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  San Giovanni Bosco - Opere Edite.

I CONCILI GENERALI E LA CHIESA CATTOLICA

CONVERSAZIONI TRA UN PAROCO E UN GIOVANE PAROCHIANO PEL SACERDOTE GIOVANNI BOSCO

 

TORINO.

TIP. DELL'ORAT. DI S. FRANC. DI SALES.

1869. {1 [1]}

 

PROPRIETÀ DELL'EDITORE. {2 [2]}

 

 

 

 

INDEX

Proemio  2

Conversazione I. Concili - Loro specie; particolari e generali - Diocesani, provinciali e nazionali - Condizione perchè un concilio si possa dire generale e legittimo - Chi possa convocare il concilio generale - Chi abbia diritto d'intervenirvi e dare il voto deliberativo - Concili apostolici - Utilità dei concili. 2

Conversazione II. Il papa è superiore al concilio. - Il papa nelle cose di fede e di morale è infallibile anche per sè solo. - Nessun papa come papa ha mai errato. - Infallibilità ed autorità del concilio. - Nei concili non si creano nuovi dogmi. - Le definizioni e le leggi di un concilio obbligano per se stesse i cristiani. - Testimonianze non sospette in favore dei concili. 9

Conversazione III. Quanti sieno stati i concili generali; breve cenno di ciascuno. 18

Conversazione IV. Del concilio vaticano primo. - Suo scopo. - Sua opportunità. - Gravi ragioni che mossero il Papa a convocarlo. - Invito fatto ai vescovi scismatici ed ai protestanti. - Apertura del concilio. - Discussione e modo con cui è infallibile la Chiesa. - Chiusura. - Preghiera e speranza. 29

Orazione. 35

Indice  36

 


Proemio

 

            In un villaggio del Piemonte vivono tuttora due giovani fratelli appartenenti ad agiata famiglia. Il maggiore chiamasi Enrico, Tommaso il minore. Il primo avendo passato alcun tempo in città ebbe la sventura di darsi alle cattive letture, e frequentare malvagi compagni. Richiamato in seno alla famiglia non è a dirsi come egli pretendesse di essere sapiente, e qualche cosa di grosso. Di tutto voleva parlare, {3 [3]} con tutti intavolare questioni. Ma siccome tutta la sua sapienza l'aveva attinta dai seducenti giornali e dai romanzi, così nelle sue conversazioni specialmente in materia di religione gettava fuori ad ogni tratto i più madornali spropositi. Le sue risposte più riscaldate egli bramava tenerle col fratello Tommaso, giovane in sui 18 anni, d'indole assai faceta, il quale, sebbene non abbia fatto tanti studi quanto Enrico, tuttavia assai meglio di lui conosce le cose che riguardano la religione. Collo studio del suo catechismo, colla lettura di buoni libri di cui è amantissimo, coll'assiduità alle istruzioni parochiali Tommaso si rese capace a rispondere a vari quesiti, e con disinvoltura e chiarezza sciogliere molte difficoltà che gli faceva il fratello, al quale spesso chiudeva la bocca facendolo arrossire. {4 [4]} Però un giorno dell'ora scorso inverno Enrico portato il discorso sulla Chiesa e sul prossimo concilio ecumenico si diede a spropositare orribilmente. Tommaso per un poco seppe rispondergli per le rime; ma poscia con suo dispiacere soprafatto da un mondo di non mai udite domande e insidiose interrogazioni rimase imbrogliato. Alla sera di quel giorno istesso il buon giovane quale pecorella bisognosa di buon pascolo si portò dall'amato prevosto, con cui si tennero le seguenti conversazioni. {5 [5]}

 

Conversazione I. Concili - Loro specie; particolari e generali - Diocesani, provinciali e nazionali - Condizione perchè un concilio si possa dire generale e legittimo - Chi possa convocare il concilio generale - Chi abbia diritto d'intervenirvi e dare il voto deliberativo - Concili apostolici - Utilità dei concili.

 

            Tommaso. Buona sera, signor prevosto, sono venuto a farle una visita. Forse le cagiono qualche disturbo, ma la sua bontà saprà compatirmi.

            Prevosto. Benvenuto, il mio caro Tommaso; qual angelo mai ti conduce da me a quest'ora?

            Tom. È un angelo buono, e credo che sia il mio custode. Sono venuto {7 [7]} a pregarla che mi voglia dir qualche cosa intorno alla Chiesa e a suoi concili. Tutti vogliono parlare del concilio che sarà fra breve convocato dal nostro santo padre Pio IX, e da quanto pare non tutti ne parlano rettamente, esidero di avere in ciò le idee giuste, affinchè in ogni evento possa ancor io dire la mia ragione senza restare imbrogliato come fui quest'oggi istesso.

            Prev. Di buon grado, Masino mio, e il fo assai volentieri, affinchè nel caso che venissi interrogato tu sappia rispondere a chichessia colla tua solita franchezza.

            Tom. Mi farà certamente un benefizio grande.

            Prev. Siediti adunque, e dimandami quanto ti aggrada, che io mi adoprerò di appagarti nel miglior modo possibile.

            Tom. Prima di tutto desidererei di sapere precisamente che cosa siano i concili?

            Prev. Eccoti la risposta: I concili sono adunanze di vescovi cattolici e {8 [8]} di altri ecclesiastici per decidere questioni spettanti alla fede, ai costumi e alla disciplina della Chiesa. Sono di due specie, particolari, e generali od ecumenici[1]. I particolari altri si dicono diocesani, altri provinciali, altri nazionali.

            Tom. Oh! oh! quanti. Non sapeva ancora che ve ne fossero di tante specie. Bramerei di sapere la differenza che passa tra gli uni e gli altri.

            Prev. Ascolta. Il concilio o sinodo diocesano è l'adunanza dei parochi di una diocesi convocata e presieduta dal vescovo della medesima. Il provinciale è quello al quale convengono i vescovi di una provincia ecclesiastica presieduto dal metropolitano, ossia è l'adunanza composta dell'arcivescovo co'suoi suffraganei. Tra i quali concili diocesani e provinciali sono celebri {9 [9]} quelli tenuti da s. Carlo Boromeo arcivescovo di Milano. Il concilio nazionale poi è l'adunanza dei vescovi di una nazione presieduti dal patriarca o dal primate. Di questi se ne celebrarono molti in Roma sotto ai papi, i quali oltre all'essere pastori supremi di tutta la Chiesa sono ancora patriarchi di Occidente, e primati d'Italia. Finalmente il concilio generale od ecumenico è l'adunanza di tutti i vescovi del mondo cattolico, convocato dal romano pontefice per decidere sotto la sua approvazione le questioni di fede, di morale, di disciplina. Ecco quale differenza passi tra gli uni e gli altri.

            Oltre a questa un'altra differenza avvi ancora tra il concilio generale e il particolare, ed è che il generale può fare leggi obbligatorie per tutta la Chiesa, ed ha un'autorità suprema ed infallibile per quello che riguarda alla fede ed ai costumi, ed alla disciplina. Al contrario il concilio particolare non può estendere le sue ordinazioni oltre alla diocesi, provincia o nazione per {10 [10]} cui si celebra, e non gode per se stesso un'autorità infallibile.

            Tom. Sono contento di queste notizie. Ora vorrei sapere quali condizioni si richieggano, perchè un concilio si possa dire ecumenico e legittimo.

            Prev. Perchè un concilio si possa dire ecumenico e legittimo si richiedono quattro condizioni:

            1a Che sia convocato dal papa o col consenso di lui;

            2a Che per quanto si può e lo permette la distanza del luogo siano invitati tutti i vescovi di tutto l'orbe cattolico;

            3a Che il papa vi presieda o in persona o per mezzo dei legati;

            4a Che il papa approvi e confermi quanto vi fu stabilito e decretato. Ho detto: per quanto si può siano invitati tutti i vescovi, perchè non è necessario che v'intervengono personalmente tutti, la qual cosa sarebbe anche impossibile ad ottenersi per molte ragioni. Quindi ancorchè vi mancassero i vescovi di una provincia intiera {11 [11]} o di parecchie nazioni, tuttavia un concilio sarebbe ecumenico egualmente e legittimo, qualora il papa colla sua autorità suprema come tale lo approvasse e lo proponesse ai fedeli.

            Tom. Ma è proprio necessario che il concilio generale sia convocato dal papa? A dirla chiara, oggi soltanto o udito a dire che anticamente i concili erano convocati e presieduti dagli imperatori.

            Prev. Mio caro Tommaso, tieni a mente che soltanto al papa si appartiene per divino diritto il convocare un concilio ecumenico, perchè egli soltanto come maestro e giudice di tutti i cristiani conosce se vi è necessità di convocarlo o no. Solamente al papa appartiene questo diritto, perchè egli solo come pastore dei pastori può comandare ai vescovi di tutto il mondo di portarsi dove i bisogni della Chiesa universale lo esigono. Al papa e non ad altri Gesù disse nella persona di Pietro: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore, cioè commise la cura di tutto il gregge; dunque al papa soltanto {12 [12]} si appartiene per diritto divino il convocare un concilio generale, che appunto è diretto all'ammaestramento, al bene dei fedeli tutti.

            In quanto poi agli imperatori e principi temporali essi certamente non hanno diritto alcuno di convocare concila nè generali nè particolari. Difatto i concilii, come ti ho detto, si celebrano per cause di religione, per decidere quali sono le verità da credere e da praticare dai cristiani. Ciò posto noi sappiamo che Gesù Cristo non diede ai principi questa incombenza; Gesù non ha detto ai principi secolari: Andate, ammaestrate tutte le genti. Queste parole il divin Redentore disse solamente agli apostoli, i quali avevano per loro capo s. Pietro primo papa, e nella loro persona le disse a tutti i loro successori sino alla fine del mondo, cioè finchè vi siano uomini da istruire e da salvare.

            Tom. Capisco che al papa soltanto si appartenga il diritto di convocare concili generali e quindi di presiedervi; ma ella non mi ha ancor detto {13 [13]} se sia vero o no che anticamente i concili fossero convocati dagli imperatori.

            Prev. Attendi e saprai anche questo. Non è vero che anticamente i concili fossero convocati dagli imperatori. Nei tre primi secoli della Chiesa gli imperatori pagani ben lungi dal convocare concili pel bene della Religione cristiana mossero anzi sanguinose persecuzioni contra di lei per distruggerla se fosse stato possibile. Perciò durante tutta quell'epoca, cioè dal principio della Chiesa sino a Costantino il grande, il primo tra gli imperatori romani che abbia abbracciata e professata la religione di Gesù Cristo, sebbene siansi celebrati circa quaranta concili particolari, molti dei quali anche numerosissimi, niun principe pensò mai d'immischiarsene. La questione adunque si riduce nel sapere se abbiano convocato e presieduto i concili gli imperatori cristiani. Ecco adunque come stanno le cose a questo riguardo. Gli imperatori cristiani illuminati dalla vera religione, sapendo essere loro {14 [14]} dovere di usare i mezzi che la divina provvidenza pose loro in mano pel bene materiale e spirituale, temporale ed eterno dei loro sudditi; d'altra parte conoscendo per esperienza che gli eretici coi loro errori turbando la Chiesa venivano in pari tempo a turbare la tranquillità dell'impero, solevano pregare i papi che volessero colla loro apostolica autorità radunare concili, e così meglio provvedere al bene della Chiesa e dello stato. Il papa osservato se veramente fosse conveniente una solenne radunanza di vescovi, e vedutone il bisogno o la convocava egli medesimo, oppure lasciava che l'imperatore la convocasse egli stesso a nome della santa Sede, concedendogliene intanto la opportuna facoltà. Questa concessione i papi la facevano in vista dei materiali servigi che alla Chiesa prestavano quei piissimi principi, i quali per lo più sottostavano poscia alla spesa del viaggio dei vescovi, provvedevano al loro alloggio e mantenimento, adoperandosi in questa guisa, onde venire in aiuto alla Chiesa. Questo {15 [15]} e non altro facevano talora gli imperatori cristiani riguardo alla convocazione dei concili. Che se qualche principe avesse voluto arrogarsi una si fatta autorità a dispetto del papa, veniva meritamente condannato, e tenuto come un usurpatore dei divini diritti. Il grande Osio vescovo di Cordova nella Spagna così fin dal quarto secolo sfolgorava l'imperatore Costanzo che pretendeva d'ingerirsi nei sacri concili: «Non ci dare comandi in questo genere di cose, gli diceva, ma tu apprendile da noi: a te Iddio affidò l'impero, a noi il governo della Chiesa.»

            Tom. Ora sono soddisfatto; ma se è fuor di dubbio che i principi secolari non hanno diritto di convocare concili, mi pare almeno che lo abbiano d'intervenirvi. Dico bene?

            Prev. Così non è, caro Tommaso; i principi non hanno diritto di convocare concili, nè di presiedervi, nè d'intervenirvi, perchè Gesù Cristo affidò il governo della sua Chiesa ai pastori della medesima, e non ai sovrani {16 [16]} temporali. Solamente ai sacri pastori Gesù volse queste parole: «Andate, ammaestrate tutte le genti, insegnando loro ad osservare tutte quelle cose che io vi ho comandate[2].» Solamente ai sacri pastori s. Paolo dirige le seguenti parole. «Badate a voi stessi e a tutto il gregge, di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi per reggere la Chiesa di Dio[3]

            Tom. Ma ella, sig. prevosto, non può negare che spesso i principi siano intervenuti ai concili, e che nel medesimo concilio di Trento v'intervennero per mezzo dei loro legati. Dunque... Per altra parte sembra che abbiano un po'di ragione d'intervenirvi, poichè nei concili si trattano cose riguardanti ai loro sudditi.

            Prev. Non confondiamo una cosa coll'altra, caro mio, poichè altro è intervenire al concilio per diritto, altro è intervenirvi per grazia, per privilegio concesso dalla Chiesa per giusti {17 [17]} motivi, ed anche in questo caso non già per giudicare e definire come vescovi, ma per assistere e dare protezione. Nel primo concilio generale per es. v'intervenne bensì l'imperatore Costantino, ma non già per sedervi e definire qual vescovo. Egli v'intervenne per onorare e proteggere la verità, non già per proporre e deliberare come giudice. Anzi egli medesimo dichiarò pubblicamente di non aver diritto alcuno d'immischiarsi in cose di religione; e per indicare la grande differenza che passa tra lui e i vescovi che componevano il concilio, ben lungi dal presiederlo volle sedere in luogo più basso[4]. Egli sottoscrisse pur anche, ma dove i vescovi sottoscrissero definendo, egli invece sottoscrisse di adesione e consentimento, offrendo l'aiuto del suo braccio per fare eseguire i decreti che il concilio aveva formati. Così fecero pure gli altri principi quando per concessione della santa Sede intervennero ai sacri concili. {18 [18]} Quindi conchiudo: se talora i principi secolari furono presenti ai concili lo furono non per diritto proprio, ma per privilegio; e in oltre il loro intervento non fu mai un atto di autorità, ma un atto di devozione.

            In quanto poi all'altra tua osservazione, vero è che in queste sacre adunanze si trattano cose che riguardano ai loro sudditi; ma per questo non ne deriva già ai principi il diritto di prendere parte alle medesime. In questo caso dovrebbero intervenire tutti i padri di famiglia; anzi dovrebbero intervenire tutti i cristiani, perchè nei concili si trattano cose loro spettanti; ma ciò è assurdo. Pertanto nei concili è vero si trattano cose che riguardano ai sudditi dello stato; ma queste cose riguardano al bene spirituale, riguardano alla morale, alla religione, la cui amministrazione è totalmente affidata al capo della Chiesa e agli altri sacri pastori. Quindi io dico che siccome la dignità reale per grande che ella sia non fa si, che un principe secolare diventi uno di {19 [19]} quei sacri pastori che Gesù Cristo pose a governare la sua Chiesa; così ogni principe resterà pur sempre compreso nella Chiesa discente, cioè fra i semplici fedeli, il cui dovere non è già d'insegnare, ma d'imparare, e quindi non potrà giammai pretendere il diritto di aver parte ai sacri concili. I principi per quanto sta in essi devono far osservare dai loro sudditi i decreti e i precetti dei sacri concili, e a seconda di questi formare le loro leggi, regolare la loro condotta; questo si è di loro spettanza, di loro dovere; il resto no.

            Tom. Va tutto bene; ma i principi non invitati al concilio non potrebbero impedire che i vescovi loro sudditi vi si recassero?

            Prev. Nossignore; niun uomo del mondo deve impedire un vescovo di compiere i suoi doveri verso Dio e verso la Chiesa, quali sono i doveri dei vescovi quando intervengono ai concili; niun uomo del mondo può in coscienza impedire ad un vescovo l’esercizio di un diritto ricevuto da {20 [20]} Dio, e se ciò facesse abuserebbe del suo potere. Nei primi secoli tra i principi che impedirono ai vescovi di congregarsi fuvvi l'imperatore Licinio[5]. Ma sai chi era costui? Un persecutore, un carnefice dei cristiani.

            Tom. Ma non sarebbe cosa conveniente che i principi cattolici vi fossero invitati?

            Prev. Se vi sia o no questa convenienza tocca ai papi il giudicare. Per es. il nostro santo padre Pio IX al concilio ecumenico che convocò per quest'anno in Roma non credette bene d'invitare alcun principe. In ciò il papa ebbe i suoi motivi, e noi con tutto il cuore li dobbiamo venerare; tuttavia io credo che, se i principi d'oggidi dimandassero d'essere accolti nel concilio come i buoni principi dei tempi andati, non riceverebbero una ripulsa[6]. {21 [21]}

            Tom. Non posso a meno che convenire con lei. Ora vorrei sapere quali persone hanno diritto d'intervenire ai concili e dare il loro voto.

            Prev. Ti appagherò brevemente. Hanno diritto, anzi sono obbligati d'intervenire al concilio tutti i vescovi cattolici, che hanno giurisdizione, ossia tutti i vescovi che hanno una chiesa, una diocesi da governare. Questi perciò pel medesimo diritto divino quali membri della Chiesa insegnante e ordinari maestri del popolo cristiano hanno nel concilio voto deliberativo, cioè definitivo come veri giudici. Perocchè è evidente nella sacra Scrittura {22 [22]} che ai soli pastori e dottori venne concesso l'uffizio di determinare quello che sia da credere e da praticare dal popolo cristiano. Ora lo Spirito Santo a farla da pastori non ha posto nella sua Chiesa se non i vescovi: «Provvedete a voi e a tutto quanto il gregge, nel quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi a reggere la Chiesa di Dio.» Quindi i vescovi per divino diritto e con sentenza decisiva definiscono le cose che nei concili si trattano.

            Per diritto umano poi, ossia per privilegio v'intervengono e vi assistono anche con voto deliberativo i cardinali che non siano vescovi, siccome quelli che compongono il maggior senato della Chiesa; gli abati solennemente benedetti, e i generali degli ordini religiosi.

            In quanto ai semplici sacerdoti è consuetudine di ammettere quelli che per la loro dottrina sono creduti giovevoli alle indagini che si devono fare, ma non già per giudicare, sì per disputare e chiarire le materie, o per qualche altro utile ministero; quindi {23 [23]} v'intervengono non con voto deliberativo, ma solo consultivo. - Finalmente ad onore e protezione sogliono comparire i principi, e più spesso i loro ambasciatori, quando però ne abbiano ricevuto l'invito dal sommo Pontefice.

            Tom. Signor prevosto, queste sue istruzioni m'illuminano davvero: veggo proprio a farsi luce nella mia mente. Continui adunque, e se non le rincresce mi dica qualche cosa del primo concilio che si celebrò nella Chiesa. Desidererei tanto di sapere quando fu celebrato, da chi, per qual motivo, ecc. ecc.

            Prev. Ben volentieri entro a parlarti del primo concilio, il quale fu sempre giudicato come il modello di tutti i concili che siansi poscia celebrati nella Chiesa. Ma prima di tutto sappi che i concili sono d'instituzione divina tanto nell'antica quanto nella nuova legge, voglio dire, è Iddio che li ha instituiti. Gli Ebrei avevano il loro sinedrio, o gran concilio, composto di settanta personaggi, i quali avevano {24 [24]} l'autorità d'interpretare la legge e di fissarne il senso[7]. Iddio stesso aveva comandato a Mosè di stabilire questo concilio. Senti come gli parlò Iddio:«Radunami settanta uomini d'Israele da te conosciuti come anziani e maestri del popolo, e li condurrai alla porta del Tabernacolo dell'alleanza, e farai che si fermino ivi con te; ed io scenderò e ti parlerò, e prenderò del tuo spirito e lo darò ad essi, affinchè teco sostengano il peso del popolo[8].» Gesù Cristo supremo legislatore, venuto a perfezionare quello che Mosè aveva incominciato stabilì pure nella sua Chiesa un senato, che ha diritto di giudicare in materia di religione, senato fornito di più nobili prerogative che non quello di Mosè. Questo senato o concilio, composto da prima dagli apostoli con s. Pietro a capo, sussiste tuttora, e sussisterà sino alla fine del mondo, formandosi del papa, che è il legittimo successore di s. Pietro, {25 [25]} e dei vescovi cattolici che sono i legittimi successori degli Apostoli. Questo senato costituisce la Chiesa insegnante, così detta per distinguerla dalla Chiesa discente od imparante, composta del rimanente dei cristiani, il cui ufficio non è già d'insegnare, ma solo d'imparare. Ciò premesso, eccomi al primo concilio.

