tenea fra tutti la prima dignità nella Chiesa. Ma Pietro al vedersi circondato da tanta gente stimò bella occasione di rendere a Dio la gloria dovuta, e di glorificare nel tempo stesso G. G. nel cui nome erasi operato il prodigio.

            « Figli d'Israele, loro disse, a che tanto maravigliarvi di questo fatto; a che tenere così fissi gli sguardi sopra di noi, quasi che per nostra virtù avessimo fatto camminare quell'uomo? Il Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, il Dio de' Padri nostri ha glorificato il suo figliuolo Gesù, quel Gesù che voi avete tradito e negato in faccia a Pilato, quando egli pure giudicava di lasciarlo impunito. Voi dunque aveste l'ardire di negare il Santo ed il Giusto, e faceste istanza che fosse liberato da morte Barabba ladro ed omicida, e rinnegando il Giusto, il Santo e l'Autor della vita, lo faceste morire. Ma Dio lo ha risuscitato da morte e noi ne siamo testimoni {76 [92]} che l'abbiamo veduto più volte, l'abbiamo toccato, e abbiamo mangiato con lui. Ora in virtù del suo nome, in forza di quella fede che viene da lui, fu guarito questo zoppo che voi vedete e conoscete; è Gesù che l'ha restituito in perfetta sanità nel cospetto di tutti voi. Ora io so bene che il delitto vostro e dei vostri capi, quantunque non abbia bastante scusa, fu per altro per ignoranza. Ma Iddio che aveva fatto predire da' suoi profeti, che il Messia doveva patire tali cose, ha permesso che voi ciò verificaste senza volerlo, sicchè il decreto della misericordia di Dio ebbe il suo compimento. Ricordatevi adunque e fate penitenza, acciocchè vi siano cancellati i vostri peccati, e così possiate poi presentarvi con sicurezza di vostra salute dinanzi al tribunale di questo medesimo G. C. che io vi ho predicato, e da cui tutti dovremo essere giudicati.

            « Queste cose, continuò Pietro, furono da Dio predette; credete adunque a' suoi profeti, e fra tutti credete {77 [93]] a Mosè che è il maggiore di essi. Che dice egli adunque? Il Signore, dice Mosè, vi farà sorgere fra i vostri figli un profeta, siccome a me, a lui crederete in tutto quello che vi dirà. Chiunque non ascolterà quello che dice questo profeta sarà sterminato dal popol suo. Questo diceva Mosè, e parlava di Gesù. Dopo Mosè principiando da Samuele, tutti i profeti che vennero dipoi predissero questo giorno, e le cose che sono avvenute. Tali cose e le grandi benedizioni da loro predette appartengono a voi. Voi siete i figliuoli dei Profeti, delle promesse, e dell'alleanza che Dio già fece coi Padri nostri dicendo ad Abramo, che è stipite della discendenza dei giusti: In te e nella tua stirpe saranno benedette tutte le generazioni del mondo. Egli parlava del Redentore, di quel Gesù figliuolo di Dio discendente da Àbramo, quel Gesù che Dio risuscitò da morte, e che a noi comanda di predicarvi la sua parola prima che la predichiamo ad ogni altro popolo, portandovi per mezzo nostro la promessa benedizione, acciochè {78 [94]} vi convertiate de' vostri peccati ed abbiate la vita eterna. »

            A questa seconda predica di s. Pietro succedettero numerosissime conversioni alla fede. Cinque mila persone domandarono il battesimo, sicchè il numero dei fedeli convertiti in due prediche di s. Pietro ascendeva già oltre ad ottomila.

 

 

Capo XIV. Pietro è messo con Giovanni in prigione e ne viene liberato.

 

            Ma il nemico del genere umano che vedeva distruggersi il suo regno cercò di suscitare una persecuzione contro alla Chiesa nel medesimo suo principio. Mentre Pietro predicava sopraggiunsero i sacerdoti, i magistrati del tempio ed i Sadducei, i quali negavano la risurrezione dei morti. Costoro mostravansi sommamente infuriati perchè Pietro predicava al popolo la risurrezione di G. C. Impazienti e {79 [95]} pieni di collera interruppero la predica di Pietro, gli misero le mani addosso, lo condussero insieme con Giovanni in prigione con animo di discorrere con l'uno e con l'altro nel dì seguente. Ma temendo rimostranze da parte del popolo, non fecero loro alcun male, e li lasciarono in pace tutta la notte.

            Fattosi giorno si radunarono tutti i principali della città, cioè tutto il supremo magistrato di quella nazione si radunò a concilio per giudicare que' due Apostoli, come se fossero i più scellerati ed i più formidabili uomini del mondo. In mezzo a quella maestosa assemblea furono introdotti Pietro e Giovanni, e con essi lo storpio da loro guarito.

            Fu dunque loro fatta solennemente questa dimanda: Con qual virtù e in nome di chi avete voi guarito quello storpio? Allora Pietro pieno di Spirito Santo con un coraggio veramente degno del Capo della Chiesa prese a parlare nella seguente maniera: « Principi del popolo, e voi dottori della legge, ascoltate. Se in questo giorno veniamo {80 [96]} accusati e ci formano un processo per un'opera ben fatta, quale è la guarigione di quell'infermo, sappiate tutti, e lo sappia tutto il popolo d'Israele, che costui, il quale vedete qui alla vostra presenza sano e salvo, ha ottenuto la sanità nel nome del Signore Gesù Nazareno; quel medesimo che voi metteste in croce, e che Iddio ha fatto risorgere da morte a vita. Questa è quella Pietra che da voi fabbricando fu rigettata, e che ora è divenuta la Pietra angolare. Niuno può aver salute se non in lui, nè avvi altro nome sotto al cielo dato agli uomini fuori di questo, nel quale si possa aver salute. »

            Questo parlare franco e risoluto del principe degli Apostoli produsse profonda impressione nell'animo di tutti coloro, che componevano l'assemblea, in guisa che ammirando il coraggio e l'innocenza di Pietro non sapevano a qual partito appigliarsi. Volevano punirli, ma il gran credito, che il miracolo poco prima operato aveva loro fatto acquistare in tutta la città, {81 [97]} faceva temere triste conseguenze. Tuttavia volendo prendere qualche risoluzione fecero uscire i due Apostoli dal luogo del concilio, e convennero di proibire ad essi sotto pene severissime di non parlare mai più in avvenire delle cose passate, nè mai più nominare il nome di Gesù Nazareno, affinchè venisse a perdersene fin la memoria. Ma sta scritto che sono inutili gli sforzi degli uomini quando sono contrari al volere di Dio.

            Pertanto ricondotti i due Apostoli in mezzo ai concilio, come udirono intimarsi quella severa minaccia, lungi dallo spaventarsi, con fermezza e costanza maggiore di prima Pietro rispose: Orsù decidete voi stessi, se la giustizia e la ragione permettano di ubbidire piuttosto a voi che a Dio. Noi non possiamo fare a meno di palesare quel che abbiamo udito e veduto.

            Allora quei giudici vie più confusi, non sapendo nè che rispondere, nè che fare, presero la risoluzione di mandarli per questa volta impuniti, {82 [98]} proibendoli soltanto di non più predicare Gesù Nazareno.

            Appena lasciati liberi Pietro e Giovanni andarono subitamente a trovare gli altri discepoli, i quali erano in grave inquietudine per la loro prigionia. Come poi ebbero udito il racconto di quanto era avvenuto, ognuno rese grazie a Dio pregandolo a voler loro dare forza e virtù di predicare la divina parola a fronte di qualsiasi pericolo.

            Se i cristiani dei giorni nostri avessero il coraggio de' fedeli de' primi tempi, e superando ogni rispetto umano professassero intrepidi la loro fede, certamente non si vedrebbe tanto disprezzo di nostra santa religione; e forse tanti che cercano di mettere in burla e la religione ed i sacri ministri sarebbero dalla giustizia e dalla innocenza costretti a venerare la stessa religione insieme co' suoi ministri. {83 [99]}

 

 

Capo XV. Vita dei primitivi Cristiani. Fatto di Anania e Saffira. Miracoli di s. Pietro. Anno di G. C. 34.

 

            Per le prediche di s. Pietro e per lo zelo degli altri Apostoli il numero dei fedeli era grandemente cresciuto. Molti pel desiderio di staccare interamente il cuore dai beni della terra e pensare unicamente al cielo vendevano le loro sostanze e le portavano ai piedi degli Apostoli, affinchè ne facessero quell'uso che meglio credevano a favore dei poveri. La sacra scrittura fa uno speciale encomio di un certo Giuseppe soprannominato Barnaba, che fu poi fedele compagno di s. Paolo apostolo. Costui vendè un campo che possedeva e ne portò generosamente l'intero prezzo agli Apostoli. Molti seguendo l'esempio di lui andavano a gara per dar segno del loro distacco dalle cose terrene, di maniera che in breve quei fedeli formavano una {84 [100]} sola famiglia, di cui s. Pietro era capo. Non vi erano poveri, perchè i ricchi facevano parte delle loro sostanze ai bisognosi; nei giorni stabiliti si radunavano insieme per le sacre funzioni. E la sacra scrittura dice precisamente che quei fedeli erano perseveranti nella preghiera, nell'ascoltare la parola di Dio e nel ricevere con frequenza la santa comunione, a segno che tra tutti formavano un cuor solo ed un'anima sola per amare e servire Iddio Creatore.

            Tuttavia anche in quei tempi felici vi furono dei fraudolenti, i quali guidati da spirito d'ipocrisia tentarono d'ingannare s. Pietro e mentire allo Spirilo Santo. La qual cosa ebbe le più funeste conseguenze. Ecco come il sacro testo ci espone il terribile avvenimento.

            Certo Anania con sua moglie Saffira fecero a Dio promessa di vendere un loro podere, ed al pari degli altri fedeli portarne il prezzo agli Apostoli, affinchè lo distribuissero secondo i varii bisogni. Eseguirono essi puntualmente {85 [101]} la prima parte della promessa, ma l'amor dell'oro li condusse a violare la seconda. Essi erano padroni di tenersi il campo oppure il prezzo, ma fatta la promessa erano tenuti a mantenerla, perciocchè le cose che si consacrano a Dio od alla Chiesa diventano sacre ed inviolabili.

            D'accordo pertanto tra di loro ritennero per se una parte del prezzo, e portarono l'altra a s. Pietro con intenzione di dargli ad intendere che questa fosse l'intera somma ricavata dalla vendita. Pietro ebbe speciale rivelazione dell'inganno, ed appena Anania comparve al suo cospetto, senza dargli tempo di proferir parola, con tuono autorevole e formidabile, si fece a rimproverarlo così: Perchè ti sei lasciato sedurre dallo spirito di satana, fino a mentire allo Spirito Santo, fraudando una porzione del prezzo di quel tuo campo? Non era esso in tuo potere prima di venderlo? e dopo di averlo venduto non era a tua disposizione tutta la somma ricavata? Perchè dunque hai dato ricetto a questo reo disegno? {86 [102]} Devi perciò sapere che hai mentito non agli uomini ma a Dio. A quel tuono, a quelle parole Anania come colpito da un fulmine cadde morto sull'istante.

            Appena passate tre ore venne anche a presentarsi a Pietro Saffira, senza nulla sapere della tragica fine del marito. L'apostolo usò maggiore compassione verso di costei, e volle darle spazio di penitenza con interrogarla se quella somma fosse l'intero prodotto della vendita di quel campo. La donna con intrepidezza e temerità uguale a quella di Anania, con un'altra bugia confermò la bugia di suo marito. Perciò ripresa da s. Pietro collo stesso zelo e colla medesima forza, cadde anch'ella sull'istante e spirò. Giova sperare che un sì terribile castigo temporale avrà contribuito a far loro risparmiare il castigo eterno nell'altra vita. Una pena così esemplare era necessaria per insinuare venerazione pel cristianesimo a tutti quelli che venivano alla fede e procacciare rispetto al principe degli Àpostoli, come eziandio per dare a noi {87 [103]} un esempio del modo terribile con cui Dio punisce lo spergiuro, e in pari tempo ad ammaestrarci ad essere fedeli alle promesse fatte a Dio.

            Questo fatto unitamente ai molti miracoli, che Pietro operava, fecero che si raddoppiasse il fervore tra i fedeli, e si dilatasse la fama delle sue virtù. Tutti gli Apostoli operavano miracoli. Un ammalato, che fosse stato in contatto col corpo degli Apostoli, era tosto guarito. S. Pietro poi spiccava sopra ogni altro. Era tale la fiducia che tutti i fedeli avevano in lui e nelle sue virtù, che da tutte le parti, anche da paesi lontani, venivano in Gerusalemme per essere spettatori de' suoi miracoli. Talvolta avveniva che egli era attorniato da tal quantità di storpii e da tanti ammalati, che non era più possibile di potersegli avvicinare. Perciò portavano gl'infermi sopra i pagliaricci nelle pubbliche piazze e nelle strade in modo che passando di colà s. Pietro, almeno l'ombra del suo corpo giungesse a toccarli: la qual cosa era bastante per far guarire ogni genere di {88 [104]} infermità. Sant'Agostino assicura che un morto, sopra del quale era passata l'ombra di Pietro, immantinente risuscitò.

            I santi Padri ravvisano in questo fatto l'adempimento della promessa del Redentore a' suoi Apostoli dicendo che essi avrebbero operato miracoli anche maggiori di quelli che egli non aveva giudicato a proposito di operare nel corso della sua vita mortale.

 

 

Capo XVI. S. Pietro di nuovo messo in prigione - È da un angelo liberato. Anno di G. C. 34.

 

            La Chiesa di Gesù Cristo acquistava ogni giorno nuovi fedeli. La moltitudine dei miracoli unitamente alla santa vita di quei primi cristiani faceva che ogni grado, età e condizione di persone corressero in folla per chiedere il Battesimo, e così assicurare la loro eterna salvezza. Ma il principe dei Sacerdoti {89 [105]} ed i Saducei rodevansi di rabbia e di gelosia; nè sapendo quale mezzo usare per impedire la propagazione del Vangelo, fecero prendere Pietro e gli altri Apostoli e li chiusero in prigione. Ma Iddio per dimostrare eziandio questa volta che sono vani i progetti degli uomini, quando sono contrarii ai voleri del cielo, e che Egli può fare quel che vuole, e quando lo vuole, mandò in quella notte medesima un angelo che, aperte le porte della prigione, li cavò fuori dicendo loro: « In nome di Dio andate e con sicurezza predicate nel tempio in presenza del popolo le parole di vita eterna. Non temete nè i comandi, nè le minacce degli uomini.»

            Gli Apostoli vedutisi così prodigiosamente favoriti e difesi da Dio, secondo l'ordine avuto, di buon mattino si portarono al tempio a predicare ed ammaestrare il popolo. Il principe dei sacerdoti che desiderava di castigare severamente gli Apostoli, per dare una solennità al processo convocò il sinedrio, gli anziani, gli scribi e tutti quelli {90 [106]} che avevano qualche grado sopra il popolo. Di poi mandò a prendere gli Apostoli perchè dalla prigione fossero colà condotti.

            I ministri, ovvero gli sgherri, ubbidirono agli ordini dati. Vanno, aprono il carcere, entrano, e non vi trovano anima viva. Fanno immediatamente ritorno all'assemblea e pieni di maraviglia annunziano la cosa così: Abbiamo trovato il carcere chiuso e guardato con tutta diligenza: le guardie tenevano fedelmente il loro posto, ma avendolo aperto, non vi abbiamo trovato alcuno. Udito ciò non sapevano più a qual partito appigliarsi. Mentre stavano consultando intorno a ciò che dovessero deliberare, sopraggiunge uno dicendo: Nol sapete? quegli uomini, che metteste ieri in prigione, sono ora nel tempio a predicare con maggior fervore di prima. Allora sentironsi più che mai ardere di rabbia contro gli Apostoli; ma il timore d'inimicarsi il popolo li trattenne, perchè avrebbero corso rischio di essere lapidati. Il prefetto del tempio si offrì di {91 [107]} aggiustare egli stesso tale facenda col migliore spediente possibile. Andò colà dove erano i predicatori e con buone maniere senza usare violenza alcuna li invitò a venir seco e li condusse nel mezzo dell'assemblea.

            Il sommo sacerdote volgendo loro la parola disse: Sono appena alcuni giorni che noi vi abbiamo strettamente proibito di parlare di questo Gesù Nazareno, e intanto voi avete riempiuta la città di questa nuova dottrina. Sembra che vogliate versare sopra di noi la morte di quell'uomo e farci odiare da tutta la gente come colpevoli di quel sangue. Come osaste fare ciò?

            « Ottimamente ci pare aver fatto, rispose Pietro anche a nome degli altri Apostoli, perciocchè bisogna piuttosto ubbidire a Dio che agli uomini. Quello che predichiamo è una verità a noi messa in bocca da Dio, e noi non temiamo di dirla a voi in questa veneranda radunanza. » Quivi Pietro ripetè quello che altre volte aveva detto intorno alla vita, passione e morte del Salvatore; conchiudendo sempre che {92 [108]} loro era impossibile di tacere quelle cose che secondo gli ordini ricevuti da Dio dovevano predicare.

            A quelle parole degli Apostoli proferite con tanta fermezza, non avendo che opporre, smaniavano di rabbia e già pensavano di farli morire. Ma ne furono distolti da un certo Gamaliele, che era uno dei dottori della legge cólà radunati. Costui, considerata bene ogni cosa, fece uscire per breve ora gli Apostoli, poi levatosi in piedi disse in piena assemblea: O Israeliti, ponete ben mente a quello che siete per fare intorno a questi uomini; imperocchè se costoro predicano l'opera degli uomini, la loro dottrina cadrà da se stessa, come avvenne a tanti altri; che se eglino predicano l'opera di Dio, potrete voi forse opporvi a' suoi voleri? Tutta l'adunanza si acquetò, e segui il suo consiglio.

            Fatti adunque rientrare gli Apostoli, la prima cosa li fecero battere; poi loro ordinarono che assolutamente non parlassero più di Gesù Cristo. Ma essi partirono dal concilio pieni di allegria, {93 [109]} perchè erano stati fatti degni di patire qualche cosa pel nome di Gesù Cristo.

 

 

Capo XVII. Elezione di sette diaconi. - S. Pietro resiste alla persecuzione di Gerusalemme. - Va in Samaria. - Suo primo scontro con Simon mago. Anno di G. C. 35.

 

            La moltitudine dei fedeli che abbracciavano la fede occupava talmente lo zelo degli apostoli, che essi dovendo attendere alla predicazione della divina parola, all'istruzione dei nuovi convertiti, all'orazione, all'amministrazione dei Sacramenti, non potevano più disimpegnare gli affari temporali. Tal cosa era cagione di malcontento presso ad alcuni fedeli, quasi che fossero tenuti in poca considerazione o disprezzati. Di ciò informato s. Pietro e gli altri Apostoli, risolvettero di porvi rimedio. Convocarono pertanto {94 [110]} una numerosa radunanza di fedeli, e facendo loro intendere come essi non dovevano tralasciare le cose del loro sacro ministero per occuparsi delle cose temporali, proposero la elezione di sette diaconi, i quali conosciuti pel loro zelo e per la loro virtù attendessero all'amministrazione di certe cose sacre, come sarebbe l'amministrazione del Battesimo, dell'Eucaristia, e nello stesso tempo avessero cura della distribuzione delle limosine e delle altre cose materiali.

