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  San Giovanni Bosco - Opere Edite.

REGOLE O COSTITUZIONI DELLA SOCIETÀ DI S. FRANCESCO DI SALES

 

SECONDO IL DECRETO DI APPROVAZIONE del 3 aprile 1874

TORINO, 1877. {1 [199]} {2 [200]}

 

 

[è premesso agli scritti attribuiti o attribuibili a Don Bosco]

 

 

 

 

INDEX

Ai soci salesiani 2

Entrata in religione. 2

Importanza di seguire la vocazione. 3

Seguir prontamente la vocazione. 3

Mezzi per custodire la vocazione. 4

Vantaggi temporali. 6

Vantaggi spirituali. 6

I voti. 7

Ubbidienza. 8

Dei rendiconti e loro importanza. 9

Povertà. 10

Castità. 11

Carità fraterna. 12

Pratiche di pietà. 14

Cinque importanti ricordi. 14

Dubbio della vocazione. 15

Cari salesiani, 16

Lettera di s. Vincenzo de' Paoli indirizzata a' suoi religiosi sul levarsi tutti all’ ora medesima. 16

I. Scopo della Società di S. Francesco di Sales. 19

II. Forma di questa società. 20

III. Del voto di ubbidienza. 20

IV. Del voto di povertà. 21

V. Del voto di castità. 21

VI. Governo religioso della società. 22

VII. Governo interno della società. 22

VIII. Della elezione del rettore maggiore. 23

IX. Degli altri superiori. 24

X. Di ciascuna casa in particolare. 25

XI. Dell’ accettazione. 26

XII. Dello studio. 27

XIII. Pratiche di pietà. 28

XIV. Degli ascritti ossia dei novizi. 29

XV. Dell’ abito. 29

Formolario della professione religiosa pei soci di s. Francesco di Sales. 29

Formola dei voti. 31

 


Ai soci salesiani

 

 

            Le nostre costituzioni, o figliuoli in G. C. dilettissimi, furono definitivamente approvate dalla Santa Sede il 3 aprile 1874.

            Questo fatto deve essere da noi salutato come uno dei più gloriosi per la nostra Congregazione, come quello che ci assicura che nell’ osservanza delle nostre regole noi ci appoggiamo a basi stabili, sicure, e, possiamo dire, infallibili, essendo infallibile il giudizio del Capo Supremo della Chiesa, che le ha sanzionate.

            Ma qualunque pregio porti seco questa approvazione tornerebbe di poco frutto, se tali regole non fossero conosciute e fedelmente osservate. Egli è appunto per fare in modo che le medèsime si possano comodamente da ciascuno conoscerò, leggere, meditare e quindi praticare, che giudico bene di presentacele tradotte dal loro originale. Il testo latino fu stampato separatamente. Qui avrete le regole comuni a tutti i soci salesiani.{3 [201]} Credo poi cosa utile notarvi alcune cose pratiche, le quali faciliteranno la conoscenza dello spirito, di cui quelle sono informate. Io parlo col linguaggio del cuore, ed espongo brevemente quollo che l’ esperienza mi fa giudicare opportuno per vostro profitto spirituale e per vantaggio di tutta la nostra Congregazione.

 

 

Entrata in religione.

 

            Il nemico dell’ uman genere esercita la sua malignità contro gli uomini in tre modi, cioè: coi piaceri o soddisfazioni terrene, colle sostanze temporali e specialmente colle ricchezze, e coll’ abuso della libertà. Omne quod est in mundo, dice l’ apostolo s. Giovanni, concupiscentia carnis est, et concupiscentia oculorum, et superbia vitae[1]. Come mai liberarci da queste pericolose catene, con cui incessantemente il demonio tenta di legarci e strascinarci alla perdizione? Solamente la religione può somministrarci i mezzi, con cui combattere questi tre formidabili nemici. Il cristiano, che brama di mettere in sicuro 1’ anima propria, abbracciando lo stato religioso, con un colpo solo riduce in pezzi queste catene. Col voto di castità rinuncia ad ogni soddisfazione sensibile; colla povertà si libera dai gravi impacci delle cose temporali; col voto di obbedienza mette freno alla propria volontà, e si trova perciò fuori del caso di abusarne. {4 [202]} Per questo motivo, chi lascia il mondo per entrare in religione, viene paragonato a coloro che in tempo del diluvio si salvarono nell’ arca di Noè. In mezzo al mondo siamo come in un mar burrascoso, in cui l’ iniquità e la malignità sono da per tutto portate in trionfo. Il mondo, dice il Salvatore, è tutto posto nella malignità: mundus totus in maligno positus est. Il religioso è simile a colui che monta sopra un bastimento, e tutto affidandosi alle cure di valente capitano riposa tranquillo anche in mezzo alle burrasche. Il religioso trovasi in una fortezza custodita dal Signore. E quando un forte presidio ne fa la guardia, dice il Salvatore, ognuno puo dimorarvi con sicurezza: cum fortis armatus custodit atrium suum, in pace sunt ea quae possidet.

            Tanta è la pace e la tranquillità, che si gode in questa mistica fortezza, che se Dio la facesse conoscere e gustare da chi vive nel secolo, si vedrebbero tutti gli uomini fuggirsene dal mondo e dare la scalata ai chiostri, a fine di penetrare colà e passare i giorni di loro vita. Consulto Deus gratiam religionis occultavit, nam si eius felicitas cognosceretur, omnes, relicto saeculo, ad eam concurrerent. (S. Lorenzo Giustiniani).

 

 

Importanza di seguire la vocazione.

 

            Iddio misericordioso, infinitamente ricco di grazie, nella stessa creazione dell’ uomo, stabilisce {5 [203]} a ciascuno una via la quale percorrendo egli può con molta facilità conseguire la sua eterna salvezza. L’ uomo che si mette in quella via, e per quella cammina, con poca fatica adempie la volontà di Dio, e trova la sua pace; che se non si mettesse per quella via correrebbe grave pericolo di non avere poi le grazie necessarie per salvarsi. Per questo motivo il padre Granata chiamava la elezione dello stato la ruota maestra di tutta la vita. Siccome negli orologi,.guastata la ruota maestra, è guastato tutto il macchinismo, cosi nell’ ordine della nostra salvazione errato lo stato andrà errata tutta la vita, come dice S. Gregorio Nazianzeno; e se noi vogliamo accertare la salute eterna bisogna che cerchiamo di seguire la divina vocazione, dove Dio ci apparecchia speciali aiuti con cui poterci salvare. Perchè, come scrive S. Paolo, unusquisque proprium donum habet ex Deo. Cioè, spiega Cornelio a Lapide, Dio a ciascuno dà la sua vocazione e gli elegge lo stato, in cui lo vuol salvo. Questo è appunto l’ ordine della predestinazione descritto dallo stesso apostolo: Quos praedestinavit, hos et vocavit, et quos vocavit, hos et instiftcavit.. illos et glorificavit.

            Bisogna però notare che il punto della vocazione è poco inteso dal mondo. Sembra loro che sia lo stesso il vivere nello stato a cui chiama Dio, che il vivere nello stato eletto dal proprio genio; e perciò tanti vivono poi malamente e si dannano. Ma è certo che questo è il punto principale per 1’ acquisto della vita eterna. Alla vocazione succede la giustificazione, cioè la vita eterna. {6 [204]} Se non segui questa vocazione, dirà S. Agostino, Corri bene, ma fuor di via: Bene curris sed extra viam; cioè fuor della via per cui Dio ti ha chiamato per salvarti. Ed il Signore minaccia grandi castighi a coloro che voltano le spalle alle sue chiamate, per seguire i consigli dell’ inclinazione propria: Vae, filii disertore (dice per Isaia)!

            Le chiamate divine a vita più perfetta certamente sono grazie speciali e molto grandi, che Dio non fa a tutti; onde ha molta ragione di sdegnarsi poi con chi le disprezza. Quanto si stima offeso un principe, se chiama un suo vassallo nel suo palazzo a servirlo più da vicino e quegli non ubbidisce! e Dio non se ne risentirà? Comincerà il castigo del disobbediente fin da questa vita mortale, in cui starà sempre inquieto. Quindi scrisse il teologo Habert: Non sine magnis difficultatibus poterit saluti suae consulere. Molto difficilmente costui si salverà restando nel mondo.

            E notabile la visione eh’ ebbe un novizio, il quale (scrive il Pinamonti della vocazione vittoriosa), meditando di uscire dalla religione, Gesù Cristo se gli fece vedere in trono sdegnato, che ordinava scancellarsi il suo nome dal libro della vita, onde atterrito perseverò nella vocazione: Quia vocavi et renuistis... ego quoque in interitu vestro ridebo et subsannabo. E ciò significa che Dio non esaudirà le voci di chi ha disprezzato la voce sua.

            Pertanto quando chiama Dio a stato più perfetto, chi non vuole mettere in gran rischio la sua salute eterna dee ubbidire, ed ubbidire subito. Altrimenti udirà rimproverarsi da {7 [205]} Gesù Cristo ciò, che egli rimprovero a quel giovane, il quale invitato alla sua sequela disse: Sequar te, Domine, sed permitte mihi primum ire et renuntiare his quae domi sunt. Io voglio mettermi di tutto buon grado alla tua sequela, ma permettimi che io vada a fare rinunzia di alcune sostanze di casa mia. E Gesù gli rispose che egli non era buono pel paradiso: Nemo mittens manum ad aratrum et respiciens retro aptus est regno Dei.

 

 

Seguir prontamente la vocazione.

 

            Lo stato religioso è stato sublime e veramente angelico. Quelli che per amor di Dio e della loro eterna salute, sentono il loro cuore tocco dal desiderio di abbracciar questo sublimissimo stato, possono senza dubbio giudicare venire tal desiderio dal cielo, perchè troppo è generoso troppo è elevato sopra i sentimenti della natura.

            Nè temano costoro che mancheranno loro le forze per eseguire gli obblighi che lo stato religioso impone, poichè Dio, che cominciò il pio disegno, darà un buon successo ed intera perfezione: Confidens hoc ipsum quia qui coepit in vobis opus bonum, perficiet (Philipp. 1.)

            E si noti, dice S. Tommaso, che le vocazioni divine a vita più perfetta debbono eseguirsi prontamente: quanto citius. Nella sua somma propone il dubbio se sia lodevole 1’ entrare in religione senza il consiglio di molti e senza lunga deliberazione. E risponde che sì, dicendo {8 [206]} che il consiglio e la considerazione sono necessari nelle cose dubbie, ma non già in questa ch’ è certamente buona, giacchè l’ ha consigliata Gesù medesimo nel vangelo. Gran cosa! Gli uomini del secolo, quando si tratta che uno voglia entrare in religione a far vita più perfetta e più sicura dai pericoli del mondo, dicono che per tali risoluzioni vi bisogna molto tempo a deliberarle, per accertarsi che la vocazione venga veramente da Dio e non dal demonio. Ma non dicono poi così quando si tratta di accettare una toga od una carica onorifica, dove vi sono tanti pericoli di perdersi. Invece S. Tommaso dice, che, ancorchè la vocazione religiosa venisse dal demonio, anche deve abbracciarsi, come deve seguirsi un consiglio buono, benchè venga da un nemico. E S. Giovanni Grisostomo assicura che Dio, quando dà tali chiamate, vuole che non ci esitiamo neppure un momento ad eseguirle: Talem obedientiam Christus quaerit a nobis ut neque instanti temporis moremur.

            Altrove il medesimo santo dice che quando il demonio non può distogliere alcuno dalla risoluzione di consacrarsi a Dio, almeno cerca di fargliene differire l’ esecuzione, e stima di far gran guadagno, se ottiene la dilazione di un giorno, d’ un’ ora: Si brevem arripuerit prorogationem. Perchè dopo quel giorno o quel1’ ora, succedendo altra occasione, gli sarà men difficile poi di ottenere più lungo tempo; sintantochè il chiamato divenendo più debole e meno assistito dalla grazia, cede affatto ed abbandona la vocazione! E perciò S. Girolamo a chi è chiamato ad uscire dal mondo {9 [207]} dà questo consiglio: Festina, quaeso te, et haerenti in solo naviculae funem magis praescinde, quam soloe. E vuol dire il santo, che siccome chi si trovasse legato in una barca in procinto di sommergersi, cercherebbe di tagliar la fune più che di scioglierla; così chi si trova in mezzo al mondo deve cercare di sciorsene quanto più presto può per liberarsi subito dal pericolo di perdersi, che nel mondo è così facile.

            Odasi quel che scrive il nostro S. Francesco di Sales nelle sue opere circa le vocazioni religiose. “Per avere un segno d’ una buona vocazione, non vi bisogna una costanza, che sia sensibile, ma che sia nella parte superiore dello spirito. Onde non dee giudicarsi non vera la vocazione, se mai il chiamato, prima di eseguirla, non provi più quei sentimenti sensibili, che n’ ebbe al principio, anzi vi senta ripugnanze e raffreddamenti, che lo riducano talvolta a vacillare, parendogli che tutto sia perduto. Basta che la volontà resti costante in non abbandonare la divina chiamata; purchè vi rimanga qualche affezione verso di quella. Per sapere se Dio vuole che uno sia religioso, non bisogna aspettare che Dio stesso gli parli e gli mandi un angelo dal cielo a significargli la sua volontà. Nè tampoco vi abbisogna un esame di dieci dottori per vedere se la vocazione debba eseguirsi o no; ma bisogna corrispondere e coltivare il primo moto dell’ inspirazione, e poi non pigliarsi fastidio se vengono disgusti o tiepidèzza; perchè facendo così, non mancherà Iddio di far riuscir tutto a gloria sua.” {10 [208]}

 

 

Mezzi per custodire la vocazione.

 

            La vocazione allo stato religioso può considerarsi come la perla preziosa del vangelo, che noi dobbiamo custodire molto gelosamente e con ogni diligenza. S. Alfonso propone la pratica di tre mezzi a fine di non perderla e sono: segretezza, orazione e raccoglimento. Ecco adunque quanto dice S. Alfonso. “Per prima, universalmente parlando, bisogna tener secreta la vocazione a tutti, fuorchè al direttore spirituale, giacchè ordinariamente non si fanno scrupolo di dire a' poveri giovani chiamati allo stato religioso che in ogni parte, anche nel mondo, si può servire a Dio. Sì Signori, in ogni luogo può servire a Dio colui che non è chiamato alla religione; ma non già chi è chiamato e vuol restarsi nel mondo; costui difficilmente farà buona vita e servirà a Dio.

            “Specialmente poi bisogna occultare la vocazione agli amici ed ai parenti. Fu già opinione di Lutero, come riferisce il Bellarmino, che i figli peccavano entrando in religione senza il consenso dei genitori; perchè, diceva, i figli sono obbligati di loro ubbidire in ogni cosa. Ma quest’ opinione comunemente è stata ributtata da' concilii e dai ss. Padri. Il concilio Toletano X, nel cap. ult. disse espressamente, esser lecito ai figli di farsi religiosi senza licenza de' parenti, semprechè avessero passati gli anni 14 di loro età. Lo stesso si prescrisse nel concilio tiburtino cap. 24. Tale è pure l’ insegnamento di S. Ambrogio, di {11 [209]} S. Girolamo, di S. Agostino, di S. Bernardo, di S. Tommaso ed altri con S. Gio. Grisostomo, il quale generalmente scrisse: Cum spiritualia impediunt parentes, nec agnoscendi quidem sunt.