            Gli apostoli che conoscevano appieno le intenzioni di Gesù Cristo cominciarono fin dai loro tempi a celebrare concili nelle questioni di maggiore importanza. Tre difatto ne celebrarono. Il primo poco dopo l'Ascensione di Gesù Cristo fu celebrato in Gerusalemme nell'anno 33 coll'intervento di circa 120 tra discepoli ed apostoli. Ivi il vicario di G. C., il pontefice s. Pietro esercitò il primo atto di giurisdizione nella elezione di s. Mattia, sostituito al traditore Giuda Iscariote. - Il secondo egualmente in Gerusalemme e nello stesso anno fu celebrato da s. Pietro cogli altri apostoli e discepoli per proporre la elezione dei sette diaconi. - Il terzo {26 [26]} fu pure nella medesima città tenuto da s. Pietro con altri apostoli e pastori della Chiesa l'anno 51 di Gesù Cristo.

            Tom. Mi scusi, signor prevosto, se la interrompo. Si vede proprio che la materia non le manca. Mi disse da prima di parlarmi di un solo concilio, e poi me ne spiffera tre senza incomodarsi. Ma siffatte notizie dove mai si trovano?

            Prev. Di questi tre concili apostolici si parla chiaramente nella sacra Bibbia, nel libro intitolato: Atti degli Apostoli. I due primi li ho accennati di passaggio, e solo perchè mi si presentava occasione di parlartene. Ma fo conto di fermarmi alquanto più a lungo sul terzo, il quale è il più solenne, e che da molti è considerato pel primo ecumenico.

            Tom. Mi parli adunque di questo ultimo, poichè non veggo il momento di averne una compiuta notizia.

            Prev. Eccola dunque: L'anno 51 di G. C. Pietro per ordine dell'imperatore Claudio essendo stato da Roma {27 [27]} esiliato insieme con tutti gli altri che vi dimoravano, ritornò a visitare la Chiesa di Gerusalemme. Mentre egli trovavasi in questa metropoli della Palestina sorse in Antiochia una gravissima questione. Alcuni Giudei seguendo l'eresia di Cerinto pretendevano che il Messia fosse stato mandato solo pel popolo ebreo, e che quanti gentili volessero farsi cristiani dovessero cominciare dal rendersi ebrei ed osservare le cerimonie legali, come la circoncisione, e altre. I gentili per altra parte asserivano il contrario, e persuasi che per salvarsi bastava la fede in G. C. animata dalla carità, dicevano che i riti mosaici non erano più necessari, e perciò non volevano osservarli. Intanto avveniano gravi dissapori tra i cristiani dei due popoli; anzi successe una vera sedizione. Gli apostoli Paolo e Barnaba si provarono di comporre le cose, ma non fu possibile. In tanto frangente che cosa si fa? Si decide che Paolo e Barnaba si portino in Gerusalemme a consultare su ciò il capo della Chiesa, e averne il {28 [28]} parere. Pietro, compreso lo stato della questione, quantunque potesse decidere di propria autorità credette bene di convocare a concilio gli altri apostoli e primari pastori della Chiesa, che si potessero avere, e così fece. Il concilio si radunò per ordine di Pietro, e la questione viene diligentemente esaminata e discussa dagli apostoli e dai seniori. In fine Pietro alzatosi in mezzo all'assemblea profferisce la sua sentenza, e definisce non essere più necessaria l'osservanza della circoncisione, e tanto gli ebrei quanto i gentili poter ottenere la salute eterna per la grazia di Gesù Cristo. «Voi sapete, egli disse, che a me è stato affidato dal Signore che i popoli abbiano a udire dalla mia bocca la verità: ebbene io definisco che per salvarsi basta la grazia del N. S. G. C, e che non si deve imporre ai discepoli un giogo, che i nostri padri medesimi stentarono a portare.» Alle parole di Pietro tacque tutta la moltitudine: tacuit omnis moltitudo. Tacque in segno di riverenza, di assenso, di sottomissione. {29 [29]} Tacque, perchè quando Pietro ha parlato la questione è finita. Paolo e Barnaba confermano la sentenza di Pietro, come pure gli altri apostoli, fra cui s. Giacomo vescovo della città. Questi a fine di ottenere più presto la desiderata unione tra i due popoli ebreo e gentile propone che per qualche tempo sia ordinato ai cristiani venuti dal gentilesimo di astenersi dal mangiare cose sacrificate agli idoli, dalle carni soffocate e dal sangue, cose tutte dagli ebrei sommamente abborrite. Il giudizio di Pietro così da s. Giacomo confermato piacque a tutti; perciò di comune accordo il concilio determina di eleggere persone autorevoli da mandare in Antiochia con Paolo e Barnaba. A questi in nome del concilio sono consegnate lettere[9], nelle quali tra le altre cose dicevasi, che la decisione presa dal concilio era da attribuirsi allo Spirito Santo: Parve allo Spirito {30 [30]} Santo e a noi»: Visum est Spiritui Sancto et nobis[10].

            Ecco il modello, come già ti diceva, di tutti i concili della Chiesa. Tu vedi in questo concilio essersi praticate quelle cose, che ti venni finora esponendo. Vedi un'assemblea di pastori della Chiesa, un'assemblea, a cui punto non s'immischiano i principi secolari; un'assemblea non da altri convocata che dal papa, non da altri presieduta che dal papa; un'assemblea, nella quale sono giudici i vescovi pastori della Chiesa e non altri; un'assemblea in cui dopo essersi diligentemente esaminata la questione, il papa pronunzia distintamente la sua sentenza, la quale viene accolta con gioia in Gerusalemme, in Antiochia, dappertutto, quale oracolo infallibile dello Spirito Santo.

            Tom. Non posso esprimere con parole la contentezza che io provo nell'udir queste cose. Ma, per Diogene, perchè non le hanno messe nel mio {31 [31]} catechismo, che a quest'ora io le avrei già lette e studiate?

            Prev. Masino mio, non è mica necessario che tutti i cristiani studiino queste cose. Basta che le studiino i sacerdoti, che sono i maestri del popolo. Voi poi, quando vi occorrono dubbi o questioni di religione, potete ricorrere ai sacerdoti e specialmente ai paroci, che sono appunto i sacri ministri, destinati dalla divina Provvidenza ad ammaestrare i fedeli cristiani nella fede. Del resto si frequenti la parola di Dio, le istruzioni parochiali, si leggano, oppure si sentano a leggere buoni libri e fogli cattolici, e saprete quanto è necessario. Ah! se tutti i cristiani facessero così, certamente non si udirebbero tra loro tanti spropositi, nè questi si crederebbero con tanta facilità a danno della fede. Ma torniamo in breccia. Non avresti più nessuna dimanda a farmi sui concili?

            Tom. Nessuna? anzi un sacco. E primieramente, crede lei che i concili siano molto utili? {32 [32]}

            Prev. Li credo utilissimi per molte ragioni. Dio li ha ordinati; anzi Gesù Cristo assicurò loro una speciale assistenza: «Dove sono due o tre raccolti in nome mio, egli disse, io mi trovo in mezzo a loro[11].» È d'uopo adunque di credere, che i concili sono utili, perchè Dio non comanda, e Gesù Cristo non protegge le inutilità. - I concili sono utili, perchè la Chiesa fin dai primi tempi, e gl'apostoli stessi li hanno celebrati. Se gli apostoli e la primitiva Chiesa avessero creduti inutili i concili non si sarebbero certamente assoggettati ai disturbi, alle pene, ai disagi grandi che porta sempre con sè la celebrazione di un concilio specialmente generale, e nei tempi passati, quando non vi erano ancora le comodità di viaggiare, come oggidì. - Sono utili i concili specialmente gli ecumenici perchè, godendo del privilegio dell'infallibilità, fanno conoscere con sicurezza {33 [33]} quale sia la fede e la dottrina di Gesù Cristo, condannano più solennemente gli errori ad essa contrari, preservano con maggior efficacia i fedeli dagli inganni e dalle seduzioni degli eretici. - Sono utili perchè i vescovi conferendo insieme i loro consigli, e facendo ben conoscere i bisogni dei fedeli alle loro cure affidati, possono essere di aiuto gli uni agli altri per formare delle sapientissime leggi, capaci a promuovere ognora più la gloria di Dio, la santità dei costumi, la salute delle anime. - Sono utili perchè servono ad instillare nel cuore di quelli che vi prendono parte, che sono i primi pastori della Chiesa, un più ardente zelo nel predicare poscia, e inculcare ai rispettivi fedeli quelle verità e quelle leggi definite e promulgate da tutti insieme. - Sono utili i concili specialmente ai tempi nostri, perchè, oltre al porre un argine al male che irrompe da tutte parti, mettono ancora sott'occhio ai nemici della Chiesa cattolica l'unione ammirabile e la {34 [34]} forza dell'intiero episcopato col papa suo capo, facendolo vedere quale esercito schierato in battaglia imperterrito e formidabile, e così cooperano a togliere dalla loro testa la folle idea di potere giammai abbattere la Chiesa di Gesù Cristo. In una parola, sono utili i concili per consolare i buoni, illuminare i ciechi, confortare i deboli, atterrire i tristi. -

            Tom. La mi scusi, signor prevosto; ma non potrebbe il Papa fare da sè tutto quello che suol farsi in un concilio, definire, condannare, far leggi e simili? Se è così, che necessità dei concili?

            Prev. Quando io dico che i concili sono utili, anzi utilissimi, non intendo già di affermare che essi siano assolutamente necessari, cioè non intendo di asserire che nella Chiesa non si possa far senza di essi. Certamente non avvi controversia di fede, di morale, o di disciplina per quanto astrusa ella sia, la quale non si possa definire senza concilio. Dico perciò che i concili sono utili per lo {35 [35]} ragioni che ti addussi; anzi qualche volta avuto riguardo a gravi circostanze, si dice possono essere eziandio quasi necessari, ma necessari assolutamente non mai. È d'uopo adunque distinguere la necessità dalla utilità. Una cosa può essere vantaggiosa ed utile, senza che sia necessaria. Dimmi un poco: per giungere a un dato paese è forse cosa vantaggiosa ed utile viaggiare per vapore? Oh! sì certamente. Ma è forse necessaria? no, perchè vi si può giungere egualmente ed anche con sicurezza viaggiando in vettura, oppure a piedi. Il motivo poi per cui i concili non sono di assoluta necessità è appunto quello che tu accennavi, cioè perchè il papa supremo pastore di tutti i cristiani può fare da sè solo tutto quello che può fare un concilio anche generale. Che il papa possa fare da sè risulta chiaramente dalla sacra Scrittura. Da questa consta difatto che il papa anche da solo ha ricevuto da Gesù Cristo la pienezza dei poteri. «Io ti darò le chiavi del {36 [36]} mio regno, gli disse il Signore, e tutto ciò che legherai e scioglierai sulla terra sarà legato e sciolto anche nel Cielo[12].» Al papa Gesù Cristo commise la cura di tutto il gregge: «Pasci i miei agnelli, gli disse, pasci le mie pecorelle[13];» ed affinchè egli potesse ben compiere questo sublime ufficio lo assicurò del dono d'infallibilità nei suoi insegnamenti: «Io ho pregato per te, affinchè non venga meno la tua fede[14].» Per la qual cosa quando insorgesse una questione di fede o di morale, e che il Papa credesse bene di definirla da sè senza congregare un concilio, egli non solamente ha diritto di farlo, ma la sua decisione dovrebbe essere rispettata quale un oracolo di Dio stesso, quale verità infallibile. Hai capito?

            Tom. Ho capito tutto, signor prevosto, e ne la ringrazio infinitamente. Così fa piacere. Ella dice le cose {37 [37]} chiare e la si farebbe intendere anche da un bambolo. Altre cose avrei ancora da dimandarle a proposito dei concili; ma veggo che l'ora è già tarda, ed io voglio recarmi a casa, per non lasciare in pena le mia buona madre. Per altra parte, non vorrei poi anche stancare di troppo la pazienza del mio buon prevosto. Se lei è contenta ritornerò domani.

            Prev. Contento, anzi contentissimo, Masino caro; vieni pure e sarai soddisfatto.

            Tom. A rivederci dunque, signor prevosto. Buona sera e felice notte.

            Prev. Altrettanto a te, caro giovane, Dio ti accompagni. {38 [38]}

 

Conversazione II. Il papa è superiore al concilio. - Il papa nelle cose di fede e di morale è infallibile anche per sè solo. - Nessun papa come papa ha mai errato. - Infallibilità ed autorità del concilio. - Nei concili non si creano nuovi dogmi. - Le definizioni e le leggi di un concilio obbligano per se stesse i cristiani. - Testimonianze non sospette in favore dei concili.

 

            Tom. Eccomi qua, signor prevosto. Sta sera voglio farla disperare.

            Prev. Io non mi dispero mai, e tanto meno con un giovane docile, come tu sei, il quale se per avventura può avere nella testa storte idee le abbandona tostochè per tali le conosce. Cominciamo adunque le nostre conversazioni sui concili.

            Tom. Anzitutto, signor prevosto, desidererei di sapere se il papa sia {39 [39]} superiore al concilio, oppure se il concilio sia superiore al papa.

            Prev. Ti rispondo distinguendo: Se il concilio o meglio se quello che fu stabilito nel concilio non è ancora confermato dal papa, in questo caso il papa rimane ancora sempre superiore al concilio stesso. Imperocchè è soltanto il papa che colla sua conferma comunica al concilio nelle cose di fede e di morale l'infallibilità e gli fa godere nella Chiesa un'autorità suprema. Perciò finchè questa approvazione non è data, il papa resta tuttora nella Chiesa l'autorità somma, superiore ad ogni altra. Se poi il concilio fosse già stato confermato dal papa allora alla tua domanda debbo rispondere, che in questo caso il concilio è superiore al papa nelle cose di fede e di morale. La cosa non può essere altrimenti, perchè dopo che il papa unendo il suo giudizio a quello dei vescovi dichiarò con voce infallibile che una data verità è rivelata da Dio, allora la voce del concilio si fa voce dello {40 [40]} stesso Spirito Santo; allora non è più lecito a nessun uomo del mondo il credere altrimenti, e quindi lo stesso sommo pontefice è obbligato a sottomettervisi. In questo caso però piuttostochè dire essere il papa inferiore al concilio, meglio si direbbe che il papa è inferiore a Dio, essendo la sentenza di un tale concilio sentenza di Dio stesso. Tuttavia nelle cose che non riguardano la fede, ma solo la disciplina, sebben stabilite da un concilio generale e confermate dal papa, tuttavia, dico, il Papa per questo lato rimane sempre superiore al concilio, e perciò può cangiarle, abrogarle, secondo i bisogni dei fedeli, e le circostanze dei tempi.

            Tom. Ho capito. Ora un'altra dimanda ho da farle. Se in qualche questione di fede o di morale il papa ed i vescovi non andassero d'accordo, in questo caso il giudizio del solo Papa sarebbe egli da più che il giudizio di tutti i vescovi senza di lui?

            Prev. Ti fo notare primieramente che è impossibile ad accadere che in {41 [41]} controversia di fede o di morale tutti i vescovi del mondo o dispersi o raccolti siano discordi dal papa, oppure, ciò che è lo stesso, è impossibile a succedere che in sifatte questioni il giudizio del papa sia solo ed isolato, diverso da quello di tutti i vescovi. Un simile fatto non è ancora accaduto dacchè è la Chiesa, nè accadrà mai, perchè contrario alle promesse di Gesù Cristo. Il solo caso possibile e talvolta avvenuto si è quello di vedere il pontefice con un numero di vescovi da una parte, ed un numero di vescovi senza il pontefice dall'altra; ma il caso supposto nè avvenne, nè avverrà.

            Tom. Ma supposto che avvenisse, a quale delle due parti si darebbe la preferenza?

            Prev. Supposto che ciò avvenisse, ti dico chiaro e netto che ognuno dovrebbe dare la preferenza al papa, e al suo giudizio pienamente assoggettarsi. La ragione di questo è forte e incontrastabile. Imperocchè Gesù Cristo ha dato al papa sì grande autorità, {42 [42]} che egli nella Chiesa può fare da sè senza aver bisogno di dipendere da chicchesia; gli diede tali poteri che lo rendono da più che tutti i vescovi insieme. Difatto Gesù Cristo fra i dodici apostoli parlò a s. Pietro in particolare; lui solo e non altri costituì pietra fondamentale della sua Chiesa; a lui consegnò le chiavi del suo regno, come ad unico padrone di casa; diede a lui in particolare e separatamente dagli altri apostoli la potestà di sciogliere e di legare, cioè di perdonare o condannare, di comandare o proibire quanto e come avesse creduto meglio, assicurando ad un tempo che i suoi giudizi, i suoi atti sarebbero stati confermati in Cielo. A s. Pietro soltanto diede l'incarico di pascolare gli agnelli e le pecore, cioè i fedeli tutti non esclusi i pastori; lui solo munì del dono dell'infallibilità, dicendo che la sua fede non sarebbe venuta meno; e perciò ancora a lui solamente raccomandò di conservare e confermare nella medesima i suoi fratelli, confirma fratres {43 [43]} tuos. Tutti questi poteri e privilegi siccome sono stati da Gesù Cristo conceduti a s. Pietro per l'unità e solidità della sua Chiesa, pel bene di tutti i fedeli, così dovettero trasmettersi ai suoi successori, che sono i papi, e questa trasmissione da un papa all'altro deve farsi finchè duri la Chiesa stessa, finchè vi siano degli uomini da salvare, cioè fino alla fine del mondo. Laonde tu vedi che il papa anche da solo gode tale e tanta autorità da poter fare senza dipendere da alcuno; ciò che non può dirsi nè farsi non solamente da qualcuno de'vescovi, ma nemmeno da tutti riuniti insieme; e perciò ripeto che nel caso di disparità di giudizio tra i vescovi e il papa sì deve dare la preferenza al papa.

            Tom. Mi scusi, signor prevosto, ma questo mi pare un po'troppo, perchè in fin dei conti se i papi sono successori di Pietro, ed eredi perciò dei suoi poteri, i vescovi sono alla loro volta successori degli apostoli ed eredi pur anche dei loro diritti e prerogative. {44 [44]} Ciò posto, a me sembra di avere udito a dire che Gesù Cristo diede anche al collegio apostolico la potestà di sciogliere e di legare, e gli fece pur molte promesse. Promise per esempio che sarebbe sempre stato con loro; promise lo Spirito Santo, il quale avrebbe loro insegnato tutte le verità. Non è egli vero? Dunque si deve dire che in autorità se tutti i vescovi insieme non sono da più, sono almeno uguali al papa.

            Prev. Si, Gesù Cristo diede anche a ciascuno degli apostoli la potestà di sciogliere e di legare; fece pure al collegio apostolico, che rappresentava la Chiesa insegnante, delle grandi promesse; ma ciò non ostante non si può dedurre che i vescovi successori degli apostoli siano superiori od eguali al papa. Per ben comprendere questo bisogna badare a queste quattro cose:

            1° Gesù Cristo non diede agli altri apostoli la facoltà di sciogliere e di legare se non quando l'ebbe già conferita separatamente e con pienezza al solo Pietro, e ciò per indicare {45 [45]} che per l'unità della Chiesa il potere degli altri egli assoggettava a quello di Pietro.

            2° Quando Gesù Cristo diede tale potere agli altri, apostoli vi era pure s. Pietro, il quale perciò, oltre di avere ricevuto una speciale potestà quale capo supremo, ne ricevette pur un'altra comune a tutti, e per questa ragione Pietro fu papa e vescovo. Papa per la potestà ricevuta da sè solo come pastore di tutti; vescovo per quella ricevuta cogli altri apostoli.

            3° Le promesse che Gesù Cristo fece di sempre essere cogli altri apostoli sino alla fine del mondo, e l'assistenza e l'inspirazione dello Spirito Santo loro divinamente assicurate, riguardano tutto il collegio apostolico, dal quale perciò non si può escludere s. Pietro, che n'è uno dei membri, anzi membro principale pei pieni poteri ricevuti da solo a preferenza di tutti gli altri apostoli. Vi ha di più: le promesse della divina assistenza e dell'infallibità sono fatte agli altri apostoli solo in quanto che essi sono {46 [46]} uniti a Pietro, già prima nominato capo e pastore universale. Difatto Gesù Cristo assicurò questa infallibilità prima al solo Pietro, e perchè? perchè si conoscesse che il papa era il mezzo col quale comunicavasi l'infallibilità alla Chiesa tutta.

