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  San Giovanni Bosco - Opere Edite.

REGOLE O COSTITUZIONI DELLA SOCIETÀ DI S. FRANCESCO DI SALES

secondo il decreto di approvazione del 3 aprile 1874

 

 

TORINO, 1875. {III [11]} {IV [12]}

 

 

[è premesso agli scritti attribuiti o attribuibili a Don Bosco]

 

 

 

 

INDEX

 

REGOLE O COSTITUZIONI DELLA SOCIETÀ DI S. FRANCESCO DI SALES  1

Ai soci salesiani 2

Entrata in religione. 2

Vantaggi temporali. 3

Vantaggi spirituali. 3

I voti. 4

Ubbidienza. 5

Povertà  5

Castità. 6

Pratiche di pietà. 7

Cinque importanti ricordi. 8

Dubbio della vocazione. 9

Cari salesiani, 9

 

REGOLE O COSTITUZIONI DELLA SOCIETÀ DI S. FRANCESCO DI SALES {XLIII [51]}  11

I. Scopo della Società di S. Francesco di Sales. 12

II. Forma di questa società. 12

III. Del voto di ubbidienza. 13

IV. Del voto di povertà. 13

V. Del voto di castità. 14

VI. Governo religioso della società. 14

VII. Governo interno della società. 15

VIII. Della elezione del rettore maggiore. 16

IX. Degli altri superiori. 17

X. Di ciascuna casa in particolare. 18

XI. Dell'accettazione. 19

XII. Dello studio. 20

XIII. Pratiche di pietà. 20

XIV. Degli ascritti ossia dei novizi. 21

XV. Dell'abito. 22

Formolario della professione religiosa pei soci di S. Francesco di Sales. 22

Formola dei voti. 23

Conclusione. 24

 


Ai soci salesiani

 

            Le nostre costituzioni, o figliuoli in G. C. dilettissimi, furono definitivamente approvate dalla Santa Sede il 3 aprile 1874.

            Questo fatto deve essere da noi salutato come uno dei più gloriosi per la nostra Congregazione, come quello che ci assicura che nell’osservanza delle nostre regole noi ci appoggiamo a basi stabili, sicure, e, possiamo dire, infallibili, essendo infallibile il giudizio del Capo Supremo della Chiesa che le ha sanzionate.

            Ma qualunque pregio porti seco questa approvazione tornerebbe di poco frutto, se tali regole non fossero conosciute {V [13]} e fedelmente osservate. Egli è appunto per fare in modo che le medesime si possano comodamente da ciascuno conoscere, leggere, meditare e quindi praticare, che giudico bene di presentarvele tradotte dal loro originale. Il testo latino fu stampato separatamente; qui avrete le regole comuni a tutti i soci salesiani.

            Credo poi cosa utile notarvi alcune cose pratiche, le quali faciliteranno la conoscenza dello spirito, di cui quelle sono informate. Io parlo col linguaggio del cuore, ed espongo brevemente quello che l’esperienza mi fa giudicare opportuno per vostro profitto spirituale e per vantaggio di tutta la nostra Congregazione.

 

 

Entrata in religione.

 

            Il nemico dell’uman genere esercita la sua malignità contro agli uomini {VI [14]} in tre modi cioè: coi piaceri o soddisfazioni terrene, colle sostanze temporali e specialmente colle ricchezze, e coll’abuso della libertà. Omne quod est in mundo, dice l’apostolo s. Giovanni, concupiscentia carnis est, et concupiscentia oculorum, et superbia vitae[1]. Come mai liberarci da queste pericolose catene, con cui incessantemente il demonio tenta di legarci e strascinarci alla perdizione? Solamente la religione può somministrarci i mezzi, con cui combattere questi tre formidabili nemici. Il cristiano, che brama di mettere in sicuro l’anima propria, abbracciando lo stato religioso, con un colpo solo riduce in pezzi queste catene. Col voto di castità rinuncia ad ogni soddisfazione sensibile; colla povertà si libera dai gravi impacci delle cose temporali; col voto di obbedienza {VII [15]} mette freno alla propria volontà, e si trova perciò fuori del caso di abusarne.

            Per questo motivo, chi lascia il mondo per entrare in religione, viene paragonato a coloro che in tempo del diluvio si salvarono nell’arca di Noè. In mezzo al mondo siamo come in un mar burrascoso, in cui l’iniquità e la malignità sono da per tutto portate in trionfo. Il mondo, dice il Salvatore, è tutto posto nella malignità: et mundus totus in maligno positus est[2]. Il religioso è simile a colui che monta sopra un bastimento, e tutto affidandosi alle cure di valente capitano riposa tranquillo anche in mezzo alle burrasche. Il religioso trovasi in una fortezza custodita dal Signore. E quando un forte presidio ne fa la guardia, dice il Salvatore, ognuno può dimorarvi con sicurezza: cum fortis {VIII [16]} armatus custodit atrium suum in pace sunt ea quae possidet[3].

            Tanta è la pace e la tranquillità, che si gode in questa mistica fortezza, che se Dio la facesse conoscere e gustare da chi vive nel secolo, si vedrebbero tutti gli uomini fuggirsene dal mondo e dare la scalata ai chiostri, a fine di penetrare colà e passare i giorni di loro vita. Consulto Deus gratiam religionis occultavit, nam si eius felicitas cognosceretur, omnes, relitto saeculo, ad eam concurrerent. (S. Lorenzo Giustiniani).

 

 

Vantaggi temporali.

            Ognuno deve entrare in religione guidato unicamente dal pensiero di assicurare la sua eterna salvezza; tuttavia possiamo essere anche tranquilli che in questa benedetta fortezza Dio {IX [17]} provvederà a quanto è necessario per la vita temporale. Nelle corporazioni religiose ogni individuo è membro di una gran famiglia, che ha, per capo Gesù Cristo, rappresentato nella persona del superiore. Non datevi pensiero, egli ci dice, di quanto è mestieri per mangiare, per bere o per vestirvi. Siate soltanto solleciti del regno de’cieli e delle opere che a questo conducono, e poi lasciate al Padre celeste la cura di tutte le altre cose. Quaerite ergo primum regnum Dei et iustitiam eius: et haec omnia adiicientur vobis[4]. Di fatto nella stessa nostra Congregazione, che non ha possedimento alcuno, ci è forse mancato qualche cosa?

            Coll’aiuto di questa amorosa divina Provvidenza abbiamo potuto fondare case, chiese, fornirle di suppellettili, {X [18]} agli allievi, che entro vi sono. Parecchi fecero i loro studi, altri appresero quell’arte o mestiere, che loro conveniva, senza che sia mai mancata cosa alcuna per alloggiarci, nutrirci, vestirci sia in tempo di sanità, che nei casi di malattia. Tutti gli Istituti religiosi, le Congregazioni ecclesiastiche, e segnatamente gli ordini mendicanti ebbero sempre a provare gli amorosi tratti della divina Provvidenza.

 

 

Vantaggi spirituali.

            Noi però non vogliamo darci al Signore per cose miserabili della terra. Noi andiamo in cerca di beni spirituali, beni non più soggetti ai furti o alle rapine; vogliamo beni che giovino per la vita futura, a metterci un giorno al possesso dei godimenti del cielo. s. Bernardo (De bono religionis) ci fa un {XI [19]} breve, ma chiaro concetto dei beni della vita religiosa con queste parole: Homo vivit purius? cadit rarius, surgit velocius, incedit cautius, irroratur frequentius, quiescit securius, moritur  confidentius, purgatur citius, remuneratur copiosius. Diamone breve spiegazione.

            Vivit purius, vive con maggior purezza. L’uomo che si consacra a Dio in religione si scioglie da tutti gli impacci e da tutte le lusinghe del mondo, perciò vive con maggior purezza di cuore, di volontà e di opere, e per conseguenza ogni sua opera, ogni parola viene spontaneamente offerta a Dio con purezza di corpo e con mondezza di cuore: casto corpore et mundo corde. La qual cosa, se non vogliamo dire impossibile, è certamente assai difficile a chi vive in mezzo al mondo.

            Cadit rarius; cade più raramente. {XII [20]} La profession religiosa non rende l’uomo impeccabile, ma somministra mezzi da praticarsi, i quali impediscono la caduta, o si cadrà più di rado, e per lo più solamente in cose leggere, difetti o venialità, in cui le stesse anime giuste cadono spesse volte al giorno. Septies enim cadit iustus.[5]

            Surgit velocius. Si rialza più presto. Chi vive nel secolo, se per disgrazia cade in qualche male, egli è solo, nè ha chi l’aiuti; anzi per lo più è burlato e disprezzato se cerca di rialzarsi. Vae soli? quia cum ceciderit non habet sublevantem se[6]. Ma in religione qualora sgraziatamente alcuno cadesse, ha subito chi l’aiuta. Le regole, le pratiche di pietà, l’esempio dei confratelli, gli inviti, i consigli dei superiori, tutto contribuisce a {XIII [21]} farlo rialzare. Si unus ceciderit ab altero fulcietur. È aiutato dai confratelli a risorgere, dice san Tommaso, iuvatur a sociis ad resurgendum.

            Incedit cautius. Cammina con maggior cautela. Egli vive in una fortezza, cui fa guardia il Signore. Mille mezzi gli vengono in aiuto per difenderlo ed assicurarlo della vittoria nelle tentazioni.

            Irroratur frequentius. Sopra di lui cade più spesso la rugiada delle grazie del cielo. Ha rinunciato al mondo e a tutte le sue vanità. Mediante l’osservanza dei voti religiosi, occupato unicamente in ciò che torna alla maggior gloria di Dio, si merita ad ogni momento divine benedizioni e grazie speciali.

            Quiescit securius: riposa con maggior sicurezza. Chi vive nel secolo voglia o non voglia deve spesso provare le inquietudini e le amarezze, di cui è piena la vita dell’uomo. Ma se esso si allontana dalle cure temporali può {XIV [22]} liberamente occuparsi del servizio del Signore, affidando ogni pensiero del presente e dell’avvenire nelle mani di Dio e de’suoi superiori, che ne fanno le veci. Se egli osserva fedelmente le sue regole può godere il paradiso anticipato.