            Saviamente soggiunge il p. Pinamonti, che i genitori non hanno alcuna esperienza in queste cose ed all’ incontro comunemente hanno qualche interesse temporale per consigliarsi altramente, e perciò si cambiano in nemici. S. Tommaso, parlando delle vocazioni religiose dice: “in negotio vocationis propinqui amici non sunt sed inimici, iuxta sententiam Uomini: inimici hominis domestici ejus.” E più presto si contentano i padri che i figli si dannino con essi che si salvino da loro lontani. Quindi esclama S. Bernardo: Oh durum patrem! o saevam matrem! quorum consolatio mors filii est; qui malunt nos perire cum eis, quam regnare sine eis. S. Cirillo spiegando il detto di Gesù Cristo a quel giovane che si offrì per seguirlo: Nemo mittens manum ad aratrum et respiciens retro aptus est regno Dei, commenta che chi cerca tempo di conferire intorno alla sua vocazione coi parenti, egli è appunto quegli che dal Signore è dichiarato inetto per lo cielo: Aspicit retro, qui dilationem quaerit cum propinquis conferendi. Noi perciò vediamo molti santi partiti da casa loro senza farne affatto intesi i loro padri. Così fece un S. Tommaso d’ Aquino, un S. Francesco Saverio, un S. Filippo Neri, un S. Luigi Beltrando. E sappiamo, che il Signore fin coi miracoli ha approvate tali fughe gloriose. S. Pietro di Alcantara mentre andava al monastero {12 [210]} a farsi religioso, fuggendo dalla casa di sua madre, alla cui obbedienza era rimasto dopo la morte del padre, si trovò impedito a poter passare avanti da un gran fiume, raccomandossi a Dio, ed in un tratto si vide trasportato all’ altra riva. Similmente S. Stanislao Kostka, fuggitosi da sua casa senza licenza del padre, il fratello si pose ad inseguirlo con una carrozza a tutto corso. Ma quando fu vicino a raggiungerlo, i cavalli, per quanta violenza loro si facesse, non vollero dare più un passo innanzi, fintantochè voltandosi indietro verso la città ripigliarono il corso a briglia sciolta.

            Per secondo bisogna ritenere che queste vocazioni solo coll’ orazione si conservano. Chi lascia 1’ orazione certamente lascierà la vocazione. Ci vuole orazione e molta orazione; e perciò non si lasci di fare mattina e sera circa mezz’ ora di orazione. Non si lasci ancora di fare la visita al SS. Sacramento ed a Maria Santissima ogni giorno irremissibilmente, per ottenere la perseveranza nella vocazione. E non lasci il religioso di comunicarsi tre o almeno due volte la settimana. Mediti spesso sul punto della vocazione; considerando quanto sia grande la grazia che gli ha fatto Dio della vocazione. Tanto maggiormente metterà in sicuro la sua eterna salute, quanto più è fedele a Dio in eseguir la vocazione. All’ incontro a quanto pericolo si esporrà di dannarsi se sarà infedele.

            Per terzo vi bisogna il raccoglimento, il quale non si potrà avere senza ritirarsi dalle conversazioni e divertimenti secolari. Che ci {13 [211]} vuole a perdere in somma, stando nel secolo, la vocazione? Niente. Basterà una giornata di spasso, un detto d’ un amico, una passione poco mortificata, un attaccuccio, un pensiero di timore, un rincrescimento non superato. Chi non abbandonerà i passatempi bisogna che si persuada che senza dubbio perderà la vocazione. Resterà col rimorso di non averla eseguita, ma certamente non la eseguirà. Oh quanti per mancanza di quest’ attenzione hanno perduta la vocazione e poi l’ anima. Fin qui S. Alfonso dottore di S. Chiesa.

 

 

Vantaggi temporali.

 

            Ognuno deve entrare in religione guidato unicamente dal pensiero di assicurare la sua eterna salvezza; tuttavia possiamo essere anche tranquilli che in questa benedetta fortezza Dio provvederà a quanto è necessario per la vita temporale. Nelle corporazioni religiose ogni individuo è membro di una gran famiglia, che ha per capo Gesù Cristo, rappresentato nella persona del superiore. Non datevi pensiero, egli ci dice, di quanto è mestieri per mangiare, per bere o per vestirvi. Siate soltanto solleciti del regno de' cieli e delle opere che a questo conducono, e poi lasciate al Padre celeste la cura di tutte le altre cose. Quaerite ergo primum regnum Lei et iustitiam eius: et haec omnia adiicientur vobis {14 [212]} Di fatto nella stessa nostra Congregazione, che non ha possedimento alcuno, ci è forse mancato qualche cosa?

            Coll’ aiuto di questa amorosa divina Provvidenza abbiamo potuto fondare case, chiese, fornirle di suppellettili, provvedere agli allievi, che entro vi sono. Parecchi fecero i loro studi, altri appresero quell’ arte o mestiere, che loro conveniva, senza che sia mai mancata cosa alcuna per alloggiarci, nutrirci, vestirci sia in tempo di sanità, sia nei casi di malattia, abbiamo già iniziato le missioni di America, altre ed altre si stanno preparando. Tutti gli Istituti religiosi, le Congregazioni ecclesiastiche, e segnatamente gli ordini mendicanti ebbero sempre a provare gli amorosi tratti della divina Provvidenza.

            Dice un Santo che dal religioso si abbandona una casa e se ne acquistano cento, si abbandona un fratello e se ne avranno mille.

            Nel caso di malattia si ha un luogo ove cambiar aria e trovare proprio quella che è più confaciente per noi di pianura, di montagna, o di mare ecc.

 

 

Vantaggi spirituali.

 

            Noi però non vogliamo darci al Signore per cose miserabili della terra. Noi andiamo in cerca di beni spirituali, beni non più soggetti ai furti o alle rapine; vogliamo beni che giovino per la vita futura, e ci mettano un giorno al possesso dei godimenti del cielo. S. Bernardo (De bono religionis) ci fa un breve, ma {15 [213]} chiaro concetto dei beni della vita religiosa con queste parole: Homo vivit purius, cadit rarius, surgit velocius, incedit cautius, irroratur frequentius, quiescit securius, moritur confidentius, purgatur citius, remuneratur copiosius. Diamone breve spiegazione.

            Vivit purius, vive con maggior purezza. L’ uomo che si consacra a Dio in religione si scioglie da tutti gli impacci e da tutte le lusinghe del mondo, perciò vive con maggior purezza di cuore, di volontà e di opere, e per conseguenza ogni sua opera, ogni parola viene spontaneamente offerta a Dio con purezza di corpo e con mondezza di cuore: casto corpore et mundo corde. La qual cosa, se non vogliamo dire impossibile, è certamente assai difficile a chi vive in mezzo al mondo.

            Cadit rarius; cade più raramente. La profession religiosa non rende l’ uomo impeccabile, ma somministra mezzi da praticarsi, i quali impediscono la caduta, o si cadrà più di rado, e per lo più solamente in cose leggere, difetti o venialità, in cui le stesse anime giuste cadono spesse volte al giorno. Septies enim cadit iustus.

            Surgit velocius. Si rialza più presto. Chi vive nel secolo, se per disgrazia cade in qualche male, egli è solo, nè ha chi 1’ aiuti; anzi per lo più è burlato e disprezzato se cerca di rialzarsi. Vae soli! quia cum ceciderit non habet sublevantem se. Ma in religione qualora sgraziatamente alcuno cadesse, ha subito chi 1’ aiuta. Le regole, le pratiche di pietà, {16 [214]} 1’ esempio dei confratelli, gli inviti, i consigli dei superiori, tutto contribuisce a farlo rialzare.Si unus ceciderit ab altero fulcietur. È aiutato dai confratelli a risorgere, dice san Tommaso, iuvatur a sociis ad resurgendum.

            Incedit cautius. Cammina con maggior cautela. Egli vive in una fortezza, cui fa guardia il Signore. Mille mezzi gli vengono in aiuto per difenderlo ed assicurarlo della vittoria nelle tentazioni.

            Irroratur frequentius. Sopra di lui cade più spesso la rugiada delle grazie del cielo. Ha rinunciato al mondo e a tutte le sue vanità. Mediante 1’ osservanza dei voti religiosi, occupato unicamente in ciò che torna alla maggior gloria di Dio, si merita ad ogni momento divine benedizioni e grazie speciali.

            Quiescit securius: riposa con maggior sicurezza. Chi vive nel secolo, voglia o non voglia, deve spesso provare le inquietudini e le amarezze, di cui è piena la vita dell’ uomo. Ma se esso si allontana dalle cure temporali può liberamente occuparsi del servizio del Signore, affidando ogni pensiero del presente e dell’ avvenire nelle mani di Dio e de' suoi superiori, che ne fanno le veci. Se egli osserva fedelmente le sue regole può godere il paradiso anticipato.

            Moritur confidentius. Muore con maggior confidenza di sua eterna salvezza. I mondani paventano al punto di morte per quello che hanno goduto, che devono abbandonare, e di cui devono quanto prima rendere conto al tribunale del Signore. Ma chi tutto abbandonò {17 [215]} per darsi a Dio, chi rinunciò a tutti i godimenti della terra nella speranza del premio celeste, egli non è più affezionato ad alcuna cosa terrena, perciò non altro attende che uscire da questa valle di lacrime per volare in seno al Creatore. Inoltre la coscienza in buono stato, i Sacramenti e gli altri religiosi conforti che si ricevono; 1’ assistenza, le preghiere dei confratelli, gli faranno vedere la morte come fine di quelle fatiche, che devono aprirgli le porte del cielo.

            Purgatur citius. Sarà per lui più breve il purgatorio. Le indulgenze acquistate, il merito dei Sacramenti, i suffragi che in morte e dopo morte si faranno per lui in tutta la Congregazione, lo assicurano che poco o niente dovrà rimanere in purgatorio. Beati quelli che morti al mondo muoiono nel Signore. Beati mortui qui in Domino moriuntur; perchè, dice s. Bernardo, costoro con un sol passo dalla cella volano al cielo. Est facilis via de cella in coelum.

            Remuneratur copiosius. In cielo avrà più copiosa rimunerazione. Chi dà un bicchiere d’ acqua fresca per amore del Padre celeste, avrà sua mercede. Colui poi che abbandona il mondo, rinuncia ad ogni soddisfazione terrestre, dà vita e sostanze per seguire il divin Maestro, quale ricompensa non avrà in cielo? Inoltre le penitenze sostenute, le preghiere, i Sacramenti, le anime salvate col suo buon esempio e colle sue fatiche, i molti suffragi che continueranno a farsi nella Congregazione lo collocheranno senza dubbio sopra di un maestoso trono di gloria, dove nel cospetto di {18 [216]} Dio, qual luminoso sole, risplenderà per tutta l’ eternità. Iusti fulgebunt sicut sol in regno Patris eorum (Matth. 13, 43).

 

 

I voti.

 

            La prima volta che il Sommo Pontefice parlò della Società Salesiana disse queste parole: In una congregazione o società religiosa sono necessari i voti, affinchè tutti i membri siano da un vincolo di coscienza legati col superiore, e il superiora tenga se e i suoi legati col Capo della Chiesa, e per conseguenza con Dio medesimo.

            I nostri voti pertanto si possono chiamare altrettante funicelle spirituali, con cui ci consacriamo al Signore, e mettiamo in potere del superiore la propria volontà, le sostanze, le nostre forze fisiche e morali, affinchè tra tutti facciamo un cuor solo ed un’ anima sola per promuovere la maggior gloria di Dio,secondo le nostre costituzioni, come appunto c’ invita la Chiesa quando dice nelle sue preghiere: ut una sit fides mentium, et pietas actionum. I voti sono un’ offerta eroica con cui moltissimo si accresce il merito delle opere nostre. S. Anselmo insegna che un’ opera buona senza voto è come il frutto d’ una pianta. Chi la fa con voto, col frutto offre a Dio la stessa pianta. S. Bonaventura rassomiglia l’ opera fatta senza voto a chi offre il reddito, ma non il capitale. Col voto poi si offre a Dio e reddito e capitale intiero. {19 [217]} Di più ingegnano unanimemente i santi padri che ogni azione fatta con voto ha doppio merito, uno è il merito dell’ opera buona, l’ altro è il merito d’ aver eseguito il voto fatto.

            L’ atto poi dell’ emission dei voti religiosi, secondo quel che ci insegna s. Tommaso, ci ridona l’ innocenza battesimale: cioè chi emette i voti perpetui si pone nello stato come se avesse ricevuto allora il battesimo. Sono anche soliti i Dottori di santa Chiesa a paragonare i voti religiosi al martirio, dicendo che tanto è il merito di chi emette i voti come di chi riceve il martirio; perchè, dicono, ciò che nei voti manca d’ intensità è supplito dalla durazione.

            Mentre per altro i voti aumentano in cotale guisa il merito delle nostre opere, e le rendono tanto care a Dio, dobbiamo darci massima sollecitudine per non trascurarli. Chi non sentesi di osservarli, egli non deve emetterli, o almeno differirne la emissione finchè in cuor suo non sentasi ferma risoluzione di osservarli. Altrimenti egli fa a Dio una promessa stolta ed infedele, la quale non può non dispiacergli. Displicet enim Deo infidelis et stulta promissio. Noi pertanto prepariamoci bene a questa eroica consacrazione, ma quando l’ avremo fatta procuriamo di mantenerla anche a costo di lungo e grave sacrifizio: redde Altissimo vota tua. {20 [218]}

 

 

Ubbidienza.

 

            Nel voto della ubbidienza sta il complesso di tutte le virtù, dice s. Girolamo, in obedientia summa virtutum clausa est. Tutta la perfezione religiosa consiste nella pratica dell’ ubbidienza; Tota religionis perfectio in voluntatis nostrae subtractione consistit; cosi s. Bonaventura. L’ uomo ubbidiente, dice lo Spirito Santo, riporta vittoria su tutti i vizi; Vir obediens loquetur victoriam. S. Gregorio Magno conchiude che l’ ubbidienza conduce al possesso di tutte le altre virtù, e tutte le conserva. Obedientia caeteras virtutes in mentem ingerit et custodit. (Moral. I, 35).

            Questa ubbidienza però deve essere secondo 1’ esempio del Salvatore che la praticò nelle cose, anche più difficili, fino alla morte; e qualora tanto volesse la gloria di Dio, dobbiamo noi pure obbedire fino a dar la vita. Factus est pro nobis obediens usque ad mortem, mortem autem crucis.

            Si eseguiscano bene sia gli ordini espressi dei superiori, sia le regole della Congregazione ed anche la regole e consuetudini speciali di ciascun collegio. Ed accadendo qualche volta di cadere in tallo si sappia in bel modo domandarne scusa al superiore cui si è disobbedito. Questo atto di umiltà giova immensamente ad ottenere il perdono del mancamento fatto, ad ottenerci grazia dal Signore per l’ avvenire ed a tener noi in guardia perchè non si ripeta più quel tallo. {21 [219]} S. Paolo Apostolo mentre raccomanda caldamente questa virtù, aggiunge: Siate ubbidienti ai vostri superiori. e state sottomessi ai loro ordini, imperciocchè non gli inferiori, ma i superiori devono vegliare come se dovessero a Dio rendere conto delle cose, che riguardano al bene delle anime vostre. Ubbidite volentieri e prontamente, affinchè possano compiere 1’ uffizio di superiori con gaudio e non fra gemiti e sospiri: Obedite praepositis vestris et subiacete eis; ipsi enim pervigilant quasi rationem pro animabus vestrix reddituri, ut cum gaudio hoc faciant et non gementes.