            4o Il potere ricevuto dagli altri apostoli non toglie nè diminuisce punto nè poco il potere che Pietro ricevette individualmente; nè le promesse fatte agli altri distruggono quelle fatte a Pietro solo, poichè altrimenti si dovrebbe dire che Gesù Cristo contradisse a se stesso, fece e disfece, ciò che nemmeno immaginare si può in un Uomo-Dio. Capisci questo?

            Tom. Fin qui capisco; ma che cosa vuole ella dedurre da tutto ciò?

            Prev. Voglio dedurre che siccome gl'apostoli sebbene uniti d'ampio potere, tuttavia uno per uno non potevano vantarsi di avere nè maggiore, nè eguale autorità di Pietro, così ciascuno dei vescovi loro successori non può dire di godere nè maggiore autorità del papa; voglio dedurre che {47 [47]} siccome gli apostoli presi anche tutti insieme, ma senza di Pietro, non potevano dire di formare il collegio apostolico, ossia il corpo insegnante, da Gesù Cristo protetto, dallo Spirito Santo assistito ed inspirato, così nemmeno tutti i vescovi insieme, ma senza il papa, possono dire di formare la Chiesa insegnante, da Gesù Cristo e dallo Spirito Santo assistita ed inspirata; voglio dedurre che nel caso impossibile che tutti i vescovi da una parte, e il papa solo dall'altra dessero in materia di fede e di morale un giudizio diverso, si dovrebbe da tutti i cristiani dare la preferenza al giudizio del papa, e a lui colla mente e col cuore sottomettersi. Perciò anche tutti i vescovi insieme non sono nella potestà nè superiori, nè eguali al papa, della Chiesa tutta unico capo supremo e sommo pastore.

            Tom. Ma in questo caso potremmo noi essere ben sicuri che la verità stia dalla parte del papa? Non si potrebbe egli temere che non i vescovi, ma il papa sbagliasse? {48 [48]}

            Prev. Noi potremmo essere sicurissimi che la verità starebbe dalla parte del papa, perchè è bensi possibile che sbaglino i vescovi quando non sono col papa uniti, ma è impossibilissimo che nelle cose di fede o di morale sbagli il papa quantunque da solo. Le parole di Gesù Cristo non possono mancare perchè parole di un Dio. Or Gesù Cristo disse a s. Pietro e nella sua persona disse a tutti i suoi successori nella sede di Roma: «Tu sei Pietro, e sopra questa pietra io fabbricherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non la potranno vincere[15].» Intendi? Le porte, ossia le potenze, le forze dell'inferno, fra le quali tiene il primo posto l'errore e la menzogna, non potranno giammai prevalere contro la Chiesa; ma perchè? perchè fondata sopra del papa. Ma se il papa sbagliasse in cose di fede allora sarebbe come se mancasse il fondamento, e {49 [49]} perciò cadrebbe l'edifizio, ossia cadrebbe la Chiesa istessa, la quale in queste caso superata, si dovrebbe dire vinta dalle porte infernali. Ora è egli ciò possibile dopo le solenni promesse di Gesù Cristo? No di certo. È adunque impossibile che il papa in materia di fede insegni l'errore, come è impossibile che Gesù Cristo mentisca, o sia incapace a mantenere le sue promesse.

            In oltre Gesù Cristo stabilì il papa quale supremo pastore della Chiesa, affidando alla sua cura gli agnelli e le pecore: «Pascola i miei agnelli, gli disse, pascola le mie pecore,» cioè istruisci, ammaestra gli uni e gli altri. Ora se il papa in materia di dottrina o per ignoranza o per malizia sbagliasse, allora condurrebbe gli agnelli e le pecore a pascoli nocivi, a pascoli che invece della vita darebbero loro la morte. Ma può egli supporsi che Gesù Cristo, il quale per le sue pecorelle, ossia per le sue anime diede il sangue e la vita, abbia loro stabilito un pastore che potesse porle {50 [50]} a siffatto pericolo? No certamente, perchè questo è contrario alla bontà di Gesù Cristo, e al fine che si prefisse nel dare i pieni poteri ad un solo; fine che fu di mantenere Dell'unità i suoi discepoli, di provvedere con maggiore sicurezza alla salute di tutti. Laonde dobbiamo di necessità ammettere che Gesù Cristo colla pienezza dei poteri ha pure dato al papa il dono dell'infallibilità, e ciò sia per togliere a lui ogni ansietà nel timore di poter errare, sia per eccitare tutti gli uomini, gli stessi pagani, gli eretici, i fedeli tutti a lasciarsi con piena fiducia da lui guidare nella via della salute, a lui ubbidire con prontezza, e così formare quella ammirabile unità, che egli per tutti nell'ultima cena domandava al Padre celeste con queste divine parole: «Che essi siano tutti una sola cosa, come tu sei in me, o Padre, e io in te, che sieno anch'essi una cosa sola in noi, onde creda il mondo, che tu mi hai mandato. Nè io prego solamente per questi, ma {51 [51]} anche per coloro, i quali per la loro parola crederanno in me[16]

            Questa infallibilità dottrinale concessa al papa apparisce ancora più chiaramente dalle parole che Gesù volse a Pietro quando gli comandò di confermare nella fede gli altri apostoli suoi fratelli: «Simone, Simone, gli disse Gesù Cristo, ecco che Satana va in cerca di voi per vagliarvi, come si fa del grano; ma io ho pregato per te, affinchè non venga meno la tua fede[17].» Quindi siccome è impossibile che la preghiera di Gesù Cristo non sia stata esaudita, così è impossibile che la fede di Pietro e de'suoi successori possa mancare insegnando l'errore. Noi pertanto diciamo che il papa è infallibile per tre speciali ragioni:

            1° Perchè è pietra fondamentale della Chiesa, la quale non potrà essere vinta nè finire giammai: et portae inferi non praevalebunt, così Gesù {52 [52]} Cristo; e l'angelo a Maria già aveva detto: «e il suo regno non avrà fine; et regni eius non erit finis

            2° È infallibile perchè stabilito giudice e maestro universale di tutti gli uomini: Quodcumque ligaveris super terram erit ligatum et in coelis; pasce agnos meos, pasce oves meas. Se il papa fosse fallibile potrebbe pronunziare sentenze ingiuste, e ciò non può essere; se fosse fallibile potrebbe insegnare l'errore agli uomini, e invece di condurli al Cielo strascinarli all'inferno, e questo è assurdo.

            3° Il papa è infallibile perchè Gesù Cristo pregò per la sua infallibilità, e perchè gli comandò di ammaestrare gli stessi vescovi, confirma fratres tuos. Se fosse fallibile dovremmo dire che Gesù non fu esaudito, e ciò è una bestemmia; se fosse fallibile si dovrebbe dire che Gesù pose il papa nel pericolo di ingannare gli stessi pastori delle anime, questo è orribile a dirsi. Essendo adunque così le cose, tu vedi, mio caro Tommaso, che nel caso da te supposto noi potremmo essere {53 [53]} sicurissimi che seguendo il giudizio del papa non la sbaglieremmo, perchè dalla sua parte starebbe la verità, e non da quella dei vescovi tutti.

            Tom. Ma dunque vuole ella dire che un'assemblea di vescovi dotti e santi, solo perchè non uniti al papa, cada in errore? A confessarle il vero, questa non mi può ancora entrare.

            Prev. Io non voglio già dire che una tale assemblea, solo perchè disgiunta dal papa, cada in errore; voglio solamente asserire che vi potrebbe cadere, e si dovrebbe dire esservi difatto caduta quando il suo giudizio fosse in materia di fede contrario alla sentenza del romano pontefice. Qualunque assemblea di vescovi per quantunque dotti e pii, non può attribuirsi il dono dell'infallibilità, perchè questo dono fu solo promesso da Gesù Cristo alla sua Chiesa fondata ed unita con Pietro, cioè col papa. Perciò ancorchè una tale assemblea nelle sue decisioni non cadesse realmente in errore sarebbe per altro sempre nella possibilità di cadervi, {54 [54]} perchè essendo senza capo visibile non costituirebbe la Chiesa fondata da Gesù Cristo. Ora anche la sola possibilità di fallire genera il timore che abbia fallito, e quindi sfiducia nei fedeli, i quali più non sarebbero sicuri di credere la verità e non l'errore. Ma un tale timore, una tale sfiducia per le surriferite ragioni aversi non si può nel credere alla parola del papa, sia egli unito coi vescovi, sia egli solo.

            Tom. Ma col dire questo non si fa egli un torto all'intiero episcopato?

            Prev. No, perchè questa è la pura verità, e il dire la verità non fa mai torto a nessuno; anzi devi sapere che i vescovi si sono sempre gloriati e tuttora si gloriano di proclamare l'infallibilità del papa ed hanno sempre creduto che eglino per godere di sifatto privilegio hanno bisogno di essere uniti con lui, e al suo giudizio conformare i giudizi loro. I vescovi sanno che il papa ha ricevuto il comando di pascere, reggere anche le pecore, e di confermare i suoi fratelli, {55 [55]} che sono essi medesimi. L'episcopato sa che senza il papa egli è come un corpo senza capo; sa che senza il papa non si può costituire quella Chiesa, colla quale Gesù Cristo disse che si sarebbe trovato presente sino alla fine del mondo assistita, inspirata dallo Spirito Santo. Avendo Gesù Cristo posto il papa per pietra fondamentale della Chiesa, i vescovi sanno perciò che essi senza di lui, non formerebbero che una casa senza fondamenta, una casa che potrebbe rovinare da un momento all'altro, e schiacciare quanti vi si trovassero. Sanno i vescovi ciò che disse s. Ambrogio che «là è la Chiesa dove è il Papa, ubi Petrus ibi Ecclesia[18];» sanno ciò che diceva s. Girolamo fin dal quarto secolo scrivendo al papa s. Damaso: «Io sono unito con vostra Santità, vale a dire colla Cattedra di s. Pietro: io so che sopra di questa pietra fu edificata la Chiesa: chi non raccoglie con voi, {56 [56]} disperde[19].» Sanno i vescovi che i padri del concilio niceno pregarono il papa s. Silvestro che si compiacesse di confermare quello che essi avevano stabilito; sanno che i seicento vescovi radunati in Calcedonia nella lettera sinodica che scrissero al papa s. Leone lo chiamano successore di Pietro, e loro capo, pregandolo che coi suoi decreti confermi il loro giudizio. Anche oggidì i vescovi conoscono appieno queste cose ed altre, e quindi hanno sempre creduto e credono tuttora che tutto il loro onore, la loro forza, la loro infallibilità viene loro comunicata dal papa, e di'ciò non che adontarsi si gloriano. Una bella prova ne diedero al regnante Pio IX in Roma 1'anno 1867 circa cinquecento vescovi nell'occasione del centenario di s. Pietro. Essendo essi un giorno tutti raccolti in una grande cappella, allorchè videro presentarsi il papa, tutti ad un tratto piegano il ginocchio e ripetono ad una voce {57 [57]} Tu es Petrus, che è quanto dire: Tu, che vieni a noi, rappresenti la persona di s. Pietro, successore di lui nel governo della Chiesa universale, colla medesima autorità di sciogliere e di legare, di reggere ed insegnare con parola infallibile al pari di quella del Principe degli apostoli; potestà e dono che egli ricevette, da Gesù Cristo e da trasmettersi ai suoi successori sino alla fine del mondo. I vescovi e il papa alla vista di questo sì religioso spettacolo furono commossi sino alle lagrime.

            Tom. Le sue ragioni mi ci sono entrate. Ma è poi verità di fede che il papa anche quando definisce da solo sia infallibile?

            Prev. È verità di fede che la Chiesa insegnante, cioè i vescovi uniti col papa nelle decisioni riguardanti la religione e i costumi sono infallibili. È pure verità di fede che il papa è successore di s. Pietro, il vicario di Gesù Cristo, il capo visibile di tutta la Chiesa, il maestro e padre di tutti i cristiani, e che a lui nella persona {58 [58]} di Pietro fu dato dal N. S. G. C. pieno potere di pascere, reggere e governare la Chiesa universale. Così è stato definito dal concilio generale di Firenze l'anno 1439, e quindi chi negasse anche una di queste verità sarebbe eretico.

            Riguardo poi alla dottrinale infallibilità del romano pontefice, questa sebbene certa e certissima tuttavia non fu ancora dichiarata dogma di fede; e si spera, e da tutti i buoni cattolici si fanno voti ardenti, che per tale venga definita nel prossimo concilio ecumenico, così a gloria di Dio e della sua Chiesa, a sicurezza e a consolazione dei buoni, si fregi di nuova e più bella gemma la fronte veneranda del successor di Pietro[20]. {59 [59]}

            Tom. Ma di grazia, sig. prevosto, non è forse mai avvenuto che qualche Papa abbia... Mi pare di aver udito che qualcuno sia...

            Prev. Che qualche Papa abbia... che qualche Papa sia... ma su, di'tutto; io non ti capisco.

            Tom. Indovini, e dica lei.

            Prev. Vuoi forse dire che qualche Papa abbia sbagliato in materia di fede? che qualcuno sia caduto in errore?

            Tom. Per lo appunto; ha proprio indovinato. Non osava dire tutto io, perchè per la grande stima che ho pel sommo pontefice mi ripugnava il profferire queste parole. {60 [60]}

            Prev. Bravo, Tommaso; da questo tuo ritegno conosco veramente che tu hai un cuore pieno di sentimenti cattolici. Sta dunque di buon animo, poichè io sono in grado di affermarti che nessun papa come papa, cioè quando parla, come dicono, ex cathedra, quale maestro dei cristiani, nessun papa, dico, da s. Pietro sino al regnante Pio IX, nè per ignoranza, nè per malizia, ha mai insegnato il minimo errore; e di ciò noi cattolici siamo così sicuri che sfidiamo tutti i nemici dell'infallibilità a portarci anche una sola prova in contrario. È vero che per lo passato alcuni malevoli da qualche fatto oscuro o stato a bella posta oscurato, pretesero dedurre che alcuni papi, come Liberio, Onorio, avevano errato in materia di fede; ma dal progresso della scienza, dalla pazienza di dotti ingegni fu in seguito messa in chiara luce la verità, ed oggidì chiunque asserisce il contrario si mostrerebbe o ignorante o malizioso.

            Tom. Questo mi consola; ma si può egli egualmente negare che alcuni {61 [61]} Papi non fossero molto buoni? Con una vita poco esemplare, come si può conciliare l’infallibilità.

            Prev. Caro mio, non confondiamo una cosa coll'altra. Gesù Cristo non promise già al suo vicario l'impeccabilità, cioè a dire, non disse già ch'egli non avrebbe potuto peccare, ma che non avrebbe giammai in materia di fede e di morale ingannato, insegnando il falso o l'illecito. Ciò premesso, io dico che sebbene alcuni papi possano aver peccato nella loro vita privata, ti fo tosto notare che il loro numero è assai limitato. Gli stessi nemici della nostra religione non ne contano che da otto a dieci. Ma che cosa sono otto o dieci nel lungo catalogo di 260 pontefici, nel corso di diciotto e più secoli? E bada che tra i papi se ne trovano oltre ad ottanta annoverati fra i martiri e fra i santi; ed anche quei poco degni furono messi sul trono papale per gli intrighi di fazioni, o per le violenze di alcuni principi, i quali non lasciarono libera la elezione del romano pontefice. {62 [62]}

            - La seconda cosa poi che voglio farti notare si è che nessuno anche di quei pochi ha mai commesso il più piccolo errore nelle definizioni in materia di fede e di morale. Perciò la vita biasimevole che si vuole attribuire ad alcuni, invece di provare contro la infallibilità dottrinale del papa è piuttosto una prova luminosissima in favore della medesima; è una prova lampante che Gesù Cristo mantenne ognora la sua parola e la manterrà qualunque sia il suo vicario. Sicchè il passato ci è garante dell'avvenire, e noi fiduciosi nelle divine promesse possiamo fin d'ora proclamare altamente che sino a tanto che durerà la Chiesa, Gesù Cristo non permetterà giammai che il supremo pastore proponga o indichi alle pecore pascoli nocivi od avvelenati, quali appunto sarebbero gli errori in fatto di fede o di morale proposti ai cristiani.

            Tom. Deo gratias! Ora sono contento. L'assicuro, sig. prevosto, che le sue parole hanno raddoppiato la stima che già aveva del sommo pontefice. {63 [63]} Oh! sì, per l'avvenire sarò ancor io pronto non solamente a credere l'infallibilità del papa, ma a difenderla pur anco colle parole e coi fatti, e se facesse d'uopo, anche colla vita stessa. Ora vorrei che ritornassimo sul nostro concilio, dal quale, per verità, ci siamo alquanto allontanati, lasciandolo dietro. Mi dica dunque: quando è che un concilio generale si può tenere per infallibile?

            Prev. Da quanto ho detto più sopra tu puoi facilmente ricavare che un concilio generale è infallibile quando unitamente e sotto l'approvazione del papa definisce che questa o quell’altra verità è rivelata da Dio, o dichiara che questa o quell'altra azione è lecita o illecita, conforme oppure ripugnante alla legge eterna di Dio. Da siffatte definizioni quelle verità sono elevate al grado delle verità di fede, cioè dichiarate vengono comprese nella divina rivelazione, e la sentenza del concilio così confermata dal papa riguardasi quale sentenza dello Spirito Santo, ed è sentenza infallibile. Per {64 [64]} esempio: sorge una questione. Gli uni dicono che il negare obbedienza, anzi il ribellarsi ai principi legittimi è cosa lecita; gli altri asseriscono il contrario. Si convoca un concilio e i vescovi sotto la presidenza del Papa e colla sua approvazione sciolgono il dubbio, e pronunziano che il ribellarsi ai principi legittimi è un'azione contraria alla legge divina, e un'azione malvagia e scellerata. Siffatto giudizio è infallibile, e quindi risulterà che è verità rivelata da Dio, che si debba stare soggetti ai principi ed ubbidire loro in tutto ciò che non è peccato.

            Tom. Ma se le definizioni dei concili ecumenici sono infallibili, dobbiamo dire che essi possono formare dei nuovi dogmi, accrescere il numero delle verità della fede. In questo caso sì che staranno freschi i nostri posteri. Prima che sia la fine del mondo i cristiani si troveranno in obbligo di credere ad un numero sterminato di verità di fede, numero che andrà crescendo di mano in mano che i Papi ed i concili daranno fuori delle definizioni.

            Prev. Ah! ah! ragazzo, tu mi fai ridere. Si vede che sa di ciò non hai ancora le idee giuste. Sappi adunque che i concili colle loro definizioni non creano delle verità di fede; ma solo dichiarano quelle che sono già state rivelate da Dio, mettendole in bella luce, e fuori di ogni controversia; dichiarano cioè se questa o quell'altra verità, che viene ancora negata o messa in dubbio, fu da Dio rivelata, se si trova nella sacra Scrittura o nella divina Tradizione, oppure no; e se si tratta di questione di morale, i concili dichiarano, secondo i principii della legge divina ed eterna, se una azione sia lecita od illecita. Mi spiegherò meglio con un fatto solenne avvenuto ai tempi nostri. Nel 1854 agli 8 di dicembre tu sai che fu definita l'Immacolata Concezione di Maria, nostra Madre celeste. Ma prima di questa solenne definizione questa verità già si trovava nella Chiesa, e dai cristiani già si credeva con trasporto di gioia; anzi da più secoli si era già stabilita la festa dell'Immacolata {66 [66]} Concezione, in vari paesi eransi già erette compagnie in onore di Maria Immacolata, e le intere università facevano voto di credere, professare, difendere questa dottrina sebbene fosse dalla santa Chiesa ancora lasciata libertà di crederla o non crederla. Che cosa dunque ha fatto il Papa Pio IX circondato da una parte dei vescovi del mondo? Non creò già una nuova verità di fede, non fece un'aggiunta al deposito delle verità già rivelate, ma solamente dichiarò che la dottrina la quale tiene che la gran Madre di Dio sia stata preservata immune dalla macchia originale, è dottrina rivelata da Dio, e in pari tempo comandava che d'allora in poi ogni cristiano per tale la credesse e la professasse. Ascolta le parole del decreto di questa definizione ed intenderai sempre meglio, come la santa Chiesa colle sue definizioni non crea nuovi dogmi, ma pone solo in chiara luce quelle verità, che sono già da Dio rivelate. «Coll'autorità del N. S. G. C, così il Papa, dei beati apostoli {67 [67]} Pietro e Paolo, e coll'autorità nostra, Noi dichiariamo, pronunziamo, definiamo che la dottrina (attento neh! Tommaso), la quale tiene che la Beatissima Vergine Maria, fin dal primo istante della sua Concezione, fu per grazia e singolare privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, preservata da ogni macchia di colpa originale, è dottrina rivelata da Dio, e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli...» Hai inteso?

            Tom. Sì, benissimo; ho inteso che nei concili non si fanno nuove aggiunte alla Rivelazione; ho pur compreso e mi son persuaso come i concili devono essere infallibili. Difatto, ascolti, se dico bene: Siccome Gesù Cristo ha promesso la sua divina assistenza alla Chiesa insegnante, e disse che lo Spirito Santo le avrebbe suggerito tutte le verità, sicchè errare non potesse nei suoi insegnamenti; e siccome i vescovi uniti al Papa, cioè in un concilio generale costituisce appunto {68 [68]} questa Chiesa insegnante, ne conseguita necessariamente che le decisioni di un siffatto concilio debbano essere infallibili, e le verità da lui proposte verità di Dio, poichè la parola di Gesù Cristo non può mancare: Coelum et terra transibunt, verba autem mea non praeteribunt.