            Moritur confidentius. Muore con maggior confidenza di sua eterna salvezza. I mondani paventano al punto di morte, per quello che hanno goduto, che devono abbandonare, e di cui devono quanto prima rendere conto al tribunale del Signore. Ma chi tutto abbandonò per darsi a Dio, chi rinunciò a tutti i godimenti della terra nella speranza del premio celeste, egli non è più affezionato ad alcuna cosa terrena, perciò non altro attende che uscire da questa valle di lagrime per volare in seno al Creatore. Inoltre la coscienza in buono stato, i Sacramenti e gli altri religiosi conforti che si ricevono; {XV [23]} l’assistenza, le preghiere dei confratelli, gli faranno vedere la morte come fine di quelle fatiche, che devono aprirgli le porte del cielo.

            Purgatur citius. Sarà per lui più breve il purgatorio. Le indulgenze acquistate, il merito dei Sacramenti, i suffragi che in morte e dopo morte si faranno per lui in tutta la Congregazione, lo assicurano che poco o niente dovrà rimanere in purgatorio. Beati quelli che morti al mondo muoiono nel Signore. Beati mortui qui in Domino moriuntur; perchè, dice s. Bernardo, costoro con un sol passo dalla cella volano al cielo. Est facilis via de cella in coelum.

            Remuneratur copiosius. In cielo avrà più copiosa rimunerazione. Chi dà un bicchier d’acqua fresca per amore del Padre celeste, avrà sua mercede. Colui poi che abbandona il mondo, rinuncia ad ogni soddisfazione terrestre, {XVI [24]} dà vita e sostanze per seguire il divin Maestro, quale ricompensa non avrà in cielo? Inoltre le penitenze sostenute, le preghiere, i Sacramenti, le anime salvate col suo buon esempio e colle sue fatiche, i molti suffragi che continueranno a farsi nella Congregazione lo collocheranno senza dubbio sopra di un maestoso trono di gloria, dove nel cospetto di Dio, qual luminoso sole, risplenderà per tutta l’eternità. Iusti fulgebunt sicut sol in regno Palris eorum (Matth. 13, 43).

 

 

I voti.

            La prima volta che il Sommo Pontefice parlò della Società Salesiana disse queste parole: In una congregazione o società religiosa sono necessari i voti, affinchè tutti i membri siano da un vincolo di coscienza legati col superiore, e il superiore tenga sè e i {XVII [25]} suoi legati col Capo della Chiesa, e per conseguenza con Dio medesimo.

            I nostri voti pertanto si possono chiamare altrettante funicelle spirituali, con cui ci consacriamo al Signore, e mettiamo in potere del superiore la propria volontà, le sostanze, le nostre forze fisiche e morali, affinchè tra tutti facciamo un cuor solo ed un’anima sola per promuovere la maggior gloria di Dio, secondo le nostre costituzioni, come appunto c’invita la Chiesa quando dice nelle sue preghiere: ut una sit fides mentium, et pietas actionum[7]. I voti son un’offerta eroica con cui moltissimo si accresce il merito delle opere nostre. s. Anselmo insegna che un’opera buona senza voto è come il frutto d’una pianta. Chi la fa con voto, col frutto offre a Dio la stessa pianta. S. Bonaventura rassomiglia l’opera fatta senza voto a chi offre il reddito, ma non il capitale. {XVIII [26]} Col voto poi si offre a Dio e reddito e capitale intiero.

            Mentre per altro i voti aumentano in cotale guisa il merito delle nostre opere, e le rendono tanto care a Dio, dobbiamo darci massima sollecitudine per non trascurarli. Chi non sentesi di osservarli, egli non deve emetterli, o almeno differirne la emissione finchè in cuor suo non sentasi ferma risoluzione di osservarli. Altrimenti egli fa a Dio una promessa stolta ed infedele, la quale non può a meno che dispiacergli. Displicet enim Deo infidelis et stolta promissio[8]. Noi pertanto prepariamoci bene a questa eroica consacrazione, ma quando l’avremo fatta procuriamo di mantenerla anche a costo di lungo e grave sacrifizio: redde Altissimo vota tua[9]{XIX [27]}

 

 

Ubbidienza.

            Nel voto della ubbidienza sta il complesso di tutte le virtù, dice s. Girolamo, in obedientia summa virtutum clausa est. Tutta la perfezione religiosa consiste nella pratica dell’ubbidienza. Tota religionis perfeotio in voluntatis nos trae subtractione consistit. Così s. Bonaventura. L’uomo ubbidiente, dice lo Spirito Santo, riporta vittoria su tutti i vizi. Vir obediens loqueturvictoriam[10]. S. Gregorio Magno conchiude che l’ubbidienza conduce al possesso di tutte le altre virtù, e tutte le conserva. Obedientia caeteras virtutes in mentem ingerit et custodit. (Moral. 1, 35).

            Questa ubbidienza però deve essere secondo l’esempio del Salvatore che la praticò nelle cose anchè più difiiciti {XX [28]}, fino alla morte; e qualora tanto volesse la gloria di Dio, dobbiamo noi pure obbedire fino a dar la vita. Factus est pro nobis obediens usque ad mortem, mortem autem crucis.[11]

            S. Paolo Apostolo mentre raccomanda caldamente questa virtù, aggiunge siate ubbidienti ai vostri superiori, e state sottomessi ai loro ordini, imperciocchc; non gli inferiori, ma i superiori devono vegliare come se dovessero a Dio rendere conto delle cose, che riguardano al bene delle anime vostre. Ubbidite volentieri e prontamente, affinchè possano compiere l’Uffizio di superiori con gaudio e non fra gemiti e sospiri: Obedite praaepositis vestris et subiacete eis; ipsi enim pervigilant quasi rationem pro anima bus vestris reddituri, ut cum gaudio hoc faciant et non gementes.[12] {XXI [29]}

            Notate bene che il fare le cose che ci piaciono e tornano di gradimento, non è vera ubbidienza, ma è secondare la propria volontà. La vera ubbidienza, che ci rende cari a Dio ed agli uomini, consiste nel far con buon animo qualunque cosa ci sia comandata dalle nostre costituzioni, o dai nostri superiori, che sono mallevadori delle nostre azioni in faccia a Dio, hilarem enim datovvem diligit Deus[13]; consiste nel mostrarci arrendevoli anche nelle cose difficili, contrarie al nostro amor proprio, e di volerle eziandio compiere con pena e con patimenti. In questi casi l’ubbidienza è più difficile, ma assai più meritoria, e, come ci assicura G. C., ci conduce al possesso del regno dei cieli: Regnum coelorum vien patituiet violenti rapiunt illud[14] {XXII [30]}

 

 

Povertà

            Se non lasciamo il mondo per amore, dovremo un dì lasciarlo per forza. Coloro peraltro che nel corso del vivere mortale lo abbandonano con atto spontaneo avranno il centuplo nella vita presente, e il premio eterno in futuro. Chi al contrario non sa risolversi a fare questo sacrifizio volontariamente, dovrà farlo per forza in punto di morte, ma senza ricompensa, anzi coll’obbligo di rendere stretto conto delle sostanze che per avventura taluno avesse posseduto.

            E vero che le nostre costituzioni permettono il possesso e l’uso di tutti i diritti civili; ma entrando in congregazione non si può più nè amministrare, nè disporre delle cose proprie se non col consenso del superiore, e nei limiti da questo stabiliti, a segno {XXIII [31]} che in Congregazione egli è considerato letteralmente come chi nulla più possiede,. essendosi fatto povero per divenire ricco con Gesù Cristo. Egli seguita l’esempio del Salvatore, che nacque nella povertà, visse nella privazione di tutte le cose, e mori nudo in croce.

            Ascoltiamo di fatto ciò che egli dice chi non rinuncia a tutto quello che possiede non è degno di me, non può essere mio discepolo. Ad un cotale che voleva porsi alla sua sequela, va, gli disse, vendi prima quanto hai nel secolo, donalo ai poveri, di poi vieni, seguimi ed avrai assicurato un tesoro in cielo.

            Diceva a’suoi apostoli che non possedessero più di una veste, nè si dessero pensiero di ciò che avrebbero potuto mangiar nel ministero delle loro predicazioni. Di fatto non leggiamo che egli, i suoi apostoli, o alcuno dei {XXIV [32]} suoi discepoli abbiano in particolare posseduto campagne, case, suppellettili, abiti, vettovaglie o simili. E san Paolo dice chiaramente che i seguaci di Cristo dovunque vadano, qualunque cosa facciano, devono essere contenti degli alimenti strettamente necessari per la vita, e degli abiti con cui coprirsi. Ha bentes autem alimenta, et quibus tegamur, his contenti simnus[15].

            Tutto quello che eccede alimenti e indumenti per noi è superfluo, è contrario alla vocazione religiosa. È vero che tal volta dovremo tollerare qualche disagio nei viaggi, nei lavori, in tempo di sanità o di malattia. Talora avremo vitto, vestito od altro che non saranno di nostro gusto; ma appunto in questi casi dobbiamo ricordarci, che siamo poveri, e che se vogliamo averne merito dobbiamo sopportarne le conseguenze. {XXV [33]} Guardiamoci bene da un genere di povertà altamente biasimato da s. Bernardo. Vi sono di quelli, egli dice, che si gloriano di esser chiamati poveri, ma non vogliono i compagni della povertà. Gloriantur de nomine paupertatis, et socios paupertatis fugiunt. Altri poi sono contenti di essere poveri, purchè loro niente manchi. Pauperes esse rolunt, eo tamen paeto ut nihil eis desit. (De Adv. Dom.)

            Se pertanto il nostro stato di povertà è cagione di qualche incomodo o sofferenza, rallegriamoci con s. Paolo, che si dichiarava nel colmo di allegrezza in ogni sua tribulazione: superabundo gaudio in omni tribulatione mea. Oppure come facevano gli apostoli che erano pieni di contentezza, quando ritornavano dal Sinedrio, perchè colà erano stati fatti degni di patire disprezzi pel nome di Gesù. Ibant apostoli gaudentes a conspectu concilii, {XXVI [34]} quoniam digni habiti sunt pro nomine lesu contumeliam pati[16]. Egli è appunto a questo genere di povertà cui non solo è promesso, ma è assicurato il regno de’cieli. Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum eoelorum.