            Notate bene che il fare le cose che ci piaciono e tornano di gradimento, non è vera ubbidienza, ma è secondare la propria volontà. La vera ubbidienza, che ci rende cari a Dio ed agli uomini, consiste nel far con buon animo qualunque cosa ci sia comandata dalle nostre costituzioni, o dai nostri superiori, che sono mallevadori delle nostre azioni in faccia a Dio: hilarem enim datorem diligit Deus; consiste nel mostrarci arrendevoli anche nella cose difficili, contrarie al nostro amor proprio, e di volerle eziandio compiere con pena e con patimenti. In questi casi l’ ubbidienza è più difficile, ma assai più meritoria, e, come ci assicura G. C, ci conduce al possesso del regno dei cieli: Regnum coelorum vim patitur et violenti rapiunt illud.

            Se voi eseguirete l’ obbedienza nel modo su indicato io vi. posso accertare in nome del Signore che vivrete in Congregazione una vita {22 [220]} veramente tranquilla e felice. Ma nello stesso tempo vi devo notare che dal giorno in cui vorrete fare non secondo l’ obbedienza ma secondo la volontà vostra, da quel giorno voi cominciereste a non trovarvi più contenti del vostro stato. E se nelle varie Religioni si trovano anche dei malcontenti e di coloro cui la vita della comunità riesce di peso, si osservi bene e si vedrà che ciò proviene dalla mancanza d’ obbedienza e soggezione della propria volontà. Nel giorno del vostro malcontento riflettete a questo punto e sappiate rimediarvi.

 

 

Dei rendiconti e loro importanza.

 

            La confidenza verso i propri superiori è una delle cose che maggiormente giovano al buon andamento d’ una congregazione religiosa ed alla pace e felicità dei singoli soci.

            Per essa il suddito apre il suo cuore al superiore,e quindi si trova alleggerite le pene interne; cessano le ansietà che si avrebbero nel compiere i proprii doveri, i superiori possono prendere i provvedimenti necessari affinchè si eviti ogni disgusto, ogni malcontento; possono conoscere fino a che punto giungano le loro forze e in conseguenza dar loro gli incarichi più adatti, e se vi è qualche disordine,che si vada introducendo,subito pub essere rimediato. Si è perciò stabilito che almeno una volta al mese ognuno conferisca col suo superiore. A questo proposito dicono le nostre regole, che ciascuno deve manifestare {23 [221]} con semplicità e con prontezza le mancanze esteriori commesse contro le regole, il profitto nelle virtù affinchè possa riceverne consigli e conforto.

            I punti principali su cui devono versare i rendiconti sono questi:

            1°. Sanità.

            2°. Studii.

            3°. Se si possono disimpegnar bene le proprie occupazioni e qual diligenza si mette in esse.

            4°. Se s’ abbia comodità d’ adempiere le pratiche religiose e qual diligenza si pone in eseguirle.

            5°. Come si diporti nelle orazioni e nelle Meditazioni.

            6°. Con quale frequenza e divozione si vada ai Sacramenti.

            7°. Come si osservano i voti, e se non vi siano dubbi in fatto di vocazione. Ma si noti bene che il rendiconto si raggira solamente in cose esterne e non di confessione, a meno che il socio ne facesse egli stesso argomento per suo spirituale vantaggio.

            8°. Se abbia dei dispiaceri o perturbazioni interne, od astio verso qualcuno.

            9°. Se conosce qualche disordine cui porre rimedio specialmente quando si tratta d’ impedire l’ offesa di Dio.

            Ora ecco come il nostro s. Francesco di Sales parla dei rendiconti:

            “Ogni mese ognuno scoprirà il suo cuore sommariamente e brevemente al superiore, e con ogni semplicità e fedele confidenza gli aprirà tutti i secreti con la medesima sincerità e candore che un figliuolo mostrerebbe a sua madre le sue graffiature, livori e punture, che le {24 [222]} vespe gli avessero fatto; ed in questo modo ciascuno darà conto non tanto dell’ acquisto e progresso loro, quanto delle perdite e mancamenti negli esercizi dell’ orazione, delle virtù e della vita spirituale; manifestando parimenti le tentazioni e pene interiori, non solo per consolarsi, ma anche per umiliarsi. Felici saranno quelli che praticheranno ingenuamente e divotamente questo articolo, il quale in se ha una parte della sacra infanzia spirituale tanto raccomandata da Nostro Signore, dalla quale proviene ed è conservata la vera tranquillità dello spirito.”

            Si raccomanda grandemente ai direttori che non trascurino mai simili rendiconti; ogni confratello poi sappia che se li faranno bene, con tutta schiettezza ed umiltà, ne troveranno un sollievo grande pel loro cuore,un aiuto potente per progredire nella virtù e la Congregazione intera avvantaggerà grandemente per questa pratica.

            La cosa poi in cui raccomando maggior schiettezza si è per ciò che riguarda la vocazione: non si facciano misteri al superiore. Di tutti questo è il punto.più importante; perchè da esso dipende il filo della vita che si ha da tenere. Disgraziato colui che nasconde i dubbi di sua vocazione o prende risoluzioni di uscire dalla Congregazione senza essersi ben bene prima consigliato e senza il parere di chi dirige l’ anima sua. Costui potrebbe mettere in pericolo l’ eterna sua salute.

            La prima ragione dell’ importanza e necessità di procedere con questa schiettezza coi superiori è acciocchè essi possano meglio governare {25 [223]} e indirizzare i sudditi. Il superiore è obbligato a reggerti e ad indirizzarti, perchè questo è il suo ufficio, questo è esser rettore e superiore. Or s’ egli non ti conosce nè a lui tu ti scopri, chiara cosa è che non può far questo. Qui abscondit scelera sua non dirigetur, dice il Savio. Colui che nasconde e cela le sue colpe non può essere indirizzato. Se l’ infermo non manifesta al medico la sua infermità non potrà essere da lui curato. Bisogna che tu dichiari al medico la tua infermità, se vuoi ch’ egli ti medichi; e se hai molte infermità e indisposizioni, bisogna che glie le manifesti tutte; perchè se glie ne tieni celata una sola, potrà essere ch’ egli ti dia tal medicina,che sia più nociva a quel che non gli manifestasti, che giovevole a quel che gli hai fatto conoscere.

            La seconda ragione, la quale dichiara meglio la precedente, è perchè quanto maggior notizia avranno i superiori di tutte le cose insieme dei sudditi, con tanto maggior accuratezza ed amore li potranno aiutare,e custodire l’ anime loro da diversi inconvenienti e pericoli, nei quali potrebbero incorrere mettendoli in questo o in quell’ altro luogo; in questa o in quell’ altra occasione.

            La terza ragione si è,che questo importa grandemente, affinchè così il superiore possa meglio ordinare e provvedere quel che conviene al corpo universale della Congregazione, del cui bene ed onore, insieme col tuo, egli è obbligato ad aver cura. E quando tu ti appalesi con esso, e gli dai interamente conto del tuo stato allora il superiore, avendo in ogni {26 [224]} cosa riguardo al tuo onore, e senza alcuna tua taccia, può aver riguardo al bene universale di tutto il corpo della Congregazione; e se non ti appalesi bene con lui, esporrà forse a qualche pericolo l’ onor tuo e la tua anima, ed anche l’ onore della religione, che dipende dal tuo. O quanta contentezza e soddisfazione ha un religioso, il quale totalmente si è confidato col suo superiore,e gli ha manifestate tutte le cose che turbano l’ animo suo! Così quando poi lo mettono in qualche uffizio,può porre tutta la sua fiducia in Dio che lo aiuterà e libererà da qualunque inconveniente. Signore, io non mi son posto da me in quest’ uffizio,nè in questo luogo; anzi proposi la mia insufficienza e le mie poche forze spirituali per questo peso: Tu, Signore, mi ci hai posto, e me 1’ hai comandato: tu supplirai quel che manca in me. Con quanta fiducia dirà con s. Agostino: Domine, da quod iubes: et tube quod vis: Signore, dammi quel che comandi; e comandami quel che vuoi. Gli pare così di aver posto Dio in obbligo di concedergli quel che gli comanda. Ma quell’ altro, il quale non si appalesò,anzi forse lasciò di manifestare le sue debolezze, che consolazione può avere? Perciocchè questo tale, non lo manda Dio a far quella cosa, nè ve lo mette 1’ ubbidienza, ma egli di sua propria volontà vi s’ ingerisce e intromette, è intruso, non chiamato, nè mandato, e le cose gli riusciranno bene? {27 [225]}

 

 

Povertà.

 

            Se non lasciamo il mondo per amore, dovremo lasciarlo per forza. Coloro per altro che nel corso del vivere mortale Io abbandonano con atto spontaneo avranno il centuplo nella vita presente, e il premio eterno in futuro. Chi al contrario non sa risolversi a fare questo sacrifizio volontariamente, dovrà farlo per forza in punto di morte, ma senza ricompensa, anzi coll’ obblìgo di rendere stretto conto delle sostanze che per avventura taluno avesse posseduto.

            E vero che le nostre costituzioni permettono il possesso e l’ uso di tutti i diritti civili; ma entrando in congregazione non si può più nè amministrare, nè disporre delle cose proprie se non col consenso del superiore, e nei limiti da questo stabiliti, a segno che in congregazione egli è considerato letteralmente come chi nulla più possiede essendosi tatto povero per divenire ricco con Gesù Cristo. Egli seguita 1’ esempio del Salvatore, che nacque nella povertà, visse nella privazione di tutte le cose, e morì nudo in croce.

            Ascoltiamo di fatto cib che egli dice: chi non rinuncia a tutto quello possiede, non è degno di me, non può essere mio discepolo. Ad un cotale che voleva porsi alla sua sequela, va. gli disse, vendi prima quanto hai nel secolo, donalo ai poveri, di poi vieni, seguimi ed avrai assicurato un tesoro in cielo.

            Diceva a' suoi apostoli che non possedessero più di una veste, nè si dessero pensiero {28 [226]} di ciò che avrebbero potuto mangiare nel ministero della loro predicazione. Di fatto non leggiamo che egli, i suoi apostoli, o alcuno de' suoi discepoli abbiano in particolare posseduto campagne, case, suppellettili, abiti, vettovaglie o simili. E san Paolo dice chiaramente che i seguaci di Cristo dovunque vadano, qualunque cosa facciano, devono essere contenti degli alimenti strettamente necessari per la vita, e degli abiti con cui coprirsi. Habentes autem alimenta, et quibus tegamur, his contenti simus.

            Tutto quello che eccede alimenti e indumenti per noi è superfluo, è contrario alla vocazione religiosa. È vero che talvolta dovremo tollerare qualche disagio nei viaggi, nei lavori, in tempo di sanità o di malattia. Talora avremo vitto, vestito od altro che non saranno di nostro gusto; ma appunto in questi casi dobbiamo ricordarci, che siamo poveri, e che se vogliamo averne merito dobbiamo sopportarne le conseguenze. Guardiamoci bene da un genere di povertà altamente biasimato da s. Bernardo. Vi sono di quelli, egli dice, che si gloriano di esser chiamati poveri, ma non vogliono i compagni della povertà. Gloriantur de nomine paupertatis, et socios paupertatis fugiunt. Altri poi sono contenti di essere poveri, purchè loro niente manchi. Pauperes esse volunt, eo tamen pacto ut nihil eis desit (De Adv. Dom.).

            Se pertanto il nostro stato di povertà è cagione di qualche incomodo o sofferenza, rallegriamoci con s. Paolo, che si dichiarava nel {29 [227]} colmo di allegrezza in ogni sua tribulazione: superabundo gaudio in omni tribulatione mea. Oppure come facevano gli apostoli che erano pieni di contentezza, quando ritornavano dal Sinedrio, perchè colà erano stati fatti degni di patire disprezzi pel nome di Gesù. Ibant apostoli gaudentes a conspectu concilii, quoniam digni habiti sunt pro nomine Iesu contumeliam pati. Egli è appunto a questo genere di povertà cui non solo è promesso, ma è assicurato il regno de' cieli. Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum coelorum. Anzi il vivere in tale stato, 1’ abitar volentieri una camera fornita di suppellettili di poco rilievo onora grandemente chi ha fatto voto di povertà. E anche parte della povertà il non far guasti, aver cura dei libri, delle vestimenta, delle calzature; perciò non si abbia vergogna a portare cose rattoppate o già un po' legere.

 

 

Castità.

 

            La virtù sommamente necessaria, virtù grande, virtù angelica, cui fanno corona tutte le altre virtù, è la castità. Ad essa possono applicarsi le parole dello Spirito Santo, che dice: Tutti i beni si raccolgono intorno a questa. Venerunt autem mihi omnia bona pariter cum illa. Il Salvatore ci assicura che coloro, i quali posseggono questo inestimabile tesoro, anche nella vita mortale, diventano simili agli angeli di Dio. Erunt sicut angeli Dei. {30 [228]} Ma questo candido giglio, questa rosa preziosa, questa perla inestimabile è assai invidiata dal nemico delle nostre anime, perchè egli sa che se riesce a rapircela, possiamo dire che 1’ affare della nostra santificazione è rovinato. La luce si cambia in caligine, la fiamma in nero carbone, l’ angelo del cielo è mutato in Satanasso, quindi perduta ogni virtù. Qui, o miei cari, io credo faro cosa vantaggiosa allo anime vostre, notandovi alcune cose che voi mettendo in pratica vi apporteranno grande vantaggio, anzi parmi potervi assicurare la conservazione di quella e delle altro virtù. Ritenete adunque:

            1°. Non aggregatevi alla Società Salesiana so non dopo esservi consigliato con persona prudente, che vi giudichi tali da poter conservare questa virtù.

            2º. Evitate la famigliarità colle persone di altro sesso, nè mai contraete amicizie particolari coi giovanetti dalla Divina Provvidenza allo nostre cure affidati. Carità e buone maniere con tutti, ma non mai e non mai famigliarità particolare con alcuno. O amar nessuno o amar tutti egualmente, dice s. Girolamo.

            3º. Dopo le orazioni della sera si vada subito a riposo e non vi siano più rumori fino al mattino dopo la santa Messa.

            4°. Tenete a freno i sensi del corpo. Lo Spirito Santo dice chiaro che il corpo è l’ oppressor dell’ anima: corpus enim quod corrumpitur, aggravai animam. Perciò s. Paolo si sforzava di domarlo con severi castighi, sebbene {31 [229]} fosse affranto dalle fatiche. Castigo corpus meum et in servitutem redigo.

            Una speciale temperanza poi è raccomandata nel mangiare e nel bere: vino e castità non possono star insieme.

            5°. Scogli terribili della castità sono i luoghi, le persone e le cose del secolo. Io non mi ricordo d’ aver letto, o di aver udito a raccontare, che un religioso siasi recato in patria sua ed abbia riportato qualche vantaggio spirituale. Al contrario se ne annoverano migliaia e migliaia, che non mostrandosene persuasi vollero farne esperimento,ma ne provarono amaro disinganno, anzi non pochi rimasero vittima infelice della sognata domestica libertà.

            6°. Trionfante d’ ogni vizio, e fedele custode della castità è l’ osservanza esatta delle nostre regole, specialmente delle pratiche di pietà. Le Congregazioni ecclesiastiche sono come altrettanti piccoli forti avanzati. Urbs fortitudinis Sion, ponetur in ea murus et antemurale. Il gran muro, ossia i bastioni della religione, sono i precetti di Dio e della sua Chiesa.