            Prev. Bravo! Si vede che hai studiato il latino; ma a proposito, sapresti dirmi il significato di queste parole?

            Tom. Signor prevosto, dubita della mia abilità? Ascolti dunque se non le traduco bene: «Mancheranno il cielo e la terra, ma non mancheranno le mie parole.»

            Prev. Ottimamente, e me ne rallegro con te. Si, passerà il cielo e la terra, ma non sarà mai che nè il papa, nè un concilio ecumenico vengano ad insegnar un errore. È questa una verità che Gesù Cristo volle rafforzata per ogni parte. Gesù ci parla egli del fondamento sopra cui vuole stabilita la sua Chiesa? Ebbene egli ci fa sapere che il suo fondamento è {69 [69]} una rocca, una pietra, una montagna incrollabile; sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa: Super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam. Parla egli dei nemici che da tutte parti l'assaliranno? E subito annunzia che nè coll'astuzia, nè colla violenza, nè colla scienza, nè coll'ignoranza mai giungeranno a prevalere contro di essa: Portae inferi non praevalebunt adversus eam. Se discorre degli aiuti da cui la sua Chiesa sarà sostenuta, ci dice che egli «sarà con lei presente tutti i giorni sino alla fine del mondo,» ed aggiunge che ella avrà per anima lo Spirito Santo, il quale le insegnerà ogni verità: Docebit vos omnem veritatem. Quando viene a descrivere la costanza immobile di questa Chiesa nelle sue veraci dottrine egli ci fa dire dal suo apostolo Paolo che questa Chiesa «è il tempio di Dio vivo, la colonna ed il sostegno della verità: templum Dei vivi, columna et firmamentum veritatis. Se ci vuol mettere innanzi la bellezza che in lei risplende, appunto perchè sempre {70 [70]} immune dall'errore, egli ci dice che essa «è senza macchia o ruga di sorta, ma tutta bella ed immacolata.» Insomma si può dire che nella sacra Scrittura non si trovi verità più sodamente provata quanto l'infallibilità della Chiesa di Gesù Cristo. Ciò posto io dico: Se la Chiesa fu costituita da Gesù Cristo in modo che non possa mai fallire, e se un concilio ecumenico presieduto e confermato dal Papa è appunto questa Chiesa insegnante; dunque è d'uopo conchiudere che un siffatto concilio è infallibile, perchè come ben dicevi: «Mancheranno il cielo e la terra, ma non la parola di Gesù Cristo.» Intanto vedi che dolce consolazione per noi cattolici! Sapere con certezza che quello, che noi crediamo ed ascoltiamo dal Papa o dalla Chiesa, è vero come è vero Dio stesso. Oh! ringraziamo questo buon Dio di averci fatti nascere in questa Chiesa, e mostriamoci sempre figli sottomessi ed ubbidienti.

            Tom. Signor prevosto, vorrei ancora che mi dicesse se noi siamo in {71 [71]} coscienza strettamente obbligati a sottometterci alle decisioni e alle leggi di un concilio; perchè ho udito a dire da taluni che queste non obbligano se prima non sono state promulgate, o approvate, o almeno acconsentite dalla potestà civile.

            Prev. Veramente ne hai udite delle grosse! Povero giovane! Se tu non avessi avuti buoni principii di religione, a quest'ora avresti già perduta la fede, come ha fatto tanta gioventù infelice. Ti rispondo adunque che siamo obbligati in coscienza a sottometterci alle decisioni di un concilio generale e alle sue leggi; così che chiunque fra i cristiani ricusasse di credere per rivelata da Dio una verità, che come tale venne dichiarata da un concilio ecumenico, diventerebbe eretico; e si farebbe scismatico chi ricusasse obbedienza alle leggi stabilitevi. Sì, siamo obbligati assoggettarci alle definizioni e alle leggi di un concilio generale, perchè definizioni e leggi di quella Chiesa, alla quale Gesù Cristo ci comandò di ubbidire, {72 [72]} e disse che se qualcuno le avesse negato ubbidienza fosse tenuto per un gentile ed un pubblicano, cioè per un membro che a lei più non appartenesse: Si Ecclesiam non audierit, sit tibi sicut ethnicus et publicanus[21]. Laonde noi vediamo che fin dai tempi apostolici i cristiani venivano obbligati a sottomettersi alle decisioni e alle leggi fatte dal concilio di Gerusalemme. Si legge infatti che dopo la celebrazione di quel concilio Paolo e Sila fecero il giro della Siria e della Cilicia «comandando (capisci? comandando, praecipiens) ai fedeli che osservassero gli ordini degli apostoli e dei sacerdoti[22].» Questo obbligo di sottomettersi all'autorità dei concili generali fu sempre così universalmente ammesso che fin dai primi secoli della Chiesa una tale sottomissione fu adoperata quale un segno per distinguere i veri fedeli dagli eretici; e ancora oggidì ai protestanti che tornano {73 [73]} in seno alta Chiesa cattolica si domanda se credono e si sottomettono alle decisioni del concilio tridentino.

            È poi un errore madornale il dire che le leggi della Chiesa non obbligano in coscienza i fedeli di uno stato, se non quando esse sono state promulgate, o approvate o acconscentite dalla potestà civile. Ed affinchè tu ben te ne persuada, dimmi di grazia; affinchè le leggi e i comandi di Dio obblighino i cristiani di uno stato, è forse necessario che queste leggi e questi comandi vengano prima approvati ed acconsentiti dalla potestà civile che vi presiede? Può ella la civile potestà col negare la sua approvazione togliere la forza, l'obbligazione di queste leggi divine? dimmi su, che te ne pare?

            Tom. A me pare di no; perchè se una simile condizione fosse necessaria bisognerebbe dire che la potestà civile negando la sua approvazione ai dieci comandamenti potrebbe con ciò togliere loro la forza di obbligare, la qual cosa è assurda. Iddio non è {74 [74]} soggetto a nessuno; egli è il Signore di tutti; egli è padrone di comandare e di proibire ciò che vuole, quando vuole, dove vuole e a chi vuole, ed ai cenni suoi gli uomini tutti debbono chinare la fronte ed ubbidire senz'altro.

            Prev. Propriamente così, bravo! Veggo con piacere che hai spirito, e già approfittasti delle mie istruzioni. Applica ora la tua assennata risposta al caso nostro. La Chiesa, sia radunata in concilio, sia dispersa sulla terra, fa quaggiù cogli uomini le veci di Dio; proibisce e comanda a nome di lui, ed, assistita come è, da Gesù Cristo e dallo Spirito Santo, la sua voce è voce di Dio stesso. Quindi ne deriva per legittima conseguenza che le leggi sue come quelle di Dio appena da lei pubblicate e conosciute obbligano in coscienza ogni cristiano, senza bisogno di ulteriore approvazione da chicchesia. Nel caso poi, che un potere civile qualsiasi colla forza impedisse l'osservanza delle leggi ecclesiastiche, allora, se la trasgressione {75 [75]} di queste leggi non intacca il dogma o i principii di morale, allora, dico, i cristiani non potendo esternamente osservarle, oppure non potendolo senza grave incomodo, sarebbero dalla Chiesa, madre benigna, dispensati da tale obbligo; ma ciò non ostante resterà pur sempre vero che queste leggi per obbligare in coscienza non avrebbero bisogno di altra approvazione, e perciò appena cessata la violenza, ogni cristiano si troverebbe nel dovere di osservarle. Se poi la violazione di queste leggi venisse ad intaccare la fede o la morale, in questo caso, se per osservarle si dovesse pur anche incontrare la morte, bisognerebbe armarsi del coraggio degli apostoli, e dire: «Voi ci potrete togliere la vita, ma non la fede[23]

            Tom. Sì, così farei ancor io, e mi stimerei felice.

            Prev. Finora io ti parlai dell'infallibilità, {76 [76]} dell'autorità del concilio generale, del rispetto ed ubbidienza che dobbiamo alle sue decisioni. Prima per altro di terminare questa nostra conversazione voglio ancora farti vedere che quanto ti dissi è tenuto per vero anche dai nemici della Chiesa cattolica, da coloro cioè che per professione dovrebbero essere avversi ai concili, e invece ne fanno gli elogi.

            Tom. Oh! bella! mi piacerebbe non poco di udire ciò che ne dicono costoro. Le lodi date dai nemici sono assai preziose.

            Prev. Ascolta dunque. Lutero, capo del protestantismo, dopo aver gettato il disprezzo sui concili della Chiesa, fu poscia costretto a fare in loro favore questa bella confessione: «Se il mondo non si sfascia ben presto, vedrete che attesa la diversità delle interpretazioni della Bibbia, e nell'interesse dell'unità religiosa, sarà necessario che noi ricorriamo nuovamente ai decreti dei concili[24].» - {77 [77]} Parimenti Leibnitz uno dei più dotti protestanti, e grande filosofo, disse queste preziose parole: «Non v'ha nulla al mondo di più rispettabile, che la decisione di un concilio veramente ecumenico.»

            Tom. Costui ne parla così bene che meglio non potrebbe fare un cattolico. Ma per Bacco! Potevano bene costoro ascoltare la voce di questi concili, abbracciarne la fede, ritornare in seno alla Chiesa cattolica; invece... povera gente!

            Prev. Eh! caro mio, guai se s'incomincia a chiudere il cuore alla grazia di Dio! Così fra gli altri ha fatto il dotto Leibnitz. Egli vide la verità e seguì l'errore.

            Dopo costoro ascolta un certo Hoffman: «I decreti dei concili sono nella Chiesa cattolica riguardati come inspirati dallo Spirito Santo, e le loro decisioni come altrettante verità divine.» - Un altro, Molan, parla così: «Quanto ai concili ecumenici, se Gesù Cristo è per tutti i secoli colla sua Chiesa, non ha mai potuto permettere {78 [78]} che in tali assemblee sia stata una decisione contraria alla fede.» - Pierre Leroux scrive: «La tradizione era incerta, ed i concili l'hanno spiegata; l'idea era dubbia, e i concili l'hanno formulata; opinioni contradittorie eransi elevate, ed i concili hanno scelta la vera. Il Cristianesimo non era che un germe, e crebbe pei concili. I quali afferrandosi alla Rivelazione furono essi medesimi rivelatori. E ciò è tanto vero che si conosce generalmente, e si accorda essere lo Spirito Santo disceso per la bocca dei concili.»

            Tom. Bravissimi! Costoro dissero precisamente quello, che V. S. mi spiegò questa sera. Così va bene; le costoro testimonianze sono proprio come il cacio sui maccheroni. Ora sono appagato. Altre cose avrei a dimandarle ancora; ma per questa sera può bastare così. Se il signor prevosto è contento, io ritornerò domani.

            Prev. Ti rivedrò volentieri. {79 [79]}

 

Conversazione III. Quanti sieno stati i concili generali; breve cenno di ciascuno.

 

            Tom. Signor prevosto, ho udito più volte a parlare ora di questo, ora di quell’altro concilio generale. Adesso desidererei che ella mi desse una notizia breve ma esatta di ciascuno.

            Prev. Aveva già divisato di ciò fare, parendomi questo per te aggradevole ed utile.

            Tom. Mi dica dunque quanti sono i concili ecumenici celebrati finora.

            Prev. Sul numero dei concili ecumenici sono varie le opinioni dei dotti; ma la più comune e quella che ne ammette diciannove, otto celebrati in Oriente, undici in Occidente.

            Tom. Quale fu il primo, da chi fu convocato, che cosa vi fu stabilito?

            Prev. Ti dirò una cosa dopo l'altra come di questo così degli altri.

            I. Il primo concilio generale è il {80 [80]} primo niceno, così detto perchè celelebrato in Nicea, città della Bitinia nell'Asia Minore, detta ora Isnik, e ridotta presso a poco ad un misero villaggio. Il concilio fu convocato dal papa s. Silvestro, aiutato in ciò dall'imperatore Costantino il grande. Fu celebrato specialmente per condannare gli errori di un certo Ario, eretico di Alessandria d'Egitto, il quale negava la divinità di Gesù Cristo, affermando che il divin Verbo, cioè il Figliuolo di Dio, non era eguale al Padre. A questo concilio il Papa presiedette per mezzo dei suoi legati. Non vi fu mai adunanza più veneranda di questa. I prelati che in numero di 318 la componevano erano santi personaggi, illustri per dottrina e miracoli, e parecchi portavano ancora le cicatrici delle piaghe ricevute per la fede nelle ultime persecuzioni di Diocleziano e di Licinio. Il concilio si aprì il 22 maggio l'anno 325, e vi assistette anche Costantino con tutta la pompa dell'imperiale maestà. In esso furono solennemente {81 [81]} condannati gli errori di Ario. Con argomenti convincentissimi, appoggiati alla sacra Scrittura e alla divina Tradizione, fu dichiarato che Gesù Cristo nella divina natura è eguale al Padre, vero Dio egli stesso, essendo una medesima sostanza con lui. Questo dogma fu espresso colla parola Consustanziale, che fu poi il segno distintivo dei Cattolici. Si formò quindi una solenne professione di fede, conosciuta sotto il nome di Simbolo niceno. I vescovi scomunicarono Ario e i suoi seguaci. A fine poi d'impedire che gli eretici non turbassero più oltre la Chiesa e lo Stato, l'imperatore condannò Ario e tutti i suoi partigiani alla pena dell'esiglio.

            Dopo alcun tempo Ario avendo finto di sottomettersi alle decisioni del concilio venne richiamato dall'esiglio, ma non tardò ad esser percosso dalla divina giustizia con una morte terribile[25]. {82 [82]}

            Oltre agli errori di Ario questo primo concilio condannò pure quelli dei Quartodecimani, i quali dicevano che la Pasqua dovevasi celebrare come gli Ebrei nel giorno decimoquarto della luna di marzo, e stabilì invece che questa solennità fosse celebrata nella prima domenica dopo il decimoquarto giorno della luna di marzo, come tuttora si pratica.

            Tom. Mi dica ora qualche cosa del secondo concilio ecumenico.

            II. Prev. Il secondo concilio ecumenico è il costantinopolitano primo, così chiamato per essere il primo tra gli ecumenici celebrati nella città di Costantinopoli. Diede occasione a questo concilio l'eresia di Macedonio, il quale a forza di raggiri erasi impadronito della sede di Costantinopoli. Gli Ariani intaccavano la divinità del Verbo: costui quella dello Spirito Santo. Era allora imperatore Teodosio il grande e reggeva la Chiesa il papa {83 [83]} s. Damaso. Questo dotto e santo pontefice, vedendo minacciata la fede, accordatosi col pio imperatore convocò un concilio in Costantinopoli, affinchè si combattessero gli errori colà, dove erano nati. Il concilio si radunò nel mese di maggio, l'anno 381, e v'intervennero 150 vescovi, tutti dell'Oriente. Furono condannati gli errori di Macedonio, si confermò il Simbolo niceno, al quale furono aggiunte le parole che riguardano la divinità dello Spirito Santo: Et in Spiritum Sanctum Dominum et vivificantem... qui cum Patre et Filio simul adoratur et conglorificatur, qui locutus est per prophetas[26]. Teodosio ricevette le decisioni del concilio come uscite dalla bocca dello stesso Iddio, e promulgò una legge per sostenerne i decreti. Sebbene questa adunanza sia stata composta soltanto di vescovi orientali, tuttavia l'approvazione che il {84 [84]} papa le diede di poi fece riconosere questo concilio come il secondo ecumenico.

            Tom. Ora mi dica qual è il terzo concilio generale.

            III. Prev. Il terzo concilio generale è l'efesino, così appellato perchè tenutosi in Efeso, città dell'Asia Minore, ora ridotta ad un meschino villaggio sotto ai Turchi. Questo concilio fu anche detto concilio di Maria per due ragioni. La prima perchè in esso si defini che Maria è veramente Madre di Dio; la seconda perchè fu tenuto in una chiesa dedicata a Maria. Fu Nestorio, vescovo di Costantinopoli, che co'suoi errori diede occasione di celebrare questo concilio l'anno 431. Codesto eresiarca sosteneva che in Gesù Cristo erano due persone, cioè due figliuoli, il figliuolo di Dio, ossia il Verbo, e il figliuolo dell'uomo, ossia il Cristo: e da questo primo errore ne deduceva un secondo, cioè che Maria Santissima non potevasi nè dovevasi punto chiamare madre di Dio, ma solamente madre di Gesù Cristo, non Deipara, ma {85 [85]} Christipara. Simili bestemmie scandalizzarono i Cristiani, e la prima volta che le udirono essi fuggirono di chiesa per non aver comunicazione con chi le aveva pronunziate. S. Cirillo, patriarca di Alessandria, venutone in cognizione, scrisse una lettera paterna a Nestorio, colla quale cercava di persuaderlo di desistere dall'empio errore: ma il superbo non solamente non si arrese, ma rispose al Santo con insolenza. Cirillo non si scoraggiò per questo, ma pieno di zelo per la fede, e di tenera divozione per Maria, scrisse al pontefice s. Celestino II, supplicandolo di provvedere a questi mali colla sua autorità suprema. Il pontefice si pose allora ad esaminare la questione, e trovata la dottrina di Nestorio erronea e affatto contraria a quella che la santa Chiesa aveva sempre insegnato, dapprima lo ammonì, poscia minacciò di scomunicarlo se non rientrava in sè stesso. Ma nulla valsero nè le preghiere nè le minaccie. Allora il santo Pontefice convocò un concilio generale in Efeso, e non potendolo presiedere in {86 [86]} persona, vi deputò fra gli altri lo zelante patriarca s. Cirillo. Il concilio si aprì il 22 giugno, e i vescovi accorsi furono circa 200. Gli errori di Nestorio vennero condannati. Fu definito che in Gesù Cristo vi è una sola persona, che è la divina, e la Santissima Vergine con grande giubilo di tutti i fedeli venne solennemente proclamata vera Madre di Dio. In occasione di questo concilio fu pure composta la seconda parte dell'Ave Maria, onde porgere così ai fedeli un mezzo facile per onorare e professare la divina maternità di Maria.

            Nestorio che non volle arrendersi fu scomunicato, e l'imperatore Teodosio il giovane lo esiliò in Egitto. Ivi assalito da una terribile malattia, il suo corpo si risolse in marciume, e quella lingua colla quale aveva bestemmiato la Madre di Dio, imputridì, e gli fu ancora vivente rosicchiata e consumata dai vermi. Oggetto di maledizione e di terrore egli moriva disperato nell'anno 436, cinque anni appena dopo la sua condanna. {87 [87]}

            Tom. Caro signor prevosto, queste notizie dei concili mentre mi istruiscono, mi fanno anche concepire più alta stima di nostra santa Religione. Si vede che fin dai primi tempi la santa Chiesa credeva quello che crede adesso; e non appena uno sorgeva ad insegnare il contrario, tosto lo condannava. E poi, da volere a non volere, è giuocoforza riconoscere la mano di Dio nella punizione degli eretici. Povero Ario, povero Nestorio! Pare che Iddio anche visibilmente abbia voluto confermare il giudizio della sua Chiesa, e la condanna da lei lanciata contro i nemici della fede. Ma passiamo ad altro. Che cosa ella avrebbe da dirmi intorno al quarto concilio ecumenico?

            IV. Prev. Molte e belle cose. Una nuova eresia circa il medesimo tempo della precedente venne a travagliare la Chiesa. Un monaco di nome Eutiche ne fu l'autore. Era costui superiore di un monastero vicino a Costantinopoli, ed essendosi levato con ardente zelo a combattere l'eresia di Nestorio, cadde disgraziatamente nell'errore {88 [88]} contrario. Nestorio aveva insegnato che in Gesù Cristo vi sono due nature e due persone: Eutiche per lo contrario ammise bensi una persona sola, ma eziandio una sola natura. Egli fu avvisato di questo errore dal vescovo di Costantinopoli s. Flaviano, ma invece di arrendersi si ostinò vie maggiormente, e si occupò a propagare i suoi spropositi, procurando perfino in un conciliabolo che s. Flaviano fosse messo a morte. Ciò saputo il papa s. Leone I, accordossi coll’imperatore Marciano e coll'imperatrice Pulcheria, piissima donna, e col loro appoggio convocò un concilio nella città di Calcedonia, ora Scutari, nella Bitinia sulle sponde del Bosforo. Questo è il quarto concilio generale, detto calcedonese dalla città in cui venne tenuto. Si aprì nel principio di ottobre del 451, e v'intervennero 600 vescovi. Il papa Leone vi presiedette per mezzo de'suoi legati. Onde rendere il dovuto omaggio al sacro consesso e al pontefice che lo aveva ordinato, v'intervennero pure l'imperatore e l'imperatrice. Fin da {89 [89]} principio si lesse una lettera di s. Leone che condannava l'eresia di Eutiche. Questa lettera fu approvata ad una voce: Noi tutti crediamo così, esclamarono i vescovi, Pietro ha parlato per bocca di papa Leone: sia scomunicato chiunque non crede così. Fu perciò condannato Eutiche e deposto un certo Dioscoro che lo aveva sostenuto recando grandi afflizioni alla Chiesa. Fu allora definito che vi sono in Gesù Cristo due nature, la natura divina e la natura umana, distinte fra di loro ed unite nella stessa divina persona. Vi si fecero pure 26 canoni, ossia decreti riguardanti l'ecclesiastica disciplina.