            Tutti approvarono quel divisamente, quindi s. Pietro e gli altri Apostoli imposero le mani ai nuovi eletti, e li destinarono ciascuno ai proprii uffizi. Colla aggiunta di questi sette diaconi, oltre all'aver provveduto ai bisogni temporali, si moltiplicarono eziandio gli operai evangelici, quindi maggiori conversioni. Dei sette diaconi fu celebre santo Stefano, che per la sua intrepidezza a sostenere le verità del Vangelo, fu ucciso con essere lapidato fuori della città. Esso è comunemente appellato Protomartire, cioè primo {95 [111]} martire, che dopo Gesù Cristo abbia dato la vita per la fede. La morte di santo Stefano fu il principio di una grande persecuzione suscitata dagli Ebrei contro a tutti i seguaci di Gesù Cristo. La qual cosa obbligò i fedeli a disperdersi qua e là per varie città e in diversi paesi.

            Pietro cogli altri Apostoli rimase in Gerusalemme sia per confermare i fedeli nella fede, sia per mantenere viva relazione con quelli che erano in altri paesi dispersi. A fine poi di evitare il furore de' Giudei, egli si teneva nascosto, noto solamente ai seguaci del Vangelo, uscendo per altro dalla sua segreta abitazione, qualora ne scorgesse il bisogno. Intanto un editto dell'imperatore Tiberio Augusto in favore dei cristiani e la conversione di s. Paolo fecero cessare la persecuzione. E fu allora che si conobbe come la provvidenza di Dio non permetta alcun male senza ricavarne del bene, perciocchè si servi della persecuzione per ispargere il Vangelo in altri luoghi, e si può dire che ciascun {96 [112]} fedele era un predicatore di G. C. in tutti que' paesi ove andava a ricoverarsi. Di quelli che furono costretti a fuggire di Gerusalemme fu uno dei sette diaconi di nome Filippo. Esso andò nella città di Samaria dove colla predicazione e coi miracoli fece molte conversioni. Giunta a Gerusalemme la notizia che un numero straordinario di Samaritani erano venuti alla fede, gli Apostoli risolvettero d'inviare colà alcuni che amministrassero il Sacramento della Cresima e supplissero a quello che i diaconi non avevano la autorità di amministrare. Furono quindi destinati per quella missione Pietro e Giovanni: Pietro perchè come Capo della Chiesa ricevesse in grembo di essa quella straniera nazione e unisse i Samaritani ai Giudei; Giovanni poi come speciale amico di s. Pietro e chiaro fra gli altri per miracoli e santità.

            Eravi in Samaria un certo Simone di Gitone, soprannominato Mago, vale a dire stregone. Costui a forza di ciance e d'incantesimi aveva ingannato molti, {97 [113]} milantandosi di essere qualche cosa di straordinario. Bestemmiando diceva che egli era la virtù di Dio e quello stesso Spirito Santo, che era disceso sopra gli Apostoli. La gente pareva impazzata per lui e gli correva dietro acclamandolo persona divina. Essendosi un giorno trovato alla predicazione di Filippo ne fu commosso, e domandò il Battesimo per operare anche egli le maraviglie, che generalmente i fedeli operavano dopo d'aver ricevuto questo Sacramento. Ma siccome non aveva fede, ricevette solamente il battesimo senza gli effetti del sacramento che è la grazia.

            Giunti colà Pietro e Giovanni si posero ad amministrare il sacramento della confermazione, imponendo le mani, facendo orazioni, come fanno i vescovi d'oggidi. Simone vedendo che coll'imposizione delle mani ricevevano eziandio il dono delle lingue e di far miracoli, pensò che sarebbe stata per lui gran fortuna, se avesse potuto operare le medesime cose. Fattosi adunque vicino a Pietro, tirò fuori {98 [114]} una borsa di danaro, e gliela offri pregandolo che gli volesse parimenti concedere la potestà di fare miracoli e di dare lo Spirito Santo a coloro, cui egli avesse imposto le mani.

            S. Pietro fu vivamente sdegnato di tale empietà e rivolto a lui, Scellerato, gli disse, sia teco il tuo danaro in perdizione, poichè tu hai creduto che per danaro si possano comprare i doni dello Spirito Santo. Affrettati a far penitenza di questa tua malvagità, e prega Iddio che te ne voglia concedere il perdono. Simone temendo forse che accadesse a lui ciò che era accaduto ad Anania e Saffira tutto spaventato rispose: È vero: pregate eziandio voi per me onde in me non si verifichi cotale minaccia. Codeste parole sembrano dimostrare che egli fosse pentito, ma non lo era; non pregò gli Apostoli di impetrargli da Dio misericordia, bensì di tenere da lui lontano il flagello. Passato il timor del castigo egli ritornò ad essere quel di prima, cioè Mago, seduttore, amico del {99 [115]} demonio. Noi lo vedremo in altri scontri con Pietro.

            I due Apostoli Pietro e Gioanni come ebbero amministrato il sacramento della Cresima ai nuovi fedeli della Samaria, e li ebbero rassodati nella fede che poco prima avevano ricevuto, dato loro il saluto di pace, partirono da quella città. Passarono per molti luoghi predicando G. C., reputando poco ogni fatica purchè contribuisse a propagare il Vangelo e guadagnare anime al cielo.

 

 

Capo XVIII. S. Pietro fonda la cattedra di Antiochia; ritorna in Gerusalemme. - È visitato da s. Paolo. Anno di G. C. 36.

 

            S. Pietro ritornato da Samaria dimorò qualche tempo in Gerusalemme, di poi andò a predicare la grazia del Signore in vari paesi. Mentre con zelo degno del principe degli Apostoli visitava le chiese che si andavano qua e là fondando venne a sapere che Simon {100 [116]} Mago da Samaria erasi recato in Antiochia per ispargere colà le sue imposture. Pietro risolse di portarsi in quella città per dissipare gli errori di quel nemico di Dio e degli uomini. Giunto in quella capitale Pietro diè subito mano a predicare il Vangelo con grande zelo, e riuscì a convertire tal numero di gente alla fede, che i fedeli cominciarono colà ad essere chiamati Cristiani, vale a dire seguaci di Gesù Cristo.

            Fra i personaggi illustri che per le prediche di s. Pietro si convertirono fu s. Evodio. Al primo arrivo di Pietro egli lo invitò a casa sua, e il santo Apostolo gli si affezionò, gli procurò la necessaria istruzione, e vedendolo adorno delle necessarie virtù lo consacrò sacerdote, di poi vescovo, perchè facesse le sue veci in tempo di sua assenza, e perchè gli succedesse di poi in quella sede vescovile.

            Quando Pietro voleva dar principio alla predicazione in quella città incontrava grave ostacolo per parte del governatore che era un principe di {101 [117]} nome Teofilo. Costui fece mettere in prigione il santo Apostolo come inventore di una religione contraria alla religione dello stato. Volle per altro venire a disputa con lui intorno alla fede che predicava, e sentendolo a dire che G. C. per amore degli uomini era morto in croce, disse: Costui è matto, non bisogna più ascoltarlo. Acciocchè poi fosse riputato come tale, per ischerno gli fece tagliare i capelli per metà, lasciandogli un cerchio intorno al Capo in modo di corona. Quello che allora fu fatto a s. Pietro per disprezzo, ora gli ecclesiastici lo usano per onore, e si chiama chierica o tonsura, che rammemora la corona di spine posta sul Capo al Divin Salvatore.

            Quando Pietro si vide a trattare a quel modo pregò il governatore che si degnasse di ascoltarlo un'altra volta. Essendogli cotal cosa concessa, Pietro gli disse: Tu, o Teofilo, ti scandalizzi per avermi udito a dire, che il Dio che io adoro morì in croce. Già ti aveva detto che si era fatto uomo, ed essendo uomo non dovevi tanto maravigliarti {102 [118]} che egli fosse morto, poichè il morire è proprio dell'uomo. Sappi per altro che egli morì in croce di sua volontà, perchè colla sua morte voleva dare la vita a tutti gli uomini facendo pace fra il suo Eterno padre e il genere umano. Ma siccome ti dico che egli morì, così ti accerto che egli risuscitò per virtù propria, avendo prima risuscitato molti altri morti. Teofilo sentendo a dire che aveva fatto risuscitare dei morti si acquietò, e con aria di maraviglia soggiunse: Tu dici che questo tuo Dio risuscitò dei morti, ora se tu in suo nome farai risuscitare un mio figliuolo che morì alcuni giorni sono, io crederò quanto mi predichi. L'Apostolo accettò l'invito, andò alla tomba del giovane, e in presenza di molto popolo fece una preghiera e in nome di Gesù Cristo lo richiamò a vita[8]. La qual cosa fu causa che e il governatore e tutta la città credessero in Gesù Cristo. {103 [119]}

            Teofilo divenne in breve fervoroso cristiano e in segno di stima e venerazione verso s. Pietro gli offerì la sua casa perchè ne facesse quell'uso che meglio desiderava. Quell'edifizio fu ridotto a forma di chiesa, dove si radunava il popolo per assistere al divino servizio, e per udire le prediche del s. Apostolo. A fine poi di poterlo ascoltare con maggior comodità e profitto gli alzarono quivi una cattedra, dalla quale il santo dava le sue sacre lezioni.

            E' bene qui di notare che s. Pietro per lo spazio di tre anni, per quanto poteva, risiedeva in Gerusalemme come capitale della Palestina, dove i Giudei potevano più facilmente avere con lui relazione. L'anno poi trentesimosesto di Gesù Cristo, sia per la persecuzione di Gerusalemme, sia per preparare la strada alla conversione de' Gentili, venne a stabilire la sua sede in Antiochia: cioè stabilì la città di Antiochia per sua ordinaria dimora, e come centro di comunione colle altre chiese cristiane. {104 [120]}

            Governò Pietro questa chiesa d'Antiochia sette anni, finchè così inspirato da Dio trasferì la sua cattedra a Roma, come noi racconteremo a suo tempo. Lo stabilimento della santa sede in Antiochia è particolarmente narrato da Eusebio di Cesarea, da s. Girolamo, da s. Leone il Grande e da un gran numero di scrittori ecclesiastici. La chiesa cattolica celebra questo avvenimento con una' particolare solennità il 22 febbraio.

            Mentre s. Pietro da Antiochia erasi recato a Gerusalemme ricevette una visita che certamente gli fu di grande consolazione. S. Paolo che era stato convertito alla fede con uno strepitoso miracolo, sebbene fosse stato instruito da Gesù Cristo e da lui stesso mandato a predicare il Vangelo ai gentili, tuttavia volle recarsi da s. Pietro, per venerare in lui il Capo della Chiesa, e da lui ricevere quegli avvisi e quelle istruzioni che fossero state a proposito. S. Paolo stette in Gerusalemme col principe degli Apostoli quindici giorni, il qual tempo bastò per lui, giacchè {105 [121]} oltre alle rivelazioni ricevuto da Gesù Cristo aveva passato la sua vita nello studio delle sante scritture e dopo la sua conversione erasi indefessamente occupato nella meditazione e nella predicazione della parola di Dio.

 

 

Capo XIX. S. Pietro visita parecchie chiese. - Guarisce Enea paralitico. - Risuscita la defunta Tabita. Anno di G. C. 38.

 

            S. Pietro era stato dal divin Salvatore deputato a conservare nella fede tutti i fedeli cristiani, e siccome molte chiese si andavano fondando or qua or là dagli Apostoli, dai Diaconi e da altri discepoli, così s. Pietro e per mantenere l'unità della fede, e per usare della podestà suprema conferitagli dal Salvatore, mentre teneva la sua ordinaria dimora in Antiochia andava a visitare personalmente le chiese che in quel tempo erano già state fondate o si andavano fondando. In certi luoghi {106 [122]} confermava i fedeli nella fede, altrove consolava quelli che avevano sofferto nella passata persecuzione, qua amministrava il sacramento della Cresima, da per tutto poi ordinava pastori e vescovi, i quali dopo la sua partenza continuassero ad aver cura delle chiese e del gregge di Gesù Cristo.

            Passando da una citta in un'altra pervenne ai Santi che abitavano in Lidda città distante circa venti miglia da Gerusalemme. Chi sono mai questi Santi? I cristiani dei primi tempi per la vita virtuosa e mortificata che tenevano erano chiamati Santi, e con questo nome dovrebbero potersi chiamare i cristiani d'oggidì che al pari di quelli sono chiamati alla santità.

            Giunto alle porte della città di Lidda Pietro incontrò un paralitico di nome Enea. Costui era attratto e tutto immobile nelle membra e da otto anni non si era più mosso dal suo lettuccio. Pietro come lo vide, senza esserne punto pregato, a lui rivolto, Enea, gli disse, il Signor Gesù Cristo ti ha guarito; levati su, e da te stesso aggiustati {107 [123]} il letto. Enea si levò in piedi sano e robusto come se non fosse mai stato infermo. Molti si trovarono presenti a questo miracolo, che in breve si pubblicò per tutta la città e nel vicino paese detto Sarona. Tutti quegli abitanti mossi dalla bontà divina che in una maniera sensibile dava segni della sua potenza infinita, credettero in Gesù Cristo ed entrarono in grembo della Chiesa.

            A poca distanza da Lidda eravi Ioppe che è un'altra città posta sulle rive del mare Mediterraneo. Qui dimorava una vedova cristiana di nome Tabita, la quale e per le sue limosine e per molte altre opere di carità era universalmente chiamata la madre dei poveri. Avvenne in que' dì che ella cadde ammalata, e dopo breve malattia morì lasciando in tutti il più vivo rincrescimento. Secondo l'uso di quei tempi lavarono le donne il suo cadavere, e lo portarono sopra il terrazzo per fargli a suo tempo la sepoltura.

            Ora per la vicinanza di Lidda essendosi in Ioppe sparsa la notizia del {108 [124]} miracolo operato nella guarigione di Enea furono colà mandati due uomini a pregar Pietro, che volesse venire a vedere la defunta Tabita. Intesa la morte di quella virtuosa discepola di G. C. e il desiderio che andasse colà per farla risuscitare, Pietro parti tosto con loro.

            Giunto a Ioppe i discepoli lo condussero sul terrazzo e mostrandogli il cadavere di Tabita raccontavangli le molte opere di carità di quella buona donna e lo pregavano che la volesse risuscitare.

            I poveri e le vedove come seppero la venuta di Pietro corsero piangendo a pregarlo che loro volesse restituire la buona madre. Vedi, dice una, quest'abito fu opera della sua carità; questa tonaca, i calzari di quel ragazzo, altre soggiungono, sono cose tutte donate da lei. Alla vista di tanta gente che piangeva, di tante opere di carità che si andavano raccontando, Pietro ne fu intenerito. Si alzò in piedi e voltosi al cadavere, Tabita, disse, io ti comando in nome di Dio, {109 [125]} levati su. Tabita in quell'istante aprì gli occhi ed avendo veduto Pietro si pose a sedere e a parlare con lui. Pietro, presala per mano, la rialzò, e chiamati i discepoli loro restituì la sospirata madre sana e salva. Grandissimo fu il giubilo che si levò in tutta la casa; da tutte parti piangevano di allegrezza, parendo a quei buoni cristiani di aver riacquistato un tesoro in quella sola donna, che veramente era la consolazione di quella città. Da questo fatto imparino i poveri ad essere riconoscenti a chi loro porge limosina. Imparino i ricchi che cosa voglia dire essere pietosi e liberali verso i poveri.

 

 

Capo XX. Dio rivela a s. Pietro essere giunto il tempo della vocazione de' Gentili. - Va in Cesarea e battezza la famiglia di Cornelio Centurione. Anno di G. C. 39.

 

            Iddio aveva più volte fatto predire da' suoi profeti che alla venuta del Messia tutte le nazioni sarebbero state {110 [126]} chiamate alla conoscenza del vero Dio. Lo stesso divin Salvatore aveva dato espresso comando a' suoi Apostoli, dicendo: Ite, docete omnes gentes, andate, ammaestrate tutti i gentili. Gli stessi predicatori del Vangelo avevano già ricevuto alcuni gentili alla fede, come avevano fatto dell'Eunuco della Regina Candace, e di Teofilo Governatore di Antiochia.; ma questi erano fatti particolari, e gli Apostoli fino allora avevano quasi esclusivamente predicato il Vangelo agli Ebrei, aspettando dal Signore avviso speciale dell'epoca in cui dovessero senza eccezione ricevere alla fede anche i gentili e i pagani. Tale rivelazione doveva certamente essere fatta a s. Pietro Capo della Chiesa. Ecco come il sacro testo espone questo memorabile avvenimento. In Cesarea città della Palestina abitava un certo Cornelio Centurione, ovvero uffiziale di una coorte, corpo di 100 soldati, che apparteneva alla legione italica, così chiamata perchè composta di soldati italiani.

            La sacra Scrittura gli fa un elogio {111 [127]} dicendo, che egli era un uomo religioso e pieno di timor di Dio. Le quali parole vogliono dire che egli era gentile, ma che aveva lasciata l'idolatria nella quale era nato, adorava il vero Dio, faceva molte limosine ed orazioni, viveva religiosamente secondo il dettame della retta ragione.

            Iddio infinitamente misericordioso, che non manca mai colla sua grazia di venire in soccorso di chi fa quel che può dal canto suo, mandò un angelo a Cornelio per istruirlo di ciò che doveva fare. Stava questo buon soldato facendo orazione, quando vide comparirsi dinanzi un angelo sotto la sembianza d'uomo vestito di bianco. Cornelio, disse l'angelo. Egli preso da paura fissò in lui gli sguardi dicendo: Chi siete voi, o Signore, che volete? Allora l'Angelo: Iddio si è ricordato delle tue limosine; le tue orazioni giunsero al suo trono, e volendo appagare i tuoi desideri mandò me per additarti la via della salute. Perciò manda a Ioppe e cerca di un tal Simone soprannominato Pietro. Egli {112 [128]} dimora presso un altro Simone conciatore di pelli, che ha la casa vicino al mare. Da questo Pietro saprai tutto ciò che è necessario per salvarti. Non tardò Cornelio ad ubbidire alla voce del Cielo, e chiamati a se due domestici e un soldato, persone tutte che temevano Iddio, raccontò la visione e comandò che si portassero immediatamente in Ioppe pel fine indicatogli dall'angelo.

            Partirono costoro sull'istante e camminando tutta la notte giunsero in Ioppe nel dì seguente verso al mezzogiorno, perciocchè la distanza fra queste due città è di circa 40 miglia. Poco prima che ivi giungessero s. Pietro ebbe anche egli una maravigliosa rivelazione, colla quale veniva confermato che eziandio i gentili erano chiamati alla fede. Stanco dalle sue fatiche il santo apostolo in quel giorno era venuto a casa del suo ospite per ristorarsi, e secondo il solito si portò prima in una camera posta nel piano superiore per fare orazione. Mentre pregava gli parve di vedere il Cielo {113 [129]} aperto e dal mezzo calare giù fino a terra un certo arnese a guisa di ampio lenzuolo, che sostenuto nelle sue quattro estremità formava come un gran vaso pieno di ogni sorta di animali quadrupedi, serpenti e volatili, i quali tutti, secondo la legge di Mosè, erano tenuti immondi, cioè non potevano mangiarsi nè offrirsi a Dio. Nello stesso tempo udi una voce che disse: Su via, o Pietro, uccidi, e mangia. Attonito l'Apostolo a quel comando, Non sia mai, rispose, che io mangi animali immondi, dai quali mi sono sempre astenuto. La voce soggiunse: Non chiamare immonda quello che Iddio ha purificato. Dopo essergli stata per tre volte ripetuta la stessa visione quel vaso misterioso si alzò verso il cielo e disparve.