            Il demonio per farli violare mette in opera ogni arte ed inganno. Ma per indurre i religiosi a trasgredirli, procura prima di abbattere l’ antemurale, o forte avanzato, vale a dire le regole e le costituzioni del proprio istituto. Quando il nemico dell’ anima vuole sedurre un religioso e spingerlo a violare i divini precetti, comincia per fargli trascurare le cose più piccole, poi quelle di maggior importanza, dopo di che assai facilmente lo conduce alla violazone {32 [230]} della legge del Signore; avverandosi quanto dice lo Spirito Santo: Qui spernit modica, paullatim decidet.

            Dunque, o cari figliuoli, siamo fedeli nell’ osservanza esatta delle nostre regole, se vogliamo essere fedeli ai divini precetti. Le nostre sollecitudini siano poi costantemente e con diligenza speciale dirette all’ osservanza esatta delle pratiche di pietà, che sono il fondamento e il sostegno di tutti gli istituti religiosi.

 

 

Carità fraterna.

 

            Non si può amare Dio senza amare il prossimo. Lo stesso precetto che c’ impone l’ amore verso Dio c’ impone ancora l’ amore verso i nostri fratelli. Et hoc mandatum habemus a Deo, ut qui diligit Deum, diligit et fratrem suum. E altrove ci avverte esser bugiardo chi dice d’ amar Dio e poi odia il suo fratello: si quis dixerit quoniam diligo Deum et fratrem suum oderit, mendax est (I. 30, 4, 20).

            Quando nelle comunità regna questo amor fraterno, tutti i soci si amano vicendevolmente ed ognuno gode del bene dell’ altro come se fosse bene proprio, quella casa diventa un paradiso e si prova la giustezza di quelle parole del Salmista: Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum (ps. 132 I). Ma appena vi domini l’ amor proprio e vi siano rotture o dissapori tra' soci, quella casa diventa l’ inferno. Troppo si compiace il Signore di veder abitare nella sua casa i fratelli in unum,cioè uniti in una sola volontà di servire {33 [231]} a Dio e di aiutarsi con carità gli uni gli altri. Questa è la lode che dà s. Luca agli antichi cristiani, cioè che tutti avevano un sol cuore ed una sola anima: Multitudinis autem credentium erat cor unum et anima una.

            La cosa che più nuoce nelle comunità religiose è la mormorazione direttamente contraria alla carità: Susurro coinquinabit animam suam et in omnibus odietur. Il sussurrone imbratterà l’ anima e sarà odiato da Dio e dagli uomini. Al contrario come è amato un religioso, che dice bene del suo prossimo e a suo tempo sa scusarne i difetti! Procurate pertanto voi di astenervi da ogni parola, che sa di mormorazione specialmente verso i vostri compagni e più specialmente verso i vostri superiori. È anche mormorazione l’ interpretar male le azioni virtuoso, oppure dirlo fatte con mala intenzione.

            Guardatevi ancora dal riferire ai compagni quel che altri di male ha detto di lui, poichè con questo alle volte ne nascono disturbi e rancori tali che durano per mesi ed anni. Oh che conto han da rendere a Dio i mormoratori nelle comunità! Chi semina discordie diventa l’ odio di Dio. Odit Dominus... eum qui seminat inter fratres discondias (Prov. 6. 16 e 19). Se voi udite cosa contro ad alcun fratello, fate ciò che dice lo Spirito Santo: Audisti verbum adversum proximum tuum? Commoriatur in te. (Eccl. 19, 10). Quella parola che avete inteso del vostro prossimo non solo stia chiusa in voi, ma fatela morire.

            Guardatovi dal pungere qualche fratello ancorchè lo facciate per burla. Burle che dispiacciono {34 [232]} al prossimo o l’ offendono sono contrarie alla carità. Piacerebbe a voi l’ essere deriso e posto in canzone avanti agli altri, come voi ponete quel vostro fratello?

            Procurate anche di fuggire le contese. Alle volte per bagatelle da niente sorgono certi contrasti, dai quali poi si passa a diverbi e ad ingiurie.

            Di più se amate la carità, procurate di essere affabili e mansueti con ogni genere di persone. La mansuetudine è la virtù diletta da Gesù Cristo: discite a me quia mitis sum. Nel parlare e nel trattare usate dolcezza non solo coi superiori, ma con tutti, e massimamente con coloro, che per lo passato vi hanno offeso, o che al presente vi mirano di mal occhio. Charitas omnia sustinet, la carità sopporta tutto; ond’ è che non avrà mai vera carità, chi non vuol sopportar i difetti altrui. Su questa terra non v’ è persona per virtuosa che sia, la quale non abbia i suoi difetti. Se egli adunque vuole che gli altri sopportino i suoi, cominci a sopportare quelli degli altri, e così adempia la legge di Gesù Cristo: Alter alterius onera portate.

            Veniamo alla pratica. Procurate per primo nelle occasioni di raffrenare l’ ira. Guardatevi dal dir parole spiacenti, e più dall’ usare modi alteri ed aspri, mentre alle volte più dispiacciono i modi rozzi che le stesse parole ingiuriose.

            Quando poi accadesse che il fratello che vi ha offeso venisse a cercarvi perdono, guardatevi dal riceverlo con cera brusca o di rispondere con parole mozze. No: allora dimostrategli {35 [233]} un affetto di cuore. Se avvenisse all’ incontro che voi aveste offeso altri, subito cercate placarlo e di togliere dal suo cuore ogni rancore verso di voi. Nè mai tramonti il sole senza che di buon cuore voi abbiate perdonato qualunque risentimento, e vi siate riconciliato col fratello. E ciò fatelo subito che potete, tacendovi forza a vincere la ripugnanza, che sentite nell’ anima vostra.

            Non contentatevi di amare i vostri compagni colle sole parole; aiutateli con ogni sorta di servizi quanto potete. E carità ancora il condiscendere alle oneste domande dei fratelli; ma il miglior atto di carità è l’ aver zelo del bene spirituale del prossimo.

            Non dite mai, questo non è uffizio mio, non me ne voglio impacciare; questa è la risposta di Caino; il quale disse: Num custos fratris mei sum ego? Ciascuno è obbligato, potendo, a salvare il prossimo dalla rovina. Dio comandò che ciascuno debba aver cura del suo simile. Commendavit unicuique Deus de proximo suo.

            Cercate pertanto di aiutar tutti quanto potete colle parole e colle opere e specialmente ancora colle orazioni.

            Da tutto ciò che si è detto ben vedete quanto è necessaria la virtù della carità! Praticatela adunque e ne avrete copiose benedizioni dal cielo.

 

 

Pratiche di pietà.

 

            Siccome il cibo alimenta il corpo o lo conserva, così le pratiche di pietà nutriscono l’ anima e la rendono forte contro alle tentazioni. {36 [234]} Pino a tanto che noi saremo zelanti nell’ osservanza delle pratiche di pietà, il nostro cuore sarà in buon’ armonia con tutti, e vedremo il salesiano allegro, contento della sua vocazione. Al contrario comincierà a dubitar di sua vocazione, anzi provare forti tentazioni quando nel suo cuore comincia a farsi strada la negligenza delle pratiche di pietà. La storia ecclesiastica ci fa toccare con mano, che tutti gli ordini religiosi e tutte le congregazioni ecclesiastiche fiorirono e promossero il bene della religione fino a tanto che la pietà tenne il suo posto; e al contrario ne abbiamo veduti non pochi a decadere, altri a cessare di esistere, ma quando? Quando si rallentò lo spirito di pietà e ciascuno si diede a cercare quae sua sunt, non quae sunt Iesu Christi.

            Se noi pertanto, o figliuoli, amiamo la gloria della nostra Congregazione, se desideriamo che si propaghi, e si conservi fiorente a vantaggio delle anime nostre e dei nostri fratelli, diamoci la massima sollecitudine di non mai trascurare la meditazione, la lettura spirituale, la visita quotidiana al SS. Sacramento, la confessione ebdomadaria, il rosario della s. Vergine, la piccola astinenza del Venerdì. Sebbene ciascuna di queste pratiche separatamente non sembri gran cosa, tuttavia contribuisce efficacemente al grande edifizio della nostra perfezione e della nostra salvezza. Vuoi crescere e diventare grande agli occhi di Dio? dice s. Agostino, comincia dalle cose più piccole. Si vis magnus esse a minimo incipe. {37 [235]} La parte poi fondamentale delle pratiche di pietà, quella che in certo modo tutte le abbraccia, consiste in fare ogni anno gli esercizi spirituali, ogni mese l’ esercizio della buona morte.

            Chi non può fare questo esercizio in comune lo faccia separatamente, e chi per occupazioni non può impiegare l’ intera giornata faccia quanto può e rimandi ad altro giorno ciò che non è strettamente necessario, ma tutti da più a meno seguano questa regola:

            1°. Oltre la meditazione solita del mattino si faccia anche mezz’ ora di meditazione alla sera, e questa versi su qualcuno dei novissimi.

            2°. La confessione che da tutti si farà in detto giorno, se è possibile, sia più accurata del solito, pensando proprio che quella sia l’ ultima della vita, e si riceva la s. comunione come se fosse per viatico.

            3°. Si pensi almeno per una mezz’ ora al progresso od al regresso nella virtù che si è fatto nel mese decorso e specialmente per ciò che riguarda 1’ osservanza delle regole, e e si prendano risoluzioni a questo riguardo.

            4°. Si rileggano in quel giorno tutte o almeno in parte le regole della Congregazione.

            5°. Sarà anche bene in tal giorno scegliere un Santo per protettore del mese che si incomincia.

            Credo che si possa dire assicurata la salvezza di un religioso, se ogni mese si accosta ai SS. Sacramenti, e aggiusta le partite di sua coscienza, come dovesse di fatto da questa vita partire per l’ eternità. Se adunque amiam l’ onore della nostra Congregazione, se desideriamo {38 [236]} la salvezza dell’ anima, siamo osservanti delle nostre regole, siamo puntuali anche nelle più ordinarie, perchè colui che teme Dio non deve trascurar niente di quanto può contribuire a sua maggior gloria. Qui timet Deum nihil negligit.

 

 

Cinque importanti ricordi.

 

            L’ esperienza ha fatto conoscere cinque cose, che si possono chiamare i cinque tarli dell’ osservanza religiosa, e la rovina delle congregazioni. Io ve li noterò brevemente.

            1°. Fuggire il prurito di riforma. Adopriamoci di osservare le nostre regole senza darci pensiero di migliorarle o di riformarle. Se i Salesiani, disse il nostro grande benefattore Pio IX, senza pretendere di migliorare le loro costituzioni, studieranno di osservarle puntualmente, la loro Congregazione sarà ognor più fiorente.

            2°. Rinunziare all’ egoismo individuale; quindi non mai cercare il vantaggio privato di se stesso, ma adoperarci con grande zelo pel bene comune della Congregazione. Amarci, aiutarci col consiglio, colla preghiera, promuovere l’ onore dei nostri confratelli, non come cosa di un solo, ma come nobile ed essenziale retaggio di tutti.

            3°. Non mormorare dei superiori, non disapprovare le loro disposizioni. Qualora vengaci {39 [237]} a notizia cosa che a noi sembri materialmente o moralmente cattiva, si esponga umilmente ai superiori. Essi sono da Dio incaricati a vegliare sopra le cose e sopra le persone; perciò essi e non altri dovranno rendere conto della loro amministrazione.

            4°. Niuno trascuri la parte sua. I Salesiani considerati insieme formano un solo corpo ossia la Congregazione. Se tutti i membri di questo corpo compiono il loro uffizio, tutto procederà con ordine e con soddisfazione; altrimenti succederanno disordini, slogature, rotture, sfasciamento ed infine la rovina del corpo medesimo. Ciascuno pertanto compia l’ uffizio che gli è affidato, ma lo compia con zelo, con umiltà, e non si sgomenti se dovrà fare qualche sacrifizio a lui gravoso. Si consoli che la sua fatica torna utile a quella Congregazione al cui vantaggio ci siam tutti consacrati.

            5°. In ogni nostro uffizio, in ogni nostro lavoro, pena o dispiacere, non dimentichiamo mai che essendoci consacrati a Dio, per lui solo dobbiamo faticare, e da lui soltanto attendere la nostra mercede. Egli tiene minutissimo conto di ogni più piccola cosa fatta pel suo santo nome, ed è di fede, che a suo tempo ci compenserà con abbondante misura. In fin di vita, quando ci presenteremo al suo divin tribunale, mirandoci con volto amorevole ci dirà: Tu sei stato fedele in poco ed io ti farò padrone di molto; entra nel gaudio del tuo Signore: Quia in pauca fuisti fidelis, supra multa te constituam, intra in gaudium Domini tui. {40 [238]}

 

 

Dubbio della vocazione.

 

            Chi si consacra al Signore coi santi voti, egli fa un’ offerta delle più preziose e delle più gradite alla divina Maestà.

            Ma il nemico dell’ anima accorgendosi che con questo mezzo uno si emancipa dal suo servizio, suole turbare la mente con mille inganni per farci ritornare indietro e indurci a battere la pericolosa via del secolo. Il principale di questi inganni è farci dubitare della vocazione, cui tiene dietro lo scoraggiamento, la tiepidezza, e spesso il ritorno a quel secolo, che abbiamo tante volte conosciuto traditore, e che per amore del Signore erasi abbandonato.

            Se mai, figliuoli amatissimi, voi foste assaliti da questa pericolosa tentazione, dovete tosto rispondere in cuor vostro, che quando entraste in Congregazione, Dio vi aveva concesso il prezioso dono della vocazione, e se adesso è divenuta dubbiosa è una tentazione, cui forse date occasione, e che dovete spregiare o combattere come una vera insinuazione diabolica. Spesso la mente agitata dice al dubbioso: Tu puoi fare meglio altrove. Voi rispondete subito colle parole di s. Paolo che dico: Ciascuno sia perseverante nella vocazione in cui si trova. Unusquisque in qua vocatione vocatus est in ea permaneat. Anzi lo stesso s. Paolo supplica a camminare fermi nella vocazione in cui ciascuno è chiamato. Obsecro ut ambuletis in vocatione qua vocati estis. {41 [239]} Se noi osserviamo esattamente le nostre regole, siamo sicuri di giungere a salvamento. Al contrario l’ esperienza ha fatto tristamente conoscere che coloro, i quali sono usciti dall’ istituto già professato, per abbracciarne un altro, per lo più restarono ingannati. Alcuni si pentirono e non trovarono più pace; altri vennero esposti a gravi pericoli, non pochi perdettero la vocazione, e taluni divennero perfino ad altri pietra di scandalo con grande rischio della propria e dell’ altrui perdizione. Mentre poi la vostra mente e il vostro cuore sono agitati dai dubbi, io vi raccomando caldamente a non prendere deliberazione di sorta, perchè tali deliberazioni non possono essere secondo la volontà del Signore. Non in commotione Dominus. In questi casi io vi consiglio di presentarvi ai vostri Superiori, aprire loro sinceramente il vostro cuore, e seguirne fedelmente i consigli. Qualunque cosa siano essi per suggerirvi, fatela e non la sbaglerete certamente; perciocchè nei consigli dei Superiori è impegnata la parola del Salvatore, che ci assicura le loro risposte essere come date da Lui medesimo. Qui vos audit me audit.