            Quello che fu assai mirabile in questo concilio si fu la grande venerazione esternata da tutti i vescovi verso il sommo pontefice. Egli fu da loro chiamato l'arcivescovo universale, l'universale patriarca, l’interprete della voce del b. Pietro. Terminato poi il concilio, i vescovi mandarono a pregare s. Leone che volesse degnarsi di confermare colla sua autorità apostolica quanto essi avevano decretato. {90 [90]}

            Tom. Questo ultimo atto conferma quanto ella mi disse ierisera, cioè che i vescovi conoscono essi medesimi che le loro decisioni in materia di fede non possono considerarsi per infallibili se non sono prima approvate e confermate dal papa. Quella esclamazione poi dei 600 vescovi: Pietro ha parlato per bocca di Leone, è una bella prova che il papa è vero successore di s. Pietro. Oh! si, viva il papa, grido ancor io, viva il successor di s. Pietro, viva il vicario di Gesù Cristo. Oh! io l'amo tanto il papa: e vorrei farlo amare da tutto il mondo.

            Udirei ora volentieri a parlare del quinto concilio genarale.

            V. Prev. Il quinto concilio generale è il costantinopolitano secondo, così detto perchè è il secondo tra gli ecumenici celebrati in Costantinopoli. Fu convocato dal papa Vigilio per l'affare dei tre Capitoli, i quali servivano di pretesto ai Nestoriani per autorizzare i loro errori. Il primo di questi Capitoli riguardava gli scritti e la persona di Teodoro di Mopsuesta, dal {91 [91]} quale Nestorio aveva attinto la sua falsa dottrina; il secondo riguardava gli scritti di Teodoreto, vescovo di Ciro, contro di s. Cirillo; il terzo era una lettera d'Iba vescovo di Edessa ad un eretico di Persia di nome Mari, ancora essa infetta di nestorianesimo. Queste tre operette, dette i tre Capitoli, sebbene riprovevoli, non erano state condannate nel concilio di Calcedonia, e ciò solamente per rispetto ai loro autori, due dei quali, Teodoreto ed Iba, presenti al concilio, si erano potestati sinceramente cattolici. Questa indulgenza però e benignità usata dal concilio di Calcedonia veniva dai Nestoriani riguardata come una approvazione dei detti Capitoli, e perciò degli errori da loro professati; a qual cosa sebbene fosse ben lungi dal vero, dava tuttavia a questi eretici occasione ad ostinarsi nella loro perversa dottrina. Stando così le cose, onde togliere agli eretici ogni pretesto, fu celebrato il detto concilio, al quale per altro per cagione del prepotente imperatore Giustiniano non {92 [92]} poterono intervenire i vescovi dell'Occidente, motivo per cui Vigilio non vi volle prendere parte. Si presentarono quindi solo 165 vescovi quasi tutti orientali. In questo concilio vennero esaminati i tre capitoli, e condannati come contrari alla fede. Vennero pure nuovamente condannate le empie dottrine di Nestorio e di Eutiche, non che gli errori di Origene. - Sebbene questo concilio nella sua celebrazione non sia stato ecumenico, tuttavia avendolo poscia papa Vigilio approvato e confermato, per tale fu ricevuto in tutta la Chiesa. - Intanto ti fo qui notare come questo concilio ci porge una luminosa prova del diritto che ha sempre esercitato la Chiesa nel condannare gli scritti cattivi, nel pronunziare sul senso dei libri, e di esigere che i suoi figli si sottomettano al suo giudizio, come appunto venne fatto nel detto concilio.

            Tom. Mi piace questa ultima sua osservazione. Ella mi fa così rilevare una bella prova, che mi servirà a chiudere la bocca a quei ciarloni, i quali {93 [93]} come tanti ranocchi gracidano contro la Chiesa, perchè di quando in quando condanna libri cattivi. Se essa così faceva già fin dai primi tempi, e se per questo fine si radunavano sino dei concili, le si potrà forse negare ora un tale diritto? E por la ragione non ci conferma la medesima cosa? Dovrà un padre od una madre di famiglia permettere che un furfante metta il veleno nel cibo o nella bevanda dei loro figliuoli senza esecrarlo? Un pastore dovrà egli permettere che le sue pecorelle corrano a pascoli nocivi e mortali? Oibò! Se un padre od una madre così facessero si renderebbero gli assassini dei loro figliuoli; se un pastore così si regolasse col suo gregge si farebbe peggiore di un lupo rapace. - Ma questo solo di passaggio. Mi dia ora alcuni cenni del sesto concilio generale.

            VI. Prev. Eccoli: Nel secolo settimo un'altra eresia, rampollo degli errori di Eutiche, venne a suscitarsi in Oriente, ed è quella dei Monoteliti: di coloro cioè che ammettevano in Gesù Cristo una sola volontà ed operazione. {94 [94]} I loro capi furono Ciro patriarca di Alessandria, Sergio e Pirro di Costantinopoli. Questi eretici dopo aver da prima cercato, ma indarno, di fare cadere nell'errore il papa Onorio, favoriti specialmente dall'imperatore Costante arrecavano molti danni alla Chiesa. Il papa s. Martino volendo mettere un argine alla diffusione di questi errori li condannò coraggiosamente. Pel che sdegnato l'Imperatore mandò a Roma un capitano affinchè uccidesse il papa e lo conducesse a lui in Costantinopoli. L'empio capitano giunto a Roma comanda ad un emissario che entri nel tempio di s. Marco, e mentre il pontefice celebra la s. Messa lo metta a morte. Ubbidisce il sicario, ma posto appena il piede sulla soglia della Chiesa d'improvviso diviene cieco. Tuttavia il papa è imprigionato, cacciato in esiglio nel Chersoneso, ove finiva i suoi giorni martire di Gesù Cristo. Poco tempo dopo Costante era ucciso da un servo mentre lo serviva in un bagno, ed ebbe a successore suo figlio Costantino, detto il Pogonato, principe {95 [95]} buono e sinceramente cattolico. Questi desideroso di riparare ai gravi mali da suo padre cagionati alla Chiesa scrisse al papa s. Agatone, il quale era succeduto a s. Martino nella sede di Roma, e lo pregò che volesse colla sua autorità suprema convocare un concilio nella città di Costantinopoli, promettendogli tutti gli appoggi e aiuti necessari. Il papa che altro non bramava convocò nell'anno 680 il sesto concilio ecumenico, terzo costantinopolitano. Fu aperto il 7 novembre dell'anno stesso. V'intervennero più di 160 vescovi, presieduti dai legati del papa. Dopo un'accurata disamina furono condannati gli errori dei Monoteliti, e definito che vi sono in Gesù Cristo due volontà e due operazioni, la volontà ed operazione divina, e la volontà ed operazione umana. Si scrisse poscia al papa tutto ciò che erasi fatto nel concilio, chiedendone l'approvazione e la conferma.

            Tom. Ora sig. prevosto, mi faccia il piacere di parlarmi del settimo concilio ecumenico. {96 [96]}

            Prev. Volentieri ti parlo di questo concilio, perchè pare essersi celebrato contro gli eretici di oggidì.

            Tom. Tanto meglio; starò più attento.

            VII. Prev. Il demonio arrabbiato nel vedersi dalla Chiesa proscritte le sue infernali menzogne, non appena ne veniva condannata una, un'altra ne faceva sorgere a danno della Fede. Una di queste fu l'eresia degli Iconoclasti, cioè degli spezzatori delle sacre imagini. Dicevano costoro ciò che asseriscono ancora oggidì i protestanti, cioè che non si devono venerare le sante immagini e quindi non solo le disprezzavano, ma le stracciavano e le rompevano. Questa eresia produsse molti mali, perchè protetta e sostenuta dagli imperatori greci, Leone Isaurico, Costantino Copronimo e Leone IV, i quali per diffonderla vie maggiormente rinnovarono contro ai cristiani le crudeltà dei Neroni. Ma avendo cessato di vivere questi empii, colpiti dalla mano vendicatrice di Dio, salì sul trono l'imperatrice Irene. Questa pia principessa, {97 [97]} abbandonate le massime dei suoi antecessori, e desiderando di ristabilire il culto cattolico, pregò il papa Adriano I, che volesse convocare un concilio, onde l'eresia venisse solennemente condannata. Il pontefice vi accondiscese; il concilio fu raccolto in Nicea, e fu aperto nel settembre l'anno 786. Questo è il settimo concilio ecumenico e secondo niceno, perchè come il primo celebrato in Nicea. In questo concilio l'empietà degli Iconoclasti fu condannata da 350 vescovi presieduti dai legati del papa, e fu dichiarato essere pratica lecita e pia onorare le immagini di Gesù Cristo, della Vergine e dei Santi. Così i nostri protestanti possono vedere i loro errori condannati dalla Chiesa settecento anni prima che essi, nuovi iconoclasti, sorgessero a far rivivere quella vecchia eresia.

            Tom. A proposito, signor prevosto, che cosa dicono i protestanti sul conto di noi che veneriamo le immagini?

            Prev. Dicono che noi cattolici siamo come gli idolatri, e che adoriamo le immagini come Dio stesso. {98 [98]}

            Tom. Menzogneri! non è mica vero che noi le adoriamo. Noi le rispettiamo, le onoriamo, le veneriamo, perchè ci rappresentano persone degne della più grande venerazione ed amore. E qual è mai quel figlio di buon cuore, il quale non rispetti il ritratto del suo buon padre, della tenera madre, dell'amato fratello?

            Prev. Nota poi una incoerenza e stravaganza di cotesta gente. Costoro per fare dispetto alla Chiesa Cattolica ricusano di onorare le sante immagini e le reliquie dei santi, e poi sai tu che cosa onorano essi? Tienti dal ridere se puoi: onorano le lenzuola e il vaso da notte usato da Calvino!

            Tom. Oh! povera gente! come cadono al basso!

            Prev. Sono propriamente degni di compassione i protestanti, e i loro imitatori, e noi dobbiamo in questi di pregare molto per essi, affinchè nell'occasione del nuovo concilio aprano gli occhi alla luce della verità e facciano ritorno alla Chiesa cattolica loro antica madre. {99 [99]}

            Tom. Udiamo ora la storia dell'ottavo concilio generale.

            VIII. Prev. L'ottavo concilio generale è il costantinopolitano quarto. Fu celebrato per la condanna di Fozio, usurpatore delia sede di Costantinopoli, e autore dello scisma, che separa ancora oggidì la Chiesa greca dalla latina. Questo Fozio, uomo di spirito ingegnoso e malvagio, occupava da prima la carica di primo scudiere e di primo segretario dell'imperatore. Gonfio per questa dignità, per le sue molte ricchezze e specialmente per la sua profana erudizione, ambiva audacemente di essere fatto patriarca di Costantinopoli. Onde riuscire nel suo intento procurò a forza di frodi che fosse dall'imperatore Michele III deposto e mandato in esiglio il legittimo patriarca s. Ignazio, e per occuparne egli stesso prestamente la sede, lasciati gli abiti secolareschi, nello stesso giorno si fece monaco, all'indomani lettore, il terzo giorno suddiacono, il quarto diacono, il quinto sacerdote, il sesto vescovo e patriarca di Costantinopoli. {100 [100]} Di ciò ancor non pago osò spacciarsi per capo della Chiesa universale, come successore di Pietro, cagionando molti mali nella Chiesa di Gesù Cristo. Allora papa Adriano II, d'accordo coll'imperatore Basilio, succeduto a Michele, convocò il detto concilio da tenersi in Costantinopoli l'anno 869. Il concilio si aprì il 4 ottobre, e vi presero parte 102 vescovi presieduti dai legati pontificii. Fozio fu citato a comparire, ma la sua rea coscienza non permettendoglielo, fu necessario condurvelo suo malgrado. Giunto in concilio, interrogato della sua elevazione, e come avesse avuto l'ardire di spacciarsi capo di tutta la Chiesa, egli se ne stette taciturno, dando alcune poche insolenti risposte. Allora tutto il concilio coi legati del papa ributtarono l'empio eresiarca e lo scomunicarono; per ordine poi dell'imperatore fu mandato in esiglio, e restitituito s. Ignazio nella sua prima dignità.

            Tom. Da quanto ella mi dice si vede che la Chiesa cattolica fu sempre travagliata, in prima dalle sanguinolente {101 [101]} persecuzioni, poscia dagli scismi e dalle eresie. Quello poi che fa più specie si è che le più pericolose eresie nacquero nella sede di Costantinopoli.

            Prev. Sono ottime le tue osservazioni. La Chiesa quaggiù è giustamente chiamata militante, perchè ognora in guerra coi nemici della Fede. Ma consola il vedere che in mezzo a tante battaglie ella non fu mai vinta, che anzi sempre trionfò de'suoi nemici, e tuttora trionfa. È anche vero che le più perverse eresie nacquero nella sede di Costantinopoli. Questa sede non cessò mai di osteggiare la Chiesa romana, fintantochè Iddio nel suo giusto sdegno la'diede in potere dei Turchi. Al contrario osserva, mio caro, quanto gloriosa si fece mai sempre vedere la sede di Roma. Nel corso di tanti secoli ella non mai contaminossi del più piccolo errore. Sempre puro ed immacolato conservò il deposito della fede, e sempre degna dimostrossi del principe degli apostoli, il quale, dopo averla fondata, la santificò coi suoi sudori e col suo sangue. {102 [102]}

            Tom. Oh! quanto mi consola esser figlio di questa Chiesa gloriosa. Oh! si, io pure voglio morire nella Chiesa cattolica, apostolica, romana, e nessuna cosa giammai potrà distaccarmi dal suo seno. - Intanto V. S. mi dica qualche cosa del nono concilio ecumenico.

            IX. Prev. Il nono concilio ecumenico è il primo che siasi tenuto nell'Occidente. Egli venne celebrato in Roma nella Chiesa detta di s. Giovanni in Laterano, motivo per cui è chiamato lateranese primo. Fu convocato dal papa Callisto II nella quaresima dell'anno 1123, e v'intervennero più di 300 vescovi oltre a 600 abati, presiedendovi lo stesso Pontefice in persona. Il fine principale, per cui si raccolse questo concilio, fu per trattare e confermare la pace tra il sacerdozio e l'impero dopo le lunghe contese per le così dette investiture. Gli imperatori di Germania da qualche tempo mettendo in campo delle odiose pretensioni contro la Chiesa volevano ingerirsi ne'suoi affari, ed eleggere {103 [103]} specialmente i vescovi e gli abati, conferendo loro i benefizi ecclesiastici, ciò che dicevasi dare le investiture. Per questa usurpazione di diritti accadeva spesso che venissero elette alle dignità ecclesiastiche certe persone di vita affatto mondana ed indegne, e così formavasi un clero poco esemplare con gran scandalo dei fedeli. I Papi aveano bensi parecchie volte alzata la voce, ma indarno; anzi gli imperatori, prese le armi, erano venuti alla violenza contro di loro. Callisto pieno di zelo e di coraggio, volendo ad ogni modo porre un termine e dare un efficace rimedio a tanto male, dopo avere ridotto a più miti consigli Enrico V, radunò il detto concilio. L'imperatore domandò di essere sciolto dalla scomunica da cui era stato colpito, si sottomise pienamente alla Chiesa, e giurò di non più ingerirsi nelle elezioni dei prelati, neppur nelle investiture spirituali, lasciando così alla Chiesa la sua piena libertà nello sciegliere i suoi ministri. Per consolidare poi questa pace {104 [104]} e allargarne i vantaggi il concilio fece eziandio varii decreti, e così potè ristabilire la disciplina e i buoni costumi fra i cattolici. - Furono pure condannate le ordinazioni fatte dall'eresiarca Bordino il quale aveva avuto l'ardire di farsi creare antipapa. Infine questo concilio invitò i Cristiani a cacciare i Saraceni da Gerusalemme e i Mori dalle Spagne, perchè erano i più fieri nemici del cristianesimo.

            Tom. Quale è il decimo concilio generale?

            X. Prev. Il decimo concilio generale è il lateranese secondo. Fu convocato al primo d'aprile l'anno 1139 dal Papa Innocenzo II. V'intervennero mille vescovi e altrettanti abati presieduti dallo stesso Pontefice. Fu celebrato per rimediare ai disordini cagionati dall'antipapa Anacleto, detto Pietro di Leone, e per condannare vari errori contrari alla fede, i quali serpeggiavano in quel tempo. Fra questi è da annoverarsi l'eresia di un certo Tanchellino, il quale professava un errore contro al SS. Sacramento, {105 [105]} e contro al potere dei vescovi e dei sacerdoti. Furono parimenti condannati gli errori di Pietro di Bruis, e di Arnaldo da Brescia, i quali oltre una vita scandalosa disprezzavano il santo Sacrifizio della Messa, l'invocazione dei Santi, il battesimo dei fanciulli, la tradizione e gli scritti dei ss. Padri.

            Questi due eretici parvero così colpiti dall'ira di Dio con una fine funesta. Pietro di Bruis dopo 25 anni di empie ruberie e di misfatti sacrileghi rimase vittima del furore del popolo, il quale assordato dalle sue bestemmie, lo spinse un giorno tra quelle fiamme stesse, che egli aveva fatte preparare per abbrucciare un gran fascio di croci da lui atterrate. - Arnaldo poi nemico accerrimo del dominio temporale del Papa, non ristando dal vomitare calunnie contro alla Chiesa, ardi portarsi a Roma, ove per odio contro al Pontefice tentò di far assassinare un cardinale, che ebbe una pericolosa ferita. Temendo poi una pena proporzionata al suo delitto Arnaldo fuggì da Roma, ma giunto in Toscana {106 [106]} fu preso e dal potere civile consegnato alle fiamme.

            Tom. Terribile, ma ben meritato castigo! Che mi dice ora dell'undecimo concilio?

            XI. Prev. L'undecimo generale concilio è il terzo di Laterano, convocato da Alessandro III e celebrato in Roma l'anno 1179 coll'intervento di 302 vescovi. Lo scopo principale di questo concilio fu di cercare e stabilire un mezzo onde evitare gli scismi nella elezione dei papi. Per ovviare ai disordini il papa Nicolò II l'anno 1059 aveva già ristretto il diritto di eleggere il Papa ai soli Cardinali, ma talvolta non andando questi d'accordo nella persona da eleggere, accadevano ancor i disordini stessi, vedendosi così ad un tempo parecchi antipapi. Pertanto il concilio presieduto dallo stesso Alessandro decretò che nel caso, in cui i cardinali non andassero d'accordo nella elezione papale, fosse riconosciuto per legittimo colui, che avesse riportati i due terzi dei voti; e che se colui il quale ottenesse la {107 [107]} terza parte dei voti volesse tuttavia qualificarsi Papa, si il promosso che i promotori fossero scomunicati. - Questo concilio condannò pure diversi eretici d'allora, come i Valdesi, i Cattari, o Patareni e altri di vario nome. Costoro guidati dallo spirito di odio contro al Cattolicismo incendiavano monasteri, rubavano le cose spettanti alla Chiesa, negavano i Sacramenti, il Purgatorio, e si facevano beffe delle sante Indulgenze.

            Tom. Gli eretici di cui ella mi accennava or ora le prodezze pare che siano stati i maestri di certa gente di oggidì. Non è egli vero? - Ma veniamo al duodecimo universale concilio.