 

 

Castità.

            La virtù sommamente necessaria, virtù grande, virtù angelica, cui fanno corona tutte le altre virtù, è la castità. Ad essa possono applicarsi le parole dello Spirito Santo, che dice: Tutti i beni si raccolgono intorno a questa. Venerunt autem mhi omnia bona paviter cum illa[17]. Il Salvatore ci assicura che coloro, i quali posseggono questo inestimabile tesoro, anche nella vita mortale, diventano simili agli angeli di Dio. Erunt sicut Angeli Dei. {XXVII [35]}

            Ma questo candido giglio, questa rosa preziosa, questa perla inestimabile è assai invidiata dal nemico delle nostre anime, perchè egli sa che se riesce a rapircela, possiamo dire che l’affare della nostra santificazione è rovinato. La luce si cambia in caligine, la fiamma in nero carbone, l’angelo del cielo è mutato in Satanasso, quindi perduta ogni virtù. Qui, o miei cari, io credo fare cosa vantaggiosa alle anime vostre, notandovi alcune cose che voi mettendo in pratica ne avrete grande vantaggio, anzi parmi potervi assicurare la conservazione di quella e delle altre virtù. Ritenete adunque:

            1° Non aggregatevi alla Società Salesiana se non dopo esservi consigliato con persona prudente, che vi giudichi tali da poter conservare questa virtù.

            2° Evitate la famigliarità colle persone di altro sesso, nè mai contraete amicizie particolari coi giovanetti dalla {XXVIII [36]} Divina Provvidenza alle nostre cure affidati. Carità e buone maniere con tutti, ma non mai e non mai famigliarità particolare con alcuno. O amar nessuno, o amar tutti egualmente, dice s. Girolamo.

            3º Tenete a freno i sensi del corpo. Lo Spirito Santo dice chiaro che il corpo è l’oppressor dell’anima: corpus enim quod coi rumpitur, aggravat animam[18]. Perciò s. Paolo si sforzava di donarlo con severi castighi, sebbene fosse affranto dalle fatiche. Castigo corpus rneum et in servilutem redigo[19].

            Una speciale temperanza poi è raccomandata nel mangiare e nel bere vino e castità non possono star insieme.

            4° Scogli terribili della castità sono i luoghi, le persone e le cose del secolo. {XXIX [37]} Io non mi ricordo d’aver letto, o di aver udito a raccontare, che un religioso siasi recato in patria sua, ed abbia riportato qualche vantaggio spirituale. Al contrario se ne annoverano migliaia e migliaia, che non mostrandosene persuasi vollero farne esperimento, ma ne provarono amaro disinganno, anzi non pochi rimasero vittima infelice della sognata domestica libertà.

            5° Trionfante d’ogni vizio, e fedele custode della castità è l’osservanza esatta delle nostre regole, specialmente delle pratiche di pietà. Le Congregazioni ecclesiastiche sono come altrettanti piccoli forti avanzati. Urbs fortitudinis Sion, ponetur in ea murus et antemurale[20]. Il gran muro, ossia i bastioni della religione, sono i precetti di Dio e della sua Chiesa.

            Il demonio per farli violare mette {XXX [38]} in opera ogni arte ed inganno. Ma per indurre i religiosi a trasgredirli, procura prima di abbattere l’antemurale, o forte avanzato, vale a dire le regole e le costituzioni del proprio istituto. Quando il nemico dell’anima vuole sedurre un religioso e spingerlo a violare i divini precetti, comincia per fargli trascurare le cose più piccole, poi quelle di maggior importanza, dopo di che assai facilmente lo conduce alla violazione della legge del Signore; avverandosi quanto dice lo Spirito Santo: Qui spernit modica, paullatim decidet.

            Dunque, o cari figliuoli, siamo fedeli nell’osservanza delle nostre regole, se vogliamo essere fedeli ai divini precetti. Le nostre sollecitudini siano poi costantemente e con diligenza speciale dirette all’osservanza esatta delle pratiche di pietà, che sono il fondamento e il sostegno di tutti gli istituti religiosi. {XXXI [39]}

 

 

Pratiche di pietà.

 

            Siccome il cibo alimenta il corpo e lo conserva, così le pratiche di pietà nutriscono l’anima e la rendono forte contro alle tentazioni. Fino a tanto che noi saremo zelanti nell’osservanza delle pratiche di pietà, il nostro cuoreè in buon’armonia con tutti, e vedremo il salesiano allegro, contento della sua vocazione. Al contrario conlincierà a dubitar di sua vocazione, anzi provare forti tentazioni quando nel suo cuore comincia a farsi strada la negligenza delle pratiche dì pietà. La storia ecclesiastica ci fa toccare con mano, che tutti gli ordini religiosi e tutte le congregazioni ecclesiastiche fiorirono e promossero il bene della religione fino a tanto che la pietà tenne il suo posto; e al contrario ne abbiamo veduti non pochi a decadere, altri a cessare {XXXII [40]} di esistere, ma quando? Quando si rallentò lo spirito di pietà e ciascuno si diede a cercare quae sua sunt, non quae sunt Iesu Christi[21].

            Se noi pertanto, o figliuoli, amiamo la gloria della nostra Congregazione, se desideriamo che si propaghi, e si conservi fiorente a vantaggio delle anime nostre e dei nostri fratelli, diamoci la massima sollecitudine di non mai trascurare la meditazione, la lettura spirituale, la visita quotidiana al SS. Sacramento, la confessione ebdomadaria, il rosario della s. Vergine, la piccola astinenza del venerdì. Sebbene ciascuna di queste pratiche separatamente non sembri gran cosa, tuttavia contribuisce efficacemente al grande edifizio della nostra perfezione e della nostra salvezza. Vuoi crescere e diventare grande agli occhi di Dio? dice {XXXIII [41]} s. Agostino comincia dalle cose più piccole. Si vis magnus esse a minimo incipe.

            La parte poi fondamentale delle pratiche di pietà, quella che in certo modo tutte le abbraccia, consiste in fare ogni anno gli esercizi spirituali, ogni mese l’esercizio della buona morte. Credo che si possa dire assicurata la salvezza di un religioso, se ogni mese si accosta ai SS. Sacramenti, e aggiusta le partite oli sua coscienza, come dovesse di fatto da questa vita partire per la eternità. Se adunque amiam l’onore della nostra Congregazione, se desideriamo la salvezza dell’anima, siamo osservanti delle nostre regole, siamo puntuali anche nelle più ordinarie, perchè colui che teme Dio non deve trascurar niente di quanto può contribuire a sua maggior gloria. Qui timet Deum nihil negligit {XXXIV [42]}

 

 

Cinque importanti ricordi.

 

            L’esperienza ha fatto conoscere cinque cose, che si possono chiamare i cinque tarli dell’osservanza religiosa, e la rovina delle congregazioni. Io ve li noterò brevemente.

            1° Fuggire il prurito di riforma. Adopriamoci di osservare le nostre regole senza darci pensiero di migliorarle o di riformarle. Se i salesiani, disse i l nostro grande benefattore Pio IX, senza pretendere oli migliorare le loro costituzioni, studieranno di osservarle puntualmente, la lor Congregazione sarà ognor più fiorente.

            2° Rinunciare all’egoismo individuale, quindi non mai cercare il vantaggio privato di se stesso, ma adoperarci con grande zelo pel bene comune della Congregazione. Amarci, aiutarci col consiglio, colla preghiera, {XXXV [43]} promuovere l’onore dei nostri confratelli, non come cosa di un solo, ma curve nobile ed essenziale retaggio di tutti.

            3° Non mormorare dei superiori, non disapprovare le loro disposizioni. Qualora vengaci a notizia cosa che a noi sembri materialmente o moralmente cattiva, si esponga umilmente ai superiori. Essi soro da Dio incaricati a vegliare sopra le cose e sopra le persone, perciò essi e non altri dovranno rendere conto della loro amministrazione.

            4° Niuno trascuri la parte sua. I Salesiani considerati insiemme formano un solo corpo, ossia la Congregazione. Se tutti i membri di questo corpo compiono il loro uffizio, tutto procederà con ordine e con soddisfazione; altrimenti succederanno disordini, slogature, rotture, sfasciamento e infine la rovina del corpo medesimo. Ciascuno {XXXVI [44]} pertanto compia l’ufficio che gli è affidato, ma lo compia con zelo, con umiltà, e non si sgomenti se dovrà fare qualche sacrifizio a lui gravoso. Si consoli che sua fatica torna utile a quella Congregazione al cui vantaggio ci siam tutti consacrati.

            5° In ogni nostro uffizio, in ogni nostro lavoro, pena o dispiacere, non dimentichiamo mai che essendoci consacrati a Dio, per lui solo dobbiamo faticare, e da lui soltanto attendere la nostra mercede. Egli tiene minutissimo conto di ogni più piccola cosa fatta poi suo santo nome, ed ò di fede, che a suo tempo ci compenserà con abbondante misura. In fin di vita, quando ci presenteremo al suo divin tribunale, mirandoci con volto amorevole ci dirà: Tu sei stato fedele in poco ed io ti farò padrone di molto; entra nel gaudio del tuo Signore. Quia in pauca fuisti fidelis, supra multa te constituam, intra in gaudium Domini tui. {XXXVII [45]}

 

 

Dubbio della vocazione.

 

            Chi si consacra al Signore coi santi voti, egli fa un’offerta delle più preziose e delle più gradite alla Divina Maestà.

            Ma il nemico dell’anima accorgendosi che con questo mezzo uno si emancipa dal suo servizio, suole turbare la mente con mille inganni per farci ritornare indietro e indurci a battere la pericolosa via del secolo. Il principale di questi inganni è farci dubitare della vocazione, cui tiene dietro lo scoraggiamento, la tiepidezza, e spesso il ritorno a quel secolo, che abbiamo tante volte conosciuto traditore, e che per amore del Signore Brasi abbandonato.