 

 

Cari salesiani,

 

            Quanto con brevità qui accennasi vi sarà fra non molto più diffusamente esposto in apposito manuale. Intanto ricevete queste regole come testamento fatto per tutta la Congregazione. Ricevete poi i pensieri che le precedono come ricordi, che io vi lascio prima della partenza {42 [240]} per la mia eternità, cui mi accorgo avvicinarmi a gran passi. Raccomandate al Signore la salvezza dell’ anima mia, ed io pregherò costantemente anche per voi, affinchè colla osservanza esatta delle nostre costituzioni possiamo vivere felici nel tempo, e per tratto della sua infinita misericordia ci sia dato di raccoglierci tutti un giorno a goderlo e lodarlo nella beata eternità. Così sia.

 

Giorno di Maria Assunta in cielo,

15 agosto 1875.

Affez.mo in G. Cristo

Sac. Gio. Bosco.

 

 

Lettera di s. Vincenzo de' Paoli indirizzata a' suoi religiosi sul levarsi tutti all’ ora medesima.

 

15 Gennaio 1650.

 

            Voi sapete che tutte le cose di questo mondo sono soggette a qualche alterazione; che l’ uomo stesso non è mai nel medesimo stato; che Iddio permette sovente decadimenti nelle Compagnie le più sante. Così avvenne in alcune delle nostre case, di che ci siamo accorti, da qualche tempo nelle visite fatte senza che da principio ne conoscessimo la sorgente. Per iscoprirla è stata necessaria un po' di pazienza e di attenzione dalla parte nostra; in fine Iddio {43 [241]} ci ha fatto vedere che la libertà d’ alcuni a riposare più che la regola non accordi, ha prodotto questo cattivo effetto; col di più che non trovandosi all’ orazione cogli altri, essi erano privati de' vantaggi che si hanno dal farla in comune, e spesso poco o nulla ne facevano in privato. Di qui nasceva che tali persone, essendo meno attente sopra se stesse, il loro operare era più languido, e la comunità ineguale nelle sue pratiche.

            Per rimediare a questo disordine, bisogna levare la causa, ed a tal effetto raccomandar l’ esattezza nell’ alzarsi, e farla osservare; per cui un po' alla volta ogni cosa cangi faccia, affezionandosi di più al regolamento, e ciascuno in particolare sia più sollecito del suo bene spirituale. Il che ci ha dato argomento di fare la nostra prima conferenza, in questo nuovo anno, sopra questa prima azione della giornata, per confermarci sempre più nella risoluzione di alzarci tutti indispensabilmente alle quattro ore. I felici risultati di questa fedeltà, e gl’ inconvenienti che vengono dal contrario, avendoci servito di argomento alla conferenza,ho pensato di aver a farvene parte. Vi ho aggiunto le obbiezioni e le risposte che si possono fare, e i mezzi di cui uno può servirsi, perchè ne diate cognizione alla vostra comunità, a fine di mantenerla nella stessa pratica, od introdurvela se non l’ ha, e così renderla partecipe al bene medesimo.

            Il primo vantaggio, che viene dal levarsi al punto che si ode la sveglia, è che si compie la regola, e quindi la volontà di Dio. 2°. L’ obbedienza resa a quell’ ora essendo tanto più {44 [242]} gradita al Signore, quanto è più pronta, essa attira ancora le sue benedizioni sopra le altre azioni dei giorno, come videsi nella prontezza di Samuele, il quale essendosi levato tre volto in una notte, è stato lodato dal Cielo e dalla terra e grandemente favorito da Dio. 3°. La prima delle buone opere è la più onorevole. Ora essendo dovuto ogni onore a Dio,è ragionevole di dargli questa: se noi gliela ricusiamo, diamo la prima parte al demonio, e lo preferiamo a Dio. Donde viene che quel leone rugge al mattino intorno al letto, per carpirvi quest’ azione, affinchè se non può avere da noi altra cosa nella giornata, possa almeno vantarsi d’ aver avuto la prima azione. 4° Si contrae 1’ abitudine quando s’ accostuma all’ ora. Ella fa che poco dopo siasi pronto alla sveglia, e serve ancora d’ orologio dove non ve no ha, e non si ha più pena a balzare dal letto. Al contrario la natura si prevale delle concessioni che le si accordano riposando un giorno, essa domanda al domani la stessa concessione, e la domanderà finche non le sarà tolta del tutto la speranza. 5°. Se nostro Signore dal Paradiso si è ridotto in questa vita a tale stato di povertà, da non aver dove posar il capo, quanto più dobbiamo noi abbandonare il letto per andare a Lui? 6°. Un sonno regolato serve al ben essere del corpo e dello spirito, e chi dorme lungamente si rende effeminato. Le tentazioni pure soppraggiungono in quel tempo. 7º. Se la vita dell’ uomo è troppo breve per servire degnamente Iddio, e per riparare al cattivo uso fatto della notte, è cosa deplorabile il voler ancora accorciare il poco tempo che {45 [243]} abbiamo a tal uopo. Un mercatante si leva di buon mattino per diventar ricco, tutti i momenti gli sono preziosi; i ladri fanno altrettanto e passano le notti per sorprendere i passeggieri: abbiamo ad aver noi meno diligenza pel bene, che essi non abbiano pel male? I mondani fanno le lor visite fin dal mattino,e si trovano con gran premura al levarsi di un grande personaggio. O mio Dio, qual vergogna se la pigrizia ci fa perdere l’ ora assegnata per conversare col Signore dei signori, nostro appòggio e nostro tutto! 8°. Quando si assiste all’ orazione, ed alle ripetizioni della meditazione, si partecipa alle benedizioni di nostro Signore, il quale vi si comunica copiosamente, trovandosi, come egli dice, in mezzo a coloro che sono radunati in suo nome. Il mattino è il tempo più proprio per quest’ azione, è il più tranquillo della giornata. Anche gli antichi eremiti ed i santi, ad esempio di Davide, lo impiegavano a pregare ed a meditare. Gli Israeliti dovevano levarsi il mattino per raccogliere la manna; e noi che siamo senza grazio e senza virtù,perchè non faremo lo stesso onde averne? Iddio non comparte in ogni tempo i suoi favori?

            Certamente, dopochè egli ci ha fatta la grazia di levarci tutti insieme, noi vediamo qui dentro più puntualità, più raccoglimento e più modestia; il che ci fa sperare, che fintantochè durerà questo bell’ ordine, la virtù andrà ognora crescendo, ed ognuno si assoderà viepiù nella propria vocazione. La trascuranza ne ha fatto uscire molti, i quali non potendo dormire a lor piacimento, non potevano pure {46 [244]} affezionarsi al loro stato. Quale aiuto ad andar volentieri all’ orazione, se non si leva che a malincuore? Come meditar volentieri quando non si è in chiesa che a metà ed unicamente per convenienza? Al contrario coloro che amano levarsi al mattino, d’ ordinario perseverano, non si rilassano, e fanno rapidi progressi. La grazia della vocazione è legata alla orazione, e la grazia dell’ orazione a quella di levarsi. Se noi siamo fedeli a questa prima azione, se ci troviamo insieme ed avanti al nostro Signore, ed insiememente ci presentiamo a lui, come facevano i primi cristiani, egli si darà reciprocamente a noi, ci rischiarirà co' suoi lumi e farà egli stesso in noi e per noi il bene che abbiamo obbligo di fare nella sua chiesa, e finalmente ci farà la grazia di giugnere al grado di perfezione che egli desidera da noi, per poterlo un giorno pienamente possedere nell’ eternità dei secoli. Ecco quanto è importante che la comunità si alzi esattamente a quattro ore, giacche 1’ orazione trae il suo valore da questa prima azione, e le altre opere non valgono che quello che l’ orazione io fa valere. Ben lo sapeva colui il quale era solito a dire, che dalla sua orazione giudicava quale sarebbe il rimanente di sua giornata.

            Ma finchè la dilicatezza d’ alcuni non si arrenderà senza replica (non essendo mai senza pretesti), preveggo che mi si dirà che la regola del levarsi non debba obbligare ugualmente le persone di debole complessione come quelle che sono più robuste, e che le deboli hanno bisogno di più lungo riposo delle altre. - Al che oppongo il parere dei medici, che tutti sostengono {47 [245]} essere sufficiente a tali persone sette ore di riposo, e 1’ esempio di tutti gli ordini della chiesa che hanno limitato a sette ore il riposo. Nessuno se ne prenda di più, sonvi di quelli che non ne hanno tanto, e la più parte non lo hanno che interrotto, poichè si alzano una o due volte per andare al coro. E chi condanna la nostra vigliaccheria, sono le figlie di Maria, (eccettuate le ammalate che sono nell’ infermeria) quantunque siano deboli ed allevate delicatamente, non hanno però un maggior privilegio. Ma non riposano esse talvolta più dell’ ordinario? No, non l’ ho mai inteso dire. Un altro mi dirà: signore, si ha da alzarsi quando si è incomodato? Io ho avuto un gran mal di capo,un dolor di denti, un accesso di febbre, che mi hanno impedito di dormire quasi tutta la notte! Sì, mio caro amico, bisogna alzarsi se non siete in infermeria,o se non avete comando di rimaner più lungamente a letto. Poichè se sette ore di riposo non vi hanno sollevato, una o due prese di vostra volontà, non vi guariranno. Ma quando anche in realtà ne foste ristorato, è spediente che ne diate gloria a Dio come gli altri, e poi facciate presente il vostro bisogno al Superiore, altrimenti noi saremo sempre da capo; da che si spesso molti sentono qualche incomodo, ed altri potrebbero fingere d’ averne per accarezzarsi, e così si verserebbe in continua occasione di disordine. Se non si potè dormire una notte la natura saprà ben riparare in un’ altra. - Intendete voi, signore, replicherà qui taluno, di togliere questa sorta di riposo a coloro che arrivano da qualche viaggio? Sì, al {48 [246]} mattino. E se il Superiore giudica che la stanchezza sia tale che abbia bisogno più di sette ore di riposo, egli li farà corioare alla sera più presto degli altri, - Ma se arrivano troppo tardi o troppo stanchi? In tal caso non vi sarà male il farli riposare al mattino, poichè la necessità in ciò è regola. - Come levarsi tutti i giorni a quattro ore! E la consuetudine di riposarsi una volta alla settimana o almeno ogni quindici giorni, a fine di rifarsi un poco! Questo è ben molesto, e capace di farci ammalare! - Ecco il linguaggio dell’ amor proprio, ed ecco la mia risposta. La nostra regola e la consuetudine vogliono che ci alziamo tutti allo stesso tempo. Se fuvvi rilassamento non è che da poco tempo, e soltanto in qualche casa, per abuso d’ individui e per tolleranza di Superiori; da che in altre case la pratica di levarsi è stata sempre fedelmente osservata; perciò furon esse ognora in benedizione. Il pensare d’ essere ammalato per interrompere questa esattezza, è un’ immaginazione,e 1’ esperienza fa vedere il contrario. Dopo che tutti si alzano, non abbiamo qui alcun ammalato, che non fosse già prima, e non ne abbiamo altrove. Ma noi ben lo sappiamo ed i medici lo dicono, che il troppo dormire nuoce ai flemmatici ed ai cachettici. Se per ultimo si oppone, che può darsi qualche affare,che impedisca taluno di coricarsi alle ore nove, ed anco alle dieci, e che è ragionevole che piglisi al mattino il riposo perduto alla sera, io rispondo, che si deve evitare, per quanto è possibile, ogni impedimento al ritirarsi all’ ora stabilita; e, se non lo si può, è caso {49 [247]} così raro, che la privazione di una o due ore di riposo non è da valutarsi a petto dello scandalo che si dà dimorando a letto quando gli altri sono all’ orazione. Non ho io forse torto di essermi esteso a dimostrare l’ importanza e l’ utilità del levarsi, mentre la vostra famiglia è una delle più ferventi e delle più regolari di tutta la Compagnia? Ciò essendo il mio disegno non è altro che di persuaderle una tenera riconoscenza della fedeltà che. Iddio le accorda. Ma se è caduta nel difetto che noi combattiamo, ho ragione, mi sembra, di invitarla ad alzarsi e di pregarvi, come faccio a porvi mano.

            Eccone brevemente i mezzi per voi e per essa. I mezzi propri sono: 1°. Di convincersi che l’ esattezza nel levarsi è una pratica delle più importanti della Compagnia. 2°. Di darsi a Dio la sera coricandoci, e domandargli la forza di vincersi alla mattina sènza ritardo e invocare a tal effetto la protezione della S. Vergine con un’ Ave Maria in ginocchio e raccomandarsi al proprio Angelo Custode. Molti si sono assai avvantaggiati in questa pratica. 3°. Di figurarsi che la campana sia la voce di Dio; ed, al momento che la si ode, balzare dal letto,facendosi il segno di croce, prostrandosi a terra e baciarla, adorare Iddio unitamente al resto della Comunità, che nel tempo stesso lo adora; e quando vi si manca, imporsi qualche penitenza. Vi hanno di tali, che si diedero la disciplina per tanto tempo quanto ne avevano perduto disputando col capezzale. Infine l’ ultimo mezzo per ogni particolare si è di non mai desistere da questa esattezza: poichè quanto {50 [248]} più si ritarda, tanto più ci rendiamo incapaci a praticarla. I mezzi generali che dipendono dalle vostre sollecitudini e dagli unici della casa sono: 1°. Che vi sia uno svegliatore che passi di camera in camera ad accendere il lume quando vi è di bisogno e che dica ad alta voce Benedicamus Domino, ripetendolo finche gli si risponda; che dopo un altro faccia la visita ed anche una doppia visita quando la comunità è numerosa, e che gl’ incaricati a tal uopo il facciano esattamente. 2°. Che quei che fan la visita stiano saldi a non permettere che alcuno stia a letto dopo le quattro ore del mattino, sotto pretesto qualsiasi, tranne l’ infermeria, se ve n’ ha, sempre eccettuato il caso di necessità. L’ esattezza nell’ alzarsi è stata trovata sì bella ed utile, che si giudicò che coloro che non vi erano fedeli, non dovevano essere impiegati nelle cariche della compagnia: stante che il loro esempio sarebbe ben tosto seguito in tal rilassamento, e avrebbero' poi mal garbo a prender per se ciò che sarebbero obbligati a negare per gli altri. Piaccia a Dio perdonarci le nostre passate mancanze, e farci la grazia di correggerci così, che siamo come quei beati servidori che il padrone al suo arrivo troverà vigilanti. In verità vi dico,dice il nostro Signore, che egli li farà sedere a sua mensa e che ei li servirà; e parimenti se egli arriva alla seconda vigilia ed alla terza e così li trova, beati sono quei servidori! In verità vi dico che li costituirà sopra tutti i suoi beni. {51 [249]} {52 [250]}

 

 

 

REGOLE O COSTITUZIONI DELLA SOCIETÀ DI S. FRANCESCO DI SALES

 

 

I. Scopo della Società di S. Francesco di Sales.

 

            1. Lo scopo della Società Salesiana si è la cristiana perfezione de' suoi membri, ogni opera di carità spirituale e corporale verso dei giovani, speciabnente poveri, ed anche l’ educazione del giovane Clero. Essa poi si compone di sacerdoti, chierici e laici.

            2. Gesù Cristo incominciò a fare ed insegnare; cosi anche i soci Salesiani cornincieranno a perfezionare se stessi colla pratica di ogni virtù interna ed esterna, e con l’ acquisto della scienza, di poi si adopereranno a benefizio del prossimo. {53 [251]}

            3. Il primo esercizio di carità sarà di raccogliere giovanetti poveri ed abbandonati per istruirli nella santa Cattolica religione, particolarmente ne' giorni festivi.