            XII. Prev. Il duodecimo concilio universale è il lateranese quarto, celebrato in Roma l'anno 1215 da Innocenzo III, coll'intervento di 473 vescovi e 800 abati, presieduti dallo stesso Papa personalmente. Il principale motivo della celebrazione di questo concilio fu l’eresia degli Albigesi, così detti, perchè avevano da prima {108 [108]} sparsi i loro errori nella provincia di Alby in Francia. Era questa eresia un mostruoso complesso di tutte le eresie insorte nei secoli anteriori. Fra le altre stravaganze gli Albigesi dicevano due essere i principii creatori, Dio e il diavolo; Dio aver create le anime, il diavolo il corpo. Rigettavano la Chiesa, i Sacramenti, vomitavano mille bestemmie contro Gesù Cristo e Maria Santissima. A tutto questo si aggiungevano costumi depravatissimi. Siccome poi la persuasione non bastava a diffondere queste empietà, essi venivano alle violenze, diroccavano chiese, atterravano altari, minacciavano e trucidavano chiunque non volesse seguire la loro dottrina. Lo zelo di s. Domenico colla sua predicazione, e il valor militare di Simone di Monforte non bastando a frenare tanti disordini, fu creduta conveniente la convocazione del detto concilio. In esso furono condannati gli errori degli Albigesi. Si trattò anche di vari altri punti di dottrina, specialmente della SS. Trinità, {109 [109]} e della divina Eucaristia. Fu definito che dette dal sacerdote le parole della consacrazione la sostanza del pane e del vino cessa di esistere per dar luogo alla sostanza del corpo e del sangue di Gesù Cristo; e per esprimere questa verità di fede si adoperò per la prima volta la parola transustanziazione. - Siccome poi in quel tempo molti cristiani raffreddati nella pietà passavano anni intieri senza accostarsi alla Confessione ed alla Comunione, così fu comandato che ciascuno giunto all'età della discrezione si fosse confessato almeno una volta all'anno, e accostato alla comunione a Pasqua nella propria parecchia; e fu decretato che chiunque non avesse adempiuto questo precetto fosse proibito di entrare in Chiesa, e qualora fosse morto in questo miserabile stato gli venisse negata la sepoltura ecclesiastica; volendo con ciò significare che chi non riceve questi Sacramenti nei tempi prescritti s'intende che voglia rinunziare al nome di cristiano. {110 [110]}

            Tom. Adesso so quando fu fatto il terzo comandamento della Chiesa. Questo mi fa piacere. - Ora ascolterò volentieri qualche cosa del decimoterzo concilio generale.

            XIII. Prev. Il decimoterzo concilio generale, detto lionese primo, fu tenuto in Lione città della Francia l’anno 1245, convovato e presieduto dal Pontefice Innocenzo IV. Furono presenti 140 vescovi. Questo concilio fu convocato per trattare affari appartenenti alla disciplina, e specialmente per rimediare ai gravi danni cagionati alla Chiesa da Federico II imperatore della Germania. Questo principe il quale ancor giovinetto avea ricevuti tanti benefizi dal Papa Innocenzo III, fatto adulto ed assunte le redini dell'impero, divenne empio e crudele. Dopo aver usato molte violenze contro ai vescovi e sacerdoti, tese insidie alla persona dello stesso Pontefice, il quale perciò si vide costretto a ritirarsi in Francia, e ivi celebrare il concilio. A questo concilio fu pure invitato Federico per ivi giustificare la sua condotta, {111 [111]} ma egli vi si ricusò. Furono pertanto esaminate dai padri le malvagità sue, e venne riconosciuto specialmente reo di tre delitti, di spergiuro perchè avea violato il giuramento fatto di recarsi a liberare i luoghi santi; reo di sacrilegio per avere rubati i beni delle chiese, e proibito ai vescovi dell'impero di portarsi al concilio, e fatti imprigionare quelli che vi si recavano; fu pure trovato reo di eresia, e perciò venne dal concilio scomunicato, deposto, privato d'ogni onore e dignità, e in pari tempo furono sciolti i suoi sudditi dal giuramento di ubbidienza. Iddio fece similmente egli vedere come l'imperatore fosse meritevole di questo ed altro. Difatto da quel punto altro più non gli toccarono che vergogne e sconfitte, e poco dopo una morte piena di rimorsi crudeli. - In questo concilio si ordinò eziandio che i cardinali di santa Chiesa portassero la veste rossa o la porpora, per significare che la loro dignità deriva dal sangue di Gesù Cristo, e da quello di tanti milioni di martiri, che lo {112 [112]} versarono in testimonianza della fede. Sul finire del concilio fu decisa una crociata per liberare la Terra santa sotto il comando di s. Luigi re di Francia.

            Tom. Veniamo al decimoquarto. Che cosa me ne dice, sig. prevosto?

            XIV. Prev. Il concilio decimoquarto fu nuovamente celebrato in Lione e detto perciò lionese secondo. Lo scopo primario di questo concilio fu la riunione della Chiesa greca scismatica colla latina. Già da quattro secoli la Chiesa greca per causa di Fozio giaceva miseramente nell'errore, quando Iddio col farle provare gravissimi castighi la richiamò di nuovo in seno alla verità. I Turchi la minacciavano di tratto in tratto, ed essa vedeva chiaramente che per non cadere nelle loro mani, aveva bisogno dell'appoggio della Chiesa latina. Quindi l'imperatore Michele Paleologo mandò con lettera un legato al beato Gregorio X, protestando volere egli con tutti i suoi sudditi fare ritorno all'unità cattolica. Il Papa ne fu lietissimo, ed affinchè {113 [113]} la cosa fosse più maturamente trattata convocò il concilio di Lione l'anno 1274. Oltre i patriarchi latini, due patriarchi greci, quello di Costatinopoli, l'altro d'Antiochia, intervennero 500 vescovi e 1070 tra abati ed altri insigni uomini. Il Papa avea eziandio invitato s. Tommaso d'Aquino, detto l'Angelo delle scuole, e già stato suo compagno di studio in Parigi; ma mentre Tommaso si recava a Lione, cadde ammalato vicino a Roma, e vi moriva della morte dei giusti. S. Bonaventura che fra i vescovi teneva il primo posto dopo il Papa ebbe l'incarico di proporre le cose che si dovevano trattare. I Greci abiurarono i loro errori, dichiararono di credere che lo Spirito Santo procede non solo dal Padre, ma anche dal Figliuolo; ammisero l'esistenza del Purgatorio, la validità del sacramento dell'Eucaristia fatta con pane azimo, e finalmente confessarono il romano Pontefice vero e legittimo successore di s. Pietro, e l'impossibilità di salvarsi per chiunque si ostini di {114 [114]} non volergli stare unito. Il Papa che in persona presiedeva al concilio, vedendo tanti traviati figliuoli fare ritorno all'ovile di Cristo, preso da un trasporto di giubilo intonò un solenne Te Deum, che tutti gli astanti ad una voce continuarono.

            Tom. Quando fu convocato il decimo quinto concilio generale?

            XV. Prev. Questo concilio fu convocato dal Papa Clemente V l'anno 1311 nella città di Vienna in Francia. Vi presero parte più di 300 vescovi, senza contare un grandissimo numero di altri prelati. Fu presieduto dal papa, che vi si condusse dalla sua residenza di Avignone. La causa principale, che mosse il capo della Chiesa a raccogliere questo sinodo, furono gli errori dei Templari. Cotesto ordine militare instituito a Gerusalemme al tempo delle Crociate ebbe questo nome dall'abitazione che avevano preso i suoi membri vicino al tempio di nostro Signore, e loro uffizio era quello di difendere la Terra santa. Ma i Templari dopo aver prestato ragguardevoli servigi alla {115 [115]} Chiesa degenerarono miseramente. Alcuni di loro giunsero sino a rinnegare Gesù Cristo, professare la più sfrenata licenza. Il viennese concilio pertanto udite le accuse portate contro ai Templari, e riconosciutele fondate, soppresse il loro ordine, e decretò che ogni sua proprietà passasse ai cavalieri dell'Ordine gerosolimitano, ossia cavalieri di Malta. Si condannarono pure altri eretici, fra cui i così detti Beguardi, le Beghine, i Fraticelli ed altri, i quali colla fede avevano parimenti fatto getto del buon costume. - Per arrestare sempre più l'errore di quelli i quali dicevano non doversi prestare all'Eucaristia il divin culto, fu decretato che la procession del Corpus Domini, e la festa già stata con rito doppio stabilita da Urbano IV l'anno 1264, fosse celebrata con pompa solenne in tutto il mondo cattolico. - In questo fu anche dichiarata innocente la santa memoria di Papa Bonifacio VIII accusato di eresia dal feroce Filippo il Bello, re di Francia. Costai dopo aver in molte guise osteggiato {116 [116]} e perseguitato quel santo Pontefice in vita, non volle nemmeno risparmiarlo al di là della tomba, e cercava di infamarne il nome. In fine si trattò di una spedizione in Terra santa contro ai Turchi.

            Tom. Basta del concilio decimoquinto; abbia ora la compiacenza di continuare l'argomento, e di parlarmi del decimosesto.

            XVI. Prev. Del concilio decimosesto devo dirti che fu celebrato in Costanza città della Germania, dall'anno 1414 al 1418. Questo concilio fu convocato dal papa Giovanni XXIII, il quale per amore della pace e della unione cedette poscia il pontificato. Nello stesso concilio fu eletto a nuovo papa Martino V l'anno 1417, che approvò e confermò quello che prima e dopo la sua elezione eravi stato definito intorno alla fede, e per questa parte il fece ricevere in tutta la Chiesa quale concilio ecumenico[27]. Nelle ultime sezioni presiedette {117 [117]} lo stesso pontefice in persona, e vi presero parte più di 300 vescovi senza contare molti altri personaggi. In questo concilio oltre all'essersi estinto lo scisma cagionato nella Chiesa per causa di due antipapi, si condannò pure l'eresia di Giovanni Hus, la quale si andava spargendo nella Boemia sua patria con grande scandalo e rovina delle anime. Costui seguendo gli errori di Vicleffo, altro eretico di Inghilterra, morto un secolo prima, ed altri inventandone, combatteva specialmente le leggi della Chiesa, l'autorità del Papa, e parecchi altri articoli della nostra santa fede. Tra gli altri errori insegnava che s. Pietro non fu mai capo della Chiesa. Citato a comparire al concilio egli vi acconsenti, e dichiarò per iscritto che voleva eziandio esser giudicato e punito ove taluno potesse convincerlo d'errore. Allora l'imperatore Sigismondo per agevolargli i mezzi di andarsi a discolpare, gli diede un passaporto. Il superbo eresiarca giunto in Costanza ben lungi dallo stare al giudizio del concilio si pose a spropositare {118 [118]} più orrendamente. Non vi fu mai eretico verso cui siansi usati tanti riguardi. I padri del concilio, l'imperatore stesso, tutti, in pubblico ed in privato, si adoperarono per indurlo a miglior senno. Ma dimostrandosi egli vie più ostinato e pronto sempre a turbare la quiete pubblica e lacerare il seno alla Chiesa fu consegnato al braccio secolare, che secondo le leggi di quei tempi lo condannò alle fiamme. I suoi errori, come quelli di Vicleffo ed altri, furono solennemente condannati.

            Tom. Qual è il decimosettimo concilio ecumenico?

            Prev. Questa sera veggo che la materia che abbiam fra le mani mi porta alquanto in lungo. Abbi quindi pazienza, mio caro Tommaso, saremo tosto al fine.

            Tom. Pazienza io? Lei si che ha da aver pazienza, che le tocca di parlar tanto, lo per me sono disposto a starmene ad ascoltare fino a mezzanotte. È per me questa una delle più belle serate. Continui adunque, e non si prenda pena per me. {119 [119]}

            Prev. Il decimosettimo concilio è il così detto fiorentino. Questo concilio convocato dal papa Martino V incominciò da prima nella città di Basilea l'anno 1431. Fu poscia da Eugenio IV trasportato a Ferrara, ed essendo ivi scoppiata la peste, venne infine trasferito a Firenze l'anno 1439, ove terminò sotto la presidenza del Papa stesso[28]. La riunione della Chiesa greca colla latina ottenuta nel concilio di Lione era stata poco durevole: i Greci erano poco dopo ricaduti negli antichi errori. Il concilio di Firenze ebbe quindi per iscopo di ritentare la bramata unione tra le due {120 [120]} Chiese. L'imperatore Giovanni Paleologo, il patriarca di Costantinopoli ed altri prelati greci si portarono in persona al concilio, ove tra latini e greci si trovaron più di 140 vescovi e altri personaggi, presieduti dal medesimo pontefice. Si trattarono i punti della controversia, e i padri latini con ogni sorta di argomenti convinsero i greci che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figliuolo; che è valida la Consacrazione fatta in pane azimo, che esiste il purgatorio, e che il papa è il vicario di G. Cristo, il successore di s. Pietro, il capo di tutta la Chiesa, il padre, il maestro di tutti i Cristiani, al quale da Gesù Cristo fu data nella persona di s. Pietro la piena potestà di pascere, reggere e governare la Chiesa universale. Perciò il giorno 6 di luglio 1439 dopo che papa Eugenio ebbe celebrato la santa Messa fu letto il Decreto di Unione, il quale fu sottoscritto dal papa, dai cardinali, dai vescovi e prelati latini e greci, non che dallo stesso imperatore, che lo sottoscrisse però con diversa formola. {121 [121]}

            Tutto faceva sperare che l'unione stabilita con tanta solennità dovesse durare per sempre, ma furono vane speranze. Ritornati i Greci a Costantinopoli rinunziarono a quanto avevano fatto in Firenze, e il loro scisma fu continuato. Iddio peraltro non volle lasciare impunito si colpevole acciecamento, poichè l'anno 1453, tredici anni appena dopo la violata unione, Maometto II gran sultano alla testa di un feroce esercito di Turchi prese Costantinopoli di assalto, e in tre giorni di saccheggio vi fece commettere le più enormi crudeltà. I soldati uccisero quanti loro vi si paravano innanzi, demolirono le chiese, atterrarono gli altari, profanarono i monasteri, tutto posero a sangue e a fuoco. Così quella Chiesa, la quale non volle conoscere l'autorità del successore di Pietro, che la trattava da padre, cadde sotto il successore di Maometto che la trattò da tiranno.

            Tom. Castigo terribile che pesa tuttora sopra quella Chiesa infelice! Oh! aprisse almeno gli occhi in questi {122 [122]} giorni, e si gettasse nelle braccia della Chiesa cattolica, che gliele stende nuovamente per riabbraciarla nel prossimo concilio generale.

            XVIII. Prev. Prendo ora a parlarti dei due ultimi concili ecumenici, che sono il lateranese quinto, ed il tridentino. Il primo di questi fu convocato dal Papa Giulio II l'anno 1512 in Roma, e tenuto nella basilica di Laterano. Morto Papa Giulio, fu continuato e presieduto dal suo successore Leone X, ed ebbe fine nel 1517. V'intervennero 114 vescovi oltre ai cardinali e moltissimi abati. Fu celebrato per premunire la Chiesa dai mali che le minacciava un'adunanza di alcuni indegni prelati, protetti dai principi del secolo, detta più comunemente il conciliabolo di Pisa, dove tenevano le loro sedute. Fu pure tenuto per abolire una legge francese, conosciuta sotto al nome di Prammatica Sanzione, colla quale derogavasi ad alcuni diritti della santa Sede in cose riguardanti la Religione e la disciplina. Il conciliabolo venne colpito coll'interdetto {123 [123]} e colla scomunica, ed alcuni de'suoi membri rientrati in se stessi dimandarono perdono al Papa; la Prammatica fu abolita. Venne eziandio decretata una spedizione contro ai Turchi. Si trattò parimenti la questione dei Monti di Pietà, e fu deciso che è lecita la loro instituzione, ciò che da taluno si negava. Per impedire i danni della stampa, stata non molto prima ritrovata (l'anno 1438), fu proibito di stampare qualsiasi libro innanzi che fosse esaminato ed approvato dall'autorità ecclesiastica sotto pena di scomunica.

            Tom. Ho capito! È dunque in questo concilio che la chiesa cominciò a proibire la libertà di stampa.

            Prev. Adagio proibire la libertà di stampa... Intendiamoci bene. La Chiesa nè allora, nè mai ha proibito di stampare libri buoni, utili alla scienza, alla Religione, alla morale. Ella ha solo vietata la stampa di opere perverse e pericolose. La Chiesa ha sempre cercato e cerca tuttora di togliere la libertà al male, lasciandola intieramente al bene. {124 [124]}

            Tom. Ma non è egli un bene per la società, che ognuno sia lasciato libero di stampare ciò che gli pare e piace? Non è egli un bel ritrovato la libertà di stampa?

            Prev. Caro giovane, dimmi: È egli un bene per la società che i birbanti sieno lasciati liberi di gettare nei pozzi il veleno per fare crepare la gente? Tu dici certamente di no. Dunque e sarà egli un bene per la società che si possano stampare liberamente bestemmie contro a Dio, contro la Religione, massime perverse contro i buoni costumi, e così corrompere vie più la mente e i cuori dei cittadini? Ah! no, questo non può essere un bene che per l'empio e per l'empietà. - Gli stessi pagani, mio caro, non lasciarono ai loro scrittori una simile libertà. Sappiamo difatto dalla storia che i Greci fecero pubblicamente bruciare nel foro i libri del filosofo Protagora, perchè irreligiosi. Roma al tempo della repubblica proibì e fece cercare per distruggerli, i libri delle Baccanti, nei quali insegnavansi {125 [125]} pratiche abbominevoli; e Cesare Angusto punì coll'esiglio uno dei più celebri poeti[29] per avere composto un poema licenzioso. Sì, diciamolo schiettamente, è una vergogna per un governo cristiano lasciare che la stampa oltraggi impunemente la maestà del vero Dio, ne bistratti la Religione, ne calpesti le leggi.

            Tieni adunque a mente, Tommaso mio, che l'assoluta libertà della stampa, cioè quella libertà per cui uno possa stampare quello che gli talenta, o buono o cattivo, non è un bene, ma è un male gravissimo non solo per la società religiosa, ma per la civile ancora. Che ciò sia il conobbero ultimamente gli stessi uomini del governo. Poco tempo fa tu avrai udite le turbolenze avvenute in alcuni paesi a cagione delle legge sul macinato. In questa occasione certi giornalisti, usando della libertà della stampa, presero le parti dei tumultuanti, pubblicando nei loro fogli mille infamie contro {126 [126]} al re, alla sua legge, al suo governo. In simili circostanze credi tu che il governo abbia lasciato stampare ciò che si voleva? Il governo ha forse detto ai giornalisti. «Usate pure della libertà di stampa, scrivete, stampate ciò che vi aggrada?» Tutt'altro. Ha sequestrato e soppresso i detti giornali, ed i giornalisti fece ammanettare e condurre nella cittadella d'Alessandria. E così il governo stesso fece vedere che l'assoluta libertà di stampa ben lungi dall'essere un bene, è un mezzo rovinoso, che può mettere sossopra l'ordine pubblico, minare, scalzare fin dalle fondamenta l'autorità dello Stato. Ma, dico io, se è un male l'assoluta libertà di stampa, e se le si deve mettere un freno allorchè si volge contro al principe, contro allo Stato e alle sue leggi, si dovrà poi dire che ella sia un bene allorchè volge le sue armi fatali contro a Dio, re del cielo e della terra, contro alla Chiesa che è il suo regno, ai suoi ministri, alle sue leggi? No di certo. Quindi la Chiesa, la quale {127 [127]} veglia non solo al bene della Religione, ma eziandio al vero benessere della società civile, ha fatto benissimo a prendere, per quanto sta in lei, dei provvedimenti, in riguardo alla stampa, lasciando piena libertà alla stampa buona, ponendo un freno alla cattiva, condannandola pur anche, e fulminandola di maledizione[30]. Ma basti così; veniamo ora al nostro ultimo concilio.

            Tom. La ringrazio d'avermi illuminato alquanto sopra questa stampa libera, di cui tanto si parla oggidì. Si vede propriamente che è un falso principio quello della libertà di stampa. E la cosa mi par chiara. Siccome l’uomo è obbligato a stare soggetto all'autorità di Dio suo Creatore, così non può in coscienza nè pensare, nè operare contro di lui, nè contro alle sue leggi; e se non può pensare contro a Dio, neppure può esternare i suoi perversi pensieri sia colla viva {128 [128]} voce, sia colla stampa, senza rendersi quale un ribelle a Dio stesso. Bisogna dunque dire che la libertà di stampa sia affatto riprovevole, ed io pure la riprovo.

            Ora V. S. mi racconti la storia del concilio tridentino, che spesso udii a citare nelle sue prediche ed istruzioni parochiali.

            Prev. Il concilio tridentino è il diciannovesimo ed ultimo degli ecumenici. Fu chiamato sacrosanto per la santità dei suoi decreti e per la grande utilità che arrecò alla Chiesa cattolica. Questo concilio durò più di 18 anni perchè interrotto parecchie volte dalle guerre. Convocato a Trento città del Tirolo italiano l'anno 1545 da Paolo III, fu continuato sotto il papa Giulio III e felicemente terminato nell'anno 1563 sotto Pio IV per cura dell'infaticabile s. Carlo Borromeo suo nipote. I papi vi presiedettero per mezzo dei loro legati. Durante tutto il corso del concilio vi presero parte molti prelati e insigni teologi. Allorchè fu terminato vi si trovavano {129 [129]} 255 padri, tra cui 196 fra patriarchi, arcivescovi e vescovi. Questo concilio fu celebrato specialmente per condannare e infrenare le molte eresie di Lutero, Calvino ed Enrico VIII re d'inghilterra, e altri apostati di quel tempo calamitoso per la Chiesa. Furono invitati anch'essi i Protestanti ad intervenirvi, fu data loro, piena libertà di disputare, fu accordato alle loro persone il salvacondotto che non sarebbero molestati; ma niuno di loro comparve, perchè le tenebre fuggono la luce, e chi ha interesse di sostenere il falso paventa di essere convinto della verità. Furono condannati gli errori di quei vari eretici, stabiliti decreti sopra la giustificazione, i sacramenti, il purgatorio, le indulgenze, e altre cose moltissime riguardanti il dogma e la disciplina. Esso è composto di 25 sessioni, nelle quali si racchiude la dottrina e la disciplina di quasi tutti i concili anteriormente celebrati; e in questo concilio lo Spirito Santo assistè talmente la sua Chiesa, che {130 [130]} sarà difficile che nei secoli futuri si possano inventare degli errori, i quali direttamente o indirettamente ivi non siano stati fulminati. Questo è anche uno dei motivi, per cui da tanto tempo non si era più convocato alcun concilio ecumenico. - Tale e tanta fu l'utilità delle decisioni di questo concilio, che la santa Sede institui una congregazione composta dei più distinti cardinali di santa Chiesa, perchè invigili onde si mantengano sempre inviolati quei sacri canoni e decreti, e ne interpreti talvolta il senso nei casi di controversia.