            Se mai, figliuoli amatissimi, voi foste assaliti da questa pericolosa tentazione, dovete tosto rispondere in cuor {XXXVIII [46]} vostro, che quando entraste in Congregazione, Dio vi aveva concesso il prezioso dono della vocazione, e se adesso è divenuta dubbiosa è una tentazione, cui forse ci date occasione, e che dovete spregiare o combattere come una vera insinuazione diabolica. Spesso la mente agitata dice al dubbioso: Tu puoi fare meglio altrove. Voi rispondete subito colle parole di s. Paolo, che dice: Ciascuno sia perseverante nella vocazione in cui si trova. Unusquisque in qua vocatione vocatus est in ea permaneat[22]. Anzi lo stesso s. Paolo supplica a camminare fermi nella vocazione in cui ciascuno è chiamato. Obsecro ut ambuletis in vocatione qua vocati estis[23]. Se noi osserviamo esattamente le nostre regole, siamo sicuri di giungere a salvamento. {XXXIX [47]} Al contrario l’esperienza ha fatto tristamente conoscere che coloro, i quali sono usciti dall’istituto già professato, per abbracciarne un altro, per lo più restarono ingannati. Alcuni si pentirono e non trovarono più pace; altri vennero esposti a gravi pericoli, non pochi perdettero la vocazione, e taluni divennero perfino ad altri pietra di scandalo con grande rischio della propria e della altrui perdizione.

            Mentre poi la vostra mente e il vostro cuore sono agitati dai dubbi, io vi raccomando caldamente a non prendere deliberazione di sorta, perchè in tali deliberazioni non vi può essere la volontà del Signore. Non in commotione Dominus. In questi casi io vi consiglio di presentarvi ai vostri superiori, aprite loro sinceramente il vostro cuore, e seguitene fedelmente i consigli. Qualunque cosa siano essi per suggerirvi, fatela e non la sbaglierete {XL [48]} certamente; perciocchè nei consigli dei superiori è impegnata la parola del Salvatore, che ci assicura, le loro risposte essere come date da Lui medesimo. Qui vos audit me audit.

 

 

Cari salesiani,

 

            Quanto con brevità ho qui accennato vi sarà fra non molto più diffusamente esposto in apposito manuale. Intanto ricevete queste regole come testamento fatto per tutta la Congregazione. Ricevete poi i pensieri che le precedono come ricordi, che io vi lascio prima della partenza per la mia eternità, cui mi accorgo avvicinarmi a gran passi. Raccomandate al Signore la salvezza dell’anima mia, ed io pregherò costantemente anche per voi, affinchè colla osservanza esatta delle nostre costituzioni possiamo vivere felici nel tempo, e per tratto della sua infinita misericordia {XLI [49]} ci conceda di raccoglierci tutti un giorno a goderlo e lodarlo nella beata eternità. Così sia.

            Giorno di Maria Assunta in cielo,

                        15 agosto 1875,

Affez.mo in G. Cristo

Sac. GIO. BOSCO. {XLII [50]}

 

 


REGOLE O COSTITUZIONI DELLA SOCIETÀ DI S. FRANCESCO DI SALES {XLIII [51]}

 

 

 

 

 


I. Scopo della Società di S. Francesco di Sales.

 

            1. Lo scopo della Società Salesiana si é la cristiana perfezione do' suoi membri, ogni opera di carità spirituale e corporale verso dei giovani, specialmenle poveri, ed anche l'educazione del giovane Clero. Essa poi si compone di sacerdoti, cherici e laici.

            2.Gesù Cristo incominciò a fare ed insegnare; così anche i soci salesiani comincieranno a perfezionare se stessi colla pratica di ogni virtù interna ed esterna, e con l'acquisto della scienza, di poi si adopereranno a benefizio del prossimo.

            3. Il primo esercizio di carità sarà di raccogliere giovanetti poveri ed abbandonati per {3 [53]} istruirli nella santa Cattolica religione, particolarmente ne' giorni festivi.

            4. Avvenendo spesso che si incontrino giovani talmente abbandonati, che per loro riesce inutile ogni cura, se non sono ricoverati, perciò per quanto è possibile si apriranno case, nelle quali coi mezzi, elle la divina Provvidenza ci porrà tra le mani, verrà loro somministrato ricovero, vilto e vestito; e mentre si instruiranno nelle verità della cattolica Fede, saranno eziandio avviati a qualche arte o mestiere.

            5. Essendo poi molti e gravi i pericoli che corre la gioventù, che aspira allo stato ecclesiastico, questa società si darà massima cura di coltivare nella pietà quelli che mostrassero speciale attitudine allo studio, e fossero commendevoli per buoni costumi. Trattandosi poi di ricevere giovani per gli studi, si accolgano di preferenza i più poveri, perché appunto non potrebbero compiere i loro studi altrove, purché diario qualche speranza di vocazione allo stato Ecclesiastico.

            6. Il bisogno di sostenere- la Religione Cattolica si fa gravemente sentire tra i popoli {4 [54]} Cristiani, particolarmente nei villaggi; perciò i soci salesiani si adopereranno con zelo a dettare esercizi spirituali per confermare e indirizzare nella pietà coloro, che, mossi dal desiderio di mutar vita, si recassero ad ascoltarli.

            7. Similmente si adopereranno a diffondere buoni libri nel popolo usando tutti quei mezzi, che la carità cristiana inspira. Finalmente colle parole, cogli scritti cercheranno di porre un argine all'empietà e all'eresia, che in tante guise tenta di insinuarsi fra i rozzi e gli ignoranti. A questo scopo devono indirizzarsi le prediche, le quali di tratto in tratto si tengono al popolo, i tridui, le novene e la diffusione dei buoni libri.

 

 

II. Forma di questa società.

            1. Tutti i soci vivono in comune stretti solamente dal vincolo della Carità fraterna e dei voti semplici, che li unisce in guisa da formare un cuor solo ed un'anima sola per amare e servire Iddio colla virtù dell' ubbidienza, {5 [55]} della povertà e della castità, e coli' esatto adempimento dei doveri di buon cristiano.

            2. I chierici ed i preti, benchà abbiano fatti i voti, potranno ritenere i loro patrimoni o benefici semplici; ma non li potranno amministrare, né goderne i frutti, se non secondo la volontà del Rettore.

            3. L'amministrazione dei patrimoni, dei benefici, e di quanto si porterà in congregazione, spetta al Superiore generale, il quale o per sé o per altri li amministrerà e ne riceverà i frutti annui, finche il socio rimarrà in congregazione[24].

            4. Al medesimo Superiore o generale o locale ogni sacerdote è tenuto a consegnare eziandio la limosina delle messe. Tutti poi o preti o chierici, o laici gli consegneranno tutto il danaro, e ogni dono che in qualsiasi modo loro possa pervenire.

            5. Ciascheduno è obbligato ad osservare i suoi voti, siano triennali, siano perpetui; né potrà esserne dispensato, se non dal sommo {6 [56]} Pontefice, ovvero sia stato licenziato dalla Società dal Superiore generale.

            6. Ognuno faccia di perseverare fino alla morte nella sua vocazione, ricordandosi sempre di quelle gravissime parole del Divin Salvatore: Nemo mittens manum ad aratrum et respictens retro aptus est regno Dei. Niuno, che pone la mano all'aratro e guarda indietro, è alto pel regno di Dio.

            7. Nondimeno se taluno uscisse di Congregazione, non potrà pretendere compenso alcuno pel tempo che vi rimase. Ricupererà tuttavia il pieno diritto di tutti i suoi beni immobili ed anche di tutti gli oggetti mobili, di cui si fosse riservata la proprietà entrando in congregazione. Ma non potrà richiedere conto alcuno dei frutti, nè dell'Amministrazione dei medesimi, pel tempo ch'egli visse nella Società.

            8. Colui che porta in Congregazione danari, mobili o qualsivoglia altra cosa con intenzione di ritenersene la proprietà, deve consegnare un elenco di tutte quelle cose al Superiore, il quale, fattane la ricognizione, gli darà una carta di ricevuta. Volendo poi {7 [57]} il socio ricuperare quegli oggetti, che coll'uso si consumano, li riavrà in quello stato che allora si troveranno, nè potrà ripeterne compenso di sorta.

 

 

III. Del voto di ubbidienza.

 

            Il profeta Davide pregava Iddio, che lo illuminasse a fare la sua santa volontà. Il Divin Redentore poi ci assicurò, ch'egli non è venuto sulla terra per fare la volontà propria, ma quella del suo celeste Padre. E noi facciamo il voto di ubbidienza appunto per assicurarci di fare in ogni cosa la santa volontà di Dio.

            2. Perciò ognuno ubbidisca al proprio Superiore, e lo consideri in ogni cosa qual padre amoroso, ubbidendolo senza riserva alcuna, prontamente, con animo ilare e con umiltà; persuaso che nella cosa comandata gli è manifestata la stessa volontà di Dio.

            3. Niuno diasi sollecitudine di domandare cosa alcuna nè di ricusarla. Qualora conoscesse che una cosa gli è notevole o necessaria, {8 [58]} la esponga rispettosamente al Superiore, che si darà massima cura di provveder a' suoi bisogni.

            4. Ognuno abbia somma confidenza nel suo superiore; sarà perciò di grande giovamento ai soci il rendere di tratto in tratto conto della vita esteriore ai primari superiori della Congregazione. Ciascheduno loro manifesti con semplicità e prontezza le mancanze esteriori commesse contro le regole, ed anche il suo profitto nelle virtù, affinchè possa riceverne consigli e conforti, e, se farà d'uopo, anche le convenienti ammonizioni.

            5. Ognuno ubbidisca senza alcuna resistenza nè col fatto, nè colle parole, nè col cuore, per non privarsi del merito della virtù dell'obbedienza. Quanto più la cosa comandata sarà ripugnante a chi la fa, tanto maggior premio si avrà da Dio eseguendola fedelmente.

 

 

IV. Del voto di povertà.

 

            1. Il voto di povertà, di cui qui si parla, riguarda soltanto l'amministrazione di qual si voglia cosa, non già il possesso; perciò {9 [59]} quelli, che hanno fatto i voti in questa Società, riterranno il dominio de' loro beni; ma ne è loro intieramente proibita l'amministrazione, come pure la distribuzione, e l'uso delle rendite. Inoltre prima di fare i voti devono cedere, anche in modo privato, l'amministrazione, l'usufrutto e l'uso a quelli, cui vorranno, ed anche alla Congregazione, se così loro piacerà. A questa cessione poi si può mettere la condizione, che sia revocabile quandochessia: ma il professo non può in coscienza usare di questo diritto di revoca, senza il consenso della santa Sede. Tutto questo si dovrà pure osservare riguardo a quei beni, che il socio acquisterà per eredità dopo fatta la sua professione.