            I Ss. Padri riconoscono figurati in questi animali immondi i peccatori e tutti quelli che, involti nel vizio e nell'errore, per mezzo del sangue di G. C. sono purificati e ricevuti in grazia.

            Mentre Pietro stava meditando che {114 [130]} cosa volesse mai significare quella visione giunsero i tre messaggeri. In quel momento Dio glieli fece conoscere e gli comandò di scendere ad incontrarli, mettersi in loro compagnia, e andare seco loro senza alcun timore. Sceso egli adunque, e vedutili, disse: Eccomi, io sono colui che voi cercate. Qual è il motivo della vostra venuta? Udita la visione di Cornelio e la cagione del loro viaggio, comprese subito il significato di quel misterioso lenzuolo; perciò li accolse gentilmente e li fece dimorare seco quella notte. La mattina vegnente accompagnato da sei discepoli partì da Ioppe coi messaggeri, e in numero di dieci presero il cammino alla volta di Cesarea.

            Dopo due giorni Pietro con tutta la sua comitiva giunse in quella città dove con grande ansietà l'attendeva il Centurione. Questi per maggiormente onorare il suo ospite aveva convocato tutti i suoi parenti ed amici, affinchè potessero anch'essi partecipare delle celesti benedizioni che all'arrivo di Pietro sperava di ottenere dal Cielo. {115 [131]} Allorchè il buon Centurione secondo l'ordine di Dio mandò a chiamare Pietro per intendere da lui i divini voleri dovette certamente formarsi una grande idea di lui, reputandolo un personaggio sublime e non conforme agli altri uomini. Perciò entrando Pietro in sua casa gli si fece incontro e gli si gettò ai piedi in atto di adorarlo. Pietro pieno di umiltà lo rialzò immantinenti avvisandolo che egli era al par di lui un semplice uomo. Seguitando poscia a parlare entrarono nel luogo dell'adunanza.

            Là alla presenza di tutti Pietro raccontò l'ordine da Dio ricevuto di conversare coi Gentili e di non più giudicarli come abbominevoli e profani. Ora io sono qui da voi, conchiuse; ditemi pertanto quale sia la cagione per cui mi avete chiamato? Cornelio ubbidì all'invito di Pietro, si levò in piedi e raccontò quanto eragli accaduto quattro giorni prima, protestando che egli e tutti quelli colà radunati erano prontissimi ad eseguire ogni, cosa, che per commissione divina {116 [132]} avesse loro comandato. Allora Pietro spiegando il carattere di apostolo del Signore, depositario fedele della religione e della fede, prese ad istruire nei principali misteri del Vangelo tutta quella onorevole assemblea.

            Continuava Pietro il suo ragionamento quando lo Spirito Santo scese visibilmente sopra Cornelio e sopra i suoi famigli, ed in maniera sensibile comunicò loro il dono delle lingue, pel che essi cominciarono a magnificare Iddio cantandone le lodi. S. Pietro vedendo operarsi colà quasi lo stesso prodigio operato nel cenacolo di Gerusalemme esclamò: Avvi forse alcuno che possa impedire che noi battezziamo costoro, i quali hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi? Indi rivolto a' suoi discepoli ordinò che tutti li battezzassero. La famiglia di Cornelio fu la prima di Roma e d'Italia che abbracciasse la fede.

            S. Pietro dopo averli tutti battezzati ritardò la sua partenza da Cesarea, si fermò qualche tempo per appagare le pie istanze di Cornelio e di tutti {117 [133]} quei novelli battezzati, che di ciò il pregavano instantemente. Pietro approfittò di quel tempo per predicare il Vangelo in quella città, e tale ne fu il frutto che egli risolvette di assegnare un pastore a quella moltitudine di fedeli, e questi fu s. Zaccheo, di cui si parla nel Vangelo, il quale perciò fu consacrato primo vescovo di Cesarea. (V. Teodoreto, s. Gio. Crisostomo, s. Clemente. ecc.).

            Questo fatto, cioè l'avere ammesso alla fede i gentili, cagionò una certa gelosia tra i fedeli di Gerusalemme, nè mancarono quelli che disapprovarono pubblicamente quanto aveva fatto s. Pietro. Per la qual cosa egli giudicò bene di recarsi in quella città per disingannare gl'illusi e far conoscere che quanto aveva operato era ordine di Dio. Giunto in Gerusalemme, alcuni si presentarono a lui parlandogli arditamente così: Perchè sei tu andato da uomini non circoncisi, ed hai mangiato con essi? Pietro alla presenza di tutti i fedeli radunati, senza far conto di quella interrogazione, {118 [134]} diede loro ragione di quanto aveva fatto, cominciando dalla visione avuta in Ioppe del vaso ripieno di ogni sorta d'animali immondi, dell'ordine ricevuto da Dio di cibarsi di essi; della ripugnanza che mostrò di ubbidire per timore di contraddire alla legge, e della voce che si fece di nuovo udire di non più chiamare immondo quello che era stato da Dio purificato. Dipoi espose minutamente quanto era avvenuto in casa di Cornelio e come in presenza di molti era disceso visibilmente lo Spirito Santo. Allora tutta quella assemblea riconoscendo la voce del Signore in quella di Pietro, si acquietarono e lodarono Iddio che avesse esteso i limiti della sua misericordia. {119 [135]}

 

 

Capo XXI. Erode fa decapitare s. Giacomo il maggiore e mettere s. Pietro in prigione, ma ne è liberato da un angelo. - Morte di Erode. Anno di G. C. 41.

 

            Mentre la parola di Dio predicata con santo zelo dagli Apostoli e dai discepoli produceva frutti di vita eterna fra gli Ebrei e fra i Gentili, la Giudea era governata da Erode Agrippa nipote di quell'Erode che aveva comandato la strage degl'innocenti.

            Dominato costui da spirito di ambizione e di vanagloria desiderava perdutamente di guadagnarsi l'affetto del popolo. Gli Ebrei, e specialmente quelli che erano in qualche autorità, seppero valersi di questa sua propensione per muoverlo a perseguitare la Chiesa e cercare gli applausi dei perversi Giudei nel sangue dei cristiani. Cominciò egli dal far mettere in prigione l'apostolo s. Giacomo per farlo di poi condannare al patibolo. Questi {120 [136]} è s. Giacomo Maggiore fratello di s. Giovanni l'evangelista, fedele amico di Pietro che ebbe seco lui molti segni di speciale benevolenza dal Salvatore.

            Questo coraggioso apostolo dopo la discesa dello Spirito Santo predicò il Vangelo nella Giudea, di poi andò nella Spagna, dove convertì molti alla fede. Ritornato in Palestina, fra gli altri converti un certo Ermogene, uomo celebre; la qual cosa dispiacque molto ad Erode, e gli servì di pretesto per farlo mettere in prigione. Condotto dinanzi ai tribunali, dimostrò tanta fermezza nel rispondere e confessare G. C. che il giudice ne rimase maravigliato. Il suo stesso accusatore, commosso da tanta costanza, rinunziò al giudaismo e si dichiarò pubblicamente cristiano, e come tale venne eziandio condannato a morte. Mentre amendue erano condotti al supplizio, esso si rivolse a s. Giacomo e gli dimandò perdono di quanto aveva detto e fatto contro di lui. Il santo apostolo dandogli un'affettuosa {121 [137]} occhiata, pax tecum, gli disse, la pace sia con te. Quindi lo abbracciò e lo baciò, protestando che di tutto cuore lo perdonava, anzi come fratello lo amava. Di qui si vuole che abbia avuto origine il segno di pace e di perdono, che suole usarsi fra i cristiani e specialmente nel sacrifizio della santa messa.

            Dopo di che quei due generosi confessori della fede ebbero tagliata la testa e si congiunsero eternamente in cielo.

            Una tal morte contristò molto i fedeli, ma rallegrò al sommo i Giudei, i quali colla morte dei capi della religione si pensavano di mandare a fine la religione medesima. Erode, vedendo che la morte di s. Giacomo era piaciuta ai Giudei, pensò di procacciar loro un più dolce spettacolo col far imprigionare s. Pietro, per poi lasciarlo in balìa del loro cieco furore. E poichè correva la settimana degli azimi, che per gli Ebrei è tempo di giubilo e di preparazione alla Pasqua, non volle funestare la pubblica {122 [138]} allegrezza di quei giorni col supplizio di un uomo preteso reo. Carico perciò di catene il fece condurre in mezzo a due custodi e ordinò che fosse con tutta cautela custodito dentro ad oscura prigione fino al termine di quella solennità. Diede poi ordine rigoroso che fossero posti per guardia sedici soldati, i quali notte e giorno vegliassero ripartiti in due luoghi, cioè altri in vista della prigione, altri alla porta di ferro che metteva in un viottolo della città. Certamente sapeva quel re come Pietro fosse già stato altre volte posto in prigione e uscito in una maniera affatto maravigliosa, e non voleva che gli accadesse altra volta somigliante cosa. Ma tutte queste cautele, uscio, porta, catene, custodi e guardie ad altro non servirono che a dar maggior risalto all'opera di Dio.

            Siccome l'arma più potente lasciata dal Salvatore ai cristiani è la preghiera, così tutti i fedeli, come privati del loro comun padre e pastore, si radunarono insieme, piangendo la prigionia di lui e porgendo di continuo {123 [139]} preghiere a Dio, onde lo liberasse dall'imminente pericolo. Sebbene queste loro orazioni fossero più forti delle catene, nondimeno piacque al Signore di esercitare per qualche giorno la loro pazienza e fede, e fare vie più conoscere gli effetti della sua onnipotenza.

            Era già la notte precedente al giorno fissato per la morte di Pietro. Egli era tutto rassegnato alle divine disposizioni, egualmente preparato a vivere e a morire per la gloria del suo Signore; perciò nel buio di quell'orrida prigione dimorava colla maggior tranquillità dell'animo suo. Dormiva egli, ma per lui vegliava chi ha promesso di assistere la sua Chiesa. Era mezzanotte, ogni cosa in cupo silenzio, quando improvvisamente una luce sfolgoreggiante illumina tutto quel carcere; mentre un angelo mandato da Dio scuote Pietro, lo risveglia dicendogli: Presto, levati su. A tali parole ambe le catene si sciolsero e gli caddero dalle mani. Allora l'angelo continuò: Mettiti tosto gli abiti indosso {124 [140]} coi calzari a' piedi. S. Pietro fece ogni cosa; e l'angelo seguì dicendogli: Mettiti ancora sulle spalle il mantello, e vienmi dietro. Pietro ubbidì; ma gli pareva che tutto fosse un sogno e che egli fosse fuori di se. Intanto le porte della prigione trovandosi aperte, egli se ne usciva seguendo l'angelo che gli andava innanzi. Passate le prime e le seconde guardie, senza che dessero il minimo segno di vederli, giunsero alla porta di ferro di enorme grossezza, che mettendo fuori dall'edifizio delle carceri dava adito in città. Quella porta si aprì da se medesima. Usciti adunque camminarono alquanto insieme finchè l'angelo disparve. Allora Pietro tornato in se stesso, e riflettendo sopra se medesimo, Ora, disse, mi accorgo che il Signore mandò veramente il suo angelo a liberarmi dalle mani di Erode, e dal giudizio che gli Ebrei aspettavano che egli facesse di me. Considerato poi bene il luogo dove era, andò difilato alla casa di certa Maria, madre di Giovanni, soprannominato Marco, dove {125 [141]} molti fedeli stavano radunati in orazione supplicando Iddio che si degnasse di venire in soccorso del Capo della Chiesa.

            Giunto s. Pietro a quella casa, si mise a bussare la porta. Una fanciulla, di nome Rosa andò per vedere chi fosse. Chi c'è? ella disse. E Pietro: Son'io, apri. La fanciulla conosciutane bene la voce, quasi fuor di se per la gioia, non badò più ad aprire la porta, e lasciatolo fuori corse a darne avviso ai padroni. Non sapete? egli è Pietro. Ma quegli le dissero: Tu vaneggi, Pietro è in prigione e non può trovarsi qui a quest'ora. Ma ella continuava ad asserire che era veramente desso. Essi allora dissero: Quello che tu hai visto o sentito sarà forse il suo angelo, che nella forma di lui può esser venuto a darcene qualche novella.

            Mentre costoro disputavano colla fanciulla, Pietro seguitava a bussare più forte dicendo: Olà, aprite. Ciò li mosse a correre in fretta ad aprire, e conobbero che era veramente Pietro. {126 [142]} A tutti sembrava un sogno, e ciascuno giudicava di vedere un morto risuscitato. Alcuni chiedevano chi l'avesse liberato, altri quando, alcuni erano impazienti di sapere se erasi operato qualche prodigio. Allora Pietro per appagarli tutti, fallo cenno colla mano che stessero in silenzio, raccontò per ordine quanto era avvenuto coll'angelo, e come lo aveva cavato di prigione. Ognuno piangeva di tenerezza e lodando Iddio, lo ringraziavano del favore loro usato.

            Pietro non giudicandosi più sicuro della vita in Gerusalemme disse a quei discepoli: Andate e riferite queste cose a Giacomo (il Minore, vescovo di Gerusalemme) ed agli altri fratelli, e liberateli dalla pena in cui si trovano per conto mio. In quanto a me, io vedo conveniente partire da questa città e andarmene altrove.

            Quando fu sparsa la notizia che Iddio aveva così prodigiosamente liberato il Capo della Chiesa, tutti i fedeli ne furono vivamente consolati.

            La Chiesa cattolica celebra la memoria {127 [143]} di questo glorioso avvenimento il giorno primo di agosto sotto il titolo di Festa di s. Pietro in Vincoli. Ma che ne fu di Erode e delle sue guardie? Fattosi giorno, le guardie che nulla avevano nè udito nè veduto, andarono di buon mattino a visitare la prigione; quando poi non trovarono più Pietro, rimasero prese dal più grande sbigottimento. La cosa fu subito riferita ad Erode, il quale fece bensì cercare s. Pietro, ma non gli fu più possibile di trovarlo. Allora sdegnato fece fare un processo ai soldati e li fece tutti condurre a morte, forse per sospetto di negligenza o d'infedeltà, avendo trovate aperte le porte della prigione.

            Ma l'infelice Erode non tardò molto a pagare il fio delle ingiustizie e dei tormenti fatti patire ai seguaci di Gesù Cristo. Per alcuni affari politici da Gerusalemme egli era andato nella città di Cesarea, e mentre si pasceva degli applausi, con cui il popolo follemente lo adulava chiamandolo Dio, in quell'istante medesimo fu colpito {128 [144]} da un Angelo del Signore; venne portato fuori della piazza, e fra indicibili dolori rosicato dai vermi spirò. Questo fatto fa vedere con quanta sollecitudine Dio viene in aiuto de' suoi servi fedeli, e dà un avviso terribile ai malvagi. Essi devono grandemente temere la mano di Dio, che severamente punisce anche nella presente vita coloro, che disprezzano la religione o nelle cose sacre o nella persona dei suoi ministri.

 

 

Capo XXII. Il nome cristiano. - S. Pietro trasferisce la cattedra Apostolica a Roma. - Progresso del Vangelo. Anno di G. C. 42.

 

            L'Apostolo s. Pietro dopo di essere fuggito da Gerusalemme ritornò in Antiochia. Fino allora quelli che venivano al Vangelo erano ordinariamente appellati con varii nomi. Dicevansi fedeli perchè venivano a professare {129 [145]} la vera fede; cristicoli, o cultori di Gesù Cristo, perchè riconoscevano in Gesù Cristo il salvatore di tutti gli uomini; nazareni, perchè seguaci del Salvatore la cui patria era Nazareth; santi, perchè l'abbracciare il Vangelo voleva dire professare con perfezione la virtù, e camminare per la via della santità. Furono eziandio detti discepoli ovvero scolari, perchè tutti quelli che volevano ricevere il battesimo dovevano divenire umili, docili come altrettanti allievi della scuola di Gesù Cristo che ne è il supremo maestro. Ma gli apostoli giudicarono di stabilire un nome che dovesse essere come lo stendardo che valesse a distinguere tutti coloro che vogliono porsi alla sequela del Salvatore. Radunatisi pertanto gli apostoli nella città di Antiochia stabilirono che tutti quelli i quali avessero abbracciata la fede fossero chiamati cristiani, vale a dire seguaci di Gesù Cristo; il qual nome si conservò fino ai nostri giorni. Dopo di che s. Pietro secondando gl'impulsi dello {130 [146]} Spirito Santo decise di trasferire la sua sede a Roma.

            Pertanto dopo di aver tenuta la sua cattedra in Antiochia sette anni parti alla volta di Roma. Nel suo viaggio predicò Gesù Cristo nel Ponto e nella Bitinia, che sono due vaste provincia dell'Asia Minore. Seguendo il suo viaggio predicò il santo Vangelo in Sicilia ed in Napoli, dando a questa città per vescovo s. Aspreno. Finalmente giunse a Roma l'anno quarantesimo secondo di Gesù Cristo, mentre teneva il Romano impero un imperatore di nome Claudio.

            Pietro trovò quella città in istato veràmente deplorabile. Era, dice s. Leone, un pelago immenso d'iniquità, una sentina di tutti i vizi, una selva di bestie frementi. Le strade, le piazze erano seminate di statue di bronzo, di pietre adorate come Dei, e dinanzi a quegli orridi simulacri si bruciavano incensi e si facevano sacrifizi. Il demonio medesimo era adorato con nefande sozzure; le azioni più vergognose reputavansi atti di virtù. Si aggiungano {131 [147]} le leggi che proibivano ogni nuova religione. I sacerdoti idolatri ed i filosofi erano eziandio gravi ostacoli. Di più trattavasi di predicare una religione che disapprovava il culto di tutti gli Dei, condannava ogni sorta di vizi e comandava le più sublimi virtù.

            Tutte queste difficoltà anzichè arrestare lo zelo del principe degli Apostoli lo accesero maggiormente di desiderio di liberare quella miserabile città dalle tenebre di morte. S. Pietro adunque appoggiato al solo aiuto del Signore entra in Roma per formare della metropoli dell'impero la prima sede del Sacerdozio, il centro del Cristianesimo.

            La fama per altro delle virtù e dei miracoli di Gesù Cristo era già ivi pervenuta. Pilato ne mandò relazione all'imperatore Tiberio, il quale commosso al leggere la santa vita e la morte gloriosa del Salvatore aveva divisato di annoverarlo fra gli Dei Romani. Ma il Signore del cielo e della terra non volle essere confuso colle stupide divinità {132 [148]} dei pagani, e dispose che il senato romano respingesse la proposta di Tiberio come opposta alle leggi dell'impero. Pietro cominciò a predicare il Vangelo agli Ebrei che abitavano allora in Transtevere, che è una parte della città di Roma posta al di là del Tevere. Dalla sinagoga degli Ebrei passò a predicare ai Gentili, i quali con trasporto di vera gioia correvano ansiosi per ricevere il Battesimo. Il loro numero divenne così grande, e la loro fede così viva, che s. Paolo poco dopo ebbe a consolarsi coi Romani scrivendo queste parole: La vostra fede è annunziata, cioè fa parlar di se, estende la sua fama per tutto il mondo. (Rom. c. 1.) Nè solamente sopra il basso popolo cadevano le benedizioni del Cielo, ma anche sopra persone della primaria nobiltà. Si vedevano uomini elevati alle prime cariche di Roma abbandonare il culto dei falsi Dei per mettersi sotto al soave giogo di Gesù Cristo. Eusebio vescovo di Cesarea dice che i ragionamenti di Pietro erano così robusti e s'insinuavano con tanta dolcezza negli {133 [149]} animi degli uditori, che diveniva padrone dei loro affetti e tutti rimanevano come incantati dalle parole di vita che gli uscivano dalla bocca e non si saziavano di ascoltarlo. Sì grande era il numero di quelli che chiedevano il Battesimo, che Pietro aiutato da altri suoi compagni lo amministrava sulle rive del Tevere nella stessa guisa che s. Giovanni Battista lo amministrava su quelle del Giordano. (Eus. Stor. Eccl. lib. 2, cap. 15).