            4. Avvenendo spesso che s’ incontrino giovani talmente abbandonati, che per loro riesce inutile ogni cura, se non sono ricoverati, perciò per quanto è possibile si apriranno case, nelle quali coi mezzi, che la divina Provvidenza ci porrà tra le mani, verrà loro somministrato ricovero, vitto e vestito; e mentre s’ istruiranno nelle verità della cattolica Fede, saranno eziandio avviati a qualche arte o mestiere.

            5. Essendo poi molti e gravi i pericoli che corre la gioventù, che aspira allo stato ecclesiastico, questa società si darà massima cura di coltivare nella pietà quelli che mostrassero speciale attitudine allo studio, e fossero commendevoli per buoni costumi. Trattandosi di ricevere giovani per gli studi, si accolgano di preferenza i più poveri, perchè appunto non potrebbero compiere i loro studi altrove; purchè diano qualche speranza di vocazione allo stato Ecclesiastico.

            6. Il bisogno di sostenere la Religione Cattolica si fa gravemente sentire tra i popoli Cristiani, particolarmente nei villaggi; perciò i soci Salesiani si adopereranno con zelo a dettare esercizi spirituali per confermare e indirizzare nella pietà coloro, che, {54 [252]} mossi dal desiderio di mutar vita, si recassero ad ascoltarli.

            7. Similmente si adopereranno a diffondere buoni libri nel popolo usando tutti quei mezzi, che la carità cristiana inspira. Finalmente colle parole, e cogli scritti cercheranno di porre un argine all’ empietà e all’ eresia, che in tante guise tenta di insinuarsi fra i rozzi e gli ignoranti. A questo scopo devono indirizzarsi le prediche, le quali di tratto in tratto si tengono al popolo, i tridui, le novene e la diffusione dei buoni libri.

 

 

II. Forma di questa società.

 

            1. Tutti i soci vivono in comune stretti solamente dal vincolo della Carità fraterna e dei voti semplici, che li unisce in guisa da formare un cuor solo ed un’ anima sola per amare e servire Iddio colla virtù dell’ ubbidienza, della povertà e della castità, e coll’ esatto adempimento dei doveri di buon cristiano.

            2. I chierici ed i preti, benchè abbiano fatti i voti, potranno ritenere i loro patrimoni o benefici semplici; ma non li potranno amministrare, nè         goderne i frutti, se non secondo la volontà del Rettore.

            3. L’ amministrazione dei patrimoni, dei benefici, e di quanto si porterà in Congregazione, spetta al Superiore generale il quale {55 [253]} o por sè o per altri li amministrerà e ne riceverà i frutti annui, finchè il socio rimarrà in Congregazione[2].

            4. Al medesimo Superiore o generale o locale ogni sacerdote è tenuto a consegnare eziandio la limosina delle messe. Tutti poi o preti o chierici o laici gli consegneranno tutto il danaro, e ogni dono che in qualsiasi modo loro possa pervenire.

            5. Ciascheduno è obbligato ad osservare i suoi voti, siano triennali, siano perpetui; nò potrà esserne dispensato, se non dal sommo Pontefice, ovvero quando sia stato licenziato dalla Società dal Superiore generalo.

            6. Ognuno faccia di perseverare fino alla morte nella sua vocazione, ricordandosi sempre di quelle gravissime parole del Divin Salvatore: Nemo mittens manum ad aratrum et respiciens retro aptus est regno Dei; Niuno che pone la mano all’ aratro e guarda indietro, è atto pel regno di Dio.

            7. Nondimeno se taluno uscisse di Congregazione, non potrà pretendere compenso alcuno pel tempo che vi rimase. Ricupererà tuttavia il pieno diritto di tutti i suoi beni immobili ed anche di tutti gli oggetti mobili, di cui si fosse riservata la proprietà entrando in Congregazione. Ma non potrà richiedere {56 [254]} conto alcuno dei frutti, nè dell’ amministrazione dei medesimi, pel tempo che egli visse nella Società.

            8. Colui che porta in Congregazione danari, mobili o qualsivoglia altra cosa con intenzione di ritenerne la proprietà, devo consegnare un elenco di tutte quelle cose al Superiore, il quale, fattane la ricognizione, gli darà una carta di ricevuta. Volendo poi il socio ricuperare quegli oggetti, che coll’ uso si consumano, li riavrà in quello stato che allora si troveranno, nè potrà ripeterne compenso di sorta.

 

 

III. Del voto di ubbidienza.

 

            1. Il profeta Davide pregava Iddio, che lo illuminasse a fare la sua santa volontà. Il Divin Redentore poi ci assicurò, ch’ egli non è venuto sulla terra per fare la volontà propria, ma quella del suo celeste Padre. E noi facciamo il voto di ubbidienza appunto per assicurarci di fare in ogni cosa la santa volontà di Dio.

            2. Perciò ognuno ubbidisca al proprio Superiore, e lo consideri in ogni cosa qual padre amoroso, ubbidendogli senza riserva alcuna, prontamente, con animo ilare e con umiltà; persuaso che nella cosa comandata gli è manifestata la stessa volontà di Dio. {57 [255]}

            3. Niuno diasi sollecitudine di domandar cosa alcuna nè di ricusarla. Qualora conoscesse che una cosa gli è nocevole o necessaria, la esponga rispettosamente al Superiore, che si darà massima cura di provveder a' suoi bisogni.

            4. Ognuno abbia somma confidenza nel suo Superiore; sarà perciò di grande giovamento ai soci il rendere di tratto in tratto conto della vita esteriore ai primari Superiori della Congregazione. Ciascheduno loro manifesti con semplicità e prontezza le mancanze esteriori commesse contro le regole, ed anche il suo profitto nelle virtù, affinchè possa riceverne consigli e conforti, e, se farà duopo, anche le convenienti ammonizioni.

            5. Ognuno ubbidisca senza alcuna resistenza nè col fatto, nè colle parole, nè col cuore, per non privarsi del merito della virtù dell’ obbedienza. Quanto più la cosa comandata sarà ripugnante a chi la fa, tanto maggior premio si avrà da Dio eseguendola fedelmente.

 

 

IV. Del voto di povertà.

 

            1. Il voto di povertà, di cui qui si parla, riguarda soltanto l’ amministrazione di qual si voglia cosa, non già il possesso; perciò quelli, che hanno fatto i voti in questa Società, {58 [256]} riterranno il dominio de' loro beni; ma ne è loro intieramente proibita l’ amministrazione, come pure la distribuzione e l’ uso delle rendite. Inoltre prima di fare i voti devono cedere, anche in modo privato, l’ amministrazione, l’ usufrutto e l’ uso a quelli, cui vorranno, ed anche alla Congregazione, se così loro piacerà. A questa cessione poi si può mettere la condizione, che sia revocabile quandochessia: ma il professo non può in coscienza usare di questo diritto di revoca, senza il consenso della Santa Sede. Tutto questo si dovrà pure osservare riguardo a quei beni, che il socio acquisterà per eredità dopo fatta la sua professione.

            2. Tuttavia i membri di questa Congregazione potranno disporre liberamente del dominio, sia per testamento, sia, col permesso però del Rettore maggiore, durante la vita per altro atto pubblico. Avvenendo questo ultimo caso, cesserà la concessione da loro fatta dell’ amministrazione, dell’ usufrutto e dell’ uso, tranne che avessero voluto, che, non ostante la cessione del dominio, quella concessione durasse ancora per quel tempo che loro fosse piaciuto.

            3. I professi potranno compiere, col permesso del Rettore maggiore, tutti quegli atti di proprietà che sono prescritti dalle leggi. 4. I professi non potranno attribuirsi o riservarsi cosa alcuna da loro acquistata o colla {59 [257]} propria industria, o coi mezzi che la Congregazione presenta; ma il tutto si dovrà rimettere ad utilità comune della Congregazione.

            5. È parte di questo voto il tener le camere nella massima semplicità, studiandosi di ornare il cuore di virtù, e non la persona o le pareti della camera.

            6. Niuno nè in casa, nè fuori serbi danaro presso di sé, o in depòsito presso altri per qualsiasi ragione.

            7. Ciascuno finalmente abbia il cuore staccato da ogni cosa terrena; stia contento di quanto la Società provvede riguardo al vitto ed al vestito, nè si ritenga veruna cosa senza particolare permesso del Superiore.

 

 

V. Del voto di castità.

 

            1. Chi tratta colla gioventù abbandonata deve certamente studiare di arricchirsi di ogni virtù. Ma la virtù che deve essere maggiormente coltivata, sempre da aversi innanzi agli occhi, la virtù angelica, la virtù fra tutte cara al Figliuol di Dio, è la virtù della castità.

            2. Chi non ha fondata speranza di poter conservare, col divino aiuto, questa virtù nelle parole, nelle opere, nei pensieri, non si faccia ascrivere a questa Congregazione, perchè ad ogni passo egli sarebbe esposto a grandi pericoli. {60 [258]}

            3. Le parole, gli sguardi, anche indifferenti, sono talvolta malamente interpretati dai giovani, che sono già stati vittima delle umane passioni. Perciò si dovrà usare massima cautela discorrendo e trattando di qualunque cosa con giovani di qualsiasi età e condizione.

            4. Si fuggano i convegni dei secolari, dove questa virtù corre pericolo, e le conversazioni specialmente colle persone di sesso diverso.

            5. Niuno si rechi a casa di conoscenti od amici senza il consenso del Superiore, il quale, se può, gli destinerà sempre nn compagno.

            6. Mezzi per custodire diligentissimamente questa virtù sono la frequente confessione e comunione, la pratica esatta dei consigli del confessore, la fuga dell’ ozio, la mortificazione di tutti i sensi del corpo, frequenti visite a Gesù Sacramentato, frequenti giaculatorie a Maria Santissima, a s. Giuseppe, a s. Francesco di Sales, a s. Luigi Gonzaga, che sono i principali protettori della nostra Congregazione.

 

 

VI. Governo religioso della società.

 

            1. I Soci riconosceranno per loro arbitro e Superiore assoluto il Sommo Pontefice, cui saranno in ogni cosa, in ogni luogo ed {61 [259]} in ogni tempo umilmente e rispettosamente sottomessi. Che anzi ogni membro si darà massima sollecitudine di difenderne l’ autorità e promuovere l’ osservanza delle leggi della Chiesa Cattolica e del suo Capo supremo, che è Legislatore e Vicario di Gesù Cristo sopra la terra.

            2. Ogni tre anni il Rettore maggiore darà alla sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari una relazione della Società, la quale relazione tratterà del numero delle Case e dei Soci, dell’ osservanza delle regole e di quello che riguarda 1’ amministrazione economica.

            3. Per trattar delle cose di maggior momento, e per provvedere a quanto i bisogni della Società, i tempi, i luoghi richieggono si radunerà ordinariamente il Capitolo generale ogni tre anni[3].

            4. Il Capitolo generale così radunato potrà eziandio proporre quelle aggiunte alle costituzioni e quei mutamenti, che crederà opportuni, ma in modo conforme al fine ed alle ragioni per cui le regole furon approvate. Nondimeno queste aggiunte e questi mutamenti, benchè approvati a maggioranza di {62 [260]} voti, non potranno obbligare alcuno, se prima non otterranno il consenso della Santa Sede.

            5. Tutti gli atti dei Capitoli generali saranno mandati alla sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, perchè siano approvati.

            6. I Soci saranno soggetti al Vescovo di quella diocesi, ove è la casa, cui appartengono, secondo le prescrizioni dei sacri Canoni, salve sempre le Costituzioni della Società dalla Santa Sede approvate.

            7. Ogni Socio si adoprerà con ogni potere in aiuto del Vescovo della diocesi; e, per quanto gli sarà possibile, ne difenda i diritti ecclesiastici, promova il bene della sua Chiesa, principalmente se si tratta dell’ educazione della gioventù povera.

 

 

VII. Governo interno della società.

 

            1. Nel reggimento interno tutta la Congregazione dipende dal Capitolo superiore, che è composto di un Rettore, di un Prefetto, di un Economo, di un Catechista o Direttore spirituale e di tre Consiglieri.

            2. Il Rettore maggiore è il Superiore di tutta la Congregazione; egli può stabilire la sua dimora in qualunque Casa della Congregazione. Offici, persone, beni mobili ed immobili, le cose spirituali e temporali dipendono {63 [261]} totalmente da lui. Perciò spetterà al Rettore accettare o non accettare nuovi Soci in Congregazione[4], assegnare a ciascheduno i suoi uffici, sia per lo spirituale, sia pel temporale; le quali cose egli eseguirà o per sè o per mezzo d’ altre persone da lui delegate. Ma non potrà fare verun contratto di vendita o di compera di cose immobili senza il consenso del Capitolo superiore.

            3. Nel vendere beni della Società, o contrar debiti, si osservi tutto quello, che si deve di diritto osservare secondo i sacri Canoni e le Costituzioni apostoliche[5].

            4. Niuno, eccettuati il Capitolo superiore e i Direttori delle Case, può scrivere o ricever lettere senza il permesso del Superiore, o di un altro Socio a ciò delegato dal Superiore. Del resto tutti i Soci possono mandare lettere ed altri scritti alla Santa {64 [262]} Sede e al Superiore generale senza domandare il permesso ai Superiori della casa, a cui appartengono; che anzi i Superiori non potranno neppur leggerle.

            5. Il Rettore maggiore rimarrà in carica dodici anni, e potrà essere rieletto; ma in questo ultimo caso non potrà governare la Società, se non sarà riconfermato nel suo ufficio dalla santa Sede.

            6. Morto il Rettore, il Prefetto ne farà le veci finchè non sia creato il successore; ma per tutto il tempo che regge la Società, egli non potrà mutare cosa alcuna nella disciplina, o nell’ amministrazione.

            7. Appena morto il Rettore, il Prefetto ne dia tosto avviso ai direttori di tutte le case, i quali subito si daranno cura perchè si facciano al defunto quei suffragi, che sono prescritti dalle Costituzioni. Quindi inviti i medesimi direttori a radunarsi per la elezione del nuovo Rettore.

 

 

VIII. Della elezione del rettore maggiore.

 

            1. Perchè alcuno possa essere eletto Rettore maggiore, si richiede che sia vissuto almeno dieci anni in Congregazione, abbia compito trentacinque anni, ed abbia dato non dubbie prove di vita esemplare e di destrezza {65 [263]} e prudenza nello spedire i negozi della Congregazione, ed infine sia professo perpetuo.

            2. Per due cause può avvenire che si debba eleggere il Rettore, o perchè abbia finito i dodici anni della sua carica, o per la morte dell’ Antecessore.

            3.Se la elezione avrà luogo perchè siano passati i dodici anni, si farà in questo modo: Tre mesi prima che finisca il tempo del suo officio, il Rettore convocherà il Capitolo superiore, e gli darà avviso che è imminente il fine della sua carica: e ne darà pure notizia ai direttori di ciascheduna casa, e a quei soci, che secondo le costituzioni sono ammessi a dare il voto. Mentre significherà il tempo in cui termina la sua carica, stabilirà il giorno per la elezione del successore. Contemporaneamente ordinerà preghiere da farsi per ottenere i lumi celesti, ed ammonirà ognuno chiaramente e distintamente del grave obbligo di dare il voto a quello che giudicheranno più idoneo a promuovere la gloria di Dio e l’ utilità delle anime nella Congregazione. La elezione del successore deve tarsi non più di quindici giorni dopo che il Rettore terminò il tempo del suo officio.