            Eccoti pertanto, mio caro Tommaso, la storia breve si, ma esalta dei concili generali finora celebrati. Noi fortunati poi che ci troviamo in quest'epoca, in cui dopo 306 anni (tanti ne passarono da quel di Trento) un glorioso Pontefice, che è l'ammirazione del mondo intiero, ha testè convocato un nuovo concilio ecumenico, che sarà il ventesimo, e il primo vaticano.

            Tom. Signor prevosto; io la ringrazio {131 [131]} infinitamente della bontà usatami. Ora siccome le nostre conversazioni sui concili cominciarono dal concilio testè intimato dal nostro santo padre Pio IX, così mi parrebbe ben fatto che noi le terminassimo ritornando sul medesimo. Perciò pregherei V. S. a volermi ancora ricevere una volta in casa sua, e porgermi una breve istruzione a questo proposito.

            Prev. Ti attendo per domani sera. {132 [132]}

 

Conversazione IV. Del concilio vaticano primo. - Suo scopo. - Sua opportunità. - Gravi ragioni che mossero il Papa a convocarlo. - Invito fatto ai vescovi scismatici ed ai protestanti. - Apertura del concilio. - Discussione e modo con cui è infallibile la Chiesa. - Chiusura. - Preghiera e speranza.

 

            Tom. Quando adunque, signor prevosto, deve incominciare questo concilio, che fin d'ora fa già parlare di sè tutto il mondo?

            Prev. Ti dirò il tempo e il luogo. In quanto al luogo sarà tenuto in Roma, sotto la presidenza del papa, nel gran tempio di s. Pietro in Vaticano, motivo per cui questo concilio, che è il ventesimo degli ecumenici, sarà chiamato vaticano primo. In quanto al tempo, incomincierà questo anno stesso agli otto dicembre, {133 [133]} giorno dedicato a Maria Immacolata. Pio IX lo intimò per questo giorno, onde metterlo sotto la speciale protezione di Maria SS., la quale è chiamata con ragione l'aiuto dei cristiani, la sterminatrice di tutte le eresie. Oh! Maria non mancherà certamente di proteggere in modo speciale questo grande concilio, e lo proteggerà anche di buon grado per compiacere al grande Pontefice che, speriamo, lo presiederà, il quale ha fatto tanto per la gloria di lei, proclamandola solennemente: concepita senza macchia originale. Nessuno dei concili generali sinora celebrati venne incominciato in si bel giorno. Sarà questo il primo, e, per questa sì cara circostanza potrà essere pur anche chiamato: Il concilio dell'Immacolata.

            Tom. Quale è lo scopo di questo concilio, e che intende di stabilire?

            Prev. Il fine principale di qualsiasi concilio della Chiesa è sempre stato la maggior gloria di Dio e la salute delle anime. Il prossimo concilio ecumenico camminerà sulle pedate degli {134 [134]} altri. Pio IX poi nella sua lettera apostolica di convocazione, si compiacque di manifestarci in modo particolare quello che avrà cura di esaminare e stabilire il concilio da lui intimato. Ecco le sue venerande parole: «In questo concilio generale, egli dice, si dovranno diligentissimamente esaminare e stabilire le cose, le quali specialmente in questi difficilissimi tempi riguardano sovratutto la maggior gloria di Dio, l'integrità della fede, il decoro del divin culto, l'eterna salute delle anime, la disciplina del clero secolare e regolare e la loro salutare e solida istruzione, l'osservanza delle leggi ecclesiastiche, la correzione dei costumi, la cristiana educazione della gioventù, e la pace e la concordia universale.» Ecco lo scopo che si propone il concilio, e che cercherà di ottenere colle Sue sapientissime leggi.

            Tom. Grande impresa davvero! Ma crede lei, sig. prevosto, che ai tempi nostri faccia bisogno di un siffatto concilio? In una parola, crede lei {135 [135]} che per un generale concilio sia questo il tempo opportuno? Io per me ho sentito a dire di no.

            Prev. A me pare questo per un concilio tempo opportunissimo, ed ancorchè per tale non mi fosse sembrato, tuttavia avrei cangiato subito parere per l'unica ragione, che per opportuno fu stimato dal Papa. Credi pure, il sommo Pontefice, il vicario di Gesù Cristo vede le cose assai bene. Egli dalla cattedra di s. Pietro è come se fosse sopra un'alta specula, munito di un buon cannocchiale. Da quel luogo sublime, e colla mente illuminata dallo Spirito Santo, egli vede le cose lucidamente e assai meglio che non certuni, i quali si credono di vedere e sono ciechi come le talpe. Quindi ripeto che per un concilio ecumenico questo è il tempo opportuno e addattato appunto perchè fu così giudicato dal santo padre. Il glorioso Pontefice, che stimò questo un tempo opportuno ne accennò pure le buone ragioni, le quali per poco che uno consideri non può a meno {136 [136]} di convenire con lui ed applaudire al pontificio divisamente.

            Tom. E quali sono queste buone ragioni?

            Prev. Ascoltate dalla bocca dello stesso capo della Chiesa. Egli nella citata lettera dopo di aver detto con quanta cura i sommi Pontefici suoi predecessori coll'autorità ricevuta da Gesù Cristo, sempre vi si adoperassero per conservare il deposito della fede, e promuovere nei popoli la pietà e l'onestà dei costumi, e come non ommettessero, sovratutto nei tempi di gravissime perturbazioni e calamità, di radunare concili generali, onde coi consigli e colle forze unite dei vescovi di tutto l'orbe cattolico provvidamente e sapientemente deliberare tutto ciò che valesse a definire i dogmi della fede, a reprimere le invasioni degli errori dominanti, a difendere, illustrare e svolgere la dottrina cattolica, a correggere i costumi corrotti dei popoli, dopo aver detto tutto questo il Pontefice continua così: «Ora tutti sanno da quale orribile {137 [137]} tempesta sia travagliata la Chiesa, e da quale e quanti mali sia afflitta la società civile. Imperocchè per opera di acerrimi nemici di Dio e degli uomini la Chiesa cattolica, e la sua salutare dottrina e veneranda potestà, e la suprema autorità di quest'apostolica sede sono combattute e conculcate, e ogni cosa sacra è posta in disprezzo, i beni ecclesiastici sono usurpati, i vescovi e rispettabilissimi uomini addetti al divino ministero, e personaggi cospicui pei loro sentimenti cattolici, sono in ogni modo vessati, le religiose famiglie soppresse, e libri empi e di ogni genere, e pestiferi giornali e moltiformi, e perniciossime sette per ogni parte diffuse, e l'istruzione della misera gioventù quasi dapertutto tolta al clero, e ciò che è peggio, in molti luoghi affidata a maestri d'errore e d'iniquità. Di che con sommo dolore nostro e di tutti i buoni, e con danno delle anime che non sarà mai abbastanza deplorato, per ogni dove siffattamente si estesero l'empietà e la corruzione dei costumi, la sfrenata {138 [138]} licenza e la peste delle perverse opinioni di ogni genere, e di tutti i vizi e di tutte le scelleratezze, e la violazione delle leggi divine ed umane, sicchè non solamente la ss. nostra Religione, ma anche l'umana società ne sono in miserando modo turbate e trvagliate. In tanto cumulo di calamità che opprimono il nostro cuore, continua a dire il Papa, il pastorale ministero a noi dalla divina autorità commesso richiede che rivolgiamo più che mai le nostre forze a riparare le rovine della Chiesa, la salute di tutto il gregge del Signore, a reprimere gli sforzi e gli impeti esiziali di coloro, che, se fosse possibile, vorrebbero sconvolgere dalle fondamenta la stessa Chiesa e la società civile... Ora seguendo le orme degli illustri nostri predecessori, abbiamo stimato opportuno radunare tutti i venerabili fratelli vescovi di tutto l'orbe cattolico in un generale concilio.» Così il Papa[31]. {139 [139]}

            Ora dimmi, Tommaso mio, dopo una sì viva e veritiera esposizione di tanti mali, chi è che non vegga l'opportunità di un concilio con cui scongiurarli o diminuirli almeno? Anzi non solo opportuno è un concilio al giorno d'oggi, ma necessario. Al punto in cui ci troviamo Dio solo può salvare la società; e Dio non salva la società se non per mezzo di quella Chiesa da lui stabilita madre e maestra degli uomini. Sì, ancora questa volta con tutta ragione Pio IX dall'illustre vescovo di Ginevra monsignor Mermillod potrà essere chiamato il Pontefice dell'opportunità, perchè come in tutte {140 [140]} le sue imprese così ancora in questa seppe scegliere il tempo più propizio, più opportuno. I fatti lo proveranno.

            Tom. Ora che ci rifletto un po'meglio, veggo anch'io le ragioni; sono forti pur troppo e dolorose; e convengo anch'io perfettamente. Oh! Dio voglia che il concilio possa mettere un argine a tanti mali! Ma, dica, oltre a questo, quale altro bene si promette il santo padre dal futuro concilio?

            Prev. Fra gli altri uno assai importante ne spera il vicario di Gesù Cristo, ed è la riunione della Chiesa scismatica colla Chiesa cattolica, e il ritorno dei protestanti alla medesima. Per questo fine egli indirizzò pure ad essi lettere speciali, invitando i vescovi scismatici ad intervenire ancor essi al concilio per rinnovare e compiere finalmente la bramata unione; e pregando caldamente i protestanti a considerare lo stato infelice in cui si trovano, a riconoscere il loro errore, e cogliendo occasione dal prossimo concilio fare ritorno alla {141 [141]} Chiesa cattolica, dalla quale i padri loro si sono sventuratamente separati.

            Tom. Si può egli sperare che questa traviata gente corrisponda all'amoroso invito, e ritorni all'antico ovile?

            Prev. Lo spera il santo padre, e lo dobbiamo sperare anche noi, e pregare. Qualora poi questo invito non fosse pienamente corrisposto resterebbe però sempre quale splendida prova della grande carità che nutre la santa sede anche verso coloro che non ne vogliono riconoscere i diritti e l’autorità[32]. Diciamo peraltro che l'invito del Papa qualche buon effetto dovrà produrre immancabilmente, sopratutto fra i scismatici. Imperocchè, o quei vescovi intervengono al concilio, ed allora non potranno a meno che riconoscere la verità, la quale in quell'ampio e venerando consesso risplenderà {142 [142]} della più viva luce, e purchè non si vogliano ostinare nell'errore, del resto dovranno piegare innanzi a lei, abbracciarla e farla abbracciare dai loro fedeli; oppure non intervengono, e in questo caso essi porgeranno ai rispettivi fedeli un buon motivo a sospettare sul loro conto, daranno loro occasione di aprire un po'meglio gli occhi, e forse metterli in questo modo sulla via della verità. Il popolo ragiona, e vedendo che i suoi pastori ricusano di recarsi ad un concilio generale della Chiesa cattolica potranno ragionevolmente dire: «Il nostro episcopato col rifiutare di intervenire al concilio ecumenico dà a pensare che esso si sente incapace di sostenere la discussione in faccia all'episcopato latino;» e rivolti ai loro pastori potrebbero loro parlare così: «O la verità sta dalla parte vostra o dalla parte della Chiesa latina. Se sta dalla parte vostra, allora perchè temete di cimentarvi coi latini? Perchè ricusate di recarvi in mezzo a loro per fare conoscere in {143 [143]} questa si solenne circostanza e fare toccar con mano che essi e non voi siete in errore, e trarveli fuori? Se poi la verità sta dalla parte della Chiesa latina, allora voi, risoluti di non volerla abbracciare, avete ragione di non incomodarvi, recandovi al concilio, ma noi, alla nostra volta, abbiamo pure il diritto ed il dovere di considerarvi non come pastori, ma quali mercenarii, anzi quali lupi rapaci, di fuggirvi perciò e gettarci in seno alla Chiesa cattolica per salvare le anime nostre.» Così potrebbero ragionare quei fedeli nel caso supposto; di modo che il trionfo della Chiesa cattolica, e del concilio ecumenico, o in un modo o in un altro, o più presto o più tardi, dovrà pure seguire finalmente[33]. {144 [144]}       Tom. Fiat, fiat, come lei dice, e con questa dolce speranza in cuore noi aspetteremo gl'avvenimenti. Prima però ai partirmi dalla V. S. desidererei ancora di sapere qualche cosa sul modo che si terrà nella celebrazione di questo concilio. Favorisca adunque di dirmi alcun che della sua apertura, della discussione, della chiusura.

            Prev. Tu mi domandi cose, che potendo variare a seconda delle circostanze, non è possibile precisare il modo di esecuzione nelle singole parti. Tuttavia in qualche cosa ti vo'contentare. Imperocchè da quello che si è fatto nei concili precedenti si può argomentare almeno in generale quanto si farà nel seguente. Ecco pertanto la risposta alla tua dimanda.

            Si comincia dal Papa con lettere {145 [145]} apostoliche a tutti i vescovi intimare il concilio, fissarne il tempo ed il luogo, invitandoli, anzi comandando loro d'intervenire al concilio, eccetto che abbiano qualche giusto impedimento. Qualche tempo prima dell'apertura, il papa ordina nella Chiesa delle pubbliche preghiere e dei digiuni pel buon andamento del concilio[34]. Nel giorno poi fissato per dare incominciamento, i vescovi si radunano tutti nel palazzo pontificio o in altro luogo assegnato. Ivi vestiti dei loro abiti pontificali, e procedendo processionalmente secondo l'ordine del loro grado, preceduti dalla croce si recheranno nella basilica vaticana, luogo designato pel prossimo concilio. Giunti colà il sommo pontefice dal suo trono pronuncia un'allocuzione, ossia discorso, nel quale {146 [146]} accenna le cause della convocazione del concilio. Seguono poscia varie preghiere, fra cui le Litanie dei santi, il canto di un Vangelo adattato alla circostanza, l'inno Veni Creator, non che il Te Deum laudamus, e altre.

            Intanto i padri del concilio vanno a prendere posto nei loro seggi secondo l'ordine della loro dignità. Il sommo pontefice siede in trono in fondo della Chiesa, ed ha ai fianchi due cardinali diaconi assisi su due sedie. Viene in seguito a forma di circolare od ovale il sacro collegio dei cardinali, poscia i patriarchi, i primati, gli arcivescovi, i vescovi, gli abati mitrati, i generali degli ordini religiosi, e gli altri che hanno nel concilio voce deliberativa. Sotto un ricco baldacchino sta il libro dei Vangeli per significare esser ivi presente la divina maestà di Gesù Cristo, secondo quelle sue parole: «Ove sono due o tre radunati in nome mio, io mi trovo in mezzo loro,» e queste altre: «Ed ecco io sono con voi.» Nel concilio di Trento accanto ai Vangeli {147 [147]} erasi pure collocata la Somma Teologica di s. Tommaso d'Aquino.

            Intanto celebrata la Messa, e finite le preghiere preliminari si fa uscire il popolo, e si chiudono le porte del tempio, e il concilio si apre eleggendosi gli offiziali, e promulgandosi le leggi da osservarsi durante la sua celebrazione. Gli uffiziali principali che vengono eletti nella prima seduta del concilio sono di quattro specie: i consultori, i notari, i promotori, e gli scrutatori. I consultori hanno per uffizio di assistere il presidente del concilio nello studio e nella disposizione delle materie da trattarsi; i notari di scrivere tutto quello che si propone, si discute, e si risolve; i promotori invigilano per promuovere il buon andamento del concilio, richiamando in vigore, se sia bisogno, le leggi fin da principio promulgate, e procurando che siano da tutti osservate. Gli scrutatori infine sono quelli, il cui uffizio è di raccogliere i voti, riferirli e recarli ai consultori per farne lo scrutinio. Poscia s'intima l'altra sessione, {148 [148]} fissandone il giorno. Questo riguarda l'apertura, nella quale per lo più consiste la prima sessione. Nelle sessioni consecutive si passa all'esame delle materie, prima del quale peraltro hanno luogo varie preghiere per invocare l'aiuto dello Spirito Santo, il canto di un Vangelo adatto, e un discorso analogo.

            Riguardo poi al modo della discussione, anticamente le materie proposte si discutevano nelle sessioni o sedute pubbliche tra i padri del concilio, e i notari tutto scrivevano parola per parola. In seguito poi per minor dispendio di tempo, come nell'occasione del concilio tridentino, stabilironsi varie congregazioni particolari per approfondire nella materia, composte dei più dotti teologi, e priesiedute per ordinario da un cardinale o da un vescovo[35]. In queste {149 [149]} congregazioni si esaminano diligentemente le proposte questioni, e se ne formano i decreti in proposito. Le cose così disposte vengono poscia nuovamente esaminate e discusse in una congregazione più generale, in cui trovansi non solo i più insigni teologi {150 [150]} e dottori della Chiesa, ma una gran parte dei vescovi che tutti sono in potere d'intervenirvi. Ivi pertanto, qualora sia d'uopo, si muta, si toglie, si aggiunge quello che par bene nel Signore. Quando ogni cosa trovasi preparata si tiene la seduta pubblica di tutti i padri, nella quale, se credesi nulla più doversi cangiare, i vescovi e quanti hanno voce deliberativa, esprimono il proprio giudizio col dare il loro voto in favore. Questa votazione o si può fare dai singoli individui, come si praticò più volte; oppure collettivamente dai vescovi appartenenti ad una nazione come si fece nel concilio di Costanza. In quest'ultimo caso i vescovi di una nazione prima convengono fra loro per recare poscia nel concilio il loro voto collettivo. Così avviene nelle singole sessioni, le quali si tengono a qualche intervallo dall'una all'altra, affinchè si abbia tempo a studiare, esaminare e preparare le materie.

            Tom. Ma, signor prevosto, non sa che questo modo di procedere nei {151 [151]} concili mi pare strano? Io credeva che i vescovi e il papa potessero fare senza tanti esami, e tante ricerche. Ecchè? La Chiesa non è essa infallibile? Dunque a che tanto affannarsi?

            Prev. Ben mi veggo che tu mal comprendi il modo con cui è infallibile la Chiesa di Gesù Cristo. Sappi adunque che in due maniere può intendersi l'infallibilità della Chiesa, cioè la Chiesa può essere infallibile o per mezzo di una nuova rivelazione che Gesù Cristo faccia ai suoi supremi pastori; oppure per mezzo di un'assistenza che egli presti loro a bene intendere, penetrare e difendere da ogni miscuglio d'errore la rivelazione già fatta. Ora il primo modo non si ammette, e nessuno dei cattolici l'ha mai insegnato, imperciocchè la rivelazione cristiana fu dal divin Redentore incominciata e finita cogli apostoli. Esso stesso disse loro che tutto quello che era necessario a sapersi l'aveva manifestato: Omnia feci nota vobis. L'infallibilità adunque che compete alla Chiesa non è per via di novelle {152 [152]} rivelazioni, ma per via di assistenza nell'esaminar la rivelazione già fatta, nel mettere in chiaro le verità in essa contenute. Pertanto non bisogna immaginarsi che il papa ed i vescovi radunati in concilio siano illuminati ed inspirati immediatamente dallo Spirito Santo in quel modo che gli antichi profeti, e gli stessi apostoli nel di della Pentecoste; così non è, dico, pel papa e pei vescovi. Essi quindi devono usare grande diligenza e studio per trovare la verità, consultare le sacre Scritture e la divina Tradizione, nelle quali si trova tutta la Rivelazione di Gesù Cristo affidata alla sua Chiesa. Per eseguire tutto questo, tu ben vedi che sono necessari studi e ricerche. E per ammaestramento di tutti i secoli futuri non fecero così gli stessi apostoli nel concilio di Gerusalemme? Sì, e leggiamo difatto che essi prima di pronunziare la sentenza fecero grande disquisizione: Cum magna disquisitio fieret. Questo metodo fu poi tenuto universalmente in tutti i concili, e in tutte le {153 [153]} pontificie definizioni di verità rivelate, o connesse colla Rivelazione, e perciò giustamente così pur si pratica nell'occasione del concilio vaticano.