            2. Tuttavia i membri di questa Congregazione potranno disporre liberamente del dominio, sia per testamento, sia, col permesso però del Rettore maggiore, durante la vita per altro atto pubblico. Avvenendo questo ultimo caso, cesserà la concessione da loro fatta dell'amministrazione, dell'usufrutto e dell'uso, tranne che avessero voluto, che, non ostante la cessione del dominio, {10 [60]} quella concessione durasse ancora per quel tempo che loro fosse piaciuto.

            3. I professi potranno compiere, col permesso del Rettore maggiore, tutti quegli atti di proprietà che sono prescritti dalle leggi.

            4. I professi non potranno attribuirsi o riservarsi cosa alcuna da loro acquistata o colla propria industria, o coi mezzi che la Congregazione presenta; ma Il tutto si dovrà rimettere ad utilità comune della Congregazione.

            5. È parte di questo voto il tener le camere nella massima semplicità, studiandosi di ornare il cuore di virtù, e non la persona o le pareti della camera.

            6. Niuno né in casa, né fuori serbi danaro presso di sé, o in deposito presso altri per qualsiasi ragione.

            7. Ciascuno finalmente abbia il cuore staccato da ogni cosa terrena; stia contento di quanto la Società provvede riguardo al vitto e al vestito, né si ritenga veruna cosa senza particolare permesso del Superiore. {11 [61]}

 

 

V. Del voto di castità.

1. Chi tratta colla gioventù abbandonata deve certamente studiare di arricchirsi di ogni virtù. Ma la virtù che deve essere maggiormente coltivata, sempre da aversi innanzi agli occhi, la virtù angelica, la virtù fra tutte cara al Figliuolo di Dio, è la virtù della castità.

2. Chi non ha fondata speranza di poter conservare, col divino aiuto, questa virtù nelle parole, nelle opere, nei pensieri, non si faccia ascrivere a questa Congregazione, perché ad ogni passo egli sarebbe esposto a grandi pericoli.

3. Le parole, gli sguardi, anche indifferenti, sono talvolta malamente interpretati dai giovani, che sono già stati vittima delle umane passioni. Perciò si dovrà usare massima cautela discorrendo e trattando di qualunque cosa con giovani di qualsiasi età e condizione.

4. Si fuggano i convegni dei secolari, dove questa virtù corre pericolo, e le conversazioni specialmente colle persone di sesso diverso. {12 [62]}

5. Niuno si rechi a casa di conoscenti od amici senza il consenso del Superiore, il quale, se può, gli destinerà sempre un compagno.

6. Mezzi per custodire diligentissimamente questa virtù sono la frequente confessione e Comunione; la pratica esatta dei consigli del confessore, la fuga dell'ozio; la mortificazione di tutti i sensi del corpo; frequenti visite a Gesù Sacramentato; frequenti giaculatorie a Maria Santissima, a san Giuseppe, a s. Francesco di Sales, a s. Luigi Gonzaga, che sono i principali protettori della nostra Congregazione.

 

 

VI. Governo religioso della società.

 

1. I soci riconosceranno per loro arbitro e superiore assoluto il Sommo Pontefice, cui saranno in ogni cosa, in ogni luogo e in ogni tempo umilmente e rispettosamente sottomessi. Che anzi ogni membro si darà massima sollecitudine di difenderne l'autorità e promuovere l'osservanza delle leggi della {13 [63]} Chiesa Cattolica e del suo Capo supremo, che è Legislatore e Vicario di Gesù Cristo sopra la terra.

2. Ogni tre anni il Rettore maggiore darà alla sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari una relazione della Società, la quale relazione tratterà del numero delle case e dei soci, dell'osservanza delle regole e di quello che riguarda l'amministrazione economica.

3. Per trattar delle cose di maggior momento, e per provvedere a quanto i bisogni della Società, i tempi, i luoghi richieggono, si radunerà ordinariamente il Capitolo generale ogni tre anni.[25].

4. Il Capitolo generale così radunato potrà eziandio proporre quelle aggiunte alle costituzioni e quei mutamenti, che crederà opportuni, ma in modo conforme al fine ed alle ragioni per cui le regole furon approvate. {14 [64]} Nondimeno queste aggiunte e questi mutamenti, benché approvati a maggioranza di voti, non potranno obbligare alcuno, se prima non otterranno il consenso della santa Sede.

5. Tutti gli atti dei Capitoli generali saranno mandati alla sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, perché siano approvati.

6. I soci saranno soggetti al vescovo di quella diocesi, ove è la casa, cui appartengono, secondo le prescrizioni dei sacri Canoni, salve sempre le Costituzioni della Società dalla santa Sede approvate.

7. Ogni socio si adoprerà con ogni potere in aiuto del Vescovo della diocesi; e, per quanto gli sarà possibile, ne difenda i diritti ecclesiastici, promova il bene della sua Chiesa, principalmente se si tratta dell'educazione della gioventù povera.

 

 

VII. Governo interno della società.

 

1. Nel reggimento interno tutta la Congregazione dipende dal Capitolo superiore, che è composto di un Rettore, di un Prefatto, {15 [65]} di un Economo, di un Catechista o Direttore spirituale e di tre consiglieri.

2. Il Rettore maggiore è il Superiore di tutta la Congregazione; egli può stabilire la sua dimora in qualunque casa della Congregazione. Offici, persone, beni mobili ed immobili, le cose spirituali e temporali dipendono totalmente da lui. Perciò spetterà al Rettore accettare o non accettare nuovi soci in Congregazione[26], assegnare a ciascheduno i suoi offici, sia per lo spirituale, sia pel temporale; le quali cose egli eseguirà o per sè o per mezzo d'altre persone da lui delegate. Ma non potrà fare verun contratto di vendita o di compera di cose immobili senza il consenso del Capitolo superiore.

3. Nel vendere beni della Società, o contrar debiti, si osservi tutto quello, che si {16 [66]} dove di diritto osservare secondo i sacri Canoni e le Costituzioni apostoliche[27].

4. Niuno, eccettuati il Capitolo superiore e i Direttori delle case, può scrivere o ricevere lettere senza il permesso del Superiore, o di un altro socio a ciò delegato dal Superiore. Del resto tutti i soci possono mandare lettere ed altri scritti alla Santa Sede e al Superiore generale senza domandare il permesso ai Superiori della casa, a cui appartengono; che anzi i Superiori non potranno neppure leggerle.

5. Il Rettore maggiore rimarrà in carica dodici anni, e potrà essere rieletto; ma in questo ultimo caso non potrà governare la Società, se non sarà riconfermato nel suo officio dalla santa Sede. {17 [67]}

6. Morto il Rettore, il Prefetto ne farà le veci finchè non sia creato il successore; ma per tutto il tempo che regge la Società, egli non potrà mutare cosa alcuna nella disciplina, o nell'amministrazione.

7. Appena morto il Rettore, il Prefetto ne dia tosto avviso ai direttori di tutte le case, i quali subito si daranno cura, perchè si facciano al defunto quei suffragi, che sono prescritti dalle Costituzioni. Quindi inviti i medesimi direttori a radunarsi per la elezione del nuovo Rettore.

 

 

VIII. Della elezione del rettore maggiore.

 

1. Perchè alcuno possa essere eletto Rettore maggiore, si richiede che sia vissuto almeno dieci anni in Congregazione, abbia compito trentacinque anni, ed abbia dato non dubbie prove di vita esemplare e di destrezza e prudenza nello spedire i negozi della Congregazione, ed infine sia professo perpetuo.

2. Per due cause può avvenire che si debba eleggere il Rettore, o perchè abbia finito i {18 [68]} dodici anni della sua carica, o per la morte dell'Antecessore.

3. Se la elezione avrà luogo perchè siano passati i dodici anni, si farà in questo modo: Tre mesi prima che finisca il tempo del suo officio, il Rettore convocherà il Capitolo superiore, e gli darà avviso che è imminente il fine della sua carica: e ne darà pure notizia ai direttori di ciascheduna casa, e a quei soci, che secondo le costituzioni sono ammessi a dare il voto. Mentre significherà il tempo in cui termina la sua carica, stabilirà il giorno per la elezione del successore. Contemporaneamente ordinerà preghiere da farsi per ottenere i lumi celesti, ed ammonirà ognuno chiaramente e distintamente del grave obbligo di dare il voto a quello che giudicheranno più idoneo a promuovere la gloria di Dio e l'utilità delle anime nella Congregazione. La elezione del successore deve farsi non più di quindici giorni dopo che il Rettore terminò il tempo del suo officio.

4. Dal termine della sua carica fino alla compiuta elezione del successore il Rettore Maggiore continuerà a reggere ed amministrare {19 [69]} la Società coll'autorità che ha il prefetto alla morte del Rettore, finché il successore sia definitivamente costituito nel suo uffizio.

5. Ad eleggere il Rettore maggiore daranno il voto il Capitolo Superiore e i direttori delle case particolari, accompagnati da un socio professo perpetuo, eletto dai professi perpetui di quella casa, a cui appartengono. Se per qualunque causa taluno non potesse recarsi a dare il voto, di pien diritto e validamente la elezione si compirà dagli altri.

6. La elezione si farà in questo modo Inginocchiati davanti l'immagine del Crocifisso, invocheranno l'aiuto divino recitando l’ inno Veni, Creator Spiritus ecc. Dopo il Prefetto esporrà ai confratelli il motivo per cui sono stati congregati. Quindi tutti i soci professi e presenti scriveranno in una schedula il nome di colui che giudicheranno degno, e la porranno in un' urna a ciò preparata. Poi si eleggeranno da tutti i presenti, in modo segreto, tre scrutatori dei voti, e due segretari. Chi otterrà la maggioranza assoluta dei voti sarà il novello Rettore o Superiore generale. {20 [70]}

7. Se poi la elezione si dovesse fare per la morte del Rettore, allora si tenga quest'ordine. Morto il Rettore maggiore, il Prefetto ne darà la nuova ai direttori delle case particolari per lettera, affinchè, quanto più presto si può, si facciano per l’ anima del defunto i suffragi prescritti dalle costituzioni. La elezione dovrà farsi non prima di tre mesi e non dopo di sei dalla morte del Rettore. A questo scopo il Prefetto convocherà il Capitolo superiore, e col suo consenso stabilirà il giorno più opportuno per radunare quelli che devono intervenire all'elezione, li quali avviserà e ammonirà di quanto nell'articolo 3 si è detto.