            4. Dal termine della sua carica fino alla compiuta elezione del successore il Rettore maggiore continuerà a reggere ed amministrare la Società coll’ autorità che ha il prefetto alla morte del Rettore, finchè il successore {66 [264]} sia definitivamente costituito nel suo ufficio.

            5. Ad eleggere il Rettore maggiore daranno il voto il Capitolo Superiore e i direttori delle case particolari, accompagnati da un socio professo perpetuo, eletto dai professi perpetui di quella casa, a cui appartengono. Se per qualunque causa taluno non potesse recarsi a dare il voto, di pien diritto e validamente la elezione si compirà dagli altri.

            6. La elezione si farà in questo modo: Inginocchiati davanti l’ immagine del Crocifisso, invocheranno l’ aiuto divino recitando l’ inno Veni, Creator Spiritus ecc. Dopo, il Prefetto esporrà ai confratelli il motivo per cui sono stati congregati. Quindi tutti i soci professi e presenti scriveranno in una schedula il nome di colui che giudicheranno degno, e la porranno in un’ urna a ciò preparata. Poi si eleggeranno da tutti i presenti, in modo segreto, tre scrutatori dei voti, e due segretari. Chi otterrà la maggioranza assoluta dei voti sarà il novello Rettore o Superiore generale.

            7. Se poi la elezione si dovesse fare per la morte del Rettore, allora si tenga quest’ ordine. Morto il Rettore maggiore, il Pretetto ne darà la nuova ai direttori delle case particolari per lettera, affinché, quanto più presto si può, si facciano per 1’ anima del defunto i suffragi prescritti dalle costituzioni. {67 [265]} La elezione dovrà farsi non prima di tre mesi e non dopo di sei dalla morte del Rettore. A questo scopo il Prefetto convocherà il Capitolo superiore, e col suo consenso stabilirà il giorno più opportuno per radunare quelli che devono intervenire all’ elezione, li quali avviserà e ammonirà di quanto nell’ articolo 3° si è detto.

            8. I voti poi saranno dati da quelli, che godono del diritto di eleggere il Rettore, come è nell’ articolo 5° di questo capo.

            9. Quegli che avrà ottenuta la maggioranza assoluta dei voti sia Superiore generale, a cui tutti i confratelli dovranno prestare obbedienza.

            10. Terminata la elezione, il Prefetto ne darà avviso a tutte le case particolari, facendo in modo che la notizia del novello Rettore giunga presto a cognizione di tutti i membri della Società. Con questo atto cessa nel Prefetto ogni autorità di Superiore generale.

 

 

IX. Degli altri superiori.

 

            1. Il Prefetto, il Direttore spirituale, l’ Economo e i tre Consiglieri sopraddetti saranno eletti per suffragi dal Rettore e dagli altri soci, i quali avendo fatto i voti perpetui {68 [266]} potranno aver parte all’ elezione del Rettor maggiore. Per èssere eletti si richiede, che abbiano almeno rissato cinque anni in Congregazione, compito trentacinque anni ed abbiano i voti perpetui. Affinchè poi l’ ufficio loro assegnato non abbia a soffrir detrimento, dovranno ordinariamente risiedere nella casa in cui dimora il Rettore maggiore.

            2. Il Prefetto, il Direttore spirituale, l’ Economo e i tre consiglieri dureranno in carica sei anni.

            3. La loro elezione si farà nella festa di s. Francesco di Sales, nel qual tempo tutti i direttori delle case particolari sogliono essere convocati. Tre mesi prima della detta festa il Rettore farà noto a tutte le case il giorno in cui si farà la elezione.

            4. Pertanto tutti i direttori raduneranno i professi perpetui della loro casa, e insieme con un socio da questi eletto verranno alla futura elezione.

            5. Nel giorno stabilito il Capitolo superiore coi direttori e i soci venuti con loro daranno il voto e faranno pubblicamente lo scrutinio. A questo fine saranno eletti tre scrutatori e due segretari. Chi otterrà la maggioranza dei voti, sarà il nuovo membro del Capitolo superiore. Se poi il direttore o il socio di qualche casa per la troppa distanza o altra giusta causa non avesse polato {69 [267]} trovarsi alla elezione, questa nondimeno sarà valida e perfetta[6].

            6. Oli uffici proprii di ciascun membro del Capitolo superiore saranno assegnati dal Rettore secondo il bisogno.

            7. Tuttavia il direttore spirituale avrà specialmente cura dei novizi. Egli insieme col maestro dei novizi si darà la massima sollecitudine per far loro conoscere e praticare lo spirito di carità, e lo zelo che deve animare colui, che desidera dedicare interamente la sua vita al bene delle anime.

            8. È pur dovere del direttore spirituale ammonire riverentemente il Rettore, qualora scorgesse in lui qualche notabile negligenza nel praticare e far osservare le regole della Congregazione.

            9. Ma è poi ufficio speciale del direttore spirituale significare al Rettore qualunque cosa vegga utile al bene spirituale; e il Rettore procurerà di provvedervi secondo gli’ parrà meglio nel Signore.

            10. Il Prefetto in assenza del Rettore ne farà le veci sia nel governo ordinario della società, sia in tutte le cose, di cui avrà ricevuto speciale incarico. {70 [268]}

            11. Egli terrà conto delle entrate e delle uscite, noterà ogni lascito, e donazione di qualche importanza fatto per ciascuna casa con particolare destinazione. Ogni frutto dei beni mobili ed immobili sarà sotto la tutela e risponsabilità del Prefetto.

            12. Il Prefetto adunque è come il centro da cui deve partire e a cui deve riferirsi l’ amministrazione di tutta la Congregazione. II Prefetto poi è soggetto al Rettore, a cui deve render conto della sua gestione almeno una volta all’ anno.

            13. L’ Economo ha il governo di tutto il materiale della Società. Perciò saranno affidate a lui le compere, le vendite, le fabbriche e simili. Similmente è ufficio dell’ Economo provvedere che a ciascuna casa siano somministrate quelle cose, di che in quella si abbisogna.

            14. I consiglieri intervengono a tutte le deliberazioni che risguardano l’ accettazione al noviziato, l’ ammissione ai voti, o il licenziamento di qualche membro della Società; e se si tratta dell’ apertura di una nuova casa, o di eleggere il Direttore di qualche casa particolare; di contratti di beni immobili; di compre e di vendite. In una parola di tutte le cose di maggior importanza che spettano al buon andamento generale della Società. La deliberazione si farà per suffragi segreti. Se nella ricognizione dei voti {71 [269]} segreti, che hanno forza di deliberazione, la maggioranza non sarà favorevole, il Rettore protrarrà la deliberazione.

            15. Uno dei consiglieri per delegazione del Rettore avrà cura delle cose scolastiche di tutta la Società. Gli altri due, secondo il bisogno, faranno le veci di quelli del Capitolo superiore, se per malattia o per altra causa non potessero attendere al loro ufficio.

            16. Ciascheduno dei superiori, eccetto il Rettore, durerà in carica sei anni, e potrà esser rieletto. Se poi alcuno del Capitolo superiore cessasse dal proprio ufficio o per morte o per qualunque altra causa prima che si compiano i sei anni, il Rettore maggiore ne affiderà il disimpegno a quello che giudicherà meglio nel Signore; questi poi starà in ufficio solo fino alla fine del sessennio incominciato dal socio uscito di carica.

            17. Se sarà necessario, il Rettore maggiore, col consenso del Capitolo superiore, stabilirà alcuni visitatori, ai quali darà incarico di visitare un dato numero di case, qualora ciò sia richiesto dal loro numero e dalla loro distanza. Cotali Visitatori, o Riconoscitori faranno le veci del Rettore maggiore nelle case e nei negozi loro affidati. {72 [270]}

 

 

X. Di ciascuna casa in particolare.

 

            1. Qualora, per favore particolare della divina Provvidenza, si abbia da aprire qualche casa, prima di tutto, il Superiore generale procuri di ottenere il consenso dal Vescovo della Diocesi, in cui si deve aprire la novella casa.

            2. Ma in questo si proceda cautamente, affinchè nell’ aprire case, o nell’ assumere amministrazioni di qualunque genere nulla si stabilisca, o si faccia contrario alle leggi.

            3. Se poi la novella casa fosse un piccolo seminario, od un seminario pei chierici adulti, allora, oltre la dipendenza nelle cose del sacro ministero, vi sarà pure piena dipendenza dal Superiore ecclesiastico nell’ insegnamento. Nella scelta della materia d’ insegnamento, dei libri da usarsi, nella disciplina e nell’ amministrazione temporale, si dovrà stare a quello, che il Rettore maggiore stabilirà coll’ Ordinario del luogo.

            4. La Società non potrà incaricarsi della direzione di seminari senza espresso permesso della Santa Sede; il qual permesso si dovrà chiedere in tutti i singoli casi.

            5. Nelle nuove case che si dovranno aprire, il numero dei soci non sia minore di sei. Il Superiore di ciascheduna viene {73 [271]} eletto dal Capitolo superiore, e prenderà il nome di Direttore. Ogni casa potrà amministrare i beni donati o portati in Congregazione, affinchè servano per quella casa in particolare, ma sempre nei limiti fissati dal Superiore generale.

            6. Il Rettore maggiore visiterà ciascuna casa almeno una volta l’ anno, o in persona o per mezzo di Visitatori, per esaminare diligentemente se si compiono i doveri imposti dalle regole della Congregazione, ed osservare se l’ amministrazione delle cose spirituali e temporali tenda realmente al suo scopo, quale si è di promuovere la gloria di Dio ed il bene delle anime.

            7. Il direttore dal canto suo deve in tutte le cose regolarsi in modo da poter ad ogni momento rendere conto della sua amministrazione a Dio ed al Rettore maggiore.

            8. La prima cura del Rettore sarà di stabilire in ogni novella casa un Capitolo corrispondente al numero dei soci che vi abitano.

            9. A costituire questo Capitolo interverranno il Capitolo superiore e il Direttore della nuova casa.

            10. Primo ad essere eletto sarà il Catechista, poi il prefetto, e, se sarà necessario, anche l’ economo; finalmente i consiglieri, secondo il numero dei soci, che in quella casa dimorano, e le cose che vi si debbono fare. {74 [272]}

            11. Qualora la distanza, i tempi, i luoghi consigliassero qualche eccezione nella formazione di questo Capitolo, o nello assegnare le attribuzioni, il Rettore ha piena autorità, di farlo col consenso tuttavia del Capitolo superiore.

            12. Il Direttore non può comperare, nè vendere immobili, nè costruire nuovi edifizi, nè demolire i già fatti, nè far novità di grave importanza sènza il consenso del Rettore maggior. Nell’ amministrazione egli deve aver cura di tutto l’ andamento spirituale, scolastico e materiale; ma nelle cose di maggior momento sarà più prudente radunare il suo capitolo, e non deliberare niente senza che ne abbia il consenso.

            13. Il Catechista avrà cura delle cose spirituali di quella casa, sia riguardo ai soci, sia riguardo agli altri, che non appartengono alla Congregazione, e qualora ne sia il caso avviserà il Direttore intorno a queste cose.

            14. Il Prefetto farà le veci del direttore, e suo principal uffizio sarà di amministrare le cose temporali, avere cura dei coadiutori, vegliare attentamente sulla disciplina degli alunni, secondo le regole di ciascuna casa ed il consenso del Direttore. Egli deve essere preparato a render conto della sua gestione al proprio Direttore, qualunque volta questi ne lo richieda. {75 [273]}

            15. L’ Economo, qualora la necessità lo richiegga, aiuterà il prefetto ne' suoi offici, specialmente negli affari temporali.

            16. I consiglieri intervengono a tutte le deliberazioni di qualche rilievo, ed aiutano il Direttore nelle cose scolastiche, e in tutto quello che, loro verrà assegnato.

            17. Ogni anno ciascun Direttore deve rendere conto dell’ amministrazione spirituale e materiale della sua casa al Rettor maggiore.

 

 

XI. Dell’ accettazione.

 

            1. Quando taluno avrà fatta dimanda di entrare in Congregazione si richiedano le lettere testimoniali o certificati, secondo il decreto 25 gennaio 1848, che incomincia Romani Pontefices ecc. dato dalla Sacra Congregazione sopra lo Stato dei Regolari. Quanto alla sanità del postulante sia tale che possa osservare tutte le regole della società senza alcuna eccezione. Perchè i laici possano essere ricevuti nella Congregazione è necessario, oltre le altre cose, che sappiano almeno i primi elementi della fede cattolica. Il Rettore maggiore poi accetterà il postulante, se questi avrà ottenuto la pluralità dei voti dal Capitolo superiore. {76 [274]}

            2. Per ammettere postulanti o novizi, che vogliono abbracciare lo stato ecclesiastico, se avranno qualche irregolarità, si dovrà prima domandarne la dispensa dalla Santa Sede.

            3. Dopo il tempo della seconda prova il candidato dipenderà dal Capitolo di quella casa, in cui egli fu posto dai superiori. Finita la terza prova, il socio può essere ammesso alla rinnovazione dei voti dai superiori della medesima casa, avuto nondimeno il consenso del Rettore maggiore. Se avrà ottenuto la maggioranza dei voti, se ne darà notizia al Rettore, il quale col Capitolo superiore ne confermerà 1’ ammissione o no, come giudicherà meglio nel Signore.

            4. Se il Capitolo non è presente, il Rettore maggiore, qualora vi sia una giusta ragione, può accettare in Congregazione ed ammettere ai voti, o anche licenziare dalla Società in qualunque casa quelli, che giudicherà meglio: ma questo si potrà fare con senziente e presente il Capitolo di quella casa. In questo caso il Direttore di quella casa, in cui avvenne l’ accettazione o il licenziamento, dovrà darne la notizia al Capitolo superiore colle opportune indicazioni, affinchè il socio sia inscritto nell’ elenco della Società o scancellato.

            5. Ciò che spetta all’ accettazione dei Socii e alla loro professione di voti semplici, si {77 [275]} osservino tutte le cose che furono prescritte dal decreto detti 23 Gennaio 1848. Regulari disciplinae della S. Congregazione sullo stato dei Regolari.

            6. Per essere ammesso a fare i voti si richiede che siasi compito il tirocinio della prima e della seconda prova. Ma nessuno potrà essere ammesso ai voti se non avrà 16 anni compiuti.

            7. Questi voti si fanno per un triennio. Passati poi i tre anni, consentendolo il Capitolo, sarà fatta facoltà ad ognuno di rinnovare i suoi voti per un altro triennio, o di farli perpetui, se vorrà legarsi per tutta la vita. Tuttavia niuno può essere ammesso alle sacre ordinazioni, titulo congregationis, se non avrà fatto i voti perpetui.

            8. La Società appoggiata alla Divina Provvidenza, che mai non manca a chi spera in lei, provederà a ciascuno quanto può occorrere sia nel tempo, che è sano, sia quando cadesse ammalato. Nondimeno essa è soltanto tenuta a provvedere per quelli che emisero i voti o temporanei, o perpetui.

 

 

XII. Dello studio.

 

            1. I chierici e tutti i soci che aspirano allo stato ecclesiastico, devono per due anni attendere seriamente allo studio della filosofia, {78 [276]} per quattro altri anni almeno alle materie ecclesiastiche.

            2. Il loro studio principale sarà diretto con tutto impegno alla Bibbia, alla Storia Ecclesiastica, alla Teologia dommatica, speculativa e morale, ed anche a quei libri e trattati che parlano di proposito dell’ istruzione della gioventù nelle cose religiose.