            Giunto in Roma Pietro abitò il sobborgo detto Trastevere a poca distanza dal luogo dove fu poi edificata la Chiesa di santa Cecilia. Di quì nacque la speciale venerazione che i Transteverini tuttora conservano verso la persona del sommo Pontefice. Fra i primi a ricevere la fede fu un certo Pudente senatore, che aveva occupato le più sublimi cariche dello stato. Egli diede in sua casa ospitalità al Principe degli Apostoli, ed esso ne approfittava per celebrare i Divini Misteri, amministrare ai fedeli la santa Eucaristia, e spiegare le verità della fede a quelli che lo venivano {134 [150]} ad ascoltare. Quella casa fu bentosto cambiata in un tempio consacrato a Dio sotto il titolo del Pastore, il più antico di Roma, e si crede che sia quel medesimo che presentemente è detto di s. Pudenziana. Quasi contemporaneamente fu fondata un'altra Chiesa dal medesimo Apostolo, che si vuole esser quella che oggidì si appella di s. Pietro in Vincoli.

            S. Pietro vedendo come Roma fosse così ben disposta a ricevere la luce del Vangelo, e nel tempo stesso un luogo molto adattato per tener relazione con tutti i paesi della Cristianità, stabilì la sua cattedra in Roma, vale a dire stabilì che Roma fosse centro e luogo di sua special dimora, ove dalle varie parti del mondo dovessero ricorrere i cristiani nei dubbi di religione e nei varii loro spirituali bisogni. La Chiesa Cattolica celebra la festa dello stabilimento della cattedra di s. Pietro in Roma il 18 gennaio.

            Bisogna qui ritener bene, che per sede o cattedra di s. Pietro non intendersi la sedia materiale, ma s'intende {135 [151]} l'esercizio di quella suprema autorità che egli aveva rivevuto da Gesù Cristo, specialmente quando gli disse, che quanto egli avrebbe legato o sciolto sopra la terra sarebbe altresì stato legato o sciolto in cielo. S'intende l'esercizio di quell'autorità conferitagli da Gesù Cristo di pascolare il gregge universale dei fedeli, sostenere e conservare gli altri pastori nell'unità di fede e di dottrina siccome hanno sempre fatto i sommi Pontefici da s. Pietro fino al regnante Pio IX.

            Poichè le occupazioni che s. Pietro aveva in Roma non gli permettevano più di potersi recare a visitare quelle chiese che in varii paesi aveva fondato, scrisse una lunga e sublime lettera indirizzata specialmente ai Cristiani che abitavano nel Ponto, nella Galazia, nella Bitinia e nella Cappadocia, che sono provincie dell'Asia Minore. Egli qual padre amoroso dirige il discorso a' suoi figliuoli per animarli ad essere costanti nella fede che aveva loro predicato e li avvisa specialmente di guardarsi dagli errori {136 [152]} che gli eretici fin da quei tempi andavano spargendo contro alla dottrina di Gesù Cristo.

            Conchiude poi questa lettera colle seguenti parole: Voi, o Seniori, cioè o vescovi e sacerdoti, io vi scongiuro di pascere il gregge di Dio, che da voi dipende, governandolo non forzatamente, ma di buona voglia; non per amor di vile guadagno, ma con animo volenteroso e fatti modelli del vostro gregge. Voi poi, o giovani, cioè voi tutti o cristiani, siate soggetti ai sacerdoti con vera umiltà, perchè Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili. Siate temperanti e vegliate perchè il demonio vostro nemico, qual leone che rugge, va in giro cercando chi divorare, cui resistete coraggiosamente nella fede.

            Vi salutano i cristiani che sono in Babilonia cioè in Roma, e vi saluta poi in modo particolare Marco mio figlio in Cristo.

            La grazia del Signore a tutti voi che vivete in Gesù Cristo. Così sia. (Epist. I, Capo V). {137 [153]}

            I Romani che avevano con gran fervore abbracciata la fede predicata da Pietro manifestarono a s. Marco, fido discepolo dell'Apostolo, il vivo desiderio che mettesse in iscritto quello che s. Pietro predicava. S. Marco di fatto aveva accompagnato il Principe degli apostoli in parecchi viaggi e lo aveva udito a predicare in molti paesi. Laonde da quanto aveva udito nelle prediche e nei famigliari colloquii dal suo maestro, ed in modo tutto speciale illuminato e inspirato dallo Spirito Santo, era realmente in grado di appagare i pii desiderii di quei fedeli. Perciò si accinse a scrivere il Vangelo, vale a dire un fedele racconto delle azioni del Salvatore, ed è quello che abbiamo oggidì sotto al nome di Vangelo secondo s. Marco.

            S. Pietro da Roma mandò vari suoi discepoli in diverse parti d'Italia e in molti altri paesi del mondo. Inviò s. Apollinare in Ravenna, s. Trofimo nelle Gallie e precisamente nella città di Arles, donde il Vangelo si propagò negli altri paesi della Francia; mandò {138 [154]} s. Marco in Alessandria di Egitto a fondare in suo nome quella chiesa. Così la città di Roma, capitale di tutto l'impero, la città di Alessandria che era la prima dopo Roma, quella di Antiochia, capitale di tutto l'Oriente, ebbero per fondatore il principe degli Apostoli, e divennero perciò le tre prime sedi patriarcali, tra cui fu per più secoli ripartito il dominio del mondo cattolico, salva sempre la dipendenza dei patriarchi Alessandrino ed Antiocheno dal Pontefice Romano Capo di tutta la Chiesa, pastore universale, centro di unità. Mentre s. Pietro mandava tanti suoi discepoli a predicare altrove il Vangelo, egli in Roma ordinava Sacerdoti, consacrava Vescovi, tra cui aveva scelto s. Lino per Vicario a fare sue veci nelle occasioni in cui qualche grave affare lo avesse obbligato ad allontanarsi da quella città. {139 [155]}

 

 

Capo XXIII. S. Pietro al Concilio di Gerusalemme definisce una questione. - S. Giacomo conferma il suo giudizio. Anno di G. C. 50.

 

            Roma era ordinaria dimora del principe degli Apostoli, ma le sue vigilanze dovevano estendersi a tutti i fedeli cristiani. Perciò qualora fossero insorte difficoltà o questioni intorno a cose di religione mandava qualche suo discepolo, o scriveva lettere in proposito e talvolta andava egli stesso in persona; come appunto fece nell'occasione che in Antiochia nacque una questione tra i Giudei ed i Gentili.

            Credevano gli Ebrei che per essere buoni Cristiani fosse necessario di ricevere la Circoncisione ed osservare tutte le cerimonie della legge di Mosè. I Gentili rifiutavano di sottomettersi a questa pretensione degli Ebrei, e la cosa venne a tal punto che ne ridondava grave danno e scandalo tra i {140 [156]} semplici fedeli e tra gli stessi predicatori del Vangelo. Laonde s. Paolo e s. Barnaba giudicarono bene di ricorrere al giudizio del Capo della Chiesa e degli altri Apostoli, affinchè colla loro autorità sciogliessero ogni dubbio. S. Pietro pertanto si recò da Roma a Gerusalemme per convocare un concilio generale. Perciocchè se il Signore ha promesso la sua assistenza al Capo della chiesa, affinchè la sua fede non venga mai meno, lo assiste certamente quando è congregata coi principali pastori della chiesa; tanto più che Gesù Cristo ci assicurò di trovarsi di fatto in mezzo a quelli che in numero anche solo di due si fossero radunati in suo nome. Giunto adunque il principe degli apostoli in quella città invitò tutti gli altri Apostoli e tutti quei primari pastori che potè avere; quindi Paolo e Barnaba accolti in concilio esposero in piena adunanza la loro ambasciata a nome dei Gentili d'Antiochia, le ragioni ed i timori d'una parte e dell'altra, dimandando la loro deliberazione per quiete e sicurezza {141 [157]} delle coscienze. Si manifestarono, conchiudeva s. Paolo, alcuni della setta de' Farisei, i quali hanno creduto ed asseriscono essere necessario che Ebrei e Gentili siano circoncisi, e debbano osservare la legge di Mosè se vogliono aver salute.

            Quella veneranda assemblea prese ad esaminare questo punto, e dopo matura discussione sulla proposta materia, in fine levatosi Pietro prese a parlare così: Fratelli, voi ben sapete come Iddio elesse me per far conoscere ai Gentili la luce del Vangelo, e le verità della fede siccome avvenne di Cornelio Centurione e di tutta la sua famiglia. Ora Iddio che conosce i cuori degli uomini ha renduto testimonianza a quei buoni gentili mandando sopra di loro lo Spirito Santo come aveva fatto sopra di noi, e niuna differenza ha fatto tra noi e loro, mostrando che la fede gli aveva purificati dalle immondezze che prima li escludevano dalla grazia. Dunque la cosa è chiara che senza la Circoncisione i Gentili sono giustificati per la {142 [158]} fede di Gesù Cristo. A che pertanto vogliamo tentar Iddio quasi provocandolo a darci una prova più sicura della sua volontà? Perchè imporre a questi nostri fratelli Gentili un giogo, che con fatica noi ed i nostri padri abbiamo potuto portare? Quindi noi crediamo che per la sola grazia del N. Signor Gesù Cristo tanto gli Ebrei quanto i Gentili debbano essere salvi.

            Dopo la sentenza del Vicario di Gesù Cristo, tacque tutta quella assemblea. Paolo e Barnaba confermarono quanto aveva detto Pietro raccontando le conversioni ed i miracoli, che Dio erasi compiaciuto di operare per mano loro fra i Gentili che avevano convertiti al Vangelo.

            Come Paolo e Barnaba ebbero finito di parlare, s. Giacomo vescovo di Gerusalemme confermò il giudizio di Pietro dicendo: Fratelli, ora ponete mente anche a me: ben disse Pietro, come da principio Iddio fece grazia ai Gentili formando un popol solo che glorificasse il suo santo nome. Ora ciò è confermato dalle parole dei profeti {143 [159]} che noi vediamo in questi fatti avverate. Per la qual cosa io giudico con Pietro che i Gentili non sono da inquietarsi dòpo che si sono convertiti a Gesù Cristo; solamente mi pare doversi ordinar loro che per riguardo alla inferma coscienza dei fratelli Ebrei e per agevolare l'unione fra questi due popoli venga proibito di mangiar cose sacrificate agli idoli, carni soffocate, il sangue, e proibita eziandio sia la fornicazione. Questa ultima cosa, cioè la fornicazione non occorreva proibirla essendo affatto contraria ai dettami della ragione e proibita dal sesto precetto del decalogo. Fu per altro rinnovata tale proibizione riguardo ai Gentili, perchè nel culto delle false loro divinità si pensavano che fosse cosa lecita anzi gradita fare offerta di cose immonde ed oscene.

            Il giudicio di s. Pietro così da s. Giacomo confermato piacque a tutti quelli del concilio; perciò di comun sentimento determinarono di eleggere persone autorevoli da mandare in Antiochia con Paolo e Barnaba. A questi, {144 [160]} a nomo del concilio, furono consegnate lettere che contenevano le decisioni che colà eransi prese. Le lettere erano di questo tenore: « Gli Apostoli e sacerdoti fratelli a' fratelli Gentili che sono in Antiochia, nella Siria, nella Cilicia salute. Avendo noi inteso che alcuni venuti di qua hanno turbato ed angustiato le vostre coscienze con idee arbitrarie, è sembrato bene a noi qui radunati di scegliere e mandare a voi Paolo e Barnaba, uomini a noi carissimi, che la loro vita sacrificarono ed esposero a pericolo pel nome di nostro Signor Gesù Cristo. Con essi mandiamo Sila e Giuda, i quali consegnandovi le nostre lettere vi confermeranno a bocca le medesime verità. Imperciocohè fu giudicato dallo Spirito Santo e da noi di non imporvi alcun'altra legge eccetto quella che dovete osservare, cioè di astenervi dalle cose sacrificate agli idoli, dalle carni soffocate, dal sangue, e dalla fornicazione. Dalle quali cose astenendovi farete bene. Statevi con Dio. »

            Questo fu il primo concilio generale {145 [161]} a cui presiedette s. Pietro, dove come Principe degli Apostoli e Capo della Chiesa parlò e definì la quistione coll'assistenza dello Spirito Santo. Così da ogni fedel cristiano deve credersi che le cose definite nei concilii generali radunati e confermati dal Sommo Pontefice Vicario di Gesù Cristo, e successore di s. Pietro sono verità certissime, che danno i medesimi motivi di credibilità come se uscissero dalla bocca dello Spirito Santo, perchè essi rappresentano la Chiesa col suo capo, a cui Dio ha promesso la sua infallibile assistenza sino alla fine dei secoli.

 

 

Capo XXIV. S. Pietro conferisce a s. Paolo ed a s. Barnaba la pienezza dell'Apostolato - È avvisato da s. Paolo - Ritorna a Poma. Anno di G. C. 54.

 

            Iddio aveva già prima fatto conoscere più volte che voleva mandare s. Paolo e s. Barnaba a predicare ai Gentili. {146 [162]} Ma fino allora esercitavano il loro sacro ministero come semplici sacerdoti, e forse anche come vescovi senzachè loro fosse per anche conferita la pienezza dell'apostolato. Quando poi andarono in Gerusalemme per cagione del Concilio e raccontarono le maraviglie per mezzo loro da Dio operate fra i gentili, si trattennero eziandio a speciali colloquii coi Ss. Pietro, Giacomo e Giovanni. Raccontarono, dice il sacro Testo, tali maraviglie a quelli che tenevano le prime cariche nella Chiesa, tra quali erano certamente i tre Apostoli sopra nominati, che si consideravano come le tre colonne principali della Chiesa. Egli fu in questa occasione, dice s. Agostino, che s. Pietro, come Capo della Chiesa, Vicario di G. C, e divinamente inspirato, conferì a Paolo e a Barnaba la pienezza dell'apostolato con incarico di portare la luce del Vangelo a' Gentili. Così s. Paolo fu elevato alla dignità di apostolo colla stessa pienezza di poteri che godevano gli altri apostoli stabiliti da Gesù Cristo.

            Mentre s. Pietro e s. Paolo dimoravano {147 [163]} in Antiochia avvenne un fatto che merita di essere riferito. S. Pietro era certamente persuaso che le cerimonie della legge di Mosè non l'ossero più obbligatorie pei Gentili, tuttavia quando trovavasi cogli Ebrei mangiava all'uso giudaico, temendo di disgustarli se avesse praticato altrimenti. Tale condiscendenza era cagione che molti Gentili si raffreddassero nella fede: quindi nasceva avversione tra gentili ed ebrei, e veniva a rompersi quel vincolo di carità che forma il carattere dei veri seguaci di Gesù Cristo. S. Pietro ignorava le dicerie che avevano luogo sopra questo fatto, S. Paolo accorgendosi che tale condotta di Pietro poteva generare scandalo nei fedeli, pensò di correggerlo pubblicamente dicendo: Se tu essendo Giudeo hai conosciuto per la fede di poter vivere e vivi di fatto come i gentili, e non come i giudei, perchè col tuo esempio vuoi costringere i gentili all'osservanza della legge giudaica? S. Pietro fu molto contento di tale avviso, perciocchè con quel fatto veniva pubblicato in faccia a tutti {148 [164]} i fedeli, che la legge cerimoniale di Mosè non era più obbligatoria, e come colui che ad altri predicava l'umiltà di Gesù Cristo, seppe praticarla egli medesimo, non dando il minimo segno di risentimento. D'allora in poi non ebbe più alcun riguardo per la legge cerimoniale di Mosè.

            Bisogna tuttavia qui notare coi Ss. Padri che quanto faceva s. Pietro non era male in se, ma somministrava ai cristiani motivo di discordia. Si vuole eziandio che s. Pietro sia stato d'accordo con s. Paolo intorno alla correzione da farsegli pubblicamente, affinchè vie più fosse conosciuta la cessazione della legge cerimoniale di Mosè. Da Antiochia s. Pietro andò a predicare in varie città, finchè fu avvisato da Dio di recarsi a Roma per assistere i fedeli in una fiera persecuzione eccitata contro ai cristiani. Quando s. Pietro giunse in quella città governava l'impero Nerone uomo pieno di vizi e per conseguenza il più avverso al cristianesimo. Egli aveva fatto appiccare il fuoco in varii lati di quella {149 [165]} città che con molti cittadini rimase in gran parte consumata dalle fiamme. Nerone poi gettò la colpa di quella malvagia azione sopra i cristiani.

            Nella sua crudeltà Nerone aveva fatto mettere a morte un virtuoso filosofo di nome Seneca, che era stato suo maestro. La medesima sua madre peri vittima di quel figlio snaturato. Ma la gravità di questi misfatti fecero una terribile impressione anche sopra l'abrutito cuore di Nerone, sicchè sembravagli di vedere intorno a se orrendi spettri che l'accompagnassero giorno e notte. Laonde studiava di placare le ombre infernali, o meglio i rimorsi della coscienza con sacrifizi. Volendo poi procacciarsi qualche sollievo fece ricercare i maghi più accreditati per far uso della loro magia e dei loro incantesimi. Il mago Simone, quello stesso che aveva cercato di comperare da s. Pietro i doni dello Spirito Santo approfittò dell'assenza del s. Apostolo, per recarsi colà e a forza di adulazioni verso l'imperatore mettere in discredito la religione cristiana. {150 [166]}

 

 

Capo XXV. S. Pietro fa risuscitare un morto. Anno di Gesù Cristo 66.

 

            Il mago Simone sapeva che se avesse potuto fare qualche miracolo sarebbesi acquistato gran credito. Quelli che s. Pietro andava da ogniparte operando servivano ad accenderlo vie più d'invidia e di rabbia. Laonde andava studiando qualche prestigio per farsi vedere superiore a s. Pietro. Venne più volte seco lui a prova, ma ne fu sempre pieno di confusione. E poichè vantava la scienza di guarire le infermità, allungare la vita, risuscitare i morti, cose tutte che egli vedeva farsi da s. Pietro, avvenne, che fu invitato a far altrettanto. Era morto un giovane di nobile famiglia e parente dell'imperatore. I suoi genitori, essendone inconsolabili, furono consigliati di ricorrere a s. Pietro perchè venisse a richiamarlo a vita. Altri invece invitarono Simone. Giunsero ambidue nel tempo stesso {151 [167]} alla casa del defunto; s. Pietro di buon grado acconsentì che Simone facesse le sue prove per dare la vita al morto, perciocchè sapeva, che solo Iddio può operar veri miracoli, nè mai alcuno potè vantarsi di averne operati se non per virtù divina ed in conferma della religione cattolica, perciò tornare inutili tutti gli sforzi dell'empio Simone. Pieno di boria e spinto dallo spirito, maligno Simone accettò pazzamente la prova, e persuaso di vincere propose la seguente condizione: Se Pietro fa egli risuscitare il morto, io sarò condannato a morte; ma se io darò vita a questo cadavere, Pietro la paghi colla testa. Non essendovi tra gli astanti chi ricusasse quella proposta, anzi di buon grado accettandola s. Pietro, il Mago si accinse all'opera.