            Tom. Ho capito. La Chiesa adunque ha bensi l'alta dignità di maestra di tutti gli uomini; ma alla sua volta può considerarsi ancor essa discepola del Maestro dei maestri, che è Iddio. Ora questo divin maestro dopo aver insegnato a questa sua discepola tutte le verità necessarie a sapersi, l'assiste bensi a conservarle sempre intatte, la dirige e la guida bensì per ritrovare, ricordare, chiarire le verità già rivelate, e quindi a sciogliere i dubbi che si allacciano, le questioni che insorgono; ma ciò non ostante non vuole ch'ella se ne stia inoperosa. Iddio fa che la Chiesa sua nelle cose di fede e di morale sia maestra e giudice infallibile sì, ma vuole in pari tempo che ella dia di mano a suoi libri, a suoi codici divini onde rintracciare il vero, per farle così in certo qual modo meritare il gran dono dell'infallibilità; vuole che ella {154 [154]} per non errare faccia tutto quello che farebbe se non fosse da Dio aiutata, e intanto tutta si fidi alla promessa di Gesù Cristo. In una parola, a me sembra che Iddio, colla dovuta proporzione però, faccia colla sua Chiesa quello che con un suo diletto scolare fa un buon maestro, il quale aiuta bensi il discepolo affinchè nei suoi temi, nelle sue composizioni, nei suoi problemi non commetta errore alcuno, compia ogni cosa ottimamente, e sia infallibile in quel che studia ed in quel che fa, ma ciò non già collo sgravarlo da ogni peso, ma solamente in virtù di una continua assistenza che gli presta, per cui gli ricorda le cose già imparate o a viva voce, o studiate nei libri di testo, che gli pose fra le mani. Non è così?

            Prev. Appunto così. Oh! si vede proprio che sei uno studente, e perciò adatti le cose al tuo modo d'intendere. Avverti tuttavia che l'aiuto, il quale Iddio maestro supremo porge alla sua Chiesa è infinitamente più sublime che non l'aiuto che presta il {155 [155]} tuo maestro al suo scolaro, perchè quello è un aiuto soprannaturale e divino, questo solo naturale ed umano.

            Tom. Ora sono soddisfatto. Mi parli pertanto della chiusura del concilio.

            Prev. Eccomi ad appagarti. Tenute tutte quelle sessioni che sono necessarie secondo la maggiore o la minore quantità, la maggiore o minore importanza delle materie da trattare, raccolti, come fu detto, in ciascuna sessione i voti dei padri e definite le questioni proposte, le definizioni fatte si distendono in tanti capitoli o canoni. Questi sebbene già stati letti ed approvati nelle singole sedute, vengon tuttavia ad alta voce riletti nelle ultime sessioni. Dopo ciò si sottoscrivono, cominciando pel primo il papa se vi è presente, od i suoi legati in sua assenza, poscia i cardinali, indi i patriarchi, i primati e via via tutti i padri secondo il grado della loro dignità; usando per lo più queste parole: Io N. N. vescovo definendo ho sottoscritto. Se altri non avendo voto deliberativo mettono pur anche la loro {156 [156]} firma, usano una formola, la quale indichi che essi non sottoscrivono come giudici, ma solamente in segno di adesione o di protezione come anticamente facevano gli imperatori[36]. Se il papa assiste in persona al concilio, in questo caso egli sottoscrivendolo il conferma, rendendolo così in materia di fede e di morale infallibile e quindi irreformabili le definizioni, le quali perciò fin da quel momento devonsi considerare e venerare quanto il Vangelo, siccome oracoli dello Spirito Santo. Se poi il papa al concilio non presiede in persona, allora i padri mandandogliene gli atti lo pregano in pari tempo di approvare e confermare colla sua apostolica {157 [157]} autorità quanto essi hanno stabilito, come fecero i padri del concilio niceno primo col papa s. Silvestro. In questo secondo caso soltanto, allora che il papa abbia dato la sua approvazione, il concilio potrà godere del dono dell'infallibilità, ed acquisterà in tutta la Chiesa un'autorità irrefragabile.

            Compiuto nell'ultima sessione quanto sopra, terminate le cerimonie prescritte si canta un solenne Te Deum in ringraziamento al Dio tre volte santo pei ricevuti benefizi, e così si scioglie la più augusta e veneranda assemblea della terra. Ecco in breve quanto verrà generalmente praticato nella celebrazione del prossimo concilio ecumenico. Felici coloro che avranno la bella sorte di trovarsi ad uno spettacolo così raro nei fasti della Chiesa, ad uno spettacolo che ci rende in sulla terra una immagine del Cielo. Godiamo pertanto di vivere in quest'epoca avventurata, in cui per la misericordia di Dio viene compiendosi un atto così solenne della Chiesa {158 [158]} nostra madre, così glorioso per la nostra ss. Religione, e colla preghiera e colla pratica della virtù disponiamo fin d'ora i nostri cuori a ricevere con riverenza e docilità quanto vi sarà decretato.

            Tom. Oh! quanto bramerei d'intervenire anch'io a questo concilio! Ma ciò mi è quasi impossibile tanto più che il papa non mi ha per niente invitato. Ciononostante vorrei ancor io fare qualche cosa in favore del medesimo. Che cosa potrei fare, sig. Prevosto?

            Prev. Se questo è il tuo desiderio, sappi che tu puoi con tutta facilità renderti molto benemerito del concilio e della Chiesa tutta. Ed ecco in qual modo:

            1° Cominciando fin da domani e sino alla solenne chiusura del concilio recita tutti i giorni o al mattino o alla sera tre Ave Maria alla Vergine, Aiuto dei Cristiani, colla seguente giaculatoria: Maria, auxilium Christianorum, ora pro nobis[37], {159 [159]} ed un Pater, Ave e Gloria a s. Pietro colla seguente preghiera per la Chiesa e pel papa.

 

Orazione.

 

            Ascoltate propizio, o Signore, le nostre preghiere, e fate che distrutte le avversità e gli errori tutti, la vostra Chiesa vi serva con piena libertà.

            Onnipotente ed eterno Iddio, usate anche misericordia al vostro servo, nostro sommo pontefice Pio, e secondo la vostra bontà, guidatelo sulla via dell'eterna salute, affinchè per la grazia vostra egli desideri con ardore e compia con fortezza quanto vi piace.

            O Signore, conservatelo, fortificatelo, e rendetelo felice sulla terra, e non permettete mai che egli cada in potere dei suoi nemici. Fate che ei si adoperì a promuovere con apostolico zelo il bene delle anime, ad estendere il vostro regno nel cuore di tutti gli uomini; difenda con fortezza {160 [160]} i diritti della vostra Chiesa e da esperto nocchiero nel procelloso mare di questo mondo guidi al porto della salute la navicella di Pietro. Concedete che egli possa vedere giorni felici per la Chiesa, distrutti gli errori, cessati gli scandali, convertiti i scismatici, gli eretici, e i suoi nemici tutti, così che a capo di numerosissimo gregge possa giungere al cielo, e ricevere da voi, supremo pastore, l'eterno guiderdone. Così sia. Poscia si dica: Sia benedetta la santa ed immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. - Queste preghiere, come dissi, recitatele tutti i giorni.

            2° Procura di guadagnare presto il giubileo, e poi colla maggior frequenza possibile accostati divotamente ai santi Sacramenti della Confessione e della Communione.

            Tom. Bene; ma per qual motivo queste preghiere e questi Sacramenti?

            Prev. Per ottenere da Gesù Cristo e dalla sua santissima Madre e da s. Pietro primo papa queste tre grazie:

            1a Che il concilio non venga impedito {161 [161]} nè disturbato dai nemici di Dio e della Chiesa;

            2a La riunione della Chiesa scismatica alla Chiesa cattolica;

            3a La conversione dei protestanti, specialmente dell'Inghilterra.

            Ti accerto che così facendo tu farai molto in favore del concilio. Per altra parte io ti posso pur anche assicurare che le tue preghiere torneranno molto gradite al nostro Signor Gesù Cristo, il quale altro di più non desidera che di essere pregato per la salute di quelle anime già state da lui redente col proprio sangue. Oh! te felice, se colle tue fervide preci, se colle tue divote comunioni, riuscirai ad ottenere la conversione, fosse ben anco di un solo scismatico, o di un solo protestante! E chi sa ancora che le tue preghiere non ottengano la conversione di qualche vescovo scismatico, o di qualche ministro protesante! Se ciò fosse, ne seguirebbe certamente un gran bene alle anime, poichè costui illuminato dalla luce della verità, ritornando alla {162 [162]} Chiesa Cattolica, col suo esempio e colle sue parole trarrebbe alla medesima il gregge a lui affidato; e così più splendido si farebbe il trionfo della Chiesa, e più abbondante il frutto del concilio, e più bella e più ricca la tua celeste corona.

            Tom. Ebbene il farò; anzi mi adoprerò che il facciano pure anche con me quei della famiglia alla sera tutti insieme. Sono sicuro che mio padre e mia madre e le mie buone sorelle saranno dispostissime a secondarmi. Di più, oh! come sarei contento se potessi eziandio formare una piccola società di altri giovani miei compagni, e tutti d'accordo accostarci per questo santo fine nei giorni festivi alla santa Comunione. Basta, domani metterommi d'attorno, e se la cosa riesce sarà un gran bene davvero. Imperciocchè il nostro giovanile esempio propagandosi darebbe un eccitamento a tante altre persone, e metterebbe in tutta la parochia un insolito fervore. Così m'immagino.

            Prev. Benedica Iddio i tuoi voti. {163 [163]} Io dal canto mio non ti mancherò di aiuto[38].

            Intanto io terminerò la nostra conversazione colle parole di un dotto prelato d'Irlanda, il cardinale arcivescovo di Dublino. «Se gettiamo uno sguardo sulla terra intera, egli dice, qual miserando spettacolo non ci si offre àgli occhi! Dappertutto rivoluzioni, {164 [164]} dapertutto ribellioni, dapertutto discordie civili e minacce di guerra.» E dopo aver fatto passare a rassegna le sciagure, gli scompigli di diverse parti del mondo, egli si ferma sull'Italia e continua: «Fissiamo lo sguardo sull'Italia e che veggiamo noi?... Dappertutto regna la confusione. Di tutta l'italica terra un angolo solo rimane esente da tanta sciagura. In questo angolo regna un venerando vecchio (il papa) non infranto dagli anni, non indebolito dalle ansie e dal dolore; un vecchio il quale nel suo ristretto e impoverito reame sa pure mantenere la pace; sa dare al mondo un esempio d'invitta costanza, e difendere i diritti della società e dell'autorità. Si poco egli teme e le trame, e le mene, che oggi stesso ha chiamato a concilio in Roma tutti i vescovi dell'universo. La causa della giustizia e dell'ordine sarà da questo concilio ecumenico protetta e difesa, e trionferanno, si, di tutti gli ostacoli quei vescovi che non si radunano che per faticare alla salute dell'umanità. {165 [165]} E non è questo uno spettacolo degno dell'Onnipotente?» Così egli.

            Mio caro Tommaso, i nemici di Dio e della Chiesa, vedendo approssimarsi il concilio, tremano. Questo è per noi un buon segno; è segno che va avvicinandosi un grande trionfo. Ma noi vie maggiormente speriamo e confidiamo. Speriamo in Dio, speriamo nella Vergine Immacolata, speriamo in Pio IX, speriamo nel concilio, speriamo nella Chiesa, la quale, fondata da Gesù Cristo sopra di Pietro, fu, è, e sarà sino alla fine dei secoli quale rupe immobile, a conforto dei giusti e guida sicura di tutti i Cristiani, per fare un solo pastore ed un solo ovile sopra la terra, ed un solo regno nella gloria dei Beati in cielo.

            Con permissione ecclesiastica. {166 [166]}

 

Indice

 

            Proemio

pag. 3

            CONVERSAZIONE I. Concili - Loro specie; particolari e generali - Diocesani, provinciali e nazionali - Condizione perchè un concilio si possa dire generale e legittimo - Chi possa convocare il concilio generale - Chi abbia diritto d'intervenire e dare il voto deliberativo - Concili apostolici - Utilità dei concili

7

            CONVERSAZIONE II. Il papa è superiore al concilio - Il papa nelle cose di fede e di morale è infallibile anche per sè solo - Nessun papa come papa ha mai errato - Infallibilà ed autorità del concilio - Nei concili non si creano nuovi dogmi - Le definizioni e le leggi di un concilio obbligano per se stesse i cristiani - Testimonianze non sospette in favore dei concili pag. 39 {167 [167]}

 

            CONVERSAZIONE III. Quanti siano stati i concili generali; breve cenno di ciascuno

80

            CONVERSAZIONE IV. Del concilio vaticano primo. - Suo scopo – Sua opportunità - Gravi ragioni che mossero il papa a convocarlo - Invito fatto ai vescovi scismatici ed ai protestanti - Apertura del concilio - Discussione e modo con cui è infallibile la Chiesa - Chiusura - Preghiera e speranza

133 {168 [168]}

 



[1] La parola ecumenico viene da un vocabolo greco che significa l'universo, o la terra abitata. Quindi concilio ecumenico od universale è quello a cui sono invitati i vescovi di tutu la terra.

[2]Matt. XXVIII.

[3]Att. XX, 28.

[4]Socrat. Storia Eccl. lib. I, cap. 8.

[5]Euseb. Vita di Costant.

[6]Anzi essi dovrebbero porgere alla Chiesa questa dimanda, e intanto adoperarsi in tutti i modi possibili per la celebrazione, e felice riuscita del prossimo Concilio, come ne mostrò speranza il Pontefice nella sua lettera di convocazione. Questo sarebbe un buon mezzo per riparare a'danni che furono cagionati alla religione in questi ultimi tempi. Perfino l'imperatore dei Birmani ancor pagano avendo udito che quest'anno Pio IX radunava un concilio in Roma, ne fu contento, e disse di voler fare le spese di viaggio ai vescovi del suo Stato, e far dei regali. Se così fanno i principi pagani non dovremmo aspettarci di più dai principi cristiani?

[7]Deut. XVII, 8.

[8]Num. XI, 16.

[9]Da queste ebbero origine le lettere così dette encicliche o circolari, che i papi spediscono tuttora alle chiese cattoliche.

[10]Att. XV.

[11]Matt. XVIII, 20.

[12]Matt. XVI, 20.

[13]Giov. XVI, 15 e segg.

[14]Luc. XXII, 32.

[15]Matt. XVI, 18.

[16]Giov. XVII, 20, 21.

[17]Luc. XXII, 31, 32.

[18]In Psal. XL, n. 30.

[19]Epist. XV.

[20]Circa due anni or sono venne diretto un incito ai cattolici di fare voto di credere, professare, difendere e colle parole e cogli scritti, e se fosse d'uopo anche colla vita, l'individuale infallibilità del papa, sebbene ella non sia ancora dichiarata verità di fede, in quella guisa che da buoni cattolici solevasi praticare riguardo all'Immacolata Concezione di Maria prima della solenne definizione, fatta dal regnante ed immortale Pio IX agli 8 dicembre 1854. Noi cogliamo volentieri questa propizia occasione per indirizzare ai nostri lettori sifatto invito, anzi cordialmente li eccitiamo a fare questo voto ad onore di Gesù Cristo e del suo vicario in terra, per acquisto di maggiori meriti in cielo, pregando ad un tempo il pietoso Iddio a fare si che presto si bella verità venga dalla santa Chiesa solennemente dichiarata quale dogma di fede.

[21]Matt. XVIII, 17.

[22]Att. XV, 41.

[23]L'accennato errore fu già condannato dal Regnante Pio IX nella sua lettera enciclica: Quanta cura del 8 dicembre 1864.

[24]I Epist. Contra Zwinglium.

[25]Mentre era portato pubblicamente in trionfo per essere restituito alta primiera dignità, oppresso da naturale bisogno si ritirò in un cesso, dove rendendo gran quantità di sangue miseramente morì.

[26]Il simbolo niceno con questa aggiunta è quello che vien detto volgarmente il Credo, e si canta tutte le domeniche nella Messa parrocchiale.

[27]Si notì che Martino V approvò solamente quello che nel concilio era stato definito intorno alla fede.

[28]Dopo che il papa Eugenio dichiarò il concilio di Basilea trasferito altrove alcuni indegni prelati vollero continuarlo in Basilea a dispetto di lui e contro di lui. Laonde il preteso concilio di Basilea non si ha da tenere per ecumenico nemmeno nelle prime sessioni. I suol decreti nè primi nè ultimi non furono mai approvati da alcun papa, e, ohe che si dica, nemmeno da Eugenio IV. E ben con ragione pertanto s. Antonino che viveva in quel tempo chiamò questo preteso concilio di Basilea: Conciliabolo di satana.

[29]Ovidio.

[30]Vedi eziandio l'Enciclica Quanta cura di Pio IX in data delli 8 dicembre 1864, e il sillabo annesso, prop. 79.

[31]Tutti questi cumuli di mali furono assai giustamente e filosoficamente dall'illustre vescovo di Orleans ridotti nella celebre sua lettera sul futuro concilio a questi tre punti:

                1o La ruina delle adunanze, crollate dalla direzione empia degli studi scientifici e filosofici;

                2° la sfrenatezza dei costumi sospinta da mille mezzi di propaganda corrompitrice;

                3o da ultimo gli equivochi infondati che i nemici della religione si compiacciono di fomentare tra la Chiesa ed i popoli moderni. Ecco le tre malattie da guarire dal prossimo concilio.

[32]Lo stesso giornale protestante il Times discorrendo dell'invito del Santo Padre ai protestanti lo dichiarò una prova della sua benignità ben nota (Times 3 ottobre 1868).

[33]Notizie del gennaio corrente anno dall'Oriente ci dicono che colà si spera nel futuro concilio. I scismatici armeni se ne danno un gran pensiero, e mostransi pronti ad entrare in seno alla Chiesa Cattolica. Si spera che anche una buona parte dei scismatici greci faranno lo stesso, nonostanti le opposizioni del loro patriarca di Costantinopoli, il quale giunse sino alla scortesia di rifiutare la lettera d'invito che gli mandava il papa. Questo atto scortese è assai biasimato tra gli stessi greci scismatici.

                Parecchi vescovi dichiararono già di volersi rendere indipendenti dalla sua giurisdizione.

[34]Affinchè i fedeli possano colle loro preghiere ottenere da Dio grazie speciali in favore del concilio il papa Pio IX ha già concesso un'Indulgenza plenaria in forma di giubileo da lucrarsi al cominciar del primo giorno di giugno sino al terminar del concilio.

[35]Fin dall'anno passato il nostro Santo Padre per preparare gli studi neccesari intorno alle materie che dovranno sottomettersi all'esame ed alla definizione del concilio, ha nominato sei commissioni, o congregazioni secondo sei diverse materie da trattarsi, composta ciascuna di parecchi insigni e dotti personaggi, alcuni dei quali fatti venire in Roma da molte parti del mondo e presieduta da un cardinale. Queste singoli Commissioni si radunano e assai spesso sotto la presidenza del rispettivo capo per discutere gli argomenti proposti. Ogni cosa viene esaminata, e discussa, provata con tutto lo svolgimento delle ragioni teologiche, e le dimostrazioni scientifiche, di cui è capace la materia.

                Sua Santità poi per mezzo dei rispettivi Cardinali presidenti viene informato di ogni cosa, e tutto colla sua alta e sapiente direzione governa in ordine al buon riuscimento del concilio. Tutto questo però altro non è che uno studio preparatorio. Imperocchè sulle proposte materie il solo concilio assistito dallo Spirito Santo dovrà portare il suo definitivo giudizio, perchè al solo corpo episcopale, presieduto dal sommo Pontefice si appartiene il pronunziare con parola infallibile: Visum est Spiritui Sancto et nobis.

[36]È degno di osservazione che nel concilio generale di Firenze solo Eugenio IV che in persona lo presiedeva sottoscrivendo adoperò la parola definire scrivendo: Io Eugenio vescovo della Chiesa cattolica così definendo ho sottoscritto. Tutti gli altri vescovi sebbene veri giudici, tuttavia per rispetto al Papa si astennero dalla parola definire, e si contentarono di apporvi soltanto il proprio nome.

[37]Chi recita questa giaculatoria guadagna ogni volta l'Indulgenza di 300 giorni concessa testè dal regnante Pio IX (14 febbraio 1869).

[38]Sarebbe cosa lodevolissima che l'esempio di questo buon giovane fosse da altri imitato, specialmente dai figli e dalle figlie tra di loro divisi in tante compagnie da dieci in dodici ciascuna. Così si verrebbe a rendere una testimonianza di fede, di speranza e di amore al glorioso e magnanimo Pontefice, e alla santa Chiesa nostra dolcissima madre.

                A questo scopo noi ci raccomandiamo ai nostri lettori pregandoli di associarvisi. I parochi lo inculchino ai loro parochiani; i superiori di stabilimenti alle persone loro soggette. I padri e le madri di famiglia ai loro dipendenti. In questa guisa oltre al buon effetto della preghiera e della frequenza ai santi Sacramenti, un altro vantaggio si otterrà pur anche, ed è di risvegliare e mantenere viva tra il popolo cristiano la fede nel prossimo concilio, pronti gli animi a ricevere poscia con docilità gli statuti ed osservarne fedelmente le leggi.




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