8. I voti poi saranno dati da quelli, che godono del diritto di eleggere il Rettore, come ò nell'art. 5 di questo capo.

9. Quegli che avrà ottenuta la maggioranza assoluta dei voti sia Superiore generale, a cui tutti i confratelli dovranno prestare obbedienza.

10. Terminata la elezione, il Prefetto ne darà avviso a tutte le case particolari, facendo in modo che la notizia del novello Rettore {21 [71]} giunga presto a cognizione di tutti i membri della Società. Con questo atto cessa nel Prefetto ogni autorità di Superiore generale.

 

 

IX. Degli altri superiori.

 

1. Il Prefetto, il Direttore spirituale, l'Economo e i tre Consiglieri sopraddetti saranno eletti per suffragi dal Rettore e dagli altri soci, i quali avendo fatto i voti perpetui potranno aver parte all'elezione del Rettor maggiore. Per essere eletti si richiede, che abbiano almeno vissuto cinque anni in Congregazione, compito trentacinque annii ed abbiano i voti perpetui. Affinché poi l'officio loro assegnato non abbia a soffrir detrimento, dovranno ordinariamente risiedere nella casa in cui dimora il Rettore maggiore.

2. Il Prefetto, il Direttore spirituale, l'Economo e i tre consiglieri dureranno in carica sei anni.

3. La loro elezione si farà nella festa di s. Francesco di Sales, nel qual tempo tutti {22 [72]} i direttori delle case particolari sogliono essere convocati. Tre mesi prima della detta festa il Rettore farà noto a, tutte le case il giorno in cui si farà la elezione.

4. Pertanto tutti i direttori raduneranno i professi perpetui della loro casa, e insieme con un socio da questi eletto verranno alla futura elezione.

5. Nel giorno stabilito il Capitolo superiore coi direttori e i soci venuti con loro daranno il voto e faranno pubblicamente lo scrutinio. A questo fine saranno eletti tre scrutatori e due segretari. Chi otterrà la maggioranza dei voti, sarà il nuovo membro del Capitolo superiore. Se poi il direttore o il socio di qualche casa per la troppa distanza o altra giusta causa non avesse potuto trovarsi alla elezione, questa nondimeno sarà valida e perfetta[28])

6. Gli offici proprii di ciascun membro {23 [73]} del Capitolo superiore saranno assegnati dal Rettore secondo il bisogno.

7. Tuttavia il direttore spirituale avrà specialmente cura dei novizi. Egli insieme col maestro dei novizi si darà la massima sollecitudine per far loro conoscere e praticare lo spirito di carità, e lo zelo che deve animare colui, che desidera dedicare interamente la sua vita al bene delle anime.

8. E pure dovere del direttore spirituale ammonire riverentemente il Rettore, qualora scorgesse in lui qualche notabile negligenza nel praticare e far osservare le regole della Congregazione.

9. Ma è poi officio speciale del direttore spirituale significare al Rettore qualunque cosa vegga utile al bene spirituale; e il Rettore procurerà di provvedervi secondo gli parrà meglio nel Signore.

10. Il Prefetto in assenza del Rettore ne farà le veci sia nel governo ordinario della società, sia in tutte le cose, di cui avrà ricevuto speciale incarico.

11. Egli terrà conto delle entrate e delle uscite, noterà ogni lascito, e donazione di {24 [74]} qualche importanza fatto per ciascuna casa con particolare destinazione. Ogni frutto dei beni mobili ed immobili sarà sotto la tutela e risponsabilità del Prefetto.

12. Il Prefetto adunque è come il centro da cui deve partire e a cui deve riferirsi l'amministrazione di tutta la Congregazione. Il Prefetto poi è soggetto al Rettore, a cui deve render conto della sua gestione almeno una volta all'anno.

13. L'Economo ha il governo di tutto il materiale della Società. Perciò saranno affidato a lui le compre, le vendite, le fabbriche e simili. Similmente è officio dell'Economo provvedere che a ciascuna casa siano somministrate quelle cose, di che in quella si abbisogna.

14. I consiglieri intervengono a tutte le deliberazioni che risguardano l'accettazione al noviziato, l’ ammissione ai voti, o il licenziamento di qualche membro dalla Società; e se si tratta dell'apertura di una nuova casa, o di eleggere il Direttore di qualche casa particolare; di contratti di beni immobili; di compre e di vendite. In una {25 [75]} parola di tutte le cose di maggior importanza, che spettano al buon andamento generale della Società. La deliberazione si farà per suffragi segreti. Se nella ricognizione dei voti segreti, che hanno forza di deliberazione, la maggioranza non sarà favorevole, il Rettore protrarrà la deliberazione.

15. Uno dei consiglieri per delegazione del Rettore avrà cura delle cose scolastiche di tutta la Società. Gli altri due, secondo il bisogno, faranno le veci di quelli del Capitolo superiore, so per malattia o per altra causa non potessero attendere al loro officio.

16. Ciascheduno dei superiori, eccetlo il Rettore, durerà in carica sei anni, e potrà esser rieletto. Se poi alcuno del Capitolo superiore cessasse dal proprio officio o per morte o per qualunque altra causa prima che si compiano i sei anni, il Rettore maggiore ne affiderà il disimpegno a quello che giudicherà meglio nel Signore; questi poi starà in officio solo fino alla fine del sessennio incominciato dal socio uscito di carica. {26 [76]}

17. Se sarà necessario il Rettore maggiore, col consenso del Capitolo superiore, stabilirà alcuni visitatori, ai quali darà incarico di visitare un dato numero di case, qualora ciò sia richiesto dal loro numero e dalla loro distanza. Cotali Visitatori, o riconoscitori faranno le veci del Rettore maggiore nelle case e nei negozi loro affidati.

 

 

X. Di ciascuna casa in particolare.

 

            1. Qualora, per favore particolare della divina Provvidenza, si abbia da aprire qualche casa, prima di tutto il Superiore generale procuri di ottenere il consenso dal Vescovo della Diocesi, in cui si deve aprire la novella casa.

            2. Ma in questo si proceda cautamente, affinché nell'aprire case, o nell'assumere amministrazioni di qualunque genere nulla si stabilisca, o si faccia contrario alle leggi.

            3. Se poi la novella casa fosse un piccolo seminario, od un seminario pei chierici adulti, allora, oltre la dipendenza nelle cose del {27 [77]} sacro ministero, vi sarà pure piena dipendenza dal Superiore ecclesiastico nell'insegnamento. Nella scelta della materia d' insegnamento, dei libri da usarsi, nella disciplina e nell'amministrazione temporale, si dovrà stare a quello, che il Rettore maggiore stabilirà coll'ordinario del luogo.

            4. La Società non potrà incaricarsi della direzione di seminari senza espresso permesso della Santa Sede; il qual permesso si dovrà chiedere in tutti i singoli casi.

            5. Nelle nuove case, che si dovranno aprire, il numero dei soci non sia minore di sei. Il superiore di ciascheduna viene eletto dal Capitolo superiore, e prenderà il nome di Direttore. Ogni casa potrà amministrare i beni donati o portati in Congregazione, affinchè servano per quella casa in particolare, ma sempre nei limiti fissati dal Superiore generale.

            6. Il Rettore maggiore visiterà ciascuna casa almeno una volta l'anno, o in persona o per mezzo di Visitatori, per esaminare diligentemente se si compiono i doveri imposti dalle regole della Congregazione, ed osservare {28 [78]} se l'amministrazione delle cose spirituali e temporali tenda realmente al suo scopo, quale si è di promuovere la gloria di Dio ed il bene delle anime.

            7. Il direttore dal canto suo deve in tutte le cose regolarsi in modo da potere ad ogni momento render conto della sua amministrazione a Dio e al Rettore maggiore.

            8. La prima cura del Rettore sarà di stabilire in ogni novella casa un Capitolo corrispondente al numero dei soci che vi abitano.

            9. A costituire questo Capitolo interverranno il Capitolo superiore e il Direttore della nuova casa.

            10. Primo ad essere eletto sarà il catechista, poi il prefetto, e, se sarà necessario, anche l’ economo; finalmente i consiglieri, secondo il numero dei soci, che in quella casa dimorano, e le cose che vi si debbono fare.

            11. Qualora la distanza, i tempi, i luoghi consigliassero qualche eccezione nella formazione di questo Capitolo, o nello assegnare le attribuzioni, il Rettore ha piena autorità, di farlo col consenso tuttavia del Capitolo superiore. {29 [79]}

            12. Il Direttore non può comperare, né vendere immobili, né costruire nuovi edifizi, né demolire i già -fatti, né far novità di grave importanza senza il consenso del Rettore maggiore. Nell'amministrazione egli deve aver cura di tutto l’ andamento spirituale, scolastico e materiale; ma nelle cose di maggior momento sarà più prudente radunare il suo capitolo, e non deliberare niente senza che ne abbia il consenso.

            13. Il Catechista avrà cura delle cose spirituali di quella casa, sia riguardo ai soci, sia riguardo agli altri, che non appartengono alla Congregazione, e qualora ne sia il caso avviserà il Direttore intorno a queste cose.

            14. Il Prefetto farà le veci del direttore, e suo principale officio sarà di amministrare le cose temporali, avere cura dei coadiutori, vegliare attentamente sulla discliplina degli alunni secondo le regole di ciascuna casa ed il consenso del Direttore. Egli deve essere preparato a render conto della sua gestione al proprio Direttore, qualunque volta questi ne lo richieda. {30 [80]}

            15. L' Economo, qualora la necessità lo richiegga, aiuterà il prefetto ne' suoi offici, e specialmente negli affari temporali.