            Si accostò esso al feretro del defunto, e invocando il demonio e operando mille altri incantesimi, parve ad alcuni che quel freddo cadavere desse qualche segno di vita. Allora i partigiani di Simone si misero a gridare che Pietro doveva morire. {152 [168]}

            Il santo Apostolo rideva di quella impostura, e con modestia pregando tutti a voler tacere per un momento, disse: Se il morto è risuscitato, si levi su, cammini e parli; si resuscita lux est, surgat, ambulet, fabuletur. Non è vero che ei mova il Capo o dia segno di vita, è la vostra fantasia che vi fa pensare così. Comandate a Simone che si scosti dal letto, e tosto vedrete svanire dal morto ogni speranza di vita. (S. Paciano, ep. 2.)

            Così fu fatto, e colui che prima era estinto seguitava a giacere qual sasso privo di spirito e di moto. Allora il s. Apostolo s'inginocchiò a poca distanza dal feretro e si mise a pregare fervorosamente il Signore, supplicandolo di glorificare il suo santo nome a confusione dei malvagi e a conforto dei buoni. Dopo breve orazione rivolto al cadavere disse ad alta voce: Giovane, alzati su, Gesù Signore ti dà la vita e la sanità.

            Al comando di questa voce, cui la morte era avvezza ad ubbidire, lo spirito tornò prontamente a vivificare quel {153 [169]} freddo corpo; e perchè non sembrasse un'illusione, si alzò in piedi, parlò, camminò e gli fu fatto prender cibo. Anzi Pietro lo prese per mano e vivo e sano lo restituì alla madre. Quella buona donna non sapeva come esprimere la sua gratitudine verso il santo, e lo pregò umilmente a non partire dalla sua casa, perchè non fosse abbandonato chi era risorto per le sue mani. S. Pietro la confortò dicendo: Noi siamo servi del Signore, egli lo ha risuscitato e non lo abbandonerà mai. Non temere di tuo figlio, poichè egli ha il suo custode.

            Rimaneva ora che il Mago fosse condannato a morte, e già una turba di popolo era pronta ad opprimerlo sotto un nembo di pietre, se l'Apostolo, mosso a pietà di lui, non avesse dimandato che fosse lasciato in vita, dicendo essere per lui castigo assai grande la vergogna che aveva provato. Viva pure, disse, ma viva per vedere a crescere e dilatarsi sempre più il regno di Gesù Cristo. {154 [170]}

 

 

Capo XXVI. Volo - Caduta - Disperata morte di Simon Mago. Anno di G. G. 67.

 

            Nella risurrezione di quel giovane Simone avrebbe dovuto ammirare la bontà e la carità di Pietro, e riconoscere in pari tempo l'intervento della potenza divina, quindi abbandonare il demonio cui da tanto tempo serviva; ma la sua superbia lo rese vie più ostinato. Animato dallo spirito di Satana s'inferocì più che mai e risolse a qualunque costo di fare vendetta contro a s. Pietro. Con questo pensiero si portò un giorno da Nerone, e gli disse come egli era disgustato de' Galilei, cioè dei cristiani, e che aveva risoluto di abbandonar il mondo, e che per dare a tutti una prova infallibile della sua divinità voleva salire da se stesso al Cielo.

            A Nerone piacque assai la proposta; e poichè desiderava trovar sempre nuovi pretesti onde perseguitare i cristiani, fece avvisar s. Pietro, il quale {155 [171]} secondo lui passava per un gran conoscitore di magìa, e lo sfidò a fare altrettanto e mostrare che Simone era un bugiardo; che se ciò non avesse fatto, veniva egli stesso giudicalo bugiardo ed impostore, e come tale condannato al taglio della testa. L'Apostolo appoggiato alla protezione del cielo che non manca mai di venire in difesa della verità accettò l'invito. S. Pietro adunque senz'alcun soccorso umano si armò dello scudo inespugnabile dell'orazione. Ordinò eziandio a tutti i fedeli che con digiuno universale e con preghiere continue invocassero la divina misericordia. Il giorno in cui facevansi queste pratiche religiose era sabato, e di qui è venuto il digiuno del sabato, che ai tempi di s. Agostino praticavasi ancora in Roma in memoria di questo avvenimento.

            Per lo contrario il Mago Simone tutto imbaldanzito pel favore promessogli dai suoi demonii si apparecchiava ad ordire e terminare con loro la frode, e nella sua pazzia credeva {156 [172]} con questo colpo di abbattere la Chiesa di Gesù Cristo. Venne il giorno fissato. Immensa folla di popolo era radunata nella gran piazza di Roma. Nerone stesso con tutta la corte, abbigliato di vesti lucicanti d'oro e di gemme, stava seduto sopra una tribuna sotto a ricchissimo padiglione mirando e confortando quel suo campione. Si fa profondo silenzio. Appare Simone vestito come se fosse un Dio ed affettando tranquillità mostra sicurezza di portare vittoria. Mentre si diffondeva in pomposi discorsi, improvvisamente apparve in aria un carro di fuoco; (era tutto illusione diabolica e giuoco di fantasia) e ricevutovi dentro il mago alla vista di tutto il popolo il demonio lo levò di terra, e lo trasportò su per l'aria. Già toccava le nubi e cominciava a dileguarsi dalla vista del popolo, il quale cogli occhi levati all'insù giubilando di maraviglia e battendo le palme gridava: Vittoria! miracolo! miracolo! Gloria ed onore a Simone vero figliuolo degli Dei! Pietro in compagnia di s. Paolo, {157 [173]} senz'alcuna ostentazione s'inginocchia a terra e colle mani levate al Cielo fervorosamente prega Gesù Cristo che voglia venire in aiuto della sua Chiesa per far trionfare la sua religione in faccia a quel popolo illuso. Detto, fatto; la mano di Dio onnipotente, che aveva permesso agli spiriti maligni di sollevare Simone fino a quell'altezza, tolse loro in un subito ogni potere, sicchè privi di forza dovettero abbandonare Simone nel più grave pericolo, e nel colmo di sua gloria. Sottratta a Simone la virtù diabolica, abbandonato al peso del pingue suo corpo si rovesciò con rovinosa caduta, e cadde giù con tale impeto a terra che sfracellandosi tutte le membra, schizzò il sangue fino sul tribunale di Nerone. Tale caduta di Simone avvenne vicino ad un tempio dedicato a Romolo, dove oggi esiste la chiesa de' santi Cosma e Damiano.

            L'infelice Simone avrebbe certamente dovuto perdere la vita, se s. Pietro non avesse invocato Dio a favore di lui. Pietro, dice, s. Massimo, pregò {158 [174]} il Signore di liberarlo dalla morte sia per far conoscere a Simone la debolezza de' suoi demonii, sia perchè confessando lo potenza di G. C. implorasse da lui il perdono delle sue colpe. Ma colui che da lungo tempo faceva professione di disprezzare le grazie del Signore, era troppo difficile che si arrendesse anche in questo caso che Iddio abbondava nella sua misericordia. Simone divenuto l'oggetto delle beffe di tutto il popolo, pieno di confusione pregò alcuni suoi amici di portarlo via di là. Portato in una casa vicina sopravvisse ancora

qualche giorno finchè oppresso dal dolore e dalla vergogna, si appigliò al disperato partito di togliersi quei miseri avanzi di vita, e gettandosi giù da una finestra si diede così volontariamente la morte[9]. {159 [175]}

            La caduta di Simone è viva immagine della caduta di que' cristiani i quali o rinnegando la cristiana religione, o trascurando di osservarla, cadono dal grado sublime di virtù, cui la fede cristiana gli ha innalzati, e rovinano miseramente ne' vizi e nei disordini, con disonore del carattere cristiano, della religione che professano e con danno talvolta irreparabile dell'anima loro.

 

 

Capo XXVII. Pietro è cercato a morte; Gesùi gli appare e gli predice imminente il martirio. - Testamento del santo Apostolo. - Anno di Gesù C. 68, dell'êra volgare 64.

 

            Il supplizio toccato a Simon Mago, mentre rendeva sensibile la vendetta del cielo, contribuì assai ad accrescere il numero dei cristiani. Nerone per altro al vedere una moltitudine di persone abbandonare il profano culto {160 [176]} degli dei per professare la religione predicata da s. Pietro, ed essendosi accorto che il santo Apostolo colla predicazione era riuscito a guadagnare persone da lui molto favorite e quelle stesse che in corte erano strumento di iniquità; sentissi raddoppiare la sua rabbia contro ai cristiani.

            In mezzo al furore di quella persecuzione Pietro era indefesso nell'animare i fedeli ad essere costanti nella fede fino alla morte, e nel convertire nuovi gentili, sicchè il sangue dei martiri ben lungi dall'atterrire i cristiani e diminuirne il numero, era un seme fecondo che ogni giorno li moltiplicava. Solamente gli Ebrei di Roma, forse stimolati dagli Ebrei della Giudea, si mostravano ostinati. Per la qual cosa Iddio volendo venire all'ultima prova per vincere la loro ostinazione fece pubblicamente predire dal suo apostolo, che fra breve sarebbesi suscitato un re contro quella nazione, il quale dopo averla ridotta alle più gravi angustie uguaglierebbe al suolo la loro città, costringendone i cittadini {161 [177]} a morir di fame e di sete. Allora, diceva, si vedranno gli uni mangiare i corpi degli altri e consumarsi a vicenda, finchè venuti in preda a' vostri nemici vedrete sotto gli occhi vostri straziare crudelmente le vostre mogli, le vostre figlie, e i vostri fanciulli percossi e messi a morte sopra le pietre; le medesime nostre contrade saranno dal ferro e dal fuoco ridotte in desolazione e rovina. Quelli poi che sfuggiranno dalla comune sciagura saranno venduti come giumenti e soggetti a perpetua servitù. Tali mali verranno sopra di voi, o figliuoli di Giacobbe, perchè avete fatto festa sopra la morte del figliuolo di Dio, ed or ricusate di credere in lui. » (Lattanzio lib. 4.)

            Ma saputosi da ministri della persecuzione che si sarebbero affaticati inutilmente se non toglievano di mezzo il Capo dei cristiani, si volsero contro di lui per cercarlo e metterlo a morte. I fedeli considerando la perdita, che avrebbero fatta colla morte di lui, studiavano ogni mezzo per {162 [178]} impedire che egli cadesse nelle mani dei persecutori. Quando poi si accorsero essere impossibile che egli potesse più a lungo star nascosto, lo consigliarono ad uscire da Roma e ritirarsi in luogo dove fosse men conosciuto. Pietro rifiutavasi a tali consigli suggeriti dall'amor figliale e anzi ardentemente desiderava la corona del martirio. Ma seguitando i fedeli a pregarlo di far ciò pel bene della Chiesa di Dio, cioè cercare di conservarsi in vita per istruire, confermare nella fede i credenti e guadagnare anime a Cristo, infine accondiscese e stabilì di partire.

            Di nottetempo prese da' fedeli congedo per involarsi al furore degl'idolatri. Ma giunto alle mura della città, quando stava per uscire dalla porta Capena, detta oggidì Porta di s. Sebastiano, gli apparve Gesù Cristo in quello stesso sembiante in cui l'aveva conosciuto e per più anni trattato. L'Apostolo benchè fosse sorpreso da questa inaspettata comparsa, nondimeno secondo la sua prontezza di spirito {163 [179]} si fece animo di interrogarlo dicendo: O Signore, dove andate? Domine, quo vadis? Rispose Gesù: Io vengo a Roma per essere di nuovo crocifisso.

            Da quelle parole conobbe Pietro che era imminente la propria crocifissione, poichè sapendo che il Signore non poteva più essere nuovamente crocifisso per se medesimo, doveva esserlo nella persona del suo Apostolo. In memoria di questo avvenimento presso alla porta di s. Sebastiano fu edificata una chiesa detta ancora oggidì Domine, quo vadis, oppure sancta Maria ad Passus, ossia santa Maria de' Piedi, perchè il Salvatore in quel luogo, dove parlò a s. Pietro, lasciò impressa su di una pietra la sacra traccia de' suoi piedi. Questa pietra si conserva tuttora nella chiesa di s. Sebastiano.

            Dopo quell'avviso s. Pietro ritornò indietro, e interrogato dai cristiani di Roma sulla cagione di si presto ritorno, raccontò loro ogni cosa. Niuno ebbe più alcun dubbio, che Pietro in breve sarebbe stato incarcerato ed avrebbe glorificato il Signore col dare per lui {164 [180]} la vita. Nel timore pertanto di cadere da un momento all'altro nelle mani dei persecutori e che in quei calamitosi momenti la Chiesa rimanesse priva del suo supremo pastore, pensò di nominare alcuni dei vescovi più zelanti affinchè uno di loro sottentrasse nel Pontificato dopo sua morte. Furono questi s. Lino, s. Cleto, s. Clemente e s. Anacleto, i quali lo avevano già aiutato in qualità di suoi vicari nei vari bisogni della Chiesa. Di questi papi parleremo appositamente altrove.

            Non contento s. Pietro di aver così provveduto a' bisogni della sede pontificia, volle altresì indirizzare uno scritto a tutti i fedeli, come per suo testamento, cioè una seconda lettera. Questa tettera è diretta al corpo universale dei fedeli, nominando in particolar maniera quelli del Ponto, della Galizia e di altre provincie dell'Asia a cui aveva predicato.

            Dopo di aver di nuovo accennate le cose già dette nella sua prima lettera, raccomanda di avere sempre innanzi agli occhi Gesù Salvatore, guardandosi {165 [181]} dalla corruzione di questo secolo, e da' piaceri mondani. Per risolverli poi a tenersi fermi nella virtù, mette loro in vista i premii che il Salvatore tien preparati nel regno eterno del Cielo, e all'incontro richiama loro alla memoria i terribili castighi coi quali suole Iddio punire i peccatori bene spesso in questa vita, ma infallibilmente nell'altra colla pena eterna del fuoco. Portandosi poi col suo pensiero nell'avvenire predice gli scandali che molti uomini perversi avrebbero suscitato, gli errori che avrebbero seminati, le astuzie di cui sarebbonsi serviti per propagarle. « Ma sappiate, egli dice, che costoro a somiglianza di fonti senza acqua, e di nebbie oscure agitate dai venti sono tutti impostori e seduttori delle anime, che promettono una libertà, la quale va sempre a finire in una miserabile schiavitù in cui si trovano avvolti essi medesimi, dopo di che loro è riserbato il giudicio, la perdizione ed il fuoco. »

            « Per me, egli continua, io son certo, che secondo la rivelazione avuta {166 [182]} dal N. Signore Gesù Cristo fra poco tempo debbo abbandonare questo tabernacolo del mio corpo, ma non mancherò di far in maniera, che ancor dopo la morta abbiate i mezzi per richiamare tali cose alla mente vostra. Siate certi, le promesse del Signore non mancheranno mai: verrà il giorno estremo in cui cesseranno di essere i cieli, gli elementi saranno disciolti o divorati dal fuoco, sarà consumata la terra con tutto ciò che contiene. Occupati adunque nelle opere di pietà aspettiamo con impazienza e con piacere la venuta del giorno del Signore e secondo le sue promesse viviamo in maniera di poter passare alla contemplazione dei cieli ed al possesso di un'eterna gloria. »

            Di poi li esorta a conservarsi mondi dal peccato, e a credere costantemente che la lunga pazienza che usa spesso il Signore con noi, è per comun nostro bene. Quindi raccomanda caldamente di non interpretare le sacre scritture col privato intendimento di ciascuno, e nota particolarmente le {167 [183]} lettere di s. Paolo, che egli chiama suo fratello carissimo di cui dice così: « Gesù Cristo differisce la sua venuta per darvi tempo a convertirvi; le quali cose vi scrisse Paolo nostro carissimo fratello secondo la scienza che gli è stata data da Dio. Siccome eziandio fa in tutte le sue lettere, ove egli parla di queste medesime cose. State però ben attenti che in queste lettere vi sono alcune cose difficili ad intendersi, le quali gli uomini ignoranti e leggeri spiegano in senso perverso, siccome fanno eziandio delle altre parti della sacra scrittura, di cui si abusano a loro propria perdizione. » Le quali parole meritano di essere attentamente considerate dai protestanti i quali vogliono affidare l'interpretazione della Bibbia a qualsiasi uomo del popolo comunque sia rozzo ed ignorante. A questi si può applicare che la capricciosa spiegazione della Bibbia riusci a loro propria perdizione: ad suam ipsorum perditionem. (Ep 2, c. 3). {168 [184]}

 

 

Capo XXVIII. S. Pietro in prigione converte Processo e Martiniano. - Suo martirio. Anno di G. C. 70; dell'êra volgare 66-67.

 

            Finalmente era giunto il momento in cui si dovevano compiere le predizioni fatte da Gesù Cristo intorno alla morte del suo Apostolo. Tante fatiche meritavano di essere coronate dalla palma del martirio. Mentre un giorno sentivasi tutto ardere di amore verso la persona del Divin Salvatore, e vivamente desiderava di potersi quanto prima congiungere a lui, viene sorpreso da' persecutori che in un momento lo legano e lo conducono in una profonda e tetra prigione detta Mamertina dove solevansi racchiudere i più famosi scellerati[10]. La divina Provvidenza dispose che Nerone dovesse per affari di governo allontanarsi {169 [185]} qualche tempo da Roma; sicchè s. Pietro dovette star circa nove mesi nelle carceri. Ma i veri servi del Signore sanno promuovere la gloria di Dio in ogni tempo e in ogni luogo. Nell'oscurità della prigione esercitando Pietro le cure del suo apostolato e specialmente il ministero della divina parola, ebbe la consolazione di guadagnare a G. G. i due custodi della carcere di nome Processo e Martiniano con altre 47 persone che si trovavano rinchiuse nel medesimo luogo.

            E' fama confermata dall'autorità di accreditati scrittori che non essendo colà acqua per amministrare il battesimo a quei novelli convertiti, Iddio facesse scaturire in quello istante un fonte perenne, le cui acque continuano a scaturire oggidì. I viaggiatori che vanno a Roma si fanno premura di visitare la carcere Mamertina che è a piè del Campidoglio, nel cui fondo scaturisce tuttora la prodigiosa fontana. Quell'edifizio tanto nella parte sotterranea, quanto in quella che si eleva {170 [186]} sopra terra è oggetto di grande venerazione presso ai cristiani.

            I ministri dell'imperatore tentarono più volte di vincere la costanza del s. Apostolo, ma tornando inutile ogni loro sforzo, e per sopra più vedendo che fra le stesse catene non cessava di predicar Gesù Cristo e così accrescere il numero dei cristiani, determinarono di farlo tacere colla morte. Era un mattino quando Pietro vide aprirsi la carcere. Entrano i carnefici, lo legano strettamente e gli annunziano che doveva essere condotto al supplizio. Oh allora il suo cuore fu pieno di allegrezza. Io godo, andava esclamando, perchè presto vedrò il mio Signore. Presto andrò a trovare colui che ho amato e da cui ho ricevuto tanti segni d'affetto e di misericordia.

            Prima di essere condotto al supplizio il santo Apostolo secondo le leggi romane dovette essere sottoposto a dolorosa flagellazione; la qual cosa gli cagionò somma gioia, perchè così diveniva sempre più fedele seguace del suo divin Maestro, il quale prima {171 [187]} di essere crocifisso fa anche sottoposto a crudelissima flagellazione.

            Anche la strada, da lui percorsa andando al supplizio, merita di essere notata. I Romani conquistatori del mondo dopo aver soggiogata qualche nazione apparecchiavano la pompa del trionfo sopra un magnifico carro nella valle o meglio nel piano a piè del colle Vaticano. Di là per la via sacra detta eziandio trionfale i vincitori ascendevano trionfanti al Campidoglio. S. Pietro dopo aver sottomesso il mondo al soave giogo di Cristo viene anch'egli tratto fuori dal carcere e per la medesima strada condotto al luogo dove si preparavano quelle grandi solennità. Così celebrava eziandio la cerimonia del trionfo ed offeriva se stesso in olocausto al Signore fuori della porta di Roma siccome fuori di Gerusalemme era stato crocifisso il suo divin Maestro.

            Fra il colle Gianicolo[11] ed il Vaticano {172 [188]} era una valle dove raccogliendosi delle acque formavasi una palude. Sull'alta vetta del monte nella parte risguardante la palude era il luogo destinato al martirio del più grande uomo del mondo. L'intrepido atleta giunto al luogo del patibolo quando vide la croce, sopra cui era condannato a morire, pieno di coraggio e di gioia esclamò: Salve, o croce, salvezza delle nazioni, stendardo di Cristo, o croce carissima, salve, o conforto dei cristiani. Tu sei quella che mi assicuri la via del cielo, sei quella che mi assicuri l'entrata nel regno della gloria. Tu, che un tempo vidi rosseggiante del sacratissimo sangue del {173 [189]} mio Maestro, tu oggi sii il mio aiuto, il mio conforto, la salvezza mia. (Boll. die 29 iunii).

            Tuttavia s. Pietro giudicava per lui onore troppo grande il fare una morte simile a quella del suo divin Maestro, perciò pregò i suoi crocifissori che per grazia volessero farlo morire col Capo all'ingiù. Siccome tal maniera di morire veniva a farlo patir di più, così la grazia gli fu facilmente concessa. Ma il corpo di lui naturalmente non potevasi tenere sulla croce, se le mani ed i piedi fossero unicamente stati conficcati coi chiodi, perciò furono strette con funi le Sante sue membra a quel duro tronco.

            Era stato accompagnato al luogo del supplicio da una turba infinita di cristiani e d'infedeli. Quell'uomo di Dio in mezzo agli stessi tormenti, quasi dimentico di se stesso, consolava i primi, perchè non si affliggessero per lui; si adoperava per salvar i secondi con esortarli a lasciar il culto degli idoli ed abbracciare il vangelo affinchè potessero conoscere l'unico vero Dio, {174 [190]} creatore di tutte le cose. Il Signore che dirigeva sempre lo zelo di si fedele ministro lo consolò in quelle ultime agonie colla conversione di un gran numero d'idolatri d'ogni condizione e d'ogni sesso. (S. Ef. Sir.)

            Mentre s. Pietro pendeva in croce Dio volle confortarlo con celeste consolazione. Gli apparvero due Angeli con due corone di gigli e di rose per indicargli che i suoi patimenti erano giunti al termine e che egli doveva essere coronato di gloria nella beata eternità. (V. Piazza Em.)

            S. Pietro riportava sopra la croce così nobil trionfo il 29 giugno, l'anno settantesimo di Gesù Cristo e sessantesimo settimo dell'êra volgare. Nello stesso giorno che s. Pietro moriva in croce, s. Paolo sotto la spada dello stesso tiranno glorificava Gesù Cristo con aver tronca la testa. Giorno veramente glorioso per tutte le chiese della cristianità, ma speciamente per quella di Roma, la quale dopo essere stata da Pietro fondata, e lungamente pasciuta colla dottrina di ambidue {175 [191]} questi Principi degli Apostoli, è ora consacrata dal loro martirio, dal loro sangue, e sublimata sopra tutte le chiese del mondo.

            Così mentre era imminente la distruzione della città santa di Gerusalemme, e doveva essere arso il suo tempio, Roma che era la capitale e la padrona di tutte le nazioni, diventava per mezzo di quei due apostoli la Gerusalemme della nuova alleanza, la città eterna; e tanto più gloriosa della vecchia Gerusalemme, quanto la grazia del vangelo e il sacerdozio della nuova alleanza sono più grandi del sacerdozio, di tutte le cerimonie e figure della legge antica.

            S. Pietro era martirizzato in età di anni 86, dopo un pontificato di 35 anni, 3 mesi e 4 giorni. Tre anni li passò specialmente in Gerusalemme. Tenne poi la sua cattedra sette anni in Antiochia, il rimanente a Roma. {176 [192]}

 

 

Capo XXIX. Sepolcro di s. Pietro. - Attentato contro al suo corpo.

 

            Appena s. Pietro mandò l'ultimo respiro molti cristiani partirono piangendo la morte del supremo pastore della chiesa. Per altro s. Lino suo discepolo ed immediato successore, due sacerdoti fratelli s. Marcello e s. Apuleio, s. Anacleto con altri fervorosi cristiani si raccolsero intorno alla croce di s. Pietro, quando poi i carnefici si allontanarono dal luogo del martirio, deposero il corpo del santo apostolo, lo unsero con preziosi aromi, lo imbalsamarono e lo portarono a seppellire vicino al Circo ossia presso agli orti di Nerone sul monte Vaticano propriamente nel luogo ove oggidì tuttora si venera. Il corpo di lui fu posto in un sito dove erano già stati sepolti molti martiri discepoli dei santi apostoli, primizie della chiesa cattolica, ì quali per ordine di Nerone {177 [193]} erano stati esposti alle fiere, o crocifìssi, o bruciati, o uccisi a forza di inauditi tormenti. S. Anacleto aveva colà eretto un piccolo cimiterio e in un angolo di esso innalzò una specie di oratorio ove ripose il corpo di s. Pietro. Questo sito divenne celebre e tutti i papi successori di s. Pietro dimostrarono sempre mai vivo desiderio di essere ivi sepolti.

            Poco tempo dopo la morte di s. Pietro vennero a Roma alcuni cristiani dall'Oriente, i quali riputando essere per loro un gran tesoro il possedere le reliquie del santo apostolo risolsero di farne acquisto. Ma conoscendo che sarebbe stato inutile il cercare di comperarle con danaro, pensarono di rubarle quasi come cosa loro propria e riportarle in quei luoghi donde il santo era venuto. Andarono perciò coraggiosamente al sepolcro, lo estrassero di là e lo portarono alle catacombe, che sono un luogo sotterraneo detto presentemente s. Sebastiano, con animo di mandarle in Oriente appena si fosse presentata l'opportunità. {178 [194]}

            Iddio per altro che aveva chiamato quel grande apostolo a Roma, perchè la rendesse gloriosa col martirio, dispose eziandio che il suo corpo fosse conservato in quella città e rendesse quella chiesa la più gloriosa del mondo. Quando pertanto quegli Orientali andarono per compiere il loro disegno, si sollevò un temporale con un turbine sì gagliardo, che pel rumoreggiare de' tuoni, pel saettare dei fulmini furono costretti a lasciarlo nel luogo stesso ove era stato riposto.

            Si accorsero dell'avvenuto i cristiani di Roma ed in gran folla usciti dalla città ripigliarono il corpo del s. Apostolo, e lo portarono nuovamente sul monte Vaticano donde era stato tolto. (V. Gregorio M. ep. 30. Baronio all'anno 284).

            L'anno 103 s. Anacleto divenuto sommo pontefice vedendo alquanto calmate le persecuzioni contro ai cristiani a sue spese innalzò un tempietto in modo che racchiudesse le reliquie e tutto il sepolcro ivi esistente. Questa {179 [195]} è la prima chiesa dedicata al principe degli apostoli.

            Questo sacro deposito rimase alla venerazione dei fedeli fino alla metà del 3o secolo. Soltanto l'anno 221 per la ferocia con cui erano perseguitati i cristiani, temendo che i corpi dei santi apostoli Pietro e Paolo fossero profanati dagli infedeli vennero dal pontefice trasportati nelle catacombe dette cimitero di s. Callisto in quella parte che oggi si appella cimitero di s. Sebastiano. Ma l'anno 255 il papa s. Cornelio a preghiera ed istanza di s. Lucina e di altri cristiani riportò il corpo di s. Paolo nella via di Ostia nel sito dove' era stato decapitato. Il corpo di s. Pietro fu di nuovo trasportato e riposto nella primitiva tomba ai pie' del colle Vaticano.

 

 

Capo XXX. Tomba e Basilica di s. Pietro in Vaticano.

 

            Ne' primi tre secoli della Chiesa i fedeli per lo più non potevano recarsi alla {180 [196]} tomba di s. Pietro se non con pericolo grave di essere accusati come cristiani e condotti davanti ai tribunali de' persecutori. Tuttavia vi fu sempre grande concorso di popolo che da' più lontani paesi venivano ad invocare la protezione del cielo alla tomba di s. Pietro. Ma quando Costantino divenne padrone del romano impero e pose fine alle persecuzioni, allora ognuno potè liberamente mostrarsi seguace di Gesù Cristo, e la tomba di s. Pietro divenne il santuario del mondo cristiano, dove da ogni angolo venivasi per venerare le reliquie del primo Vicario di G. C. Lo stesso imperatore professava pubblicamente il Vangelo, e fra molti segni di attaccamento alla cattolica religione uno fu quello di aver fatto edificare varie chiese, e fra le altre quella in onore del principe degli apostoli conosciuta sotto al nome di Basilica costantiniana. Pertanto l'anno 319 Costantino e per suo impulso e ad invito di s. Silvestro stabili che il sito della nuova chiesa fosse a' piedi del Vaticano con disegno che racchiudesse tutto il piccolo {181 [197]} tempio edificato da s. Anacleto e che fino a quell'epoca era stato l'oggetto della comune venerazione. Nel giorno in cui l'Imperator Costantino voleva dar principio alla santa impresa depose il diadema imperiale e tutte le regie insegne, quindi si prostrò a terra e sparse molte lacrime per divota tenerezza. Presa quindi la zappa si accinse a scavare colle proprie mani il terreno, dando così cominciamento allo scavo delle fondamenta della nuova basilica. Volle egli stesso formare il disegno e stabilire lo spazio che doveva abbracciare il nuovo tempio, e per animare a dar mano all'opera con alacrità, volle sulle proprie spalle portare dodici cofanetti di terra in onore dei dodici apostoli. Allora fu dissotterrato il corpo di s. Pietro, ed alla presenza di molti fedeli e di molto clero fu collocato da s. Silvestro in una gran cassa d'argento, con sopra un'altra cassa di bronzo dorato piantata immobilmente nel suolo. L'urna che racchiudeva il sacro deposito era larga, alta e lunga cinque piedi, sopra fu {182 [198]} posta una gran croce d'oro purissimo del peso di libbre cento cinquanta in cui erano incisi i nomi di s. Elena e del suo figlio Costantino. Terminato quel maestoso edificio, preparata una cripta o camera sotterranea tutta ornata di oro e di gemme preziose, circondata di una quantità di lampade d'oro e d'argento vi collocò il prezioso tesoro, il corpo di s. Pietro. S. Silvestro invitò molti vescovi ed i fedeli cristiani di ogni parte del mondo intervennero a questa solennità. Per incoraggiarli vieppiù apri il tesoro della Chiesa, e concedette molte indulgenze. Il concorso fu straordinario; la solennità fu maestosa, ed era la prima consacrazione che si faceva pubblicamente con riti e cerimonie tali quali si praticano ancora oggidì nella consacrazione dei sacri edifizi. La funzione compievasi l'anno 324 al diciotto di novembre. L'urna di s. Pietro così chiusa non si riaprì mai più, e fu sempre oggetto di venerazione presso tutta la Cristianità.

            Costantino donò molte sostanze pel {183 [199]} decoro e conservazione di quell'augusto edificio. Tutti i sommi Pontefici gareggiarono per rendere glorioso il sepolcro del principe degli Apostoli. Ma tutte le cose umane si vanno consumando dal tempo e la basilica Costantiniana nel secolo XVI si trovò in pericolo di rovinare. Laonde i pontefici stabilirono di rifarla intieramente. Dopo molti studi, dopo gravi fatiche e grandi spese si potè collocare la pietra fondamentale del novello tempio l'anno 1506. Il gran Giulio II ad onta dell'avanzata sua età e non ostante la profonda voragine in cui doveva discendere per giungere alla base del pilastro della cupola, volle tuttavia discendervi in persona per istabilirvi con solenne cerimonia la prima pietra. E' difficile descrivere le fatiche, il lavoro, il danaro, il tempo, gli uomini che si impiegarono in questa maravigliosa costruzione.

            Il lavoro fu condotto a termine nello spazio di cento venti anni, e finalmente Urbano VIII assistito da 22 cardinali e da tutte quelle dignità che {184 [200]} sogliono prender parte alle funzioni pontificie consacrò solennemente la maestosa basilica il 18 novembre 1626 cioè nello stesso giorno in cui s. Silvestro aveva consacrata l'antica basilica Costantiniana. In tutto questo tempo in mezzo a tante ristorazioni e a tanti lavori di costruzione le reliquie di s. Pietro non soffrirono alcuna traslazione, nè l'urna, nè la sopracassa di bronzo furono smosse, neppure la cripta fu aperta. Il pavimento nuovo essendosi dovuto alquanto elevare sopra l'antico fu disposto che esso racchiudesse la cappella primitiva e lasciasse così intatto l'altare consacrato da s. Silvestro. A questo proposito si nota che quando l'architetto Giacomo della Porta sollevava gli strati del pavimento intorno al vecchio altare per sovraporvi il nuovo vi scopri la finestra che corrispondeva alla sacra urna. Calatovi dentro il lume ravvisò la croce d'oro sovrapostavi da Costantino e da s. Elena sua madre. Fece tosto di ogni cosa relazione al Papa, che nel 1594 era Clemente VIII, il quale in compagnia {185 [201]} dei cardinali Bellarmino e Antoniano, si portò sulla faccia del luogo e trovò quanto aveva riferito l'architetto. Il pontefice non volle aprire nè il sepolcro, nè l'urna, nemmeno acconsentì che alcuno si avvicinasse, anzi ordinò che l'apertura fosse chiusa con cementi. Da allora in poi non fu mai più nè aperta la tomba, nè alcuno si è più avvicinato a quelle reliquie venerande.

            I viaggiatori che si recano a Roma per visitare la gran basilica di s. Pietro in Vaticano, al primo vederla restano come incantati, e i personaggi più celebri per ingegno e scienza giunti nei loro paesi non sanno darne se non una debole idea.

            Ecco quel tanto che si può con qualche facilità comprendere. Quella chiesa è abbellita di marmi i più squisiti che siansi potuto avere; la sua ampiezza e la sua elevazione giungono ad un segno, che sorprende l'occhio che la rimira; il pavimento, le mura, la vôlta sono con tale maestria ornati, che sembrano aver esausti tutti i ritrovarti {186 [202]} dell'arte. La cupola che per così dire sale fino alle nuvole è un compendio di tutte le bellezze della pittura, della scultura e dell'architettura. Sopra la cupola, anzi sopra lo stesso cupolino, avvi una boccia di bronzo dorato che guardandosi da terra sembra una pallottola da trastullo; ma chi vi sale e vi penetra dentro vede un globo entro cui sedici persone possono comodamente fermarsi seduto. In una parola in questa basilica tutto è sì bello, sì raro, sì ben lavorato, che quest'edifizio supera quanto si può immaginare nel mondo. Principi, re, monarchi e imperatori hanno contribuito ad ornare questo edifizio rnaraviglioso con magnifici doni da loro inviati alla tomba di s. Pietro, e spesso da loro medesimi portati colà dai più lontani paesi.

            Egli è appunto in mezzo ad un luogo sì magnifico che riposano le ceneri preziose di un povero pescatore, di un uomo senza erudizione umana, senza ricchezze, la cui fortuna consisteva in una rete. E ciò {187 [203]} fu da Dio voluto affinchè gli uomini comprendessero come Iddio nella sua onnipotenza prende l'uomo più abbietto in faccia al mondo per collocarlo sul trono glorioso a governare il suo popolo; comprendano eziandio quanto egli onori anche nella presente vita i suoi servi fedeli, e si facciano così una qualche idea della gloria immensa riservata in cielo a chi vive e muore nel suo divino servizio. Re, principi, imperatori, e i più grandi monarchi della terra sono venuti ad implorare la protezione di colui che fu tolto da una barca per essere fatto pastore supremo della Chiesa; gli eretici e gl'infedeli stessi furono costretti a rispettarlo. Iddio avrebbe potuto scegliere il supremo pastor della sua Chiesa fra i più grandi e i più sapienti della terra; ma allora si sarebbero forse attribuite alla loro sapienza e potenza quelle maraviglie, che Dio voleva che fossero interamente conosciute venire dalla onnipotente sua mano. Solo in rarissimi casi i papi hanno {188 [204]} permesso che le reliquie di questo gran protettore di Roma fossero altrove trasportate; perciò pochi luoghi della cristianità possono vantare di possederne; tutta la gloria è in Roma.

            Chi mai volesse scrivere i molti pellegrinaggi ivi fatti in ogni tempo, da tutte le parti del mondo e da ogni ceto di persone, la moltitudine di grazie ivi ricevute, gli strepitosi miracoli ivi operati, dovrebbe farne molti e grossi volumi.

            Intanto noi compresi da sentimenti di sincera gratitudine, come per conclusione e frutto di quanto abbiamo detto intorno alle azioni del principe degli Apostoli, innalziamo fervorose preghiere al trono dell'Altissimo Iddio; preghiamo questo suo fortunato Vicario e martire glorioso, onde si degni volgere dal Cielo uno sguardo pietoso sopra i presenti gravi bisogni della sua Chiesa, si degni di proteggerla e sostenerla nei gagliardi assalti che ogni di deve sostenere da parte de' suoi nemici; ottenga forza e coraggio a' suoi successori, a tutti i vescovi e a tutti {189 [205]} i sacri ministri, affinchè tutti si rendano degni del ministero da Cristo loro affidato, cosicchè dal suo celeste aiuto confortati possano riportare copiosi frutti delle loro fatiche, promovendo la gloria di Dio e la salute delle anime fra i popoli Cristiani.

            Fortunati que' popoli che sono uniti a Pietro nella persona de' Papi suoi successori. Essi camminano per la strada della salute; mentre tutti quelli che si trovano fuori di questa strada e non appartengono all'unione di Pietro non hanno speranza alcuna di salvezza; perchè Gesù Cristo ci assicura che la santità e la salvezza non possono trovarsi se non nell'unione con Pietro, sopra cui poggia l'immobile fondamento della sua Chiesa. Ringraziamo di cuore la bontà divina che ci ha fatti figli di Pietro.

            E poichè esso ha le chiavi del regno de' Cieli preghiamolo ad esserci protettore nei presenti bisogni, e così nell'ultimo giorno di nostra vita egli si degni di aprirci la porta della beata eternità. Così sia. {190 [206]}

 

 

Appendice sulla venuta di s. Pietro a Roma[12]

 

            Sebbene le discussioni sopra fatti particolari si possano chiamare estranee allo storico, tuttavia la venuta di san Pietro, che è un punto de' più importanti della storia ecclesiastica, essendo caldamente combattuta dagli eretici d'oggidì, mi sembra materia di tale importanza da non doversi ommettere. Ciò pare tanto più opportuno perchè i protestanti da qualche tempo nei loro libri, giornali e conversazioni, cercano di farne soggetto di ragionamento {191 [207]} sempre collo scopo di metterla in dubbio e screditare la nostra santa cattolica religione. Noi crediamo che questo solo fatto varrà a far conoscere a tutto il mondo la grande mala fede che regna presso di costoro; giacchè il mettere in dubbio la venuta di san Pietro a Roma è lo stesso che dubitare se vi sia luce quando il sole risplende in pieno mezzodì; perciò la sola ignoranza o mala fede può esserne cagione.

            Stimo per altro bene di dar qui di passaggio un avviso a tutti coloro che si fanno a scrivere o parlare di questo argomento, di non considerarlo come punto dogmatico e religioso; e ciò sia detto tanto pei cattolici quanto pei protestanti; perciocchè Iddio stabilì san Pietro Capo della Chiesa e questo è dogma e verità di fede. Che poi s. Pietro abbia esercitata questa sua autorità in Gerusalemme, in Antiochia, in Roma od altrove, questa è discussione storica estranea alla fede.

            È pur bene di avvisare i protestanti che fino al secolo decimoquarto, nello {192 [208]} spazio di circa millequattrocento anni, non trovasi un autore nè cattolico nè eretico il quale abbia mosso il minimo dubbio sopra la venuta di s. Pietro a Roma; e noi li invitiamo a citarne un solo. Il primo che abbia messo in campo questo dubbio fu Marsilio di Padova che vendette la sua penna all'imperatore Lodovico il Bavaro, i quali, uno colle armi, l'altro colle perverse dottrine, si scatenarono contro al primato del Sommo Pontefice. Tal dubbio peraltro fu da tutti considerato come ridicolo, e svanì colla morte del suo autore.

            Due secoli dopo, nel secolo decimosesto, sorsero gli spiriti turbolenti di Calvino e di Lutero, e dalla scuola di costoro uscirono parecchi, i quali, superando la malafede degli stessi loro maestri, studiarono di suscitare il medesimo dubbio per meglio ingannare i semplici e gli ignoranti. Chi è alcun poco pratico di storia sa quale fede si meriti colui che appoggiato unicamente al suo capriccio si mette a contraddire un fatto riferito dall'unanime {193 [209]} consenso di gravi autori di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Questa sola osservazione basterebbe da sè a far manifesta l'insussistenza di cotal dubbio; tuttavia affinchè il lettore conosca gli autori che colla loro autorità vengono a confermare quanto asseriamo ne andremo citando alcuni; e poichè i protestanti ammettono l'autorità della Chiesa de' quattro primi secoli, noi desiderosi di compiacerli in tutto quello che è possibile ci serviremo di scrittori che abbiano in quel tempo fiorito. Eccoli.

            S. Clemente papa, discepolo di san Pietro, e successore di lui nel pontificato, nella sua prima lettera scritta ai Corinti, dà come pubblica e certa la venuta di s. Pietro a Roma, la lunga sua dimora ivi fatta, il martirio ivi sofferto.

            S. Ignazio martire, parimenti discepolo di s. Pietro e suo successore nel vescovado di Antiochia, dice le stesse cose nella sua lettera scritta ai Romani al Capo quarto.

            Lo stesso afferma Papia coetaneo {194 [210]} dei suddetti e discepolo di s. Giovanni Evangelista, come si può vedere presso di Eusebio nella sua Storia ecclesiastica libro 2, Capo 15.

            A poca distanza da costoro abbiamo le illustri testimonianze di s. Irineo e di s. Dionigi, i quali hanno lungamente conosciuto e conversato coi discepoli degli Apostoli, ed erano informatissimi delle cose avvenute in seno alla Chiesa di Roma[13]. Quasi nel tempo stesso fiorirono san Clemente Alessandrino, s. Caio prete di Roma, Tertulliano di Cartagine, Origene, s. Cipriano e moltissimi altri i quali vanno d'accordo nel riferire il gran concorso de' fedeli alla tomba di s. Pietro in Roma martirizzato; e tutti pieni di venerazione pel primato, che godeva la chiesa di Roma, dicono che da quella si devono attendere gli oracoli dell'eterna salute, perchè G. C. ha promesso la conservazione della fede al suo fondatore s. Pietro. (Caio {195 [211]} Romano presso Eusebio, Clemente Alessandrino Stromati lib. 7. Tertulliano delle prescrizioni. Origene presso Eusebio lib. 3. s. Cipriano lettera 52 ad Antoniano, e lett. 55 a Corneliano).

            Che se da questi scrittori passiamo ai luminari della Chiesa, s. Pietro di Alessandria, s. Asterio Amaseno, s. Ottato Milevitano, s. Ambrogio, s. Gioanni Crisostomo, s. Epifanio, s. Massimo Torinese, s. Agostino, s. Cirillo d'Alessandria ed altri molti, noi troveremo le loro testimonianze pienamente unanimi e d'accordo intorno alla verità che noi asseriamo. Aggiungansi i molti martirologii delle diverse chiese latine, che dalla più remota antichità sono pervenuti fino a noi, i diversi Calendarii degli Etiopi, degli Egiziani, dei Sirii, i menologi dei Greci; le stesse liturgie di tutte le chiese cristiane sparse ne' varii paesi della cristianità; da per tutto si trova registrata la verità di questo racconto.

            Che più? i medesimi protestanti alquanto celebri in dottrina, come sono il Cave, Ammundo, Pearsonio, Grozio, {196 [212]} Usserio, Biondello, Scaligero, Basnagio, e Newton con moltissimi altri convengono essere un fatto incontestabile la venuta del principe degli Apostoli a Roma e la morte di lui accaduta in questa metropoli dell'universo.

            E' vero che nè gli atti degli Apostoli, nè s. Paolo nella sua lettera ai Romani fanno menzione di questo fatto; ma oltrechè scrittori accreditati riconoscono in questi autori abbastanza chiaramente accennato tale avvenimento, noi osserviamo che l'autore degli atti degli Apostoli non aveva per iscopo di scrivere le azioni di s. Pietro, nemmeno quelle di s. Paolo che riferisce solamente fino al suo arrivo in Roma; lo stesso dicasi di s. Paolo nella sua lettera ai Romani. Che se vogliamo fermarci sopra questo silenzio degli atti degli Apostoli e della lettera di s. Paolo, diciamo che ciò non prova nè per noi nè pei protestanti. Perciocchè la sana logica e la semplice ragion naturale ci ammaestrano, che quando si cerca la verità di un fatto taciuto da un autore, si {197 [213]} deve cercare presso ad altri cui spetta il parlarne. La qual cosa noi abbiam fatto abbondatissimamente. Neppure ignoriamo che Giuseppe Flavio non parla di questa venuta di s. Pietro a Roma; come neppure parla di s. Paolo; ma che importava a lui di parlare de' cristiani? Suo scopo era di scrivere la storia del popolo ebreo e della guerra giudaica, e non i fatti particolari altrove avvenuti. Parla egli forse di s. Paolo, di s. Andrea o degli altri Apostoli che furono coronati del martirio fuori della Palestina? E non dice egli stesso che passava sotto silenzio molti fatti avvenuti a' suoi tempi? (Antiq. Iudaic. 1. 20, c. 5).

            Altronde non è una follia il fidarsi più di un ebreo che non parla, che dei primi cristiani i quali proclamano tutti ad una voce s. Pietro morto in Roma dopo di avervi dimorato molti anni? E non gli si dovrebbe negar fede quando anche avesse scritto il contrario? Neppure vogliamo omettere la difficoltà che taluno va facendo, sul disaccordo degli scrittori nel fissare {198 [214]} l'anno della venuta di s. Pietro a Roma; perciocchè ai nostri tempi gli eruditi vanno comunemente d'accordo nella cronologia da noi seguita. Ma noi diciamo che quel disaccordo degli scrittori antichi dimostra la verità del fatto: dimostra che uno scrittore non ha copiato dall'altro, che ciascuno si serviva di que' documenti o di quelle memorie che aveva ne' rispettivi paesi e che erano pubblicamente conosciuti come certi; nè deve farci meraviglia tal disaccordo di cronologia (che è di uno o due anni più o meno) in que' tempi remoti in cui ogni nazione aveva un modo suo proprio di computare gli anni. Ma tutti questi autori riferiscono con franchezza tal venuta di s. Pietro a Roma, e ne accennano le minute circostanze riguardanti la sua dimora e morte in quella città avvenuta.

            Ciò posto noi possiamo venire a questa conclusione. Per lo spazio di mille e quattrocent'anni non vi fu mai alcuno che abbia mosso il minimo dubbio contro alla venuta di {199 [215]} s. Pietro a Roma. All'opposto abbiamo una lunga serie di uomini celeberrimi per santità e dottrina che dai tempi apostolici fino a noi, colla loro autorità l'hanno sempre accertata. Le liturgie, i martirologi, i medesimi eretici ed altri nemici del cristianesimo sono d'accordo co' più dotti tra i protestanti intorno a questo fatto.

            Dunque voi, o protestanti d'oggidì, contrastando la venuta di s. Pietro a Roma, vi opponete a tutta l'antichità; vi opponete all'autorità degli uomini ì più dotti e più pii dei tempi andati; vi opponete ai martirologi, ai menelogii, alle liturgie, ai calendarii dell'antichità; vi opponete a quanto scrissero i vostri maestri medesimi.

            Deh, protestanti, aprite gli occhi, ascoltate le parole di un amico che vi parla mosso unicamente dal desiderio del vostro bene: molti pretendono di farsi vostra guida di verità, ma o per malizia o per ignoranza v'ingannano. Ascoltate la voce di Dio che vi chiama al suo ovile sotto alla custodia del pastore {200 [216]} supremo da lui stabilito. Abbandonate ogni impegno, superate l'ostacolo del rispetto umano, rinunciate agli errori in cui uomini illusi vi hanno precipitati. Ritornate alla religione de' vostri avi, che alcuni vostri antecessori abbandonarono; invitate tutti i seguaci della riforma ad ascoltare quanto diceva a' suoi tempi Tertulliano: « Orsù adunque, o cristiano, se vuoi accertarti nel grande affare della salute, fa ricorso alle chiese dagli Apostoli fondate. Va a Roma donde emana la nostra autorità. O chiesa felice, dove gli Apostoli col loro sangue sparsero tutta la loro dottrina, dove Pietro patì un martirio simile alla passione del suo divin Maestro, dove Paolo fu coronato del martirio con aver tronca la testa; dove Giovanni dopo essere stato immerso in una caldaia d'olio bollente, nulla patì, e quindi venne esiliato nell'isola di Patmos. » (Tertulliano de Praescrip. cap. 36). {201 [217]}

 

 

Triduo in onore di s. Pietro e di s. Paolo

 

GIORNO 26 DI GIUGNO.

 

Y. Deus, in adjutorium meum intende.

R. Domine, ad adiuvandum me festina. Gloria Patri etc.

 

CONSIDERAZIONE SULLA CHIESA DI GESÙ CRISTO.

 

            1. Il nostro Divin Salvatore disceso dal cielo in terra per salvarci volle stabilire un mezzo onde fosse assicurato il deposito della fede, fondando un regno spirituale sopra la terra. Questo regno è la sua Chiesa ovvero la congregazione de' fedeli cristiani di tutto il mondo, che professano la dottrina {202 [218]} di Gesù Cristo sotto la condotta dei legittimi pastori, e specialmente del Romano Pontefice che ne è il Capo da Dio stabilito. Questa Chiesa qual madre amorosa doveva in ogni tempo e in ogni luogo ricevere tutti coloro che avessero voluto ricoverarsi nel suo materno seno; ed essere perciò in ogni tempo visibile ed accessibile a tutti. Quindi nel Vangelo questa Chiesa è paragonata ad una colonna, contro cui nulla valgono gli assalti dei nemici delle anime. È paragonata ad una pietra, sopra cui poggia un grande edifìzio che deve durare sino alla fine de' secoli. Tu sei Pietro, disse Gesù Cristo al Principe degli Apostoli nel costituirlo Capo della Chiesa: « Tu sei Pietro, e sopra questa pietra fonderò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non la potranno vincere. »

            Gesù Cristo raccomandò a' suoi seguaci che nascendo questioni tra di loro ne deferissero la risoluzione alla Chiesa: Dic Ecclesiae; che se taluno rifiutasse di ascollare la Chiesa, abbilo come gentile e pubblicano: Quod si Ecclesiam non audierit, sit tibi tamquam ethnicus et publicanus. Questa Chiesa è la colonna ed il fondamento di ogni verità, sicchè ogni dottrina, che non poggia sopra il fondamento di questa Chiesa, {203 [219]} poggia sopra l'errore: Ecclesia est columna et fundamentum veritatis, dice s. Paolo.

            2. Questa Chiesa poi si dice Cattolica, che vuol dire universale, perchè, come si disse, qual madre amorosa accoglie in tutti i tempi e in tutti i luoghi quelli che vogliono venire al materno suo seno. Universale poi, perchè abbraccia tutta la dottrina insegnata da Gesù Cristo, predicata dagli Apostoli, e deve durare sino alla fine de' secoli.

            Dicesi anche Santa, perchè il fondatore di Lei, che è Gesù Cristo, è il fonte di ogni santità; niuno può essere santo fuori di questa Chiesa, giacchè soltanto in essa s'insegna la vera dottrina di Gesù Cristo, in essa soltanto si pratica la sua fede, la sua legge, e si amministrano i Sacramenti da Lui instituiti.

            Si suole eziandio appellare Apostolica, perchè i suoi pastori sono successori degli Apostoli, ed insegnano la medesima dottrina predicata dagli Apostoli come l'hanno imparata da Gesù Cristo.

            Si aggiunge poi il titolo di Romana, perchè il suo capo, che è il Papa, è vescovo di Roma, e per questo motivo questa città, una volta capitale del Romano impero, ora è il centro della religione, la capitale del mondo cattolico. {204 [220]}

            3. E poichè avvi un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo, avvi anche una sola vera Chiesa, fuori di cui niuno può salvarsi.

            Considera, o cristiano, e trema riflettendo al gran numero di quelli che non sono in grembo della Chiesa cattolica e perciò tutti fuori della strada che conduce al cielo. Considera, e rallegrati in cuor tuo, perchè Dio ti ha creato in questa Chiesa, in cui sono tanti mezzi di salvezza. Sii a Dio riconoscente, e per ringraziarlo procura di osservare i precetti che la Chiesa a nome di Dio propone a' suoi figli. Sii costante nell'ascoltare la Messa intiera tutte le domeniche e le altre feste comandate, osserva i digiuni e le vigilie, e non mangiar carne in venerdì e sabbato. Insomma procuriamo di essere cattolici non di nome, ma di fatti, osservando con esattezza quanto la Chiesa comanda, astenendoci da quanto proibisce.

            Che se accadesse di parlare o sentir altri a parlare della Chiesa, diportiamoci come rispettosi figli verso amorosa madre: non diciamo mai cosa alcuna contro a quanto la Chiesa comanda o proibisce; e per quanto sta in noi parliamone sempre bene ed opponiamoci coraggiosamente a chiunque cercasse di parlarne male.

            Tre Pater, Ave e Gloria. {205 [221]}

            Antiphona. Petrus Apostolus et Paulus doctor gentium ipsi nos docuerunt legem tuam, Domine.

            Y. Orate pro nobis, beati Petre et Paule.

            R. Ut digni effìciamur promissionibus Christi.

 

Oremus.

            Deus, cuius dextera Beatum Petrum ambutantem in fluctibus ne mergeretur erexit, et coapostolum eius Paulum tertio naufragantem de profundo pelagi liberavit, exaudi nos propilius et concede ut amborum meritis aeternitatis gloriam consequamur. Per Christum Dominum nostrum. R. Amen.

 

 

GIORNO 27.

 

            Y. Deus, in adiutorium meum intende.

            R. Domine, ad adiuvandum me festina. Gloria Patri etc.

 

 

CONSIDERAZIONE SUL Capo DELLA CHIESA.

 

            1. Gesù Cristo nel Vangelo paragonò la sua Chiesa ad un regno, ad un impero, ad una repubblica, ad una città, ad una fortezza, ad una famiglia. Tutte queste {206 [222]} cose, oltre che sono di lor natura visibili, non possono sussistere senza un Capo che comandi, e senza sudditi che obbediscano. Capo invisibile della Chiesa è Gesù Cristo che assiste i sacri pastori dal cielo fino alla fine del mondo: Ecce ego vobiscum sum, omnibus diebus usque ad consummationem saeculi. Il Capo visibile fu s. Pietro, e dopo di lui i Pontefici suoi successori.

            Il Divin Salvatore disse a Pietro: « Tu sei Pietro, e sopra questa pietra fonderò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non mai la potranno vincere. Io darò a te le chiavi del regno de' cieli, quello che scioglierai in terra sarà anche sciolto in cielo: ciò che legherai in terra sarà anche legato in cielo. » Con queste parole il Salvatore costituì Pietro Capo della sua Chiesa, e gli conferì quella pienezza di potere, in forza di cui può stabilire tutto ciò che egli giudica poter contribuire al bene spirituale ed eterno.

            Dopo la risurrezione Gesu Cristo confermò quanto ivi è detto a Pietro. Essendo egli comparso a' suoi Apostoli sulle rive del mar di Tiberiade, disse a Pietro: Pascola le mie pecore, pascola i miei agnelli; Pasce ovee rneas, pasce agnos meos. Dalla santa Scrittura chiaro apparisce che gli {207 [223]} agnelli ivi indicano tutti i fedeli cristiani, e le pecore sono i sacri pastori, che devono dipendere dal Pastore supremo che è Pietro, e dopo di lui i suoi successori.

            2. Affinchè poi fossimo assicurati che questo Supremo Pastore avrebbe sempre conservato il deposito della fede senza mai cadere in errore Gesù Cristo disse a Pietro: Io ho pregato per te, o Pietro, affinchè la tua fede non venga meno: Rogavi pro te, Petre, ut non deficiat fides tua, et tu aliquando conversus confirma fratres tuos. Per questo motivo gli altri Apostoli dopo l'Ascensione del Salvatore, considerarono s. Pietro come loro Capo. Appena il Salvatore sali al cielo, egli tosto intraprende il governo della Chiesa, propone la elezione di un Apostolo in luogo di Giuda traditore; egli il primo predica al popolo; primo fa miracoli andando al tempio; primo è instruito da Dio che non solo gli Ebrei, ma anche i Gentili sono chiamati alla fede. Insorgono difficoltà nella Chiesa? Si raduna un concilio nella città di Gerusalemme; Pietro propone la questione, la spiega, la definisce, e tutti ubbidiscono a Pietro come al medesimo Gesù Cristo. Così fecero i veri cattolici in tutti i tempi, in tutti i luoghi, in ogni questione religiosa; si fece sempre ricorso al Sommo Pontefice, e tutti i cristiani {208 [224]} si sottomisero a lui come a Pietro, come al medesimo Gesù Cristo.

            3. Eccoti, o cristiano, quanto propongo alla tua considerazione. Un Dio fatto uomo per salvarci; prima di partire dal mondo fonda una Chiesa e deputa un Capo a fare le sue veci sopra la terra sino alla fine dei secoli: Usque ad consummationem saeculi. Riconosciamo anche noi nel Romano Pontefice il Padre universale di tutti i cristiani, il successore di s. Pietro, il Vicario di Gesù Cristo, colui che fa le veci di Dio sopra la terra, colui, al quale disse Gesù Cristo: « Tutto ciò che legherai in terra, sarà legato in cielo; tutto ciò che scioglierai in terra, sarà anche sciolto in cielo. » Ma ricordiamoci bene, che niuno può professare la religione di Gesù Cristo se non è cattolico; niuno è cattolico, se non è unito al Papa.