            3. Il nostro Maestro sarà s. Tommaso, e gli altri autori, che nelle istruzioni catechistiche e nella spiegazione della dottrina cattolica sono stimati più celebri.

            4. Ad insegnare le scienze filosofiche ed ecclesiastiche si scelgono di preferenza quei maestri o soci o esterni, che per probità di vita, per ingégno e dottrina sono maggiormente stimati.

            5. Ciascun socio per completare i suoi studi, oltre le morali conferenze cotidiane, si adoperi eziandio a comporre un corso di prediche e meditazioni, primieramente ad uso della gioventù, e quindi accomodato all’ intelligenza di tutti i fedeli cristiani.

            6. I soci, finchè attendono agli studi prescritti dalle costituzioni, non si applichino troppo alle opere di carità proprie della Società salesiana, se non vi son costretti dalla necessità, perchè questo per lo più suole recare gl’ ave danno agli studi. {79 [277]}

 

 

XIII. Pratiche di pietà.

 

            1. La vita attiva, cui tende specialmente questa Congregazione, fa che i suoi membri non possano avere comodità di far molte pratiche di pietà in comune. Quindi procureranno di supplire col vicendevole buon esempio e col perfetto adempimento dei doveri generali del cristiano.

            2. Ciascun socio si accosterà ogni settimana al Sacramento della penitenza da confessori approvati dall’ Ordinario, e che esercitano quel ministero verso i soci col permesso del Rettore. I sacerdoti celebreranno ogni giorno la s. Messa: i chierici poi ei coadiutori vi assisteranno quotidianamente, e faranno la s. Comunione ogni giorno festivo e tutti i giovedì. La compostezza della persona; la pronunzia chiara, divota e distinta delle parole dei divini uffizi; la modestia nel parlare, guardare, camminare in casa e fuori di casa devono essere tali nei nostri soci, che li distinguano da tutti gli altri.

            3. Ciascheduno, oltre le orazioni vocali, farà ogni giorno non meno di mezz’ ora di orazione mentale, ad eccezione che ne sia impedito dal sacro ministero. Nel qual caso supplirà colla maggior frequenza di giaculatorie, {80 [278]} indirizzando a Dio con gran fervore di affetto quei lavori, che lo impediscono dagli ordinari esercizi di pietà.

            4. Ogni giorno si reciterà la terza parte del Rosario di Maria SS. Immacolata, e si farà un po' di lettura spirituale.

            5. In ciascuna settimana al venerdì si farà digiuno in memoria della passione di N. S. Gesù Cristo.

            6. L’ ultimo di ciascun mese sarà giorno di ritiro spirituale, in cui lasciando, per quanto sarà possibile, gli affari temporali, ognuno si raccoglierà in se stesso, farà l’ esercizio della buona morte, disponendo le cose spirituali e temporali, come se dovesse abbandonare il mondo ed avviarsi all’ eternità.

            7. Ogni anno ognuno farà circa dieci o almeno sei giorni di esercizi spirituali, che termineranno colla confessione annuale. Ognuno prima di essere ricevuto nella società e prima di emettere i voti farà dieci giorni di esercizi spirituali sotto la direzione di maestri di spirito, e la confessione generale.

            8. Quando la divina Provvidenza chiamasse alla vita eterna qualche socio sia laico, sia chierico, sia sacerdote, subito il Direttore di quella casa, in cui il socio abitava, procurerà che si celebrino dieci messe in suffragio dell’ anima sua. Gli altri poi, che non sono sacerdoti, faranno almeno una volta la s. Comunione a questo fine. {81 [279]}

            9. Ogni volta poi che muoiano i genitori di qualche socio, i sacerdoti della casa di quel socio celebreranno parimenti 10 messo in suffragio della loro anima. Quelli poi che non sono sacerdoti faranno la santa Comunione.

            10. Morendo il Rettore M., tutti i sacerdoti della Congregazione celebreranno per lui la s. Messa, e tutti i soci non sacerdoti presteranno i soliti suffragi, e ciò per duo motivi: 1° come tributo di gratitudine per le cure e fatiche sostenute nel governo della Congregazione; 2° per sollevarlo dalle pene del Purgatorio, che forse dovrà patire per nostra cagione.

            11. Ogni anno il giorno dopo la festa di s. Francesco di Sales tutti i sacerdoti celebreranno una Messa pei soci defunti. E tutti gli altri si accosteranno alla s. Comunione, e reciteranno la terza parte del Rosario della Beata Vergine Maria con altre preghiere.

            12. Ognuno abbia specialmente cura, 1° di non prendere alcuna abitudine anche di cose indifferenti; 2° di avere vesti, letto e cella pulita e decente: e si studi ciascheduno di fuggire la stolta affettazione e l’ ambizione. Niuna cosa adorna di più il religioso che la santità della vita, por cui sia d’ esempio agli altri in ogni cosa.

            13. Ciascuno sia preparato, quando la necessità lo richieda, a soffrire caldo, freddo, {82 [280]} sete, fame, fatiche, disprezzi, qualora questo ridondi alla maggior gloria di Dio, all’ utilità spirituale altrui, e alla salvezza dell’ anima propria.

 

 

XIV. Degli ascritti ossia dei novizi.

 

            1. Qualunque Socio prima di essere ricevuto in Congregazione deve fare tre prove. La prima deve precedere il noviziato, e dicesi la prova degli aspiranti; la seconda è quella appunto del noviziato, la terza è il tempo dei voti triennali.

            2. Per la prima prova basterà che il postulante abbia passato qualche tempo in una casa della Congregazione, oppure abbia frequentato le nostre scuole, mostrandosi costantemente fornito di buoni costumi e d’ ingegno.

            3. Se qualche adulto poi vorrà essere ascritto alla nostra Società e sarà ammesso alla prima prova, innanzi di ogni altra cosa farà alcuni giorni di esercizi spirituali, quindi almeno per qualche mese verrà impiegato nei vari uffizi della Congregazione, tanto che conosca e pratichi quella maniera di vita che desidera abbracciare.

            4. Compito il noviziato e accettato il socio in Congregazione, col parere del maestro {83 [281]} dei novizi, il Capitolo superiore può ammetterlo a fare i voti triennali. La pratica dei voti triennali costituirà la terza prova.

            5. Nello spazio di tre anni, in cui sarà legato dai voti triennali, il socio può essere mandato in qualunque casa della Congregazione, purchè vi si facciano gli studi. E in questo tempo il direttore di quella casa avrà cura del nuovo socio, come maestro dei novizi.

            6. Durante tutto questo tempo di prove il maestro dei novizi, o il direttore della casa si studino di raccomandare e di inspirare dolcemente ai nuovi soci la mortificazione dei sensi esterni, e specialmente la sobrietà. Ma in tutto questo bisogna usare prudenza, perchè non indeboliscano di soverchio le forze dei soci, quindi non riescano meno atti a compiere i doveri della nostra congregazione.

            7. Terminate in modo lodevole queste tre prove, se il socio vorrà realmente perdurare in Congregazione coi voti perpetui, può essere ammesso dal Capitolo superiore ad emetterli. {84 [282]}

 

 

XV. Dell’ abito.

 

            1. L’ abito della nostra Società sarà vario e secondo l’ uso di quei paesi, in cui i soci dovranno stabilire la loro dimora.

            2. I sacerdoti porteranno la veste talare, eccetto che la ragione di viaggio, o altro giusto motivo persuadano diversamente.

            3. I coadiutori, per quanto è possibile, andranno vestiti di nero. Ma ciascheduno procurerà di fuggire tutte le novità dei secolari.

 

 

Formolario della professione religiosa pei soci di s. Francesco di Sales.

 

            Prima di fare i voti ogni confratello farà dieci giorni di esercizi spirituali, diretti specialmente a riflettere alla vocazione, ed istruirsi intorno alla materia dei voti, che egli intende emettere, qualora conosca chiaramente esser ciò secondo la volontà del Signore. Terminati gli esercizi spirituali, si radunerà il Capitolo, e se si può si raduneranno tutti i confratelli di quella casa. Il Rettore, o qualcun altro da lui delegato, con cotta e stola inviterà ognuno ad inginocchiarsi. Quindi {85 [283]} tutti insieme invocheranno i lumi dello Spirito Santo, recitando alternativamente l’ inno Veni, Creator Spiritus, etc.

 

Oremus.

 

Deus, qui corda fìdelium, etc.

Seguiranno le litanie della Beata Vergine coi versetti:

Ora prò nobis etc, e coll’ Oremus, Concede nos etc.

Dopo, in onore di s. Francesco di Sales, Pater, Ave, Gloria.

            Ora prò nobis, beate Francisce.

            Ut digni efficiamur etc.

Oremus Deus, qui ad animarum salutem etc.

Postosi pertanto il Novizio ginocchioni in mezzo a due professi e davanti al Rettore, o chi per esso, questi gli farà le seguenti dimando in singolare, se avvi un solo novizio, in plurale se sono più.

            Rettore. Figlio mio, che dimandate?

            Novizio. Dimando, mio Reverendo Superiore, di professare le Costituzioni della SOCIETÀ DI s. FRANCESCO DI SALES.

            R. Conoscete bene queste Costituzioni e le avete già messe in pratica? {86 [284]}

            N. Mi pare di conoscerle sufficientemente, e di comprenderle secondo le varie spiegazioni, che me ne fecero i miei Superiori. Ho fatto quello che ho potuto per praticarle nel tempo del mio noviziato. E sebbene conosca la mia grande debolezza, tuttavia coll’ aiuto di Dio spero di poterle in avvenire praticare con maggior esattezza e con maggior vantaggio dell’ anima mia.

            R. Avete ben compreso che voglia dire professare le costituzioni della Società di san Francesco di Sales?

            N. Mi pare di averlo compreso. Professando le costituzioni Salesiane io intendo di promettere a Dio di aspirare alla santificazione dell’ anima col rinunciare ai piaceri ed alle vanità del mondo, colla fuga di qualunque peccato avvertito e di vivere in povertà di spirito. Conosco pure che professando queste costituzioni debbo rinunziare a tutte le comodità e a tutte le agiatezze della vita, e ciò unicamente per amore del N. S. G. C, cui intendo consacrare ogni mia parola, ogni mia opera, ogni mio pensiero per tutta la vita.

            R. Siete dunque disposto di rinunciare al mondo, alle sue promesse e professare con voto le costituzioni della Società di s. Francesco di Sales?

            N. Sì, Reverendo Superiore, sono pronto, e di tutto cuore lo desidero e coll’ aiuto di Dio spero di essere fedele alle mie promesse. {87 [285]}

            R. Intendete voi di emettere i voti triennali o perpetui?

            N. Se fa i  voti triennali risponderà: Sebbene io abbia ferma volontà di passare tutta la mia vita in questa Congregazione, tuttavia per secondare quanto prescrivono le nostre costituzioni per ora fo' solamente i voti triennali, pieno però di fiducia che dopo di essi potrò farli in perpetuo.

            Se fa i voti.perpetui, dirà: Essendo mia ferma volontà di consacrarmi per sempre a Dio nella Congregazione di s. Francesco di Sales, intendo di fare i voti perpetui, cioè di obbligarmi cpn voto ad osservare le costituzioni salesiane per tutta la mia vita.

            R. Dio benedica questa vostra buona volontà e vi conceda la grazia di poterla mantenere fedelmente sino alla fine della vita, fino allora quando Gesù Cristo vi darà ampia ricompensa di quanto avete abbandonato o fatto per Lui.

            Ora mettetevi alla presenza di Dio e proferite la formala dei voti di castità, povertà ed ubbidienza secondo le nostre costituzioni, che per l’ avvenire saranno regela costante della vostra vita.

 

 

Formola dei voti.

 

            “Nel nome della SS. Trinità, Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Io N. N. mi metto alla vostra presenza, Onnipotente e Sempiterno {88 [286]} Iddio, e sebbene indegno del vostro cospetto, tuttavia confidato nella somma vostra bontà ed infinita misericordia, alla presenza della Beatissima Vergine Maria Immacolata, di s. Francesco di Sales e di tutti i Santi del Cielo, faccio voto di povertà, di castità e di ubbidienza a Dio ed a voi N. N. Superiore della nostra Società, (ovvero a voi che fate le veci del Superiore della nostra Società) per tre anni (ovvero in perpetuo) secondo le costituzioni della Società di san Francesco di Sales.”

            Tutti risponderanno: Amen.

            R. Dio vi aiuti colla sua santa grazia ad essere fedele a questa solenne promessa sino alla fine della vita.

            Ricordatevi spesso della grande mercede che promette il Divin Salvatore a chi abbandona il mondo per seguire Lui: egli ne riceverà il centuplo nella vita presente e la ricompensa eterna nella futura. Se poi qualche volta l’ osservanza delle nostre regole vi tornasse di pena, allora ricordatevi delle parole dell’ apostolo s. Paolo che dice: sono momentanei i patimenti della vita presente, ma sono eterni i godimenti della vita futura; e che colui il quale patisce con Gesù Cristo sopra la terra, con G. C. sarà un giorno coronato di gloria in Cielo. {89 [287]} Quindi il nuovo socio scriverà il suo nome nel registro, compiendo la scheda seguente:

            “Io sottoscritto ho letto e inteso le regole della Società di s. Francesco di Sales, » e prometto di osservarle costantemente secondo la forinola dei voti da me ora pronunziata.”

 

Torino, ecc. anno ecc.N. N.

            Dopo si reciterà il Te Deum; quindi se il Rettore giudicherà bene, farà una breve morale esortazione, e si terminerà col salmo Laudate Dominum, omnes gentes etc.

 

CONCLUSIONE

 

            A tranquillità delle anime la Società dichiara che le presenti regole per sè non obbligano sotto pena di peccato nè mortale, nè veniale: perciò se qualcheduno trascurandole sarà reo innanzi a Dio, ciò proviene non dalle regole direttamente, ma o dai comandamenti di Dio e della Chiesa, o dai voti fatti, o finalmente dalle circostanze che accompagnano la violazione delle regole, come il cattivo esempio, il disprezzo delle cose sacre e simili. {90 [288]} {I [289]} {II [290]}

 



[1] Epist. 1 Ioan. 2,16

[2] Ognuno può liberamente proporre al Superiore la destinazione delle cose di sua proprietà, ma l’ uso deve sempre essere regolato dal  Superiore

[3] Il Capitolo generale è composto dei membri del Capitolo superiore e dei Direttori delle case particolari. Ogni Direttore radunerà il suo capitolo particolare, e con esso tratterà delle cose che sono giudicate maggiormente necessarie a proporsi nel futuro Capitolo generale.

[4] I1 Superiore generale può di sua autorità ricevere gli aspiranti ed a suo tempo presentarli o no, secondo che giudica meglio nel Signore, perchè un allievo sia ammesso alla prova del noviziato oppure ai voti.

[5] La Società Salesiana niente possiede come ente morale, perciò eccetto il caso. in cui venisse da qualche governo legalmente approvata, non sarebbe vincolata da questo articolo. Per la stessa ragione ciascun Salesiano può esercitare i diritti civili di compra, vendita e simili senza ricorrere alla Santa Sede. Così fu risposto dalla Cong. dei Vesc. e Reg. 6 aprile 1874.

[6] Nella elezione del R. M. si ricerca la maggioranza assoluta, ovvero oltre la metà dei voti in suo favore. Per gli altri membri del Capitolo basta la maggioranza relativa, vale a dire in paragone di tutti quelli che ottennero voti.




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