            16. I consiglieri intervengono a tutte le deliberazioni di qualche rilievo, ed aiutano il Direttore nelle cose scolastiche, e in tutto, quello che loro verrà assegnato.

            17. Ogni anno ciascun Direttore deve rendere conto dell'amministrazione spirituale e materiale della sua casa al Rettor maggiore.

 

 

XI. Dell'accettazione.

 

            1. Quando taluno avrà fatta dimanda di entrare in Congregazione si richiedano le lettere testimoniali o certificati, secondo il decreto 25 gennaio 1848, che incomincia Romani Pontifices ecc. dato dalla Sacra Congregazione sopra lo Stato dei Regolari. Quanto alla sanità del postulante sia tale che possa osservare tutte le regole della società senza alcuna eccezione. Perché i laici possano essere ricevuti nella Congregazione è necessario, oltre le altre cose, che sappiano {31 [81]} almeno i primi elementi della fede cattolica. Il Rettore maggiore poi accetterà il postulante, se questi avrà ottenuto la pluralità dei voti dal Capitolo superiore.

            2. Per ammettere postulanti o novizi, che vogliono abbracciare lo stato ecclesiastico, se avranno qualche irregolarità, si dovrà prima domandarne la dispensa dalla Santa Sede.

            3. Dopo il tempo della seconda prova il candidato dipenderà dal Capitolo di quella casa, in cui egli fu posto dai superiori. Finita la terza prova, il socio può essere ammesso alla rinnovazione dei voti dai superiori della medesima casa, avuto nondimeno il consenso del Rettore maggiore. Se avrà ottenuto la maggioranza dei voti, se ne darà notizia al Rettore, il quale col Capitolo superiore ne confermerà l’ ammissione o no, come giudicherà meglio nel Signore.

            4. Se il Capitolo non è presente, il Rettore maggiore, qualora vi sia una giusta ragione, può accettare in congregazione ed ammettere ai voti, o anche licenziare dalla Società in qualunque casa quelli, che giudicherà {32 [82]} meglio: ma questo si potrà fare consenziente e presente il Capitolo di quella casa. In questo caso il direttore di quella casa, in cui avvenne l'accettazione o il licenziamento, dovrà darne la notizia al capitolo superiore colle opportune indicazioni, afiinche il socio,sia inscritto nell'elenco della Società o scancellato.

            5. Ciò che spetta all'accettazione dei Socii e alla loro professione di voti semplici si osservino tutte le cose che furono prescritte dal decreto dell' 23 Gennaio 1848. Regolari disciplinae della S. Congregazione sullo stato dei Regolari.

            6. Per essere ammesso a fare i voti si richiede che siasi compito il tirocinio della prima e della seconda prova. Ma nessuno potrà essere ammesso ai voti se non avrà 16 anni compiuti.

            7. Questi voti si fanno per un triennio. Passati poi i tre anni, consentendolo il Capitolo, sarà fatta facoltà ad ognuno di rinnovare i suoi voti per un altro triennio, o di farli perpetui, se vorrà legarsi per tutta la vita. Tuttavia niuno può essere ammesso {33 [83]} alle sacre ordinazioni, titolo congregationis, se non avrà fatto i voti perpetui.

            8. La Società appoggiata alla Divina Provvidenza, che mai non manca a chi spera in lei, provvederà a ciascuno quanto può occorrere sia nel tempo, che è sano, sia quando cadesse ammalato. Nondimeno essa è soltanto tenuta a provvedere per quelli che emisero i voti o temporanei, o perpetui.

 

 

XII. Dello studio.

 

            1. I chierici e tutti i soci che aspirano allo stato ecclesiastico, devono per due anni attendere seriamente allo studio della filosofia, per quattro altri anni almeno alle materie ecclesiastiche.

            2. Il loro studio principale sarà diretto con tutto impegno alla Bibbia, alla Storia Ecclesiastica, alla Teologia dommatica, speculativa e morale, ed anche a quei libri e trattati che parlano di proposito dell'istruzione della gioventù nelle cose religiose.

            3. Il nostro Maestro sarà s. Tommaso, e {34 [84]} gli altri autori, che nelle istruzioni catechistiche e nella spiegazione della dottrina cattolica sono stimati più celebri.

            4. Ad insegnare le scienze filosofiche ed ecclesiastiche si scelgono di preferenza quei maestri o soci o esterni, che per probità di vita, per ingegno e dottrina sono maggiormente stimati.

            5. Ciascun socio per completare i suoi studi, oltre le morali conferenze cotidiane, si adoperi eziandio a comporre un corso di prediche e meditazioni, primieramente ad uso della gioventù, e quindi accomodato all'intelligenza di tutti i fedeli cristiani.

            6. I soci, finché attendono agli studi prescritti dalle costituzioni, non si applichino troppo alle opere di carità proprie della Società salesiana, se non vi son costretti dalla necessità, perché questo per lo più suole recare grave danno agli studi. {35 [85]}

 

 

XIII. Pratiche di pietà.

 

            1. La vita attiva, cui tende specialmente questa Congregazione, fa che i suoi membri non possano avere comodità di far molte pratiche di pietà in comune. Quindi procureranno di supplire col vicendevole buon esempio e col perfetto adempimento dei doveri generali del cristiano.

            2. Ciascun socio si accosterà ogni settimana al Sacramento della penitenza da confessori approvati dall'ordinario, e che esercitano quel ministero verso i soci col permesso del Rettore. I sacerdoti celebreranno ogni giorno la s. Messa: i chierici poi e i coadiutori vi assisteranno quotidianamente, e faranno la s. Comunione ogni giorno festivo, e tutti i giovedì. La compostezza della persona, la pronunzia chiara, divota e distinta delle parole dei divini uffizi: la modestia nel parlare, guardare, camminare in casa e fuori di casa devono essere tali nei nostri soci, che li distinguano da tutti gli altri. {36 [86]}

            3. Ciascheduno, oltre le orazioni vocali, farà ogni giorno non meno di mezz'ora di orazione mentale, ad eccezione che ne sia impedito dal sacro ministero. Nel qual caso supplirà colla maggior frequenza di giaculatorie, indirizzando a Dio con gran fervore di affetto quei lavori, che lo impediscono dagli ordinari esercizi di pietà.

            4. Ogni giorno si reciterà la terza parte del Rosario di Maria SS. Immacolata, e si farà un po' di lettura spirituale.

            5. In ciascuna settimana al venerdì si farà digiuno in memoria della passione di N. S Gesù Cristo.

            6. L'ultimo di ciascun mese sarà giorno di ritiro spirituale, in cui lasciando, per quanto sarà possibile, gli affari temporali, ognuno si raccoglierà in se stesso, farà l'esercizio della buona morte, disponendo le cose spirituali e temporali, come se dovesse abbandonare il mondo ed avviarsi all'eternità.

            7. Ogni anno ognuno farà circa dieci o almeno sei giorni di esercizi spirituali, che termineranno colla confessione annuale. Ognuno prima di essere ricevuto nella società {37 [87]} e prima di emettere i voti farà dieci giorni di esercizi spirituali sotto la direzione di maestri di spirito, e la confessione generale.

            8. Quando la divina Provvidenza chiamasse alla vita eterna qualche socio sia laico, sia chierico, sia sacerdote, subito il Direttore di quella casa, in cui il socio abitava, procurerà che si celebrino dieci messe in suffragio dell'anima sua. Gli altri poi, che non sono sacerdoti, faranno almeno una volta la s. Comunione a questo fine.

            9. Ogni volta poi che muoiano i genitori di qualche socio, i sacerdoti della casa di quel socio celebreranno parimenti 10 messe in suffragio della loro anima. Quelli poi che non sono sacerdoti faranno la santa Comunione.

            10. Morendo il Rettore M., tutti i sacerdoti della Congregazione celebreranno per lui la s. Messa, e tutti i soci non sacerdoti presteranno i soliti suffragi, e ciò per due motivi: 1° Come tributo di gratitudine per le cure e fatiche sostenute nel governo delle Congregazione; 2° Per sollevarlo dalle pene del Purgatorio, che forse dovrà palire per nostra cagione. {38 [88]}

            11. Ogni anno il giorno dopo la festa di s. Francesco di Sales tutti i sacerdoti celebreranno una Messa pei soci defunti. E tutti gli altri si accosteranno alla s. Comunione, e reciteranno la terza parte del Rosario della Beata Vergine Maria con altre preghiere.

            12. Ognuno abbia specialmente cura, 1º di non prendere alcuna abitudine anche di cose indifferenti; 2° di avere vesti, letto e cella pulita e decente: e si studi ciascheduno di fuggire la stolta affettazione e l'ambizione. Niuna cosa adorna di più il religioso che la santità della vita, per cui sia d'esempio agli altri in ogni cosa.

            13. Ciascuno sia preparato, quando la necessità lo richieda, a soffrire caldo, freddo, sete, fame, fatiche, disprezzi, qualora questo ridondi alla maggior gloria di Dio, ad utilità spirituale altrui, e alla salvezza dell'anima propria. {39 [89]}

 

 

XIV. Degli ascritti ossia dei novizi.

 

            1. Qualunque socio prima di essere ricevuto in Congregazione deve fare tre prove. La prima deve precedere il noviziato, e dicesi la prava degli aspiranti; la seconda é quella appunto del noviziato, la terza è il tempo dei voti triennali.

            2. Per la prima prova basterà che il postulante abbia passato qualche tempo in una casa della Congregazione, oppure abbia frequentato le nostre scuole, mostrandosi costantemente fornito di buoni costumi e d'ingegno.

            3. Se qualche adulto poi vorrà essere ascritto alla nostra Società e sarà ammesso alla prima prova, innanzi di ogni altra cosa farà alcuni giorni di esercizi spirituali, quindi almeno per qualche mese verrà impiegato nei vari uffizi della Congregazione, tanto che conosca e pratichi quella maniera di vita che desidera abbracciare.

            4. Compito il noviziato e accettato il socio nella Congregazione, col parere del maestro {40 [90]} dei novizi il Capitolo superiore può ammetterlo a fare i voti triennali. La pratica dei voti triennali costituirà la terza prava.

            5. Nello spazio di tre anni, in cui sarà legato dai voti triennali, il socio può essere mandato in qualunque casa della Congregazione, purché vi si facciano gli studi. E in questo tempo il direttore di quella casa avrà cura del nuovo socio, come maestro dei novizi.

            6. Durante tutto questo tempo di prove il maestro dei novizi, o il direttore della casa si studino di raccomandare e di inspirare dolcemente ai nuovi soci la mortificazione dei sensi esterni, e specialmente la sobrietà. Ma in tutto questo bisogna usare prudenza, perché non indeboliscano di soverchio le forze dei soci, quindi non riescano meno atti a compiere i doveri della nostra congregazione.

            1. Terminate in modo lodevole queste tre prove, se il socio vorrà realmente perdurare in Congregazione coi voti perpetui, può essere ammesso dal Capitolo superiore ad emetterli. {41 [91]}

 

 

XV. Dell'abito.

 

            I. L'abito della nostra Società sarà vario e secondo l'uso di quei paesi, in cui i soci dovranno stabilire la loro dimora.

            2. I sacerdoti porteranno la veste talare, eccetto che la ragione di viaggio, o altro giusto motivo persuadano diversamente.

            3. I coadiutori, per quanto è possibile, andranno vestiti di nero. Ma ciascheduno procurerà di fuggire tutte le novità dei secolari.

 

 

Formolario della professione religiosa pei soci di S. Francesco di Sales.

 

            Prima di fare i voti ogni confratello farà dieci giorni di esercizi spirituali, diretti specialmente a riflettere alla vocazione ed istruirsi intorno alla materia dei voti, che egli intende emettere, qualora conosca chiaramente esser ciò secondo la volontà del Signore. {42 [92]} Terminati gli esercizi spirituali, si radunerà il Capitolo, e se si può si raduneranno tutti i confratelli di quella casa. Il Rettore, o qualcun altro da lui delegato, con cotta e stola inviterà ognuno ad inginocchiarsi. Quindi tutti insieme invocheranno i lumi dello Spirito Santo, recitando alternativamente l'inno

Veni, Creator Spiritus, etc.

            v. Emitte Spiritum etc.

            R. El renovabis etc.

 

Oremus.

            Deus, qui corda fadelium. etc.

            Seguiranno le litanie della Beata Vergine coi versetti:

            Ora pro nobis etc, e coll' Oremus. Concede nos etc.

            Dopo in onore di s. Francesco di Sales, Pater, Ave, Gloria.

            v. Ora pro nobis, beate Francisce.

            R. Ut digni efficiamur etc.

            Oremus Deus, qui ad animarum salutem etc. {43 [93]}

            Postosi pertanto il Novizio ginocchioni in mezzo a due professi e davanti al Rettore, o chi per'esso, questi gli fard le seguenti dimande in singolare, se avvi un solo novizio, in plurale se sono più.

            Rettore. Figlio mio, che demandate?

            Novizio. Dimando, mio Reverendo Superiore, di professare le Costituzioni della SOCIETÀ DI S. FRANCESCO DI SALES.

            R. Conoscete bene queste Costituzioni e le avete già messe in pratica?

            N. Mi pare di conoscerle sufficientemente, e di comprenderle secondo le varie spiegazioni, che me ne fecero i miei Superiori. Ho fatto quello che ho potuto per praticarle nel tempo del mio noviziato. E sebbene conosca la mia grande debolezza, tuttavia coll'aiuto di Dio spero di poterle in avvenire praticare con maggior esattezza e con maggior vantaggio dell'anima mia.

            R. Avete ben compreso che voglia dire professare le costituzioni della Società di san Francesco di Sales?

            N. Mi pare di averlo compreso. Professando le costituzioni Salesiane io intendo di {44 [94]} promettere a Dio di aspirare alla santificazione dell'anima col rinunciare ai piaceri ed alle vanità del mondo, colla fuga di qualunque peccato avvertito e di vivere in perfetta castità, in umile ubbidienza, in povertà di spirito. Conosco pure che professando queste costituzioni debbo rinunziare a tutte le comodità e a tutte le agiatezze della vita, e ciò unicamente per amore del N. S. G. C., cui intendo consacrare ogni mia parola, ogni mia opera, ogni mio pensiero per tutta la vita.

            R. Siete dunque disposto di rinunciare al Inondo, alle sue promesse e professare con voto le costituzioni della Società di s. Francesco di Sales?

            N. Si, Reverendo Superiore, sono pronto, e di tutto cuore lo desidero e coll'aiuto di Dio spero di essere fedele alle mie promesse.

            R. Intendete voi di emettere i voti triennali o perpetui?

            N. Se fa i voti triennali, risponderà: Sebbene io abbia ferma volontà di passare tutta la mia vita in questa Congregazione, tuttavia per secondare quanto prescrivono le nostre costituzioni per ora fo solamente i voti {45 [95]} triennali, pieno però di fiducia che dopo di essi potrò farli in perpetuo.

            Se fa i voti perpetui, dirà: Essendo mia l'ernia volontà di consacrarmi per sempre a Dio nella Congregazione di s. Francesco di Sales, intendo di fare i voti perpetui, cioè di obbligarmi con voto ad osservare le costituzioni salesiane per tutta la mia vita.

            R. Dio benedica questa vostra beona volontà e vi conceda la grazia di poterla mantenere fedelmente sino alla fine della vita, fino allora quando Gesti Cristo vi darà ampia ricompensa di quanto avete abbandonato o fatto per Lui.

            Ora mettetevi alla presenza di, Dio e proferite, la formola dei voti di castità, povertà ed ubbidienza secondo le nostre costituzioni, che per l'avvenire saranno regola costante della vostra vita.

 

 

Formola dei voti.

            «Nel nome della SS. Trinità, Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Io N. N. mi metto alla vostra presenza, Onnipotente e Sempiterno {46 [96]} Iddio, e sebbene indegno del vostro cospetto, tuttavia confidato nella somma vostra bontà ed infinita misericordia, alla presenza della Beatissima Vergine Maria Immacolata, di s. Francesco di Sales e di tutti i Santi del Cielo, faccio voto di povertà, di castità e di ubbidienza a Dio ed a voi N. N. Superiore della nostra Società, (ovvero a voi, che fate le veci del Superiore della nostra Società) per tre anni (ovvero in perpetuo) secondo le costituzioni della Società di san Francesco di Sales.»

            Tutti risponderanno: Amen.

 

            R. Dio vi aiuti colla sua santa grazia ad essere fedele a questa solenne promessa sino alla fine della vita.

            Ricordatevi spesso della grande mercede che promette il Divin Salvatore a chi abbandona il mondo per seguire Lui: egli ne riceverà il centuplo nella vita presente e la ricompensa eterna nella futura. Se poi qualche volta l'osservanza delle nostre regole vi tornasse di pena, allora ricordatevi delle parole {47 [97]} dell'apostolo s. Paolo che dice: Sono momentanei i patimenti della vita presente, ma sono eterni i godimenti della vita futura; e che colui il quale patisce con Gesù Cristo sopra la terra, con G. C. sarà un giorno coronato di gloria in Cielo.     Quindi il nuovo socio scriverà il suo nome nel registro compiendo la scheda seguente.

            «Io sottoscritto ho letto e inteso le regole della Società di s. Francesco di Sales, e prometto di osservarle costantemente secondo la formola dei voti da me ora pronunziata.»

            Torino, ecc.,     anno ecc.          N. N.

 

            Dopo si reciterà il Te Deum; quindi se il Rettore giudicherà bene, farà una breve morale esortazione, e si terminerà col salmo Laudate Dominum, omnes gentes etc.

 

 

Conclusione.

            A tranquillità delle anime la Società dichiara che le presenti regole per sè non obbligano sotto pena di peccato nè mortale, {48 [98]} nè veniale: perciò se qualcheduno trascurandole sarà reo innanzi a Dio, ciò proviene non dalle regole direttamente, ma o dai comandamenti di Dio e della Chiesa, o dai voti fatti, o finalmente dalle circostanze che accompagnano la violazione delle regole, come il cattivo esempio, il disprezzo delle cose sacre e simili. {49 [99]}

{50 [100]}

 



[1] Epist. Ia Ioan. 2, 16.

[2] Ibid. 5,19.

[3] Luc. 11, 21.

[4] Matth. 6, 33

[5] Prov. 24, 16.

[6] Eccl. 4, 10.

[7] Feria V, post Pascha.

[8] Eccl. 5, 3.

[9] Psalm. 49, 14.

[10] Prov. 21, 28.

[11] Phil. 2, 8.

[12] Hebr. 13, 17

[13] 2a Cor. 9, 7.

[14] Matth. 11, 12

[15] Tim. 6, 8.

[16] Act. Apost. 5, 41.

[17] Sap. 7, 11.

[18] Sap. 9, 15.

[19] Cor. 9, 25.

[20] Isai. 26, 1.

[21] Philip. 2, 21.

[22] 1a Cor. 7, 20.

[23] Ad Eph. 4, 1.

[24] Ognuno può liberamente proporre al Superiore la destinazione delle cose di sua proprietà, ma l’uso deve sempre essere regolato dal Superiore.

[25] Il Capitolo generale è composto dei membri del capitolo superiori e dei Direttori delle case particolari. Ogni direttore radunerà il suo capitolo particolare, e con esso tratterà delle cose che sono giudicate maggiormente necessarie a proporsi nel futuro capitolo generale.

[26] Il superiore generale può di sua autorità ricevere i aspiranti e a suo tempo presentarli o no, secondo che giudica meglio nel Signore perchè un allievo sia ammesso alla prova del noviziato oppure ai voti.

[27] La Società Salesiana niente possiede come ente morale, perciò eccetto il caso, in cui venisse da qualche governo legalmente approvata, non sarebbe vincolata da questo articolo. Per la stessa ragione ciascun Salesiano può esercitare i diritti civili di compra, vendita e simili senza ricorrere alla santa Sede. Cosí fu risposto dalla Cong. dei Vesc. e Reg. 6 aprile 1874.

[28] Nella elezione del R. M. si ricerca la maggioranza assoluta, ovvero oltre la metà dei voti in suo favore. Per gli altri membri del Capitolo basta la maggioranza relativa, vale a dire il paragone di tutti quelli che ottennero voti.




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