Parola «Petrarca» [ Frequenza = 36 ]

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 - Il dottore Francesia l'erudito illustratore del poema dantesco, ha testè arricchito La Biblioteca dell Gioventù italiana delle rime del Petrarca e di altri Trecentisti da lui scelte ed annotate.

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 Rime di Francesco Petrarca e di altri del Trecento.


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 In quel momento un figliuolo di un oste, di nome Cola di Rienzo, uomo ardito ed intraprendente, col disegno di liberare la patria da quelle oppressioni, si unisce al dotto letterato Francesco Petrarca e vanno insieme dal Papa in Avignone per supplicarlo a ritornare a Roma per istabilire l'ordine e la tranquillità.

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 Ora spero di farvi cosa grata col raccontarvi le principali azioni di due altri letterati, che si possono altresì considerare come due padri della lingua italiana: i loro nomi sono Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca.

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 Ma tosto che conobbe le poesie italiane di Francesco Petrarca suo amico, perdette ogni speranza di potersi acquistar gloria colla poesia e diede alle fiamme la maggior parte dei versi che egli aveva composto.

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 Amico di Dante e di Boccaccio era Francesco Petrarca nato in Arezzo di Toscana.

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 A tal fine il Petrarca fu spedito a Roberto re di Napoli, riputato il più dotto del suo tempo e gran protettore dei coltivatori delle scienze.

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 Ma il Petrarca amò meglio di cingersi l'alloro in quella Roma in cui erano entrati in trionfo gli eroi dell'Italia antica.

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 Nel giorno di Pasqua dell'anno 1344 le persone deputate ad eseguire quella gloriosa cerimonia si recarono al palazzo ove dimorava il Petrarca.

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 Quando le sinfonie suonavano, alcuni giovanetti cantavano versi in lode del Petrarca.

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 Salito il Petrarca sopra quel carro, cominciò la marcia trionfale.

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 Allora il Petrarca esclamò! Iddio conservi il popolo Romano, il Senato e la Libertà! Poi inginocchiatosi avanti al senatore Orsini, da lui ricevette la corona fra le grida ripetute di viva il Petrarca! Ebbe ancora preziosi doni, tra i quali il diploma di cittadino Romano.

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 Tuttavia in mezzo a tanta gloria il Petrarca era sempre afflittissimo, e per i mali cui andava soggetta la sua patria, e perchè i Papi erano tuttora costretti a dimorare nella città di Avignone siccome vi ho raccontato.

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 Petrarca Francesco scrisse egli pure una bellissima lettera, della quale, perchè piena di sublimi e cristiani sentimenti, io stimo bene di porvene alcuni tratti sott'occhio.

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 Espone quindi il Petrarca molti mali dai Pontefici sofferti in Avignone, poi continua così: «non è dunque ormai tempo di rasciugare le lagrime della sposa di Gesù Cristo e farle dimenticare i suoi patimenti con un pronto ed amorevole ritorno? Voi, supremo Pastore e Vescovo della Chiesa universale, a Voi la terra, il mare e il mondo intero altamente sospira, ed invoca le vostre cure e la vostra tutela.

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 I letterati e molti principi d'Italia decretarono d'incoronarlo di alloro come si era fatto del Petrarca.


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 In quella il figliuolo di un oste, di nome Gola di Rienzo, uomo operoso ed ardito, col disegno di liberare la patria da quelle oppressioni, si unisce al dotto letterato Francesco Petrarca, e con lui si presenta al Papa in Avignone, per supplicarlo di ritornare a Roma, a fine di ristabilire l'ordine e la tranquillità.

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 Ora spero di farvi cosa grata col narrarvi le principali azioni di due altri letterati, che si possono altresì considerare come due padri della nostra italiana favella; e questi sono Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca.

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 Sin dalla sua giovinezza aveva atteso alla poesia, e sperava di ottenere il secondo posto fra i poeti, non permettendogli la sua ammirazione per Dante di poterlo superare; ma tosto che conobbe le poesie italiane di Francesco Petrarca, suo amico, perdette ogni speranza di potersi acquistar gloria col far versi, e diede alle fiamme la maggior parte delle rime che aveva composto.

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 Fra le altre cose il Petrarca gli scrisse queste parole: «Tu sei prossimo alla morte: lascia adunque le ciancie della terra e le reliquie dei piaceri, e la pessima tua maniera di vivere.

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 Il Petrarca, suo amico, ricevuta la lettera con cui comunicavagli quel divisamente, lo consigliò di cangiar proposito, suggerendogli di riparare altrimenti il mal fatto.

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 Amico di Boccaccio era Francesco Petrarca, nato in Arezzo di Toscana.

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 A questo fine il Petrarca fu spedito a Roberto re di Napoli, riputato il più dotto del suo tempo, e gran protettore dei cultori delle scienze.

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 Ma il Petrarca amò meglio di cingersi l'alloro in quella Roma, in cui erano entrati in trionfo gli eroi dell'Italia antica.

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 1341 le persone deputate ad eseguire quella gloriosa cerimonia si recarono al palazzo ove dimorava il Petrarca.

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 Prima precedeva la Fatica, specie di divinità; poi veniva innanzi la Pazienza, indi la Povertà e la Derisione, che tentavano invano di salire sul carro: seguiva torva e pallida l'Invidia; due cori, uno di voci e l'altro di strumenti facevano echeggiare l'aria di armoniose note; e quando le sinfonie suonavano, alcuni giovanetti con voci argentine cantavano versi in lode del Petrarca.

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 Salito il Petrarca sopra il carro, cominciò la mossa trionfale.

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 Allora il Petrarca esclamò: Iddio conservi il popolo Romano, il Senato e la libertà! Poi inginocchiatosi avanti al senatore Orsini, da lui ricevette la corona fra le grida ripetute di viva il Petrarca! Ebbe ancora preziosi cloni, tra i quali il diploma di cittadino Romano.

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 Tuttavia in mezzo a tanta gloria il Petrarca era sempre afflittissimo, e pei mali cui andava soggetta la sua patria, e perchè i Papi erano tuttora costretti a dimorare nella città di Avignone, come vi ho sopra raccontato.

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 Lo stesso Petrarca scrisse eziandio una bellissima lettera, della quale, perchè piena di sublimi e cristiani sentimenti, io stimo bene di porvi alcuni tratti sott'occhio.

  A140000984 

 Esposti quindi il Petrarca molti mali dai Pontefici sofferti in Avignone, così continua: «Non è dunque ormai tempo di rasciugare le lacrime della sposa di Gesù Cristo, e di farle dimenticare i suoi patimenti con un pronto ed amorevole ritorno? Voi, supremo Pastore e Vescovo della Chiesa universale, voi la terra, il mare e il mondo intero altamente sospirano, ed invocano le vostre cure e la vostra tutela.

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 I letterati, molti principi, lo stesso Pontefice gli offerirono la corona di alloro, come si era fatto al Petrarca.

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 La lingua italiana, che incominciò a fiorire con s. Francesco d'Assisi, e giunse a grande perfezione per opera di Dante, Petrarca, Boccaccio e di altri celebri del trecento, quest'aurea nostra lingua, dopo lo splendore del secolo di Leone X, venne a smarrire nel seicento quasi affatto la sua antica semplicità e bellezza.


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  A190000486 

 Il celebre Petrarca, e più ancora s. Catterina da Siena, ebbero gran parte in quello straordinario avvenimento.





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