            Tre Pater, Ave e Gloria.

            Antiphona. Petrus Apostolus et Paulus doctor gentium ipsi nos docuerunt legem tuam, Domine.

            Y. Orate pro nobis, beati Petre et Paule.

            R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

 

Oremus.

            Deus, cuius dextera etc. pag. 206. {209 [225]}

 

 

GIORNO 28.

 

            Y. Deus, in adjutorium meum intende.

            R. Domine, ad adjuvandum me festina. Gloria Patri etc.

 

 

CONSIDERAZIONE SUI PASTORI DELLA CHIESA.

 

            1. La Chiesa è una congregazione di fedeli cristiani sparsi per tutto il mondo, che a guisa di un numeroso gregge sono governati da un pastore supremo che è il Sommo Pontefice. Ma se ciascun cristiano dovesse aver direttamente relazione col Vicario di Gesù Cristo, con difficoltà egli potrebbe far pervenire a lui le sue parole e di rado comunicargli i suoi pensieri. Dio peraltro pensò e provvide a tutti i bisogni dell'anima nostra. Ascoltate, è questo uno de' più bei tratti del cattolicismo. Dio stabilì s. Pietro Capo della Chiesa, e morto lui, succedettero i Romani Pontefici nel governo della medesima, e si succedettero in modo, che dal regnante Pio IX ne abbiamo la serie non interrotta fino a s. Pietro, e da s. Pietro abbiamo la serie dei Pontefici uno successore dell'altro, che, ci {210 [226]} conservarono intatta la santa Religione di Gesù Cristo fino a noi.

            Gli Apostoli poi esercitarono il loro Aposlolato d'accordoe dipendenti da s.Pietro. Agli Apostoli succedettero altri vescovi, che sempre d'accordo e sempre dipendenti dal successore di s. Pietro governarono le varie Diocesi della Cristianità. I vescovi accolgono le suppliche, sentono i bisogni dei popoli e li fanno pervenire fino alla persona del supremo Gerarca della Chiesa. Il Papa poi, secondo il bisogno, comunica i suoi ordini ai vescovi di tutto il mondo, ed i vescovi li partecipano ai semplici fedeli cristiani.

            Oltre gli Apostoli, Gesù Cristo stabilì settantadue discepoli, che mandò in vari paesi a predicare il Vangelo. Gli Apostoli eziandio ordinarono sette diaconi, ed altri ministri, che li aiutassero nella predicazione del Vangelo, e nell'amministrazione de' Sacramenti. Così tra noi oltre il Papa ed i vescovi, ci sono altri sacri ministri specialmente i parrochi, i quali strettamente uniti e d'accordo coi vescovi aiutano questi nella predicazione e nell'amministrazione dei Sacramenti, li aiutano a mantenere l'unità della fede, e sopra tutto a conservare stretta relazione col Capo della religione, la qual cosa è indispensabile per {211 [227]} tener ognor lontano l'errore dalle verità della fede.

            2. Onde noi possiamo dire che i nostri parrochi ci uniscono coi vescovi, i vescovi col Papa, il Papa ci unisce con Dio. Di più i sacri pastori che governano le chiese particolari essendosi regolarmente succeduti sempre dipendenti dal Papa, sempre insegnando la stessa dottrina, amministrando i medesimi Sacramenti, ne segue la certezza che i ministri della Chiesa cattolica in ogni tempo e in ogni luogo hanno sempre praticato la medesima fede, la medesima legge, i medesimi sacramenti come furono predicati dagli Apostoli, e come furono istituiti dal nostro Signor Gesù Cristo.

            3. Siamo adunque docili alle voci dei sacri ministri, come le pecore lo debbono essere alla voce del loro pastore. Dio ce li ha dati per nostri maestri nella scienza della religione; dunque andiamo da essi ad impararla, e non dai maestri mondani. Dio ce li ha dati per guida nel cammino del cielo, dunque seguitiamoli ne' loro ammaestramenti. Dio disse a' suoi ministri: Qui vos audii, me audit; chi ascolta voi, ascolta me: qui vos spernit, me spernit; chi disprezza voi, disprezza me. Pertanto andiamo volontieri ad ascoltarli nelle prediche, {212 [228]} nelle istruzioni, nei catechismi, nelle spiegazioni del Vangelo. Secondiamoli nei consigli che ci danno quando ci accostiamo ai Sacramenti, o quando ci istruiscono per riceverli degnamente; ascoltiamo le loro voci come se venissero da Gesù Cristo medesimo.

            Tre Pater, Ave e Gloria.

            Antiphona. Petrus Apostolus et Paulus doctor gentium ipsi nos docuerunt legem tuam, Domine.

            Y. Orate pro nobis, beati Petre et Paule.

            R. Ut digni effìciamur promissionibus Christi.

 

Oremus.

            Deus, cuius dextera etc. pag. 206. {213 [229]}

 

 

Giorno 29 giugno. Festa dei ss. Pietro e Paolo.

 

            Y. Deus, in adiutorium meum intende.

            R. Domine, ad adiuvandum me festina. Gloria Patri etc.

 

CONSIDERAZIONE SULLA FEDE.

 

            1. La nostra religione è soprannaturale e divina, perciò si trovano in essa certe verità così sublimi, che l'uomo nella vita presente, dopo molte fatiche, appena può giungere a comprederne piccolissima parte. Nè tal cosa ci deve recar meraviglia, perciocchè negli stessi oggetti materiali, che cadono sotto i nostri occhi, come le erbe, le piante, l'acqua, il fuoco, la struttura del corpo umano, scorgiamo molte cose di cui conosciamo l'esistenza, ma non ne comprendiamo le qualità se non imperfettissimamente. Onde se siamo costretti ad ammettere segreti nelle cose materiali che cadono sotto ai sentimenti, con assai più di ragione dobbiamo ammetterli nelle cose {214 [230]} spirituali. Queste verità in fatto di religione si chiamano misteri. L'atto con cui noi pieghiamo la volontà a crederli chiamasi fede. Senza piegare la nostra volontà all'autorità divina, cioè senza la fede, è impossibile di piacere a Dio, dice s. Paolo. La fede è la sostanza delle cose che noi dobbiamo sperare da Dio. La fede è il fondamento e la base di ogni nostra giustificazione, dice la Chiesa a nome di Dio.

            2. Questa fede non è appoggiata sopra l'autorità degli uomini che possono cadere in errore, ma è tutta appoggiata sopra la parola di Dio, che è eterno, immutabile, e che non può mai variare in cosa alcuna. Pertanto colla fede crediamo che Iddio ha creato il cielo e la terra e tutte le cose che nel cielo e nella terra si contengono; crediamo che pel peccato originale tutto il genere umano si rese indegno del Paradiso e meritevole dell'inferno; che Dio promise un Salvatore, il quale è venuto, ed è Gesù Cristo vero Dio e vero uomo; che egli si è fatto uomo per salvare l'anima nostra; e che morì per noi in croce. È pure verità di fede che avvi un solo Dio in tre persone realmente distinte, che avvi un solo battesimo, una sola vera Chiesa, che è la cattolica; che niuno può salvarsi fuori di questa Chiesa; che è il Romano {215 [231]} Pontefice, cui noi dobbiamo ubbidire come a Gesù Cristo, di cui egli fa le veci; che i Sacramenti insinuiti da nostro Signor Gesù Cristo sono sette, nè più, ne meno. È verità di fede che vi è Iddio, il quale premia i buoni col Paradiso e punisce i cattivi coll'inferno; che abbiamo un'anima semplice ed immortale; che un solo peccato mortale può farcela perdere per tutta l'eternità. Queste sono le principali verità che la nostra religione propone a credersi. Non diamoci per altro alcuna pena se non comprendiamo queste verità; anzi dobbiamo rallegrarci perchè è segno che Iddio ci riserbò cose grandi nell'altra vita; cose, che, come dice s. Paolo, l'orecchio non mai udì, l'occhio non vide mai, la lingua non può esprimere, nè la mente umana può immaginare. Queste cose nella vita presente non comprendiamo; ma Dio assicura che ci stanno preparate nell'altra vita. Perciò facciamoci coraggio, comprenderemo poi tutto nella beata eternità, se per la misericordia di Dio saremo salvi. Allora comprenderemo quanto qui in terra ci pare mistero, allora vedremo Iddio come è in sè stesso: Tunc videbimus eum sicuti est, dice s. Paolo.

            3. Devo ciò non ostante avvertirti, o cristiano, che la nostra fede deve avere certe {216 [232]} qualità, le quali mancando, a nulla giova per salvarci. La nostra fede deve essere intera, cioè deve abbracciare tutti gli articoli di nostra religione. Tutte le verità della fede sono da Dio rivelate; quindi chi nega di creder un solo articolo di fede nega di credere a Dio medesimo. Perciò colui che dice di amare il prossimo, e intanto nomina il nome di Dio in vano; colui che onora i genitori e intanto prende la roba altrui, o si da in preda alla disonestà, al disprezzo dei Sacramenti, del Vicario di Gesù Cristo; costui, dico, trasgredisce un articolo di fede, che lo fa colpevole di tutti gli altri. Gli articoli di fede sono tutti legati insieme e formano una catena che lega la ragione colla rivelazione, e si viene a costituire una scala per cui l'uomo monta fino a Dio. Ma rotto un anello della catena, o spezzato un gradino di questa mistica scala, è rotta ogni nostra relezione con Dio. Che ti vale credere alla Chiesa, al Vicario di Gesù Cristo, se poi ne dispregi gl'insegnamenti? se parli male del sommo Pontefice? Parliamo chiaro: o tutti gli articoli di nostra fede, o nissuno; perchè il negarne un solo, è negarli tutti.

            Affinchè poi la fede sia veramente intiera, deve essere operativa, cioè deve essere congiunta colle buone opere. Qui {217 [233]} parla chiaro Gesù Cristo nel Vangelo: « Non tutti, egli dice, non tutti quelli che dicono, o Signore, o Signore, entreranno nel regno de' cieli, ma tutti quelli che faranno la volontà del mio Celeste Padre. » Matt. c. 7. A che gioverà, dice s. Giacomo, a che gioverà, fratelli miei, se taluno di voi dirà aver fede senza le opere? in quella guisa che un corpo senza anima è morto, così pure la fede senza le opere è una fede morta. O cristiano, vuoi sapere se la tua fede sia viva o morta? Leggi attento e lo conoscerai. Ha una fede morta chi crede che basti un solo peccato mortale per farci andare all'inferno, e intanto lo commette con indifferenza. Ha una fede morta chi crede che noi dobbiamo amare Iddio sopra ogni cosa, e intanto ama le creature, ama i piaceri del mondo, è tutto occupato nell'ingrandire, arrichire la famiglia; fìdes sine operibus mortua est. Ha una fede morta colui il quale sa che gli avari non possederanno il regno de' cieli, e intanto vede il povero divorato dalla fame, gelato dal freddo, e non si commuove, nè gli porge soccorso alcuno; fides sine operibus mortua est.

            Preghiamo la santa Vergine che ci conservi saldi nella fede e ci ottenga dal suo Divin Figlio grazia e fortezza di essere costanti {218 [234]} nelle pratiche di nostra santa religione fino all'ultimo respiro della vita.

 

Inno.

 

O Roma felix, quae duorum principum

            Es consecrata glorioso sanguine,

            Horum cruore purpurata coeteras

            Excellis orbis una pulcritudines.

Sit Trinitati sempiterna gloria

            Honor, potestas alque iubilatio,

            In unitate qua gubernat omnia

            Per universa saeculorum saecula. Amen.

 

Y. Orate pro nobis, beati Petre et Paule.

R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

 

Oremus.

Deus, cuius dextera etc. pag. 206.

 

Con permissione Ecclesiastica. {219 [235]}

 

 

Indice

 

Prefazione

pag. III

Circolare pontificia sul centenario di s. Pietro

 VII

Anno del martirio di san pietro apostolo

 XIII

Vita di s. Pietro apostolo

 1

Capo I. Patria e professione di san Pietro - Suo fratello Andrea lo conduce da G. C

 ivi

Capo II. Pietro conduce in nave il Salvatore - Pesca miracolosa - Accoglie Gesù in sua casa - Miracoli ivi operati

 5

Capo III. S. Pietro Capo degli Apostoli è inviato a predicare - Cammina sopra le onde - Bella risposta data al Salvatore

 12 {220 [236]}

Capo IV. Pietro confessa la seconda volta G. G. per figliuolo di Dio, è costituito Capo della Chiesa e gli sono promesse le chiavi del regno dei cieli

pag. 17

Capo V. S. Pietro dissuade il suo divin Maestro dalla passione - Va con lui sul monte Tabor

 24

Capo VI. Gesù risuscita la figlia di Giairo - Paga per Pietro il tributo - Ammaestra i suoi apostoli nell'umiltà

 20

Capo VII. Pietro parla con Gesù del perdono delle ingiurie e del distacco dalle cose terrene - Rifiuta di lasciarsi lavare i piedi - Sua amicizia con s. Giovanni

 32

Capo VIII. Gesù predice la negazione di Pietro - Esso lo segue nell'orlo di Getsemani - Taglia l'orecchio a Malco - Sua caduta, suo l'avvedimento

 40

Capo IX. Pietro al sepolcro del Salvatore - Gesù gli appare più volte - Sul lago di Tiberiade dà tre distinti segni di amore verso Gesù che lo costituisce Capo e supremo pastore della Chiesa

 50

Capo X. Gesù predice a s. Pietro la morte di croce - Promette assistenza {221 [237]} alla Chiesa sino alla fine del mondo. - Ascensione di Gesù - Ritorno degli Apostoli nel cenacolo

pag. 59

Capo XI. S. Pietro surroga Giuda - Venuta dello Spirito Santo - Miracolo delle lingue

 63

Capo XII. Prima predica di Pietro

 68

Capo XIII. S. Pietro guarisce uno storpio - Sua seconda predica

 74

Capo XIV. Pietro è messo con Giovanni in prigione e ne vien liberato

 79

Capo XV. Vita dei primitivi Cristiani - Fatto di Anania e Saffìra - Miracoli di s. Pietro

 84

Capo XVI. S. Pietro di nuovo messo in prigione - E' da un angelo liberato

 89

Capo XVII. Elezione di sette diaconi - S. Pietro resiste alla persecuzione di Gerusalemme - Va in Samaria - Suo primo scontro con Simon mago

 94

Capo XVIII. S. Pietro fonda la cattedra di Antiochia; ritorna in Gerusalemme - E' visitato da s. Paolo

 100

Capo XIX. S. Pietro visita parecchie chiese - Guarisce Enea paralitico - Risuscita la defunta Tabita

 106

Capo XX. Dio rivela a s. Pietro essere {222 [238]} giunto il tempo della vocazione de' Gentili - Va in Cesarea e battezza la famiglia di Cornelio Centurione

pag. 110

Capo XXI. Erode fa decapitare s. Giacomo il maggiore e mettere s. Pietro in prigione, ma ne è liberato da un angelo - Morte di Erode

 120

Capo XXII. Il nome cristiano - S. Pietro trasferisce la cattedra Apostolica a Roma - Progresso del Vangelo

 129

Capo XXIII. S. Pietro al Concilio di Gerusalemme definisce una questione - S. Giacomo conferma il suo giudizio

 140

Capo XXIV. S. Pietro conferisce a s. Paolo ed a s. Barnaba la pienezza dell'Apostolato - E' avvisato da s. Paolo - Ritorna a Roma

 146

Capo XXV. S Pietro fa risuscitare un morto

 151

Capo XXVI. Volo - Caduta - Disperata morte di Simon Mago

 155

Capo XXVII. Pietro è cercato a morte; Gesù gli appare e gli predice imminente il martirio - Testamento del santo Apostolo

 160

Capo XXVIII. S. Pietro in prigione converte Processo e Martiniano - Suo martirio

 169 {223 [239]}

Capo XXIX. Sepolcro di s. Pietro - Attentato contro al suo corpo

pag. 177

Capo XXX. Tomba e Basilica di s. Pietro in Vaticano

 180

 

 

Appendice sulla venuta di s. Pietro a Roma

 191

Triduo in onore di s. Pietro e di s. Paolo

 202

Giorno 26 di giugno. Considerazione sulla Chiesa di Gesù Cristo

 ivi

Giorno 27. Considerazione sul Capo della Chiesa

 207

Giorno 28. Considerazione sui Pastori della Chiesa

 211

Giorno 29 giugno. Festa dei santi Pietro e Paolo. Considerazione sulla Fede

 215 {224 [240]}

{225 [241]}

{226 [242]}

 



[1] Le notizie riguardanti la vita di s. Pietro furono ricavate dal Vangelo, dagli Atti e da alcune lettere degli Apostoli, e da vari altri autori, le cui memorie sono riferite da Cesare Baronio nel volume primo dei suoi annali, dai Bollandisti ai 18 gennaio, 22 febbraio, 29 giugno, 1 agosto ed altrove. Della vita di s. Pietro trattarono copiosamente Antonio Cesari negli alti degli Apostoli ed anche in un volume separato, Luigi Cuccagni in tre grossi volumi ed altri molti.

[2] Genesi XLI.

[3] Matt. c. 18.

[4] Chi desiderasse istruirsi più copiosamente su questo argomento potrebbe leggere una breve ma chiara e dotta operetta del can. Gastaldi intitolala: Sull'autorità del Romano Pontefice, Istruzione Catechistica, che fu stampata nelle Letture Cattoliche anno XI, fasc. XI, Tip. dell'Oratorio di s. Francesco di Sales.

[5] Numerorum cap. 35.

[6] V. Gastaldi Sull'autorità del Romano Pontefice Capo 3º.

[7] Il concilio fiorentino fu celebralo nella città di Firenze l'anno 1439.

[8] V. S. Basilio di Seleucia e le Recogn. di s. Clem.

[9] I santi Padri che raccontano il fatto di Simon Mago nel modo sovra esposto fra gli altri sono: s. Massimo torinese, s. Cirillo di Gerusalemme, s. Sulpizio Severo, s. Gregorio di Tours, s. Clemente papa, s. Basilio di Seleucia, s. Epifanio, s. Agostino, s. Ambrogio, s. Girolamo ed altri molti.

[10] La catena con cui fu legato s. Pietro conservasi tuttora in Roma nella chiesa detta s. Pietro in vincoli. (Artau, Vita di s. Pietro).

[11] Sulla più alta punta del monte Gianicolo, dove Anco Marzio quarto re di Roma fondò la rocca gianicolese, fu edificata la chiesa di s. Pietro in Montorio nel luogo dove il santo apostolo compiè il martirio. Questo monte fu detto Gianicolo perchè fu dedicato a Giano custode delle porte che in latino diconsi ianuae. Si vuole che qui eziandio sia stato sepolto Giano, perchè edificò questa parte di Roma di fronte al Campidoglio. Va detto anche monte aureo dalla vicina ed antica porta aurelia. Ora si dice Montorio ovvero monte d'oro dal colore giallo della terra che copre questo colle che è uno dei sette colli di Roma antica. (V. Moroni Chiese di s. Pietro).

[12] Questo punto storico fu dottamente trattato dall'erudito Teol. Marengo, professore di teologia nel Seminario di Torino, in una sua operetta, che ha per titolo Viaggio di s. Pietro a Roma.

[13] S. Irineo Contro alle eresie libro 3, cap. 13. S. Dionigi, lettera ai Romani, Eusebio Storia Ecclesiastica luogo citato